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L’argomento epistemico

Uno dei presupposti dell’approccio liberale classico è il cosid- detto ‘argomento epistemico’. Secondo J.S. Mill l’uomo e la donna ordinari hanno i mezzi cognitivi sufficienti per conoscere le proprie condizioni e i propri sentimenti meglio di chiunque altro. La pre- messa per cui ogni individuo è il miglior giudice del proprio bene serve come parziale giustificazione del rifiuto dell’interferenza sta- tale con azioni che non provocano un danno a terzi. Quando sono in gioco questioni che attengono il benessere personale, i funzionari pubblici non possono vantare una conoscenza migliore dell’indivi- duo considerato riguardo a cosa costituisca questo benessere e un loro intervento paternalistico corre il rischio di basarsi su una cono- scenza incerta e lacunosa11. Ma l’altro pilastro dell’impianto milliano

consiste nell’idea che gli individui, se lasciati liberi di prosperare,

10 Conly, Against Autonomy, cit., p. 122. 11 Mill, La libertà, cit., pp. 149-151.

sono in grado di trovare la strada migliore per sviluppare il proprio sé e, quindi, per aumentare il proprio benessere. Scrive Mill:

Essere tenuti a rispettare rigide regole di giustizia per riguardo degli altri, è qualcosa che sviluppa i sentimenti e le capacità che hanno per loro oggetto il bene altrui. Mentre invece, subire restrizioni su cose che non toccano il bene altrui e dovute solo alla loro disapprovazione non sviluppa assolutamente nulla che abbia valore, se non quella forza di carattere che potrà magari rinvigorirsi, lottando contro quelle restri- zioni; se invece ci sottomettiamo tutta la nostra natura si intorpidisce e si ottunde. Affinché la natura di ogni essere umano abbia l’opportunità di entrare in gioco, è indispensabile che alle diverse persone sia con- sentito condurre vite diverse12.

La possibilità che ogni individuo si sviluppi, vincolata da norme di giustizia che impediscono di danneggiare gli altri, costituisce il con- tenuto della nozione di ‘benessere’ in Mill. Prosperare significa auto- realizzarsi, portando a compimento le facoltà di cui naturalmente le persone sono dotate. Il benessere umano, secondo Mill, coincide con una nozione di utilità concepita in senso ampio, in modo da ricomprendere «gli interessi permanenti dell’uomo in quanto essere capace di progredire»13.

Secondo Sunstein le scoperte della psicologia empirica e dell’e- conomia comportamentale mettono in discussione l’argomento epi- stemico e, con esso, anche il principio dello sviluppo di sé. Non è vero che gli esseri umani sono i migliori giudici di se stessi e non è vero che, se lasciati liberi di scegliere e agire, troveranno la strada per sviluppare al meglio le proprie facoltà. Il benessere individuale non può essere realizzabile in modo pieno senza vincoli adeguati al com- portamento umano, perché le distorsioni e i bias non consentono alle persone di realizzare efficacemente i propri fini. Come già detto, i paternalisti libertari rifiutano il perfezionismo e quindi rinunciano a pensare che i vincoli più adeguati riguardino la selezione dei fini da

12 Ivi, p. 151.

13 Ivi, p. 77. Su questi aspetti del pensiero di Mill, con letture parzialmente

diverse, cfr. J. Skorupski, Why Read Mill Today?, Routledge, London, 2006, pp. 24-31, 52-53; D.O. Brink, Mill’s Progressive Principles, Clarendon Press, Oxford, 2013, pp. 60-73. Cfr. anche W. Donner, The Liberal Self: John Stuart

Mill’s Moral and Political Philosophy, Cornell University Press, Ithaca, 1991,

raggiungere. Il loro impegno liberale non è compatibile né con il pa- ternalismo classico, che impone costi a scelte ritenute indesiderabili, né con il moralismo giuridico o politico, che identifica dei fini dota- ti di valore oggettivo che gli esseri umani devono perseguire anche nelle sfere più personali dell’esistenza (dove, cioè, non sono in gioco danni a terzi). I problemi che affliggono gli esseri umani riguardano essenzialmente il giudizio sui mezzi da raggiungere e la capacità di controllare il proprio comportamento14.

Anche Mill, del resto, concede che l’intervento di terzi per orien- tare le nostre azioni sia giustificato nei casi in cui le nostre scelte sono distorte dall’ignoranza delle circostanze. È la famosa eccezione del ponte, a cui abbiamo già accennato nel primo capitolo. Nel sag- gio sulla libertà, Mill descrive la situazione di una persona che voglia attraversare un ponte senza sapere che esso è pericolante.

Ancora: all’autorità pubblica spetta il compito di prevenire gli inciden- ti. Se un agente in servizio, o chiunque altro, si accorgesse che una per- sona sta per attraversare un ponte dichiarato pericolante, e non ci fosse abbastanza tempo per avvertirla del pericolo, potrebbe agguantarla e tirarla indietro a forza senza ledere realmente la sua libertà, dato che la libertà consiste nel fare ciò che si desidera e, quella persona non desi- dera certo cascare nel fiume. Quando invece non c’è la certezza, ma c’è sempre il rischio di un male, è soltanto il diretto interessato l’unico che può giudicar se il motivo che lo spinge a correre il rischio è sufficiente o no; in questo caso, quindi (a meno che non si tratti un bambino, o di uno che è in tale stato di delirio o di eccitazione o di distrazione da non avere il pieno uso delle sue facoltà di riflessione), secondo me ci si dovrebbe limitare ad avvertire la persona del pericolo, senza usare la forza per impedirle di esporvisi15.

In questi casi il ricorso alla forza è giustificato se si danno tre condi- zioni: il pubblico ufficiale sa con certezza che il ponte è insicuro; non c’è il tempo materiale per avvisare la persona; la persona, in conse- guenza dell’intervento paternalistico, ottiene ciò che vuole. Sunstein sostiene che l’eccezione del ponte e di casi analoghi giustifica l’uso

14 Brink sottolinea che l’approccio delle spinte gentili è compatibile con

l’anti-paternalismo di Mill o che perlomeno non si ritrovano nella sua teoria indizi sufficienti per decretare un’incompatibilità con l’uso di alcune architet- ture della scelta. Cfr. Brink, Mill’s Progressive Principles, cit., p. 194.

di spinte gentili. Anche quando il tempo non è un fattore essenzia- le, e quindi la seconda condizione non è soddisfatta, un intervento paternalistico potrebbe essere giustificato sulla base dell’ignoranza del soggetto rispetto alla situazione e sulla base delle conseguenze positive dell’intervento sul benessere del soggetto, inteso in senso soggettivistico16. La fallibilità della mente umana implica che la clau-

sola dell’ignoranza è soddisfatta in molte delle situazioni in cui gli individui scelgono; la clausola liberale del paternalismo libertario autorizza solo gli interventi che soddisfano la condizione “secondo il loro giudizio”. La congiunzione di questi due elementi consente a Sunstein di estendere la portata dell’eccezione del ponte fino a ren- derla valida per la maggior parte delle situazioni di scelta.

Il liberalismo milliano è di fondo compatibile con alcune archi- tetture della scelta che Sunstein annovera tra le spinte, ma che inve- ce andrebbero considerate nella categoria separata dei boost. Subito dopo il brano sull’eccezione del ponte, Mill indica la legittimità di etichette che specificano le proprietà venefiche di certi prodotti, in modo da rendere consapevoli gli acquirenti dei rischi in cui possono incorrere con l’acquisto di quella merce. Questa situazione non sem- bra così dissimile dall’aggiunta di informazioni rilevanti per i con- sumatori, come l’uso di etichette che indicano i contenuti calorici di un cibo o una bevanda o maggiori dettagli su piani energetici. Ciò non significa però che l’eccezione del ponte possa essere generaliz- zata fino a includere tutte le spinte gentili.

Nell’eccezione di Mill, la “certezza” gioca un duplice ruolo. In primo luogo, il pericolo a cui è esposto il soggetto è certo. Il ponte è pericolante e passarci sopra significherebbe mettere sicuramente a repentaglio l’incolumità e la vita della persona. Inoltre, il pubblico ufficiale che ha il dovere di intervenire ha la certezza che la persona, se sapesse del pericolo, si asterrebbe dal compiere il gesto. L’inde- bolimento della prima premessa implica anche un indebolimento dell’intervento giustificato. Qualora vi sia solo il pericolo di danno, allora anche la reazione del pubblico ufficiale dovrà essere commi- surata e un semplice avvertimento è più adeguato alla situazione.

16 Cfr. Sunstein, Effetto nudge, cit., pp. 86-87. Sarah Conly estende invece

la coercizione legittima nel caso del ponte a tutti i casi in cui i soggetti difettano nella scelta: cfr. Conly, Against Autonomy, cit., pp. 18 e 34-36.

Si noti che nel brano di Mill c’è appunto una comparazione tra due situazioni (danno certo contro pericolo di danno) in cui il fattore tempo sembra rilevante per la prima ma non per la seconda (non è chiaro cosa Mill ritenga giustificato fare quando c’è pericolo di danno ma non c’è tempo di avvertire la persona). L’avvertimento previsto nel caso in cui vi sia un intervallo temporale sufficiente non è però equiparabile a tutte le architetture della scelta: una regola di default non ha lo stesso impatto di un avvertimento; la comunica- zione di informazioni secondo particolari formulazioni non mette in moto gli stessi meccanismi di un avviso di un pericolo imminente. La natura potenzialmente manipolatoria di questo tipo di spinte fa sì che la soddisfazione di due delle tre condizioni enunciate nell’ec- cezione del ponte sia insufficiente per giustificare un intervento pa- ternalistico-liberale.

Esistono altre asimmetrie tra il caso del ponte e le scelte ordina- rie oggetto di attenzione dei paternalisti libertari. Nell’esempio di Mill sappiamo con certezza che l’avventore è ignaro della situazio- ne di pericolo e il pubblico ufficiale ha l’obbligo di proteggerlo da eventuali azioni che mettano a rischio la sua incolumità. Un osser- vatore ha buon gioco a inferire dal comportamento che non ci siano particolari ragioni per stabilire che la persona non desideri (come generalmente accade) precipitare in un burrone rischiando salute e vita. In una situazione di emergenza di questo tipo, che richiede un intervento tempestivo in un lasso di tempo talmente limitato da non lasciare molte alternative, le tacite assunzioni ordinarie sulla razio- nalità delle persone e dei loro desideri possono funzionare egregia- mente e possono indurre a prendere decisioni moralmente giuste. Nel momento in cui si deve organizzare un’architettura della scelta queste assunzioni potrebbero non essere più sufficienti e la sempli- ce osservazione esterna del comportamento o delle conseguenze prodotte da certe scelte degli agenti potrebbe dimostrarsi un crite- rio inadeguato a giustificare l’introduzione di una spinta gentile. In questi casi anche la procedura attraverso cui si matura una scelta è importante non solo per la funzione motivazionale, ma anche per il suo ruolo giustificatorio ed esplicativo dal punto di vista dell’agente. Nota White:

Si prenda l’esempio delle basse percentuali di iscrizione ai program- mi pensionistici 401(k) a cui le spinte gentili disegnate da Sunstein e Thaler dovrebbero porre rimedio. Essi non hanno valutato il processo riflessivo di ciascun impiegato quando ha scelto se iscriversi a un pro- gramma 401(k). Hanno semplicemente giudicato che il tasso di iscri- zione era basso rispetto a quello che credevano fosse il livello razionale e da ciò hanno deciso che le persone non stavano prendendo decisioni sensate. Se i nuovi lavoratori hanno preso decisioni nei loro interessi, prosegue la riflessione, si sono iscritti e, se non si sono iscritti, allora devono essere confusi, in errore o pigri; in altre parole le loro decisioni non sono completamente volontarie, nel senso di informate e razio- nali17.

Il meccanismo di questa regola di default è paradigmatico rispet- to al funzionamento di altre spinte gentili. Il giudizio di cosa rien- tri nell’interesse delle persone è modulato lungo una direttrice che ignora completamente il campo più ampio degli interessi delle pre- sone, nel senso peculiare che White usa e che abbiamo delineato nel secondo capitolo (par. 7), e assume invece un paradigma di razio- nalità potenzialmente avulso dalle ragioni per agire che le persone hanno.

Se la procedura sostitutiva del punto di vista interno con un punto di vista esterno può essere comunque giustificata nel caso del ponte, dove l’urgenza e la mancanza di tempo autorizzano in qual- che modo a considerare l’ignoranza dell’agente come unica proprie- tà saliente della sua prospettiva agenziale, ben diverso è il caso dell’e- laborazione di politiche pubbliche di ampio respiro e lungo termine, in cui la valutazione degli scopi soggettivi è, per stessa ammissione dei paternalisti libertari, un fattore fondamentale18.

Mettiamo il caso che l’intervento coercitivo messo in atto nell’e- sempio del ponte vada a buon fine e qualcuno intervenga con la for- za riuscendo a impedire alla persona di attraversare il ponte. Ponia- mo che la persona, piuttosto che essere grata, protesti o si mostri indifferente a quanto successo: non sapeva certo che il ponte fosse pericolante ma alla fine non è cosa che gli interessi molto. Egli ama

17 White, The Manipulation of Choice, cit., p. 89.

18 Per una lettura di questo tipo cfr. K. Grill, “Respect for What? Choices,

Actual Preferences, and True Preferences”, Social Theory and Practice, 41, 4, 2015, p. 702.

il brivido e l’avventura e un ponte traballante è proprio il rischio che andava cercando. Non segue necessariamente che adesso la scelta di attraversare il ponte gli dovrebbe essere concessa; magari chi gli ha impedito di passare è un ufficiale pubblico, un agente di polizia sul posto per far rispettare l’ordinanza del sindaco che vieta ai cittadini di passare sul ponte. Ma se mettiamo per un momento tra parentesi queste variabili possiamo dire che, dopo aver esplicitato meglio le motivazioni che ha per passare il ponte, la persona può perlomeno protestare contro l’intervento coercitivo e magari anche contro la disposizione di legge che lo ha giustificato. Chi invece è sottopo- sto a una regola di default implicita, che non soddisfa i requisiti di trasparenza e pubblicità che abbiamo introdotto, non può usufruire di questa possibilità. Il parallelismo tra spinte gentili e ponte è fuor- viante anche per questa asimmetria. Se non ci sono rigide garanzie che la libertà di sottrarsi alla spinta è assicurata da un effettivo potere soggettivo di farlo, si priva le persone di un diritto di resistenza che invece un atto coercitivo esplicito lascia intatto anche nei casi in cui la coercizione è giustificata.