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VI. I percorsi dei volontar

2. Leone Borrin

«Sempre bene.

Speriamo in una prossima vittoria e di riunirci ancora con le catene spezzate. Vivere così: la morte sia la benvenuta. Stai allegra e spera.

Baci a te e alle bimbe

Tuo sposo Leone»203

Così Borrini si rivolge alla moglie Gemma Ravera il 31 gennaio 1937, in queste poche righe piene di speranza ma quasi profetiche, visto che morirà in combattimento durante la battaglia del Jarama il 12 febbraio successivo.

Una battaglia importante, svoltasi presso il fiume omonimo dal 6 al 27 febbraio, inconcludente nei suoi esiti, visto che i nazionalisti riescono ad attraversare il fiume, ma non riescono a tagliare le comunicazioni di Madrid con Valencia, portando ad una stabilizzazione del fronte nella zona.

Una battaglia molto cruenta, ricordata in una ballata, Jarama Valley, composta da un combattente scozzese del battaglione britannico, Alex MacDade:

«There's a valley in Spain called Jarama, That's a place that we all know so well, For 'tis there that we wasted our manhood And most of our old age as well

From this valley they tell us we're leaving, But don't hasten to bid us adieu,

For e'en though we make our departure, We'll be back in an hour or two

Oh, we're proud of our British Battalion, And the marathon record it's made, Please do us this little favour, And take this last word to Brigade: You will never be happy with strangers, They would not understand you as we,

203 Lettera di Leone Borrini alla moglie del 31 gennaio 1937, in G. Chiappini (a cura di), Antifascisti della Lunigiana nella guerra civile spagnola, cit., p. 57

So remember the Jarama Valley

And the old men who wait patiently.»204

Un posto che i combattenti del battaglione britannico «conoscono bene», avendo perso 225 uomini dei 600 effettivi in battaglia. Il Battaglione è inquadrato nella XV Brigata Internazionale “Abraham Lincoln”, di cui fanno parte tra gli altri i battaglioni americani “Lincoln” e “Washington”, il battaglione francese “Seis de febrero” e il battaglione “Dimitrov”, chiamato così in onore del segretario del Comintern, composto da volontari di almeno una dozzina di differenti nazionalità, di cui fa parte anche il nostro Borrini.205

Nato al Merizzo il 22 aprile 1897, Borrini si contraddistingue per il suo forte temperamento e per i suoi scontri anche fisici con i fascisti, negli anni dell'ascesa politica e sociale di quest'ultimi. Definito «uno dei più spinti comunisti della giurisdizione di Villafranca, egli infatti partecipava a tutte le dimostrazioni sovversive con fare violento e prepotente tanto da essere ritenuto pericoloso nei riguardi dell'ordine pubblico», viene anche denunciato per violenza e resistenza all'Arma il 26 maggio 1920 dai Carabinieri di Licciana Nardi.206

Una situazione difficile per gli antifascisti, in un contesto di scontri sia verbali che fisici in cui la pubblica autorità si dimostra accondiscendente nei confronti del fascismo e delle sue azioni squadristiche.

Borrini, muratore, «privo di mezzi sufficienti alla vita», successivamente emigra in Francia, a Marsiglia, dove la polizia fascista lo segue attraverso le autorità consolari; lavora anche come minatore, si iscrive al PCF e partecipa alle attività politiche e sindacali fra gli emigrati italiani.207

Proprio quest'ultime saranno causa della sua espulsione dalla Francia, «per attentato alla libertà del lavoro», secondo quanto riferito in un Telespresso dalla Legazione d'Italia in Lussemburgo, possiamo supporre per delle azioni di picchettaggio e per aver organizzato degli scioperi. In quel Paese infatti era emigrato Borrini dopo l'allontanamento dalla Francia, databile ad un periodo antecedente al 1931, visto che il 13 gennaio dello stesso anno era già presente nel Granducato, condannato in quella data «condizionalmente ad anni due di prigione per lesioni che hanno causato la 204 S. Weintraub, The Last Great Cause. The Intellectuals and the Spanish Civil War, W. H. Allen,

London 1968, p. 44

205 La XV Brigata, al momento della sua formazione iniziale nel gennaio 1937, comprende anche il battaglione “Radford”, il “Battalón Español” composto da volontari latino-americani e il “MacKenzie-Papineau” formato da combattenti canadesi, vedasi la tabella in E. Acciai, Il contributo italiano al volontariato internazionale in Spagna, cit., pp. 81-82

206 Tenenza dei Carabinieri di Pontremoli alla Regia Questura di Massa, 3 marzo 1931, in ASM, Fondo Questura (1920-1940), b. 54, fasc. Borrini Leone

morte».208

La condanna viene sospesa perché è riconosciuta l'attenuante della grave provocazione, rimanendo a noi ignota la causa della reazione violenta di Borrini, possiamo supporre una provocazione di tipo politico, ma siamo sempre nel campo delle ipotesi, visto che le carte consultate non ci consentono di chiarire la questione. Residente a Rumelange, una cittadina nel sud del Lussemburgo, che è rifugio di altri due antifascisti italiani segnalati da una fonte fiduciaria nel dicembre 1933. Si tratta del lunigianese Enrico Sbarra, nato a Bagnone il 24/11/1882, e dell'umbro Nazzareno Fiorucci, nato a Gubbio l'8/11/1885.209

Borrini frequenta gli ambienti antifascisti della zona e quindi anche Fiorucci e Sbarra, proveniente da Bagnone, stesso paese di origine della moglie Gemma. Inoltre ha cambiato occupazione, a causa di un non meglio precisato infortunio sul lavoro, che lo costringe ad abbandonare il mestiere di minatore e ad aprire una bottega, ed è segnalato come «speziale» nella fonte fiduciaria sopracitata.

Alla fine del 1934 però, le autorità del Granducato non gli rinnovano il permesso di soggiorno visti «i suoi precedenti in linea morale e politica» e Borrini è costretto a lasciare il Lussemburgo, decidendo di rimpatriare in Italia.

Le fonti lo segnalano rientrante il 6 gennaio, con l'intenzione di stabilire un negozio di generi alimentari a La Spezia, che in realtà sarà una profumeria, sita nella frazione di Migliarina Monte, possiamo pensare nella speranza di trovare la stabilità necessaria per far giungere in Italia anche la famiglia.

Costantemente vigilato dalle autorità, siamo a conoscenza dei suoi spostamenti in Lombardia. Ritroviamo Borrini a Monza, dal cugino Attilio, anch'egli commerciante, poi a Muggiò dove risulta domiciliato da un altro cugino, Giovanni Bassignani, mentre «in atto però risiede a Monza presso altro cugino Bassignani Guido»,210 che

saranno poi coinvolti nella famosa cena del gennaio 1937 di cui abbiamo parlato. Nonostante la vigilanza, Borrini riesce ad espatriare clandestinamente in Francia, presumibilmente nel dicembre 1936, e di lì dirigersi in Spagna, mentre le autorità italiane ne vengono a conoscenza solo quando, come abbiamo visto in precedenza, arrestano alla frontiera di Ventimiglia Giovanni Giampietri ed Edoardo Bassignani, che rivelano il riuscito tentativo di Borrini.

Come abbiamo visto, Borrini si arruola nel battaglione “Dimitrov”, il battaglione forse più internazionale di tutte le Brigate, composto da volontari bulgari, polacchi, 208 Telespresso Nº 376 A/63 della Legazione d'Italia nel Granducato di Lussemburgo, 6 febbraio

1931, in ASM, cit., b. 54, cit.,

209 Direzione Generale della Pubblica Sicurezza al Ministero degli Affari Esteri, 30 dicembre 1933, in Ivi

jugoslavi, romeni, cecoslovacchi, sudamericani e naturalmente, italiani.

Da Albacete, quartier generale delle Brigate Internazionali e sede del Soccorso Rosso Internazionale, Borrini scrive due intense lettere alla moglie a pochi giorni di distanza l'una dall'altra, sulla falsariga di quell'ultima breve comunicazione del 31 gennaio. Le lettere fanno luce sulle motivazioni e sugli ideali che hanno spinto Borrini a combattere in Spagna, anche contro il volere della moglie, rincuorata dalle rassicurazioni del marito sulle giuste finalità della lotta in terra iberica:

«Cara sposa

finalmente oggi mi prendo il tempo di scriverti due righe per farti sapere che sono arrivato a destinazione, e non sono affatto pentito, anzi, fiero del passo che ho fatto.

Tu mi rimprovererai perché non chiesi un tuo consiglio, ma io sapevo che chiedentoti [sic] un consiglio, avrei avuto una forte opposizione mentre il mio dovere è qui a vivere i pericoli con i miei compagni nella lotta contro il fascismo e la borghesia internazionale. Dopo tanti patimenti, dopo essere stato sbattuto da una frontiera all'altra come un delinquente, dopo essere più di due anni che siano divisi per il volere di una borghesia infame, oggi che è giunto il giorno della vendetta perché debbo esitare? Chi non è pronto a morire per la sua fede non è degno di professarla. Ebbene cara moglie, vedrai che io ero e sono comunista e saprò morire con una palla al petto e non alla schiena. Ti dico questo non per allarmarti, non sono qui per farmi uccidere, voglio uccidere e vendicarmi, e se questo è il mio destino non devi piangermi ma esserne fiera e insegnare alle nostre bimbe, che ora sono grandi abbastanza, il dovere delle figlie di un proletario. Voglio sperare che tu non soffrirai economicamente il nostro distacco; se ti troverai al bisogno sarai aiutata dal Fronte Popolare. Abbi coraggio come devono avere tutte le mogli dei proletari in una prossima vittoria e della tanto agognata libertà. Io qui sto benissimo, tanto di salute che di vitto perché il mangiare che ci danno avanza a tutti largamente. Così pure lo stipendio è sufficientissimo; non mi ubriaco perché come sai non mi piace, è immorale, ma il vino si paga 30 centesimi al litro, le sigarette 25 centesimi al pacchetto (20 sigarette), per cui puoi farti un'idea. Scrivi presto che desidero vostre notizie e voglio sperare che siano buone. Sono insieme al figlio di Gildo di Ottanger Saint Paul e uno di Sarzana, anche lui passato la frontiera come me per venire qui a combattere perciò ho la compagnia.

Sta allegra, speriamo nell'avvenire, baci a te e bimbe.

Tuo sposo Leone». Pochi giorni dopo, una seconda lettera, sempre prodiga di consigli e di rassicurazioni per la moglie:

«Mia cara sposa,

ti scrivo questa mia per dirti che sto benissimo, fino ad ora non posso lamentarmi di nulla. Non mi hanno ancora mandato a misurarmi con i fascisti, questo è il segno che hanno tanto bisogno che i compagni progrediscano, perciò spero in una prossima vittoria, perché la vittoria è nostra, non può mancare, è volontà di popolo, è l'emancipazione degli schiavi. Ora parliamo d'altro; voglio credere che la borghesia lussemburghese, che ha tanto perseguitato me, voglia lasciare te in pace, ma se così non fosse, piuttosto che trovarti male abbandona tutto al suo destino e vai a Marsiglia con mia madre e metti la vita in pace. Se ti trovi in circostanze troppo critiche, rivolgiti al Consolato Spagnolo e troverai un sussidio che ti aspetta, ma non rivolgerti mai per nessun motivo al console fascista del Lussemburgo perché se prima ci guardava di malocchio, ora sarà ancora peggio. Non dobbiamo rivolgerci dalla parte del governo di Mussolini se non il giorno che andremo con il pugnale in mano a liberare i nostri compagni e distruggere tutto l'apparato borghese che da secoli ci tiene sotto il tallone della schiavitù. Fino ad ora non ebbi ancora un tuo scritto, le mie ti giungeranno e se anche non ti giungessero troppo spesso non devi pensare male, devi tenere conto che siamo in guerra e tu stai all'estero e per il governo spagnolo, sollecito che egli sia, non può mai esserlo abbastanza, è facile a comprendersi. Tu non devi mai farti delle cattive idee, tieni conto che se feci tre anni di guerra borghese per forza, tanto meglio saprò fare questa volontaria per il mio più grande ideale. Per ora termino baciando te e le nostre bimbe e ti raccomando Wanda di saperla educare, se occorre adopera la violenza.

Saluti a Mario, a Sbarra e le loro famiglie.

Tuo sposo Leone».211

Leone Borrini cadrà in combattimento il 12 febbraio e, durante la Resistenza, una delle prime brigate operanti nelle zone di Villafranca e Bagnone verrà denominata “37B”, una dicitura ricavata dall'anno di morte e dall'iniziale del cognome di Borrini. Successivamente la brigata prenderà la denominazione di “Leone Borrini” e fra i comandanti troveremo proprio Edoardo Bassignani, irriducibile antifascista del Merizzo, che come abbiamo visto verrà ucciso dai militi della RSI il 3 febbraio 1945.