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VI. I percorsi dei volontar

6. Dante Armanett

«Di carattere taciturno, di discreta intelligenza ed educazione», Dante Armanetti nasce a Pontremoli il 26 marzo 1887. Frequenta le scuole fino alla quinta elementare e si trasferisce a Torino, dove nel 1917 partecipa ai moti contro lo guerra e alle successive occupazioni delle fabbriche nel 1920.

Di militanza anarchica, diffidato nel 1926 per attività sovversive e condannato ad un'ammenda di 1.666 lire col beneficio della sospensione della pena per tentato espatrio clandestino, «è molto noto fra i suoi compagni di fede e tenuto in considerazione per il suo passato politico», la sua attività politica «consiste nel mantenere i rapporti con i suoi amici, per tenere desta in loro la fede dei principi anarchici».242

L'8 febbraio 1931 viene arrestato e «per la sua subdola attività antinazionale», viene denunciato alla Commissione Provinciale per l'assegnazione al confino di Torino, che l'11 marzo lo assegna al confino di polizia per due anni da scontare nella colonia di Lipari. Trasferito il 6 gennaio 1933 a Ventotene per la soppressione della colonia politica di Lipari, viene liberato allo scadere dei due anni ed il 19 febbraio è segnalato di nuovo residente a Torino, dove come da prassi, viene sottoposto ad «opportuna vigilanza».243

Negli anni successivi Armanetti «non dà luogo a rilievi con la sua condotta in genere», una quiete prima della tempesta, che si scatena nel 1936.

Il 9 settembre di quell'anno Armanetti, attraverso la Val di Lanzo, riesce ad espatriare in Francia assieme a due anarchici toscani stabilitisi a Torino, Settimio Guerrieri di Piombino e Antonio Calamassi di Massa Marittima; con l'aiuto del Comitato antifascista di Chambery giungeranno a Marsiglia e di lì si dirigeranno poi a Barcellona.244

241 G. Chiappini (a cura di), Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola, cit., p. 68 242 Scheda biografica della Prefettura di Torino, 14 marzo 1931, in ACS, MI, CPC, cit., b. 191 fasc.

Armanetti Dante 243 Ivi.

244 I. Cansella, Percorsi di lotta. Antifascisti toscani nella guerra civile spagnola, in I. Cansella, F. Cecchetti (a cura di), Volontari antifascisti toscani nella guerra civile spagnola, cit., pp. 173-174

Un mese dopo, la sorella Maria Felicita viene arrestata a Torino assieme agli anarchici Michele Guasco (amico del fratello Dante), Mario De Pasquale, Antonio Mairone, alla moglie di Guasco, Francesca, e a Luigi Dal Santo, Pier Leone Migliardi e Luigi Scala. Conclusa l'istruttoria vengono prosciolte sia Francesca Guasco che Maria Felicita Armanetti, mentre gli altri sei vengono deferiti al Tribunale Speciale, accusati di far parte di Giustizia e Libertà e di mirare «a promuovere un'insurrezione armata e ad attentare alla sicurezza dello Stato, con le aggravanti dell'associazione per commettere due o più delitti e per procedere a distruzioni, saccheggi e stragi».

Scala, Guasco, Dal Santo e De Pasquale vengono condannati a varie pene detentive, mentre Migliardi e Mairone vengono assolti; nella sentenza l'attività cospirativa degli imputati viene collegata con Dante Armanetti, che secondo quanto emerso dal processo, è «il vero coordinatore all'estero dell'azione di propaganda», senza che venga comunque provato il legame di Armanetti con il centro di GL.245

Colpito da un ordine di cattura emesso dalla Procura Generale presso il Tribuale Speciale il 30 dicembre 1936, Armanetti passa dalla Francia alla Spagna, dove nel gennaio 1937 si arruola nella Sezione Italiana della Colonna Ascaso, ed è impegnato sui fronti di Almudevar e di Huesca, partecipando successivamente agli scontri di Barcellona nel maggio dello stesso anno.

Proprio a Barcellona, il 30 ottobre 1937, viene arrestato assieme a Lanciotto Corsi, Pompeo Crespi e Giuseppe Rouzi, nell'ufficio della Sezione Italiana, nell'edificio della Ronda Fermín Salvochea. Armanetti si dichiara il responsabile dell'ufficio italiano, e vengono sequestrati molti documenti appartenenti ad altri italiani della Ascaso, 5.000 franchi di fondi raccolti all'estero e vengono distrutti i beni personali degli italiani ancora al fronte, mentre l'edificio viene sequestrato dalle autorità.246

Il suo arresto e la sua detenzione non sfuggono alle fonti confidenziali fasciste, che lo segnalano alle autorità italiane, così come il successivo trasferimento di Armanetti nei campi d'internamento francesi.

Mentre le biografie curate dall'ISGREC e la Prefettura di Torino segnalano la sua scarcerazione avvenuta in data 1º maggio 1938, secondo le ricerche di Enrico Acciai alla data del 31 luglio 1938 si troverebbe ancora incarcerato in Spagna.247

Nelle deposizioni rilasciate alla Questura di Torino il 10 ottobre 1941, inizialmente Armanetti afferma addirittura di non essere mai stato in Spagna, poi il giorno 245 Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato. Decisioni emesse nel 1937, Ufficio storico SME,

Roma 1994, pp. 45-52; M. Giovana, Giustizia e Libertà in Italia. Storia di una cospirazione antifascista 1929-1937, Bollati Boringhieri, Torino 2005, pp. 487-493

246 E. Acciai, Antifascismo, volontariato e guerra civile in Spagna, cit., p. 253

247 Riservata della Prefettura di Torino, 16 settembre 1938, in ACS, MI, CPC, cit., b. 191, fasc. Armanetti Dante ; E. Acciai, Antifascismo, volontariato e guerra civile in Spagna, cit., p. 256

successivo riferisce la sua versione dei fatti, secondo cui sarebbe andato in Spagna per motivi lavorativi, non avendo trovato un'occupazione a Marsiglia:

«[...] a Barcellona mi presentai ai sindacati metallurgici ed ottenni di andare a lavorare presso la ditta Gerona in qualità di aggiustatore meccanico.

A Barcellona abitavo in via Fermin Salvochea nº 38. Qui rimasi fino al settembre 1937, epoca in cui venni arrestato dalla polizia del luogo allora in mano ai comunisti, ed accusato di disfattismo perchè sostenevo la tesi che era inutile insistere nella guerra civile in quanto si sarebbero fatte delle vittime inutili in considerazione che il Generale Franco era validamente aiutato dai Capi di Governo dell'Asse.

Venni rinchiuso in quelle carceri, donde venni liberato ed accompagnato in Francia nel campo di concentramento di Saint Cyprian [Saint-Cyprien].248

A.D.R. nelle carceri rimasi fino al gennaio 1939.

Nel campo di concentramento rimasi circa tre mesi; poi […], venni incorporato dalle autorità francesi in compagnie di lavoratori in un dipartimento del nord, nei pressi di Hanzbrux, dove venni adibito a lavori stradali. Qui rimasi fino all'occupazione da parte delle truppe tedesche [...]».249

Assistiamo anche qui ad un tentativo di minimizzare la propria partecipazione alla guerra civile, con la dipartita per la Spagna dovuta a sole ragioni lavorative e le dichiarazioni su Franco, che ci sembrano poco plausibili. Nella seconda parte della deposizione invece, Armanetti parla della sua esperienza in terra francese, con l'ormai onnipresente passaggio nei campi di internamento, in questo caso Saint- Cyprien, e probabilmente anche Gurs, dove viene segnalato dal comunista Pietro Pavanin appartenente alla nona compagnia del gruppo italiano del campo, «dove vi erano tutti gli elementi sospetti, provocatori, troschisti [sic], anticomunisti»250,

248 Situata nel dipartimento dei Pirenei Orientali, Saint-Cyprien diventa luogo di accoglienza quando le autorità francesi devono decongestionare il campo di Argelès-sur-Mer, e deviano il flusso appunto su Saint-Cyprien. «[...] inizialmente sprovvisto di baracche. La sua priorità è infatti di isolare, contenere. Mentre si costruiscono le baracche, alla meno peggio e a un ritmo decisamente troppo lento, si installano pali e recinzioni di filo spinato per formare una serie di 17 aree di un ettaro l'una. Persino le guardie sono costrette a dormire all'aperto per circa otto giorni, mentre la maggior parte dei rifugiati è sistemata in tende o alloggi di fortuna. Su quell'immensa spiaggia mancano le latrine, punti di erogazione dell'acqua potabile e un presidio medico. Le conseguenze della penuria nonché le cattive condizioni igieniche e di alloggio provocano un tasso di mortalità relativamente elevato, perlomeno nei primi tempi: nel febbraio del 1939 si registrano 25 decessi quotidiani. Nel marzo del 1939 a Saint-Cyprien si trovano ancora 30.000 persone.» in J. Kotek, P. Rigoulot, Il secolo dei campi. Detenzione, concentramento e sterminio 1900-2000, Mondadori, Milano 2001, p. 189. Sul campo di Saint-Cyprien si vedano: M. Andújar, Saint Cyprien, plage: (camp de concentration), Presses universitaires Blaise Pascal, CRLMC, 2003; P. Cros, Saint Cyprien 1939-1945: le village, le camp,la guerre, Trabucaire, Canet 2001

249 Deposizione di Dante Armanetti alla Questura di Torino, 11 ottobre 1941, in ACS, MI, CPC, cit., b. 191, cit.,

definizioni che danno un'idea della spaccatura del fronte antifascista creata dall'intransigenza stalinista.

Dopo l'occupazione da parte delle truppe naziste, ritroviamo Armanetti a Bruxelles dove lavora come «aggiustatore meccanico in officine» al servizio delle autorità tedesche.

Le fonti fiduciarie segnalano che assieme a lui a Bruxelles vivono e lavorano altri quattro compagni antifascisti: Giuseppe Peano di Torino e tre toscani anche loro reduci dalla Spagna, Armando Bientinesi di Livorno, Ateo Vannucci di Carrara e Aldo Demi di Piombino. La cosa non manca di suscitare perplessità, che traspare dalle varie segnalazioni fatte sul conto dell'Armanetti, visto che viene lasciato tranquillamente in pace nonostante il suo passato, lavorando addirittura per i tedeschi.251

È lo stesso Dante a descriverci la sua vita a Bruxelles in una lettera alla famiglia: «[...] Mi accorgo che una delle mie lettere vi ha alquanto allarmato sulla mia salute. Se non sono andato a lavorare in Germania, come era mio desiderio è perchè le esigense [sic] dei lavori ai quali […], vengano adibiti gli operai che vengano dall'estero, richiedono costituzioni forti e robusti, specialmente per poter sopportare i rigori della stagione invernale molto lunga ciò che non è il mio caso. […] io sto bene e continuo il mio lavoro. D'altronde se non fosse per lo spinosissimo problema del vettovagliamento io starei bene anche qui. Anche la paga non sarebbe da disprezzare, circa 300 f. alla settimana, ma se pensi che un uovo costa 6 f. un cavolfiore 12 f. ecc. e che […] si è costretti a pagare prezzi fantastici quel poco che si può trovare ti farai un'idea approsimativa del difficile problema. […] il lavoro non è gravoso, vivo con due amici in un piccolo appartamento dove prepariamo noi stessi il mangiare poiché nei restaurant non danno quasi nulla. D'altrone non è impossibile che un giorno o l'altro parta per la Germania e sono anzi in trattative per andarci [...]».252

Armanetti quindi desidera andare a lavorare in Germania, trasferimento che gli è precluso dalla sua costituzione, ricordiamo infatti che secondo la sua scheda biografica è alto 1,60 m, e aggiungiamo noi, dalla sua non più giovanissima età, visto che nel 1941 Armanetti ha 54 anni.

La questione della Germania sembra stare molto a cuore ad Armanetti, alla ricerca di migliori condizioni di vita, soprattutto dal punto di vista delle risorse alimentari, troppo poche e troppo costose, così come ribadito in una seconda lettera spedita al fratello Giuseppe:

251 ACS, DGPS, DPP, Fascicoli personali, b. 45, fasc. Armanetti Dante 252 Copia della lettera di Dante Armanetti alla famiglia, 14 giugno 1941, in Ivi

«[...]Come già saprai ho sempre le tue notizie e di Fernanda […] e sono lieto di sapere che entrambi siete in buona salute. Io pure sto bene e continuo a lavorare, ciò che per ora è l'essenziale. Le sofferenze passate sembra non abbiano influito molto sulla mia salute, si vede che il fondo è buono e le durissime prove alle quali sono stato sottoposto non hanno scosso seriamente l'organismo. […] Qui ci si batte in difficoltà alimentari ognor crescenti, e questa è la ragione principale che mi aveva spinto ad andare a lavorare in Germania […]. Sono ora in attesa della risposta di alcuni amici che lavorano a Berlino e se l'esito delle loro pratiche sarà favorevole non è escluso che ci vada anch'io. Oltre la questione dell'alimentazione vi andrei volentieri per venir in aiuto alla vecchia mamma della quale so che sopporti il maggior peso. Di qui non è possibile, la paga sarebbe ancora discreta circa 7 fr. l'ora se nonchè la vita è talmente cara che c'è molta fatica a tirare avanti. [...]».253

L'avventura in terra belga per Armanetti termina il 16 agosto, quando viene arrestato dai tedeschi «quale sospetto di attentati», e tradotto al Brennero per essere consegnato alla polizia italiana.254

Dopo gli interrogatori del mese di ottobre, viene proposto per il confino di polizia da parte della Prefettura di Torino, in considerazione del suo passato, «sovversivo schedato, della sua capacità a svolgere attività antinazionale, dell'attuale momento storico» e viene momentaneamente custodito nelle carceri del capoluogo piemontese.255

Su di lui pende però ancora il mandato di cattura del 1936 da parte del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, che nell'udienza del 17 dicembre lo condanna a 7 anni di reclusione, 20.000 lire di multa ed interdizione perpetua dai pubblici uffici, per «partecipazione ad associazione cospirativa» ed «espatrio clandestino per motivi politici».256

Detenuto a Castelfranco Emilia e prosciolto per concessione della grazia sovrana, ritorna a Torino il 29 agosto 1943, ed è attivo nella Resistenza piemontese in una SAP delle Ferriere FIAT, la VII Brigata “Edoardo De Angeli”, comandata da un altro toscano di Massa Marittima, Ilio Baroni, che morirà il 26 aprile 1945, durante gli scontri insurrezionali.

Nel dopoguerra Armanetti dirige i periodici anarchici “Era nuova” e “Seme anarchico”, e muore a Torino il 3 febbraio 1958.

253 Copia della lettera di Dante Armanetti a Giuseppe Armanetti, 6 luglio 1941, in Ivi

254 Divisione Polizia Politica, appunto per la Divisione Affari Generali e Riservati, 12 settembre 1941, in ACS, CPC, cit., b. 191, cit.,

255 Prefettura di Torino alla Direzione generale di P.S. e alla Direzione A.G.R., 17 ottobre 1941, in Ivi 256 Schede di segnalazione di detenuto condannato dal TSDS, 22 dicembre 1941, in Ivi