• Non ci sono risultati.

Antropologia differenziale

In letteratura, la critica al paternalismo libertario prende di so- lito la seguente forma45: una concezione apertamente paternalistica

delle politiche pubbliche non solo è manipolatoria ma conduce an- che a una infantilizzazione dell’individuo, il che contraddice la sua autonomia individuale e la sua capacità di condurre l’esistenza come gli pare46. È proprio da questo tipo di accuse che Sunstein si difen-

de in Why Nudge? e nelle Storrs Lectures on Behavioral Economics. A quelli che vedono nel ‘bounded’ associato alla razionalità umana, all’auto-interesse individuale e alla volontà una connotazione mera- mente limitativa, egli risponde che questa interpretazione è sbagliata e travisa la teoria del nudge. Da un lato, egli riconosce che l’econo- mia comportamentale e l’evidenza sperimentale di cui si avvale mo- strano che il nostro comportamento individuale e sociale è dovuto per lo più al modo in cui il nostro cervello processa l’informazio- ne, e che questo modo è bounded e biased. Dall’altro, c’è in questa idea l’assunzione implicita di un pattern of deviation a partire da uno standard di comparazione47, costruito sulla base di assunzioni

neo-classiche. Esse includono, come noto, anche l’agente razionale in quanto homo oeconomicus – o, come lo chiamano, al plurale, Tha- ler e Sunstein, gli Econs. Ma, soprattutto, c’è l’evidenza sperimentale messa a punto dalle ben note Dual Process Cognitive Theories (DPT) nella raffigurazione datane da Kahneman48, come esito dell’opera

45 Per una panoramica delle posizioni presenti in letteratura si veda

Hausman, Welch, To Nudge or Not To Nudge, cit.

46 Si vedano, ad esempio, A. Salazar, “Libertarian Paternalism and the Dan-

gers of Nudging Consumers”, King’s Law Journal, 23, 1, 2012, pp. 51-67; A. Oliver, “A Nudge too Far? A Nudge at All? On Paying People to Be Healthy”,

Healthcare Papers, 12, 4, 2012, pp. 8-16; Mongin, Cozic, “Rethinking Nudges”,

cit.; Hausman, Welch, “To Nudge or Not to Nudge”, cit.

47 Cfr. Gilovich, Griffin, “Introduction - Heuristics and Biases: Then and

Now”, cit.

48 Per esempio, D. Kahneman, “Maps of Bounded Rationality: Psychology

di Kahneman e Tversky che porta il nome di Biases and Heuristics Programme. Le DPT sostengono il modello duale già menzionato che contrappone il pensiero automatico (System 1) a quello riflessivo (System 2), e assegna solo a quest’ultimo le esperienze che descrive- remmo come “ragionamento”, togliendo al primo consapevolezza, agency, volizione e autonomia.

Il concetto di nudge è condizionato dalla consapevolezza che i meccanismi della decisione degli Humans sono compromessi dai limiti e dai difetti cognitivi in un modo che può essere facilmente utilizzato per promuovere determinate condotte. Sunstein e Thaler, infatti, scrivono che: «Secondo la nostra definizione, un pungolo è qualsiasi elemento che incide in misura significativa sul comporta- mento degli Umani ma che viene ignorato dagli Econi»49. In appa-

renza, questa definizione non dice nulla dei limiti e dei difetti degli Umani, né del “parametro antropologico” di cui si avvale l’economia neo-classica, cioè l’Econe. Il fatto, però, che la DPT e il Biases and Heuristics Programme sono alla base di questa definizione induce Daniel Hausman e Brynn Welch a sostenere che i nudge «sono chia- mati in causa dai difetti nel processo decisionale individuale, e lavo- rano facendo uso di questi difetti»50.

Con questa osservazione, Hausman e Welch sono diventati gli emblemi delle critiche basate sull’infantilizzazione, poiché esplicita- no quello che nella definizione di Thaler e Sunstein sarebbe rimasto implicito, cioè che il nudge funziona sfruttando i limiti cognitivi dei nudgee, e che sfruttarli prevale sull’intento di rimediarvi. Il nudge funziona utilizzando limiti, difetti, abitudini delle persone, che di- ventano parti integranti dell’architettura della scelta51. Gli studi em-

pirici delle scienze comportamentali hanno mostrato che le persone non agiscono razionalmente nel senso teorizzato dalla teoria classica della scelta razionale52. La loro autonomia risente di limiti cognitivi

1449-1475; Kahneman, Thinking. Fast and Slow, cit.

49 Thaler, Sunstein, Nudge, cit., p. 14.

50 Hausman, Welch, “To Nudge or Not To Nudge”, cit., p. 126.

51 Cfr. Hansen, “The Definition of Nudge and Libertarian Paternalism”,

cit., p. 156.

52 Cioè secondo la «utility-maximizing orientation» basata su preferenze

e della volontà, e la formazione delle loro preferenze dipende dal framing-effect, cioè dal modo in cui è strutturato l’ambiente della scelta, dalle regole di default che preselezionano le opzioni, e dal modo in cui i rischi della decisione vengono presentati nel frame della scelta. Per di più, le preferenze “a lungo termine”, per esempio godere di buona salute, possono entrare in conflitto con preferenze “a breve termine” (“giusto un paio di sigarette al giorno, che vuoi che sia”). Il paternalismo soft del nudge «non si basa sulla coercizio- ne giuridica, ma piuttosto su una “assistenza istituzionale al proces- so decisionale”»53, cioè sul design istituzionale di architetture della

scelta e di regole di default che usano la debolezza cognitiva degli individui per aumentare la razionalità delle decisioni risultanti.

È come dire che alcune condizioni di base influenzano i com- portamenti degli Econi rendendoli “tragicamente” umani: le opzioni della scelta disponibili (cioè l’ambiente della scelta già strutturato), le preferenze basate sulla conoscenza di queste opzioni, e le loro cre- denze. Come e se gli umani possano diventare econi potrebbe dipen- dere da azioni non paternalistiche ma emancipative che i teorici del nudge non prendono mai in considerazione54. La preoccupazione di

Sunstein, invece, è per il ruolo dell’informazione nelle strategie di nudging.

Nella definizione originale del nudge (in Nudge) non è incluso l’elemento ‘informazione’, nonostante sia fondamentale per la sua giustificazione55. Esso diventa l’oggetto principale delle osservazioni

di Sunstein solo in Why Nudge?. Qui Sunstein è inequivocabile: for- nire informazione è certamente un pungolo, ma può essere qualifi- cato come atto paternalistico oppure non paternalistico56. Rendere

disponibile una certa informazione significa influenzare il compor- tamento senza precludere e/o senza aumentare le opzioni di scel-

(eds.), Judgement under Uncertainty: Heuristics and Biases, cit.; Kahnemann, Tversky, Choices, Values and Frame, cit.

53 J.D. Trout, “Paternalism and Cognitive Bias”, Law and Philosophy, 24,

4, 2005, p. 393.

54 Cercheremo di approfondire il tema soprattutto nei capitoli 2, 5, 6. 55 L’attenzione di Nudge è più spostata sugli effetti della social influence nei

comportamenti individuali: si vedano pp. 62-67, 252-253.

ta rilevanti, e senza cambiare gli incentivi. Tuttavia, sembra esserci una differenza importante tra un contesto della scelta che acciden- talmente influenza i comportamenti in maniera prevedibile, e qual- cuno, cioè un architetto, che intenzionalmente tenta di cambiare il comportamento “armeggiando” con questo contesto57. Esplicitare

questa importante distinzione significa correggere l’aspetto “passi- vo” dell’architettura della scelta, cioè stabilire un nesso “stipulativo” tra nudge e paternalismo evidenziando l’elemento intenzionale: il nudge non influenza semplicemente i comportamenti delle perso- ne, ma è intenzionalmente preposto a farlo. L’elemento intenzionale connota la spinta gentile in senso paternalistico, sebbene concettual- mente non lo sia.