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Cenni sulla penetrazione fascista in Lunigiana

V. Lunigiana e dintorn

4. Cenni sulla penetrazione fascista in Lunigiana

Anche il territorio lunigianese sperimenta le azioni dello squadrismo fascista, che si configurano solitamente come spedizioni di fascisti provenienti da zone differenti verso un determinato luogo in cui bisogna colpire gli avversari politici ed intimidire le popolazioni. Squadre fasciste da una parte, Comitati di Difesa Proletaria e Arditi del Popolo, solo per citarne alcune, dall'altra, tutti organismi “privati” che con la loro presenza denunciano l'incapacità dello Stato italiano di garantire lo svolgersi ordinario della vita quotidiana e la correttezza del confronto politico, in un atteggiamento indifferente e sempre più acquiescente nei confronti del fascismo, che culminerà nella marcia su Roma e nell'affidamento dell'incarico di governo a Benito Mussolini.

Le azioni fasciste cominciano a penetrare anche in Lunigiana, mentre la popolazione non sembra avere «ben chiari i termini del problema»:

«[...] nella sua maggioranza piuttosto quieta e benpensante, non aveva visto con simpatia certe smargiassate, più che altro parolaie, ma giudicate offensive, dei socialisti più accesi, il loro verbale rivoluzionarismo, un certo settarismo, il disprezzo per certe istituzioni e per certi valori che al ceto contadino sembravano eterni e sacri. […]

Queste genti d'indole pacifica, retrogade se si vuole, ma aliene dalla violenza e dall'odio, se avevano, nella loro maggioranza, guardato con diffidenza al socialismo avanzante fra il 1919 e il 1920, eguale diffidenza, se non più grande, parevano manifestare di fronte alla nuova formazione politica».188

L'episodio più importante che coinvolge la Val di Magra è sicuramente quello passato alla storia come i “fatti di Sarzana”, che hanno il suo apice nella giornata del 21 luglio 1921, rappresentando uno dei pochi casi in cui il fascismo subisce una battuta d'arresto nella sue azioni squadriste, come succederà a Parma nell'agosto 1922.

Nei giorni immediatamente precedenti il 21 luglio, alcuni fatti di sangue sconvolgono anche la Lunigiana interna:

«Il 15 luglio a Tendola di Fosdinovo, durante una rissa fra fascisti e antifascisti, era rimasto ucciso il fascista Pietro Procuranti. Per i fascisti, in specie per quelli carraresi, […] si trattava di un'onta da lavarsi immediatamente, […]

Orbene, conosciuta la notizia dell'uccisione del Procuranti, il giorno dopo numerosi fascisti autotrasportati salirono da Carrara a Fosdinovo, spararono all'impazzata per le strade, 188 G. Ricci, Avvento del fascismo, cit., p. 36

issarono il tricolore sul Municipio, saccheggiarono l'abitazione del sindaco socialista e il circolo socialista. […] Dopo i funerali del Procuranti, svoltosi a Tendola la mattina del 17, i fascisti carraresi, che superavano nel numero il centinaio, scesero a Monzone, divenuta roccaforte comunista e dove proprio quel mattino avrebbero dovuto parlare al pubblico due pontremolesi, Amedeo Del Ranco, comunista, e Giovanni Romiti, anarchico, il cui comizio era stato però rinviato al pomeriggio. In una pazza sparatoria, tre persone vennero uccise, […] e cinque altre ferite. Devastati i locali di una cooperativa ed asportato il denaro trovato nella cassa, i saccheggiatori raggiunsero Aulla, vi bastonarono Giovanni Romiti che casualmente, o per indicazioni di qualcuno, avevano incontrato, e poi celebrarono le gesta con un pranzo, al quale partecipò anche una quarantina di squadristi locali. Prima di ripartire, danneggiarono la Casa del Popolo, socialista, aperta l'anno precedente e, arrivati a Santo Stefano Magra, uccisero due persone, mentre tre restarono ferite nella sparatoria ormai rituale».189

Un azione che sembra seguire uno schema ben preciso, una piccola guerra di movimento. Un morto da vendicare, a cui segue un raduno di fascisti provenienti in questo caso da Carrara ma anche da altre realtà della zona, la partenza per il luogo in cui è avvenuto l'omicidio. Arrivati sul luogo si devastano le strutture degli avversari politici e si cerca di colpire quest'ultimi, con sparatorie che possono colpire anche altre persone estranee alle vicende, una strategia mirata a terrorizzare le popolazioni. La spedizione prosegue poi in vari paesi, come abbiamo visto prima Monzone, poi Aulla e Santo Stefano Magra, e si omaggiano queste «gesta» con un pranzo celebrativo, a cui partecipano anche i fascisti locali.

I fascisti si dirigono verso la vicina Sarzana, tappa obbligatoria nel percorso di ritorno a Carrara, dove cresce il fermento popolare per le notizie giunte dalla Lunigiana interna, e i sarzanesi organizzano l'autodifesa della città, con l'apporto degli Arditi del Popolo di recente formazione e dei Carabinieri comandati dal tenente Nicodemi, impedendo l'ingresso in città dei fascisti, che uccidono l'operaio anarchico Rinaldo Spadaccini. La maggior parte dei fascisti rinuncia all'impresa e prosegue oltre Sarzana, mentre Renato Ricci, il capo dei fascisti di Carrara e altri 11 suoi uomini vengono arrestati.190

La nascita ufficiale degli Arditi del Popolo come abbiamo detto è recente, risalente al 27 giugno la formazione del suo direttorio nazionale, su iniziativa della sezione romana degli Arditi d'Italia. Gli Arditi costituivano i reparti d'assalto del Regio Esercito durante la Prima guerra mondiale, che dopo la fine del conflitto si erano riuniti nell'Associazione Nazionale Arditi d'Italia (ANAI). Molti di loro 189 G. Ricci, Aulla e il suo territorio attraverso i secoli, cit., p. 86

successivamente aderiscono al fascismo, in contrapposizione agli Arditi del Popolo, create per difendere le istituzioni proletarie e popolari dallo squadrismo. Oltre alla componente degli ex combattenti, aderiscono al movimento uomini di varie tendenze politiche, decisi ad opporsi al fascismo, qualche volta con successo, come ad esempio a Viterbo, Parma, e come vedremo, a Sarzana, ma vengono osteggiate dal governo Bonomi e viene a mancare l'appoggio dei gruppi dirigenti delle forze del movimento operaio, causando la loro fine.191

Quattro giorni dopo i precedenti tumulti, Sarzana si è preparata all'arrivo dei fascisti, oltre alla popolazione e agli Arditi del Popolo, anche i Carabinieri e le Guardie Regie si schierano a difesa della città contro i fascisti, al comando dal capitano Guido Jurgens. A Marina di Carrara si concentrano circa 600 fascisti provenienti da un po' tutta la Toscana, che si dirigono verso la cittadina ligure per liberare Renato Ricci e le altre 11 camicie nere e prendere possesso della città. Nello scontro a fuoco che ne segue muoiono sei fascisti da una parte e un caporale di fanteria dall'altra, mentre altri otto fascisti cadono sotto i colpi degli Arditi del Popolo e di cittadini in armi, che si difendono dall'aggressione subita.192

I fatti di Sarzana dimostrano che le forze dello Stato, in teoria le uniche forze legittimate all'uso della violenza, se messe in condizione di agire, possono contrastare e sconfiggere il fascismo, che cerca di avocare a sé il monopolio statale della violenza, esercitando quello «jus vitae ac necis senza sicura copertura istituzionale»,193 che verrà garantita dopo la presa del potere fascista con l'«amnistia

Oviglio» e con i Regi decreti 31 ottobre 1923 n. 2278 e 31 luglio 1925 n. 1277.194

Abbiamo visto coinvolta nei fatti di Sarzana la figura di Renato Ricci, nato a Carrara il 1º giugno 1896, volontario nella prima guerra mondiale, Medaglia di bronzo al valor militare e Croce al merito di guerra, partecipa all'impresa di Fiume, ha un ruolo attivo nelle azioni squadriste della zona e partecipa alla costituzione del fascio di Carrara nel 1921, città in cui è vivo il ricordo dei moti del 1894, ma che nel 1922 vede i rapporti di forza rovesciati a favore dei fascisti:

«Gli elementi che, […] permisero il rapido involversi della situazione in senso reazionario sono presto enunciati: a) la estrema debolezza organizzativa dei partiti storici, […] e il loro carattere di movimenti d'opinione che si reggevano più su tradizioni e sentimenti che non su 191 Per ripercorrere la storia della formazione: E. Francescangeli, Arditi del Popolo: Argo Secondari e

la prima organizzazione antifascista (1917-1922), Odradek, Roma 2000

192 Per un analisi dei fatti di Sarzana e del contesto del periodo si veda: A. Ventura, I primi antifascisti. Sarzana, estate 1921, politica e violenza tra storia e storiografia, Gammarò, Sestri Levante 2010

193 C. Pavone, Una guerra civile, cit., p. 421

una diffusa consapevolezza della prospettiva reale e della direzione del moto sociale; b) l'assenza di un movimento politico cattolico, sicché i pochissimi cattolici militanti tendevano a confluire nell'alveo del partito liberale, rafforzando il fronte della conservazione borghese;

c) l'impossibilità soggettiva del partito comunista d'Italia a sostituirsi nella direzione delle

masse lavoratrici ai due partiti tradizionali, il socialista e l'anarchico; d) l'atteggiamento di ostentato agnosticismo della Camera del Lavoro verso le vicende politiche locali e il gravissimo limite economicistico della sua azione».195

Una vittoria fascista in cui la violenza è sicuramente determinante, ma si tratta anche di una vittoria politica, con l'incapacità dei partiti classici di fornire una risposta alternativa, con il partito liberale che condivide alcuni temi con il fascismo, dal pericolo del bolscevismo all'incapacità dello Stato di garantire l'ordine, in aggiunta alle motivazioni locali quali «una politica doganale a sostegno dell'esportazione marmifera, riduzione dei salari, rottura delle agitazioni economiche, distruzione totale e definitiva di ogni rivendicazione proletaria sul possesso delle cave».196

Un'espansione fascista che nella regione Toscana si ha in due tempi, prima fra l'aprile e il maggio 1921, poi nei primi mesi del 1922, con un balzo notevole della provincia di Massa Carrara, che fra l'aprile e il maggio 1922 passa da 26 a 30 fasci e da 2.516 a 6.060 iscritti, una cifra notevole rapportata alla popolazione, mentre lo studioso locale Giulivo Ricci ritiene che circa l'85% di quegli iscritti appartenga alle città di Massa, Carrara e Montignoso, un dato che accettiamo con riserva, non possedendo statistiche specifiche per ogni singolo comune.197

Alla forte personalità di Ricci, che nel 1923 viene nominato commissario del Partito fascista per l'Alta Lunigiana, si contrappone la figura di Ettore Viola.

Nato a Fornoli, piccola frazione del comune di Villafranca, il 21 aprile 1894, combattente di fanteria nel primo conflitto mondiale, promosso a capitano il 16 marzo 1918 e poi passato ai reparti speciali degli Arditi, si guadagna tre medaglie d'argento e una d'oro al valor militare.

Attorno a lui vanno radunandosi le formazioni combattentistiche della zona, dove non poche sezioni fasciste parteggiano per lui, in vista delle elezioni politiche del 1924, in competizione con la figura squadristica di Ricci nella provincia:

«[...] il fascismo fu massimamente accreditato in Lunigiana – salvo, forse, che in Pontremoli, ove altri, fra i quali i Buttini [segretario del fascio di Pontremoli], dominavano d'intesa col 195 A. Bernieri, La nascita del fascismo a Carrara, in AA.VV., La Toscana nel regime fascista, cit., p.

681

196 Ibid., p. 682

197 E. Ragionieri, Il Partito fascista (appunti per una ricerca), in AA.VV., La Toscana nel regime fascista, cit., p. 60; G. Ricci, Avvento del fascismo, cit., p. 38

Ricci – proprio dal Viola e dai combattenti. Costoro contribuirono a conferire al fascismo, istintivamente inviso alle masse rurali, una veste accettabile. Viola, figlio di modesta famiglia, veniva a rappresentare l'espressione della gente umile e dignitosa della Lunigiana, era un uomo «rispettabile», cui non si poteva non concedere credito. Ed era combattente, un eroe, che aveva imbracciato le armi come tanti contadini le avevano imbracciate [...]».198

Da qui parte l'antagonismo con il Ricci, che sta avanzando rapidamente verso le più alte gerarchie del fascismo nazionale, ma sempre pronto alle azioni squadriste, tanto da essere definito un «don Rodrigo» dallo stesso Viola.

Ad ogni modo entrambi vengono eletti in Parlamento a seguito dei risultati della tornata elettorale del 1924, che registra una schiacciante vittoria del Partito fascista e delle liste ad esso apparentate, come vediamo nei dati relativi alle tre realtà costiere e ai tre principali centri della Lunigiana interna:

Tabella 7

Risultati delle elezioni politiche del 1924

Comuni/ Partiti

Massa Carrara Montignoso Fivizzano Pontremoli Aulla

PCd'I 265 40 45 23 55 19 PSI 178 134 25 19 88 39 PSU 285 172 27 73 236 57 PRI 1.093 628 181 160 31 90 PPI 491 74 60 212 322 92 Dem. sociali 39 32 4 5 9 6 Indip. 52 43 10 21 6 45 PNF 3.512 11.040 539 1.079 1.758 922 Liberal- fascisti 102 130 10 1.401 24 92 TOTALE 6.017 12.293 901 2.993 2.529 1.362

Fonte: A. Bianchi, Lotte sociali e dittatura in Lunigiana storica e Versilia (1919-1930), Leo S. Olschki, Firenze 1981, p. 252

Il risultato locale e quindi quello nazionale consegnano una larga maggioranza al Partito fascista, che può giovarsi del premio di maggioranza previsto dalla legge Acerbo, assegnato alla lista che abbia ottenuto almeno il 25% delle preferenze, soglia che il partito di Mussolini supera ampiamente, con oltre il 60% dei voti.

Da questo momento, i percorsi di vita di Ricci e Viola divergono. Mentre il primo diventa vicesegretario del Partito fascista dal 1925 al 1929 e Presidente dell'Opera Nazionale Balilla (ONB), rimanendo fedele a Mussolini fino alla morte di quest'ultimo, Viola nel luglio 1924 diventa presidente dell'Associazione Nazionale Combattenti (ANC), che tiene il suo congresso ad Assisi.

In questa sede, in un clima politico scosso dalla scomparsa di Matteotti e dalla secessione degli aventiniani, un ordine del giorno firmato dal Viola stesso, «condizionava il rinnovato appoggio al governo al ristabilimento della legalità e della piena sovranità dello stato». Un compromesso che non piace a Mussolini, che si aspetta maggior sostegno e che deve fare i conti con l'ala intransigente del partito; nell'autunno 1924 l'ANC rifiuta di partecipare alle celebrazioni della marcia su Roma e il 4 novembre i cortei dei combattenti vengono attaccati in molte località dai fascisti.199

Questo comportamento «di fronda» costa a Viola la carica di presidente dell'ANC e l'espulsione dal PNF. Desideroso di espatriare in America Latina, ma non potendo usufruire del passaporto per “ordini superiori” ricevuti dagli uffici competenti, il 18 dicembre 1926, in una seduta a Montecitorio, legge un documento «propedeutico alla riappacificazione col regime»:

«[...] un testo composto dopo laboriose contrattazioni correttive imposte dal Viminale. Infatti le ragioni addotte erano, suo malgrado, umilianti nel tono e servili nella sostanza. Il glorioso combattente rivendicava la sua giovanile milizia nei fasci di combattimento e confessava la buona fede con la quale aveva assunto posizioni di dissenso e di opposizione nei confronti della “rivoluzione” mussoliniana; infine sottoscriveva le parole più sofferte, con le quali riconosceva gli “ottimi risultati ottenuti dal fascismo in ogni campo” e offriva la personale disponibilità a mettere il suo “modesto braccio di soldato” al servizio dell'Uomo che “aveva in pugno l'avvenire della patria”».200

Viola partirà per il Cile, dove resterà fino al 1944, anno del suo ritorno in Italia; sarà membro della Consulta Nazionale del Regno d'Italia, l'organo legislativo provvisorio 199 G. Sabbatucci, I combattenti nel primo dopoguerra, Laterza, Bari 1974, pp. 370-371

200 G. Adorni, Il lungo viaggio di Ettore Viola, dalle trincee del Carso all'aula di Montecitorio, in AA.VV., Cronaca e storia di Val di Magra, Centro Aullese di ricerche e studi Lunigianesi “Giulivo Ricci”, Aulla 2017, p.17

istituito il 5 aprile 1945, deputato nella I e II legislatura della Repubblica, morirà il 25 marzo 1986 a Roma e verrà tumulato nel sacrario militare del monte Grappa. Nel frattempo il regime fascista si è consolidato sia a livello locale che a livello nazionale, ma nella Lunigiana interna resistono alcuni nuclei antifascisti, soprattutto nelle zone di Monti, frazione di Licciana Nardi, e del Merizzo, frazione del comune di Villafranca.

Il gruppo del Merizzo ci interessa particolarmente perché al suo interno troviamo le figure di Leone Borrini ed Edoardo Bassignani.

Il primo, comunista e combattente caduto in Spagna, sarà oggetto della nostra analisi sui volontari antifascisti nella guerra civile spagnola. Il secondo, già confinato politico, animerà la Resistenza lunigianese e sarà tra i fondatori della brigata “Leone Borrini” nell'autunno 1944 e morirà il 3 febbraio 1945, ucciso dai fascisti della RSI.