VI. I percorsi dei volontar
5. Attilio Viola
La storia di Attilio Viola, nonostante le poche informazioni su di lui, è interessante soprattutto per il finale, che è stato finalmente scritto nel 2016, dopo decenni di incertezze sulla sua presunta morte in combattimento.
Nato a Monti di Licciana il 19 febbraio 1906, esercita il mestiere di apprendista 234 Carabinieri di Pontremoli alla Questura di Apuania, 17 ottobre 1943, in Ivi
falegname nella località di Quercia, frazione di Aulla, prima di espatriare nel 1925, con regolare passaporto, a Boulogne-Billancourt, nella regione dell'Île-de-France, in prossimità di Parigi.
Lì conosce una dattilografa, Jeanne Garnier, con cui convola a nozze il 31 gennaio 1931; successivamente avranno un figlio, Roland, nato il 10 ottobre 1933.236
Siamo a conoscenza di un suo breve soggiorno in Italia nell'estate 1935, a casa dei suoi genitori residenti in località Ponterotto, un'altra frazione del comune di Licciana, da cui Viola riparte dopo circa un mese.237
Nel maggio 1938 entra in Spagna e, dopo un breve periodo di addestramento, prende parte alla battaglia dell'Ebro, l'ultima disperata offensiva repubblicana. Da un documento ritrovato dal Corpo Truppe Volontarie nella primavera del 1939, sappiamo che Viola fece parte «della 1^ compagnia del 3º battaglione della 12^ brigata internazionale – 45^ divisione» e che rimase ferito in combattimento nel settembre 1938.238
Viola quindi è ferito e viene ricoverato all'ospedale militare di Vilafranca del Penedès, e da lì scrive una lettera alla moglie il 10 ottobre 1938 in francese, con qualche termine spagnolo e italiano, che noi riportiamo nella traduzione italiana curata da Giuseppe Chiappini:
«Mia cara piccola Jeanne,
scusami, non ti scrivo da cinque o sei giorni.
Sono stato molto male, avevo la febbre alta ed ho trascorso molte notti insonne; avevo mal di testa e pensavo fosse la mia ferita a causarmi una febbre così alta. Inoltre, avevo un forte mal di denti che mi faceva vedere le stelle. Ieri l'ho fatto estrarre e quindi non se ne parla più. Mi ha fatto molto male quando lo hanno tolto, procurandomi un giramento di testa. Per cinque giorni non ho potuto mangiare e le mie forze si sono molto affievolite, e poiché non ero ancora in forma a causa del sangue che ho perso per la ferita alla testa, ho avuto momenti di sbandamento, ma ora tutto è passato. Vedevo girare tutto attorno a me. Ora stò meglio, ho ricominciato a mangiare, ma qui mi manca un buon bicchiere di vino per tirarmi un po' su... Penso che da qui a qualche giorno ancora, non credo fra molto, sarò a casa. Quindi, come ti ho già scritto, te lo farò sapere dal confine. Ti manderò un telegramma. Se potrai verrai ad aspettarmi, ti dirò dove venire, altrimenti, se non potrai, verrò io da te.
Può darsi che alcuni arriveranno prima di me, perché quelli che non sono feriti partiranno prima, come potrebbe darsi che diano la precedenza a noi; comunque, per quanto riguarda i feriti, saremo trasferiti negli ospedali in Francia. Noi volontari internazionali che lasciammo 236 Ibid., p. 65
237 Prefettura di Apuania alla Direzione generale di P.S., 8 luglio 1941, in ACS, MI, CPC, Fascicoli personali, b. 5431, fasc. 076739 Viola Attilio
la Francia, ci separiamo ora dai nostri compagni dei battaglioni spagnoli, ma saremo sempre al loro fianco. Attiveremo una rete di solidarietà e aiuti alla Spagna, incoraggeremo i nostri compagni, formeremo dei comitati. Tutti noi assisteremo alla vittoria della Repubblica spagnola. E con l'unità di ogni forza politica, riusciremo ad annientare il fascismo mondiale che minaccia di guerra ogni giorno. E riusciremo a salvaguardare la pace. Spero di ricevere tue notizie da qui a qualche giorno, ne sarei molto felice.
Oggi ci hanno fatto delle foto in ospedale. Mi avevano già fotografato al fronte prima di essere ferito; dovevo essere pubblicato su un giornale, ma siccome non sono più con il mio battaglione, non ho visto niente. Avrei voluto spedirtele, ma non ho ancora visto nulla, credo sia andato tutto perduto.
Ora smetto di scriverti; a presto, sento che il tempo non passa mai, figurati! Non vedo l'ora di rivederti, tu e mio figlio Roland e anche tua madre. Ti mando un grosso bacio nell'attesa di rivedere te, Roland, tua madre, tutti.
Attilio».239
Dopo questa lettera molto toccante, piena di speranza nel futuro e di affetto per la famiglia, putroppo perdiamo le tracce di Attilio Viola.
Negli anni si susseguono le richieste di informazioni, sia da parte della moglie Jeanne, che nel luglio 1941 si rivolge al Consolato italiano di Parigi, sia da parte del padre, che nel dopoguerra si rivolge direttamente a Luigi Longo per avere notizie del figlio.240
Nel 2003 il comune di Licciana dedica una via a Viola nel suo paese natale, Monti, mentre ancora nel 2012, la ricerca dell'ISGREC sui volontari toscani, dava il Viola presumibilmente caduto in combattimento nel settembre 1938.
Nel 2016, la nipote Nicole Garnier, avvia delle ricerche per venire finalmente a capo della questione.
Nell'Archivio Nazionale di Salamanca trova il nome dello zio all'interno di un elenco di componenti delle BI ricoverati nell'ospedale di Vich, che si trova più a nord, non lontano dal confine francese. Questo ospedale subisce almeno tre bombardamenti, di cui uno nell'ottobre 1938, che probabilmente ha causato il trasferimento di Viola in un'altra struttura ospedaliera a Barcellona.
In quest'ultima città infatti, nel giugno del 2016, Nicole trova un documento del Comitato di smobilitazione delle Brigate Internazionali che mette la parola fine alla vicenda; in questo scritto viene riportata la morte di Viola per febbre tifoide, letale in 239 G. Chiappini (a cura di), Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola, cit., pp. 66-67 240 Telespresso Nº 109798 del Consolato Generale d'Italia in Francia alla Direzione generale di P.S. e
alla Commissione italiana di armistizio con la Francia, 31 maggio 1941, in ACS, MI, CPC, cit., b. 5431, cit.,; G. Chiappini (a cura di), Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola, cit., pp. 71-74
un organismo già debilitato come il suo, il 15 dicembre 1938, nell'ospedale di Pedralbes, quartiere di Barcellona.241