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VI. I percorsi dei volontar

3. Casimiro Malachina

Casimiro Adolfo Ernesto Malachina nasce a Zeri il 7 giugno 1902, emigra in Francia con la famiglia prima dello scoppio della Grande guerra, mentre nel 1916 si reca in Inghilterra dove per due anni lavora come garzone in un negozio di abbigliamento. Espulso dall'Inghilterra per vagabondaggio nel 1919, ritorna in Francia e più precisamente a Tolone, dove vive anche la madre, esercitando il mestiere di cameriere e muratore.212

Dal suo fascicolo del Casellario Politico Centrale ricaviamo un'informativa del dicembre 1919 da parte della Sottoprefettura di Pontremoli, in cui viene stesa una breve biografia di Malachina, da cui veniamo a sapere che «a Londra fu condannato quale propagandista per l'effettuazione di uno sciopero: così dicesi a Zeri».213

Le carte del CPC tornano a parlarci di lui nel 1929, attraverso un'informativa dei Carabinieri di Pontremoli, da cui possiamo dedurre che il Malachina tornò per qualche tempo a Zeri, probabilmente all'inizio degli anni venti, e che durante questo soggiorno «professava idee comuniste, ma non fu però veramente pericoloso». Inoltre è sconosciuta «l'attività che ha svolta in questi ultimi tempi, come pure la condotta serbata e condotta nei riguardi del Regime», non venendo però ritenuto «pericoloso all'Ordine Nazionale».214

Anche le successive informative della Tenenza di Pontremoli del 26 novembre 1931 e 22 dicembre 1932 non rivelano di più, denunciando la mancanza di informazioni sulle sue eventuali attività politiche e sul suo recapito, non mantenendo corrispondenza epistolare con alcuno in Italia.

È la madre di Malachina, Angela Godani, ad illuminarci sul destino del figlio. Ritornata dalla Francia per un breve periodo il 1º agosto del 1937 e ripartita il 22 settembre, durante il soggiorno «confidò con rammarico a persone del luogo, che il figlio CASIMIRO trovavasi in Spagna a combattere contro le truppe nazionali del generale Franco».215

Prendiamo con le dovute cautele il «rammarico» espresso dalla madre nei confronti della decisione del figlio; per quanto una madre possa voler bene ad un figlio da non volerlo veder andare in guerra, una possibile spiegazione del «rammarico», la difficile situazione di madre di un «sovversivo» non le avrebbe certo permesso di poter vantare nell'Italia fascista un figlio combattente contro Franco, un 212 Ibid., p. 59

213 Sottoprefettura di Pontremoli al Questore di Massa-Carrara, 18 dicembre 1919, in ASM, cit., b. 97, fasc. Malachina Casimiro Adolfo Ernesto

214 Tenenza dei Carabinieri di Pontremoli alla Questura di Massa, 30 giugno 1929, in Ivi 215 Tenenza dei Carabinieri di Pontremoli alla Questura di Massa, 30 ottobre 1937, in Ivi

atteggiamento che avrebbe potuto dare avvio a provvedimenti nei suoi confronti. La migliore fonte a cui attingere per fare luce sulla vita di Malachina è proprio Malachina stesso, nelle dichiarazioni che rilascia a seguito del suo arresto, avvenuto a Sanremo il 20 luglio 1940, mentre tentava di rientrare in Italia.

L'8 agosto viene interrogato negli uffici della Questura di Apuania216 e, riguardo al

periodo francese successivo all'espulsione dall'Inghilterra, dichiara:

«Dopo tre o quattro mesi di permanenza a Zeri ritornai, con regolare passaporto, a Tolone presso mia madre, con la quale, dopo breve permanenza a Tolone, mi recai a Marsiglia, dove esercitavo il mio mestiere di pittore […]. Dopo circa un anno e mezzo mi recai a Parigi, dove sono sempre rimasto, esercitando il mio mestiere e non occupandomi mai di politica. Nel 1933 la Polizia volle espellermi, per aver dato due schiaffi ad un poliziotto […]. Ma l'espulsione non venne accordata dal Ministero dell'Interno e limitarono il provvedimento al rifiuto di soggiorno. Ma io rimasi lo stesso a Parigi fino al 1936, quando venni fermato dalla Polizia che mi diedero il secondo “refers de sejour”».217

Secondo Malachina dunque, in Francia non si sarebbe mai occupato di politica, un tentativo forse di ammorbidire la sua posizione agli occhi delle autorità fasciste, che poco sapevano comunque delle sue attività in Francia, come dimostrato dalle scarse informazioni contenute nelle relazioni precedentemente citate. Se sul periodo francese Malachina può approfittare di questa lacuna informativa per difendersi, diventa più difficile giustificare la sua presenza in Spagna a fianco delle forze repubblicane.

Malachina sostiene di essere andato in Spagna su consiglio di un «Brigadiere addetto al servizio degli stranieri» per un certo periodo di tempo, un modo per allentare la pressione delle autorità francesi su di lui, ma allo scoppio della guerra civile nel luglio 1936 sarebbe tornato a Parigi:

«[...] mi rivolsi alla Prefettura di Polizia per farmi fare la carta d'identità. Ma questa mi fu rifiutata e mi si minacciò di espulsione. Ed allora, per evitare la epulsione, mi unii con altri operai meccanici diretti a Barcellona dove arrivammo verso il mese di ottobre. […] non essendo io meccanico, fui obbligato ad arruolarmi nelle brigate internazionali e assegnato ai telemetristi alla dipendenza dello Stato Maggiore Russo».218

Malachina sembra sminuire la sua posizione, affermando di essere stato obbligato ad arruolarsi fra i combattenti internazionali, dichiarando successivamente «di essere 216 Apuania è il nuovo comune nato nel 1938 dalla fusione di Massa, Carrara e Montignoso.

217 Interrogatorio di Casimiro Malachina, Questura di Apuania, 8 agosto 1940, in Ivi 218 Ivi.

stato per due volte arrestato dai rossi che, negli ultimi tempi, lo consideravano sospetto». Le parole di Malachina non convincono le autorità di polizia, secondo cui «non possono essere ritenute sincere», trattandosi di «individuo politicamente pericoloso e infido», venendo così proposto per l'assegnazione al confino di polizia.219

La Commissione Provinciale per i provvedimenti di polizia, nella seduta del 30 agosto, lo assegna al confino per motivi politici per 5 anni sull'isola di Ventotene, in cui viene tradotto il 16 settembre.

Negli anni a seguire, citando le carte, «mantiene inalterate le sue convinzioni comuniste» e non fornisce «alcuna prova di ravvedimento», mentre il fratello Giuseppe, di ritorno dalla Francia, parla di lui «deplorando la sua condotta, dovuta principalmente alla mancanza di educazione ed all'abbandono in cui è venuto a trovarsi in Francia fino dalla sua giovane età e che fu conseguenza del suo traviamento».220

Il fratello sta quindi provando a giustificare Casimiro, colpevole di essere un elemento al di fuori della concezione fascista dell'individuo, che doveva essere subordinato allo Stato, da cui bisognava tenere lontani gli elementi “diversi”, analogamente al caso tedesco dello Schutzhaft (custodia preventiva).221

Confino e Schutzhaft come strumenti essenziali e ineguagliabili perché riuscirono «a colpire sulla base di un sospetto chiunque fosse indesiderato»:

«La persona che cadeva vittima di queste due misure […] soffriva soprattutto per la consapevolezza di far parte di uno Stato che non garantiva più i diritti dei suoi cittadini. La condizione del politico detenuto al confino […], fu, per alcuni aspetti, peggiore rispetto alle condizioni psicologiche e morali di un detenuto per reato comune: il confinato e lo

Schutzhäftling sapevano che c'era un modo per uscire dalla situazione in cui si trovavano,

cioè piegarsi ai regimi che essi contrastavano. […] Il perseguitato politico, vittima della detenzione di polizia, finiva, perciò, per essere una sorta di carcerato volontario, cosciente e consapevole del peso della propria decisione e delle possibili conseguenze».222

Malachina non si piega al regime e deve attendere la caduta del fascismo per essere liberato dal confino. Successivamente all'8 settembre preleva assieme ad alcuni compagni alcune armi dalla caserma dei carabinieri di Zeri, dando inizio al 219 Questura di Apuania al Prefetto Presidente Commissione Provinciale Provvedimenti Polizia, 26

agosto 1940, in Ivi

220 Carabinieri di Zeri alla Questura di Apuania, 31 ottobre 1940, in Ivi

221 Per un confronto dal punto di vista giuridico fra il confino di polizia e lo Schutzhaft rimando a: C. Poesio, Il confino di polizia, la «Schutzhaft» e la progressiva erosione dello Stato di diritto, in L. Lacchè (a cura di), Il diritto del Duce, cit., pp. 95-113

movimento resistenziale locale ma, secondo alcune testimonianze, verrà assassinato attorno alla metà del 1944 in circostanze mai chiarite e il corpo non verrà mai più ritrovato.223