• Non ci sono risultati.

Gigerenzer analizza alcuni bias che secondo il paternalismo li- bertario sono particolarmente importanti per costruire politiche capaci di orientare il comportamento di cittadini; qui ricapitolere- mo solo le sue osservazioni in merito al cosiddetto ‘effetto framing’, la sensibilità alla forma in cui una certa informazione viene comu- nicata. La teoria classica della scelta razionale include un principio di invarianza, secondo cui rappresentazioni diverse dello stesso problema devono dare luogo alla stessa scelta, assumendo che la preferenza soddisfatta dalla scelta sia stabile rispetto a descrizioni alternative dello stesso scenario. Violazioni del principio di inva-

rianza implicano deviazioni dallo standard di razionalità, poiché è razionale operare la stessa scelta in presenza di formulazioni diverse di un’informazione rilevante senza variazioni di contenuto. In un classico studio sulla teoria della decisione in condizioni di rischio, gli psicologi Amos Tversky e Daniel Kahneman hanno messo in luce come la condizione d’invarianza sia sistematicamente violata in certi contesti di scelta17. Uno degli esempi riportati dagli autori a

supporto della loro tesi è ripreso da uno studio di Barbara McNeil e colleghi, in cui venivano sottoposte a un gruppo di soggetti informa- zioni statistiche sulla comparazione di due trattamenti per il tumore polmonare, mostrando gli stessi dati formulati in un caso secondo il tasso di mortalità e nell’altro secondo il tasso di sopravvivenza:

Formulazione in termini di sopravvivenza

Chirurgia: di 100 persone sottoposte a chirurgia, 90 sopravvivono al periodo post-operatorio, 68 sopravvivono alla fine del primo anno e 34 sono vive alla fine di cinque anni.

Radioterapia: di 100 persone sottoposte a radioterapia, tutte sopravvi- vono al periodo post-operatorio, 77 sopravvivono alla fine del primo anno e 22 sono vive alla fine di cinque anni.

Formulazione in termini di mortalità

Chirurgia: di 100 persone sottoposte a chirurgia, 10 muoiono durante l’intervento o nel periodo post-operatorio, 32 muoiono alla fine del primo anno e 66 muoiono alla fine di cinque anni.

Radioterapia: di 100 persone sottoposte a radioterapia, nessuna muore durante il trattamento, 23 muoiono alla fine del primo anno e 78 muo- iono alla fine di cinque anni.

Il 18% dei soggetti esposti alla descrizione secondo il tasso di soprav- vivenza scelse la radioterapia, ma la percentuale raggiunse il 44% tra i soggetti che invece lessero la descrizione formulata in termini di tassi di mortalità. Sebbene l’informazione comunicata fosse la stes- sa, il modo in cui era comunicata faceva la differenza in termini di scelte di trattamento18. Enfatizzare i possibili esiti positivi di una

17 Cfr. Tversky, Kahneman, Rational Choice and the Framing of Decisions,

cit.

18 Cfr. B.J. McNeil et al., “On the Elicitation of Preferences for Alternative

procedura (il numero delle persone che sopravvivono a un interven- to), invece che i potenziali esiti negativi (numero delle persone che muoiono) determina una maggiore adesione all’intervento rispetto alle alternative.

Gigerenzer sostiene che occorre innanzitutto rigettare la pre- messa secondo cui «l’equivalenza logica o l’invarianza descrittiva costituisce una norma generale del comportamento razionale»19. Per

motivare questo rifiuto, richiama un semplice esperimento condotto da Sher e McKenzie: ai partecipanti veniva chiesto di versare metà del contenuto di un bicchiere pieno d’acqua (A) in un bicchiere vuo- to (B) e poi di poggiare sul bordo del tavolo il bicchiere mezzo vuoto. Molte persone sceglievano il bicchiere (A), anche se tecnicamente entrambi i bicchieri erano mezzo vuoti; se la condizione di partenza era invece un bicchiere vuoto che veniva riempito per metà, il suo status cambiava ed era giudicato come bicchiere mezzo pieno. Se- condo Gigerenzer, questo risultato mostra che «in molte situazioni, la formulazione (framing) di una richiesta codifica un’informazione aggiuntiva, in questo caso sullo stato passato del bicchiere, che serve come punto di riferimento e che molte persone comprendono intu- itivamente quale bicchiere si intende»20. Anche nella vita reale uti-

lizziamo strategie di intelligenza sociale che permettono di ridurre l’incertezza grazie al ricorso alla razionalità ecologica. Questo è un esempio di come un comportamento giudicato irrazionale alla luce di forme di razionalità logica (come quelle che incorporano un’e- quivalenza descrittiva) appare come del tutto razionale se interpre-

Sono stati documentati altri effetti di framing, sopratuttto in ambito medico. Ad esempio, in una meta-analisi del 2007 Judith Covey ha confermato che sono considerati in modo più favorevole i trattamenti i cui benefici sono presentati sotto forma di riduzione del rischio relativo piuttosto che sotto forma di ri- duzione del rischio assoluto: J. Cowey, “A Meta-analysis of the Effects of Pre- senting Treatment Benefits in Different Formats”, Medical Decision Making, 27, 2007, pp. 638-654. Cfr. anche D. Sarfati et al., “Does the Frame Affect the Picture? A Study into How Attitudes to Screening for Cancer Are Affected by the Way Benefits Are Expressed”, Journal of Medical Screening, 5, 1998, pp. 137-140.

19 Gigerenzer, “On the Supposed Evidence for Libertarian Paternalism”,

cit., p. 367.

tato in base a una forma di razionalità ecologica che segue inferenze pragmatiche, piuttosto che logiche21. I paternalisti libertari sosten-

gono che le “falle” cognitive derivano dal modello di razionalità li- mitata che governa il funzionamento della mente, ma fraintendo- no il significato dell’aggettivo limitato o comunque ne propongono un’interpretazione eccessivamente ristretta. Nel senso originario con cui è stato introdotto dall’economista e psicologo Herbert Si- mon, la limitatezza della razionalità è la funzione di due variabili: le caratteristiche cognitive della mente che si palesano nelle attività del giudicare e decidere e la complessità e incertezza delle situazioni in cui gli agenti umani sono chiamati a espletare tali attività. Tale limi- tatezza non significa però un’inadeguatezza rispetto a un modello normativo di scelta ottimale, ma una proprietà del comportamento umano che cerca di affrontare in senso adattivo i problemi posti dal- le particolari sfide ecologiche a cui va incontro22.

Ritornando all’effetto framing, non si deve sottovalutare il fatto che parte dell’informazione contenuta nelle diverse descrizioni in- corpora anche il punto di riferimento su cui poi si basa la scelta del destinatario dell’informazione. Gigerenzer non discute l’esempio della formulazione degli esiti dei due interventi medici alternativi in termini di tassi di sopravvivenza e mortalità ma quello, forse più noto, della scelta davanti a due formulazioni diverse dei program- mi d’intervento disponibili nel caso di un’epidemia. L’Asian Disease Problem, come viene citato in letteratura, è strutturato su due diver- se descrizioni (una positiva, l’altra negativa) dello stesso scenario.

Ci si sta preparando ad affrontare una malattia che dovrebbe causare la morte di 600 persone. Sono disponibili due programmi d’intervento alternativi, che hanno le seguenti conseguenze.

21 Ibidem. Cfr. C.R. McKenzie, J.D. Nelson, “What a Speaker’s Choice of

Frame Reveals: Reference Points, Frame Selection, and Framing Effects”, Psy-

chonomic Bulletin & Review, 10, 3, 2003, pp. 596-602. Cfr. anche L. Macchi, M.

Bagassi, L. Bailo, “Conoscenza tacita e comunicazione in compiti decisionali: il caso del nudge”, Sistemi intelligenti, 27, 1, 2015, pp. 167-179. Gli autori collega- no questo tipo di studi alle ricerche che mettono in luce le proprietà implicite a quelle contestuali della comunicazione, che li porta a considerare i nudge come forme di “persuasione”, piuttosto che di “costrizione”.

22 Cfr. R. Viale, “Razionalità limitata e forme di paternalismo libertario”, Sistemi intelligenti, 28, 1, 2016, pp. 181-193, soprattutto pp. 183-184.

Programma A: verranno salvate 200 persone.

Programma B: c’è il 30% di probabilità che 600 persone vengano salva- te e il 70% di probabilità che non si salvi nessuno.

Programma C: moriranno 400 persone.

Programma D: c’è il 30% di probabilità che non muoia nessuno e il 70% di probabilità che ne muoiano 600.

La maggioranza dei rispondenti preferiscono il Programma A ri- spetto al Programma B, ma se si confrontano con le altre due opzio- ni allora i partecipanti tendono a preferire il Programma D al Pro- gramma C, nonostante che A e C siano equivalenti, come lo sono B e D. Ma, secondo Gigerenzer, l’equivalenza tra le coppie di descrizioni è sì di tipo logico, ma non di tipo informazionale. Si noti che nella formulazione dei Programmi A e C non vengono specificati, rispet- tivamente, il numero delle persone che moriranno e il numero del- le persone che sopravvivranno in seguito alla scelta, mentre questo dato è presente nella formulazione dei Programmi B e D. Questo aspetto «non deve costituire una differenza secondo la razionalità logica, dato che la formulazione in termini di guadagni e perdite è preservata. […] Ma deve costituire una differenza per le persone in- telligenti, perché la specificazione incompleta è lo strumento usato per fare raccomandazioni implicite»23. L’ambiguità prodotta dalla

mancanza di un’informazione precisa sul preciso destino delle 400 persone nel Programma A e delle 200 persone del Programma B crea a sua volta “un vuoto” che induce a raccomandare la scelta di quell’opzione o dell’altra. C’è quindi un’eccedenza dell’informazio- ne rispetto alla forma della descrizione: prova ne sarebbe il fatto che, una volta aggiunta una maggiore ricchezza di informazione nella formulazione di A e C, l’effetto framing scompare, perché in questo modo si elimina quell’elemento tacito che rende possibile l’incontro tra l’intenzione di chi comunica, realizzata nella particolare descri- zione scelta, e le aspettative di chi ascolta24. Quindi, la conclusione

di Gigerenzer è la seguente:

23 Gigerenzer, “On the Supposed Evidence for Libertarian Paternalism”,

cit., p. 369.

24 D.R. Mandel, “Gain-Loss Framing and Choice: Separating Outcome

Formulations from Descriptor Formulations”, Organizational Behavior and

Un’analisi ecologica suggerisce che i parlanti si basano sul framing per comunicare in modo implicito informazioni rilevanti e per fare racco- mandazioni e che anche gli ascoltatori vi prestano attenzione. […] [L’] arte di leggere tra le righe è un compito cognitivo più esigente della stretta logica dell’invarianza descrittiva. Dopo tutto, i computer non hanno problemi nell’usare la logica ma non riescono a fare i conti con la comprensione del linguaggio naturale. […] Tutto sommato, il prin- cipio di invarianza descrittiva è, di per sé, un metro di razionalità inap- propriato. Gli effetti di framing, definiti come la violazione di questo principio, possono essere il risultato dell’interazione strategica, dell’in- terpretazione di segnalazioni di opzioni raccomandate e di altre forme di intelligenza sociale. Queste forme di intelligenza tipicamente intuiti- ve vengono interpretate erroneamente nella letteratura degli economi- sti comportamentali come errori cognitivi difficili da abbandonare25.

Eppure, nell’esempio sulla comparazione tra chirurgia e radiotera- pia proposto prima questa ambiguità non era presente, perché in entrambi i casi erano riportati i dati relativi a entrambi gli interventi, permettendo così di valutare le informazioni rese in modo esplicito. In che modo l’attenzione al contesto comunicativo e alle aspettative reciproche condizionano in questo caso la dinamica dell’informa- zione? Gigerenzer stesso avvisa che la spiegazione legata al punto di riferimento e alla raccomandazione implicita non è valida per tutti i casi di framing. Eppure si può tentare anche in questo caso di rileg- gere l’esempio grazie al filtro della razionalità ecologica.

Riprendiamo innanzitutto l’idea che l’equivalenza descrittiva tra le due formulazioni possa essere intesa in due sensi: come equivalen- za logica e come equivalenza informazionale. Talvolta le descrizioni presentate in modo diverso (in termini di conseguenze positive – vite salvate – e di conseguenze negative – morti non evitate) possono considerarsi equivalenti dal punto di vista logico, ma non dal pun- to di vista informazionale perché una particolare formulazione può “nascondere” tra le righe raccomandazioni e indicazioni. Ma si po- trebbe sostenere che esiste un’ulteriore asimmetria che riguarda la comprensione soggettiva dell’individuo; cioè, anche se assumiamo la perfetta equivalenza logica e informazionale tra le due descrizioni, può darsi che l’individuo manifesti una diversa comprensione delle

25 Gigerenzer, “On the Supposed Evidence for Libertarian Paternalism”,

due formulazioni e questo indicherebbe la presenza di una limita- zione cognitiva.

Discutendo della validità del consenso all’atto medico nel caso di individui esposti all’effetto framing, Luke Gelinas ha suggerito che la condizione di questi soggetti è, all’apparenza, diversa da quella di una persona che acconsentisse a un dato intervento medico per curare il ‘ronzio nell’orecchio’, ma lo negasse allo stesso intervento praticato per curare l’‘acufene’. In questo caso si può pensare che la diversa scelta sia dettata da una diversa comprensione soggettiva dell’infor- mazione comunicata, perché il soggetto ignora che la definizione del termine tecnico medico ‘acufene’ è proprio ‘ronzio nell’orecchio’. Pensiamo anche che, una volta spiegata questa equivalenza semanti- ca, il soggetto riveda la sua decisione. Apparentemente, una persona a cui viene comunicato che, sottoponendosi a un certo trattamento medico, ha il 90% di probabilità di sopravvivere dovrebbe compren- dere che ha il 10% di possibilità di non sopravvivere. In realtà, sostiene Gelinas, formulazioni positive (ad esempio quelle che indicano la so- pravvivenza) e formulazioni negative (ad esempio quelle che indicano la morte) attivano associazioni cariche di valore che necessariamente spostano la nostra attenzione e influenzano le modalità con cui rac- cogliamo, immagazziniamo e processiamo le informazioni. Ma, cosa ancora più rilevante, queste diverse descrizioni si rapportano in modo diverso al complesso di preferenze e giudizi che le persone possiedono prima di compiere la scelta26. Sarebbe questa connessione a determi-

nare un’asimmetria nella comprensione soggettiva di formulazioni lo- gicamente equivalenti e, sebbene Gelinas non lo dica esplicitamente, si può ritenere che la differente comprensione indichi anche in questo caso un surplus di informazione che le formulazioni conterrebbero. Questa informazione non riguarda il contenuto a cui abbiamo accesso epistemico noi, che valutiamo esternamente la situazione, ma la par- ticolare e peculiare posizione che occupa chi si trova davanti a un’in- formazione che ha peculiari relazioni con elementi che toccano la sua sfera individuale.

26 Cfr. L. Gelinas, “Frames, Choice-Reversal, and Consent”, Ethical Theo- ry and Moral Practice, 18, 5, 2015, pp. 1049-1057, soprattutto pp. 1055-1056.

L’articolo è una risposta a J. Hanna, “Consent and the Problem of Framing Ef- fects”, Ethical Theory and Moral Practice, 14, 5, 2011, pp. 517-531.

Può forse essere utile paragonare questo aspetto con la tesi se- condo cui uno stesso atto può avere descrizioni diverse, un’idea non nuova che ha una tradizione rispettabile all’interno della filosofia dell’azione. G.E.M. Anscombe, ad esempio, ha sostenuto che una stessa azione è suscettibile di descrizioni intenzionali e non-inten- zionali: (a) sto battendo i tasti della tastiera del mio portatile, (b) sto scrivendo un libro sul nudge, (c) sto contraendo i muscoli in un certo modo, (d) sto consumando la tastiera del mio computer. Tutte sono descrizioni di cose che sto facendo ma secondo Anscombe solo alcune sono descrizioni intenzionali del mio comportamento e un semplice test può aiutare a discriminarle da quelle non-intenzionali: è sufficiente chiedere a chi sta compiendo l’azione perché la sta com- piendo. Se mi viene rivolta questa domanda, è logico pensare che risponderei (b) e questo rende intenzionale la mia azione sotto la descrizione (b), perché è evidente il legame che sussiste tra l’azione stessa e una certa ragione per agire che possiedo27. Le descrizioni

intenzionali, quindi, selezionano certi aspetti delle azioni che mo- strano questa relazione tra un certo elemento mentale (ragioni per agire) e certi movimenti che l’agente compie ed è questa relazione che rende la descrizione rilevante sotto un certo punto di vista; ma è anche vero che questa rilevanza dipende dal contesto e dalla pratica in cui la selezione avviene. In questo caso è la pratica del chiedere e del dare ragioni che consente di demarcare il confine tra azioni intenzionali e azioni non-intenzionali.

Qualcosa di analogo avviene nel caso dell’effetto framing. Piutto- sto che sostenere la presenza di un difetto cognitivo nella risposta a due diverse formulazioni di una stessa informazione si può indicare la presenza di relazioni diverse tra ciascuna formulazione e gli stati mentali dell’agente, rispetto al particolare contesto in cui si chiede di operare una scelta. Ciò significa che l’interpretazione delle informa- zioni che ci vengono fornite è un processo complesso, che incorpora atteggiamenti diversi da quelli richiesti da una concezione puramen-

27 Cfr. G.E.M. Anscombe, Intention, Harvard University Press, Cambridge,

1963, parr. 5-7, pp. 9-13. Cfr. anche E. Runggaldier, Che cosa sono le azioni? Un

confronto filosofico con il naturalismo, Vita e Pensiero, Milano, 2000, pp. 123-

129. Ovviamente questa breve ricostruzione non rende assolutamente giustizia al complesso dibattito sulle descrizioni alternative in teoria dell’azione.

te logica della razionalità. È il rimando al contesto, all’interazione, agli interessi, preferenze, desideri, aspettative dei soggetti che segna la differenza cruciale, individuata da Gigerenzer, tra il computer e l’agente umano. Diversamente dal computer, che riesce ad affronta- re benissimo i problemi che richiedono l’applicazione della raziona- lità logica ma incontra (per il momento) evidenti difficoltà a com- prendere il linguaggio naturale, gli agenti umani possono contare su risorse pragmatiche intese in senso ecologico. Questo conferma, da una parte, la nozione eccessivamente ristretta di razionalità che adottano gli economisti comportamentali e, con loro, i paternalisti libertari e dall’altra l’esigenza di descrivere in modo più ricco gli at- teggiamenti mentali che possono spiegare una certa scelta. Su questo punto torneremo più avanti.

4. Statistiche

Le generalizzazioni riguardo ai bias e ai limiti cognitivi degli agenti sono il prodotto di esperimenti comportamentali condotti su popolazioni selezionate. Questo significa che non si tratta di valu- tazioni fatte sul comportamento degli agenti nella vita reale, ma in ambienti artefatti ad hoc, e che in questi esperimenti potrebbe essere sottostimato o del tutto ignorato il peso del contesto pragmatico28;

ma possono sorgere altre difficoltà sul piano più strettamente me- todologico che viziano le conclusioni a cui giungono gli economisti comportamentali. Gigerenzer sottolinea che ci sono due modi per testare la capacità degli agenti di fare previsioni basate sulla regola di Bayes, il «paradigma dell’apprendimento» e il «paradigma del li- bro di testo». Secondo il primo paradigma le persone apprendono le probabilità tramite l’esperienza e poi vengono testate per valutare se i loro giudizi sono coerenti con la regola di Bayes.

28 Nota a questo proposito Viale: «Molti di questi bias si producono in

situazioni sperimentali spesso svuotate del significato pragmatico che si riscon- tra nella vita reale. In questi contesti artificiali, con domande prive di significato reale, spesso i soggetti tendono a commettere errori ed inesattezze formali. Gli stessi ambiti di ragionamento riscontrati in una dimensione decisionale reale non portano alla stessa sistematica irrazionalità formale» (Viale, “Razionalità limitata e forme di paternalismo libertario”, cit., p. 185).

Se si usa il secondo paradigma, ai partecipanti agli esperimenti vengono presentati problemi testuali in cui sono formulate probabi- lità espresse in forma numerica e, soprattutto, in termini di «proba- bilità condizionate»: le probabilità che si verifichi un evento sapendo che un altro evento si è verificato sono espresse in percentuale. Per fare un esempio: la probabilità percentuale che una persona sia re- almente affetta da una malattia dopo che si è sottoposta a un test che ha dato esito positivo, considerando i dati statistici relativi alla diffusione della malattia nella popolazione e alla tendenza del test di restituire diagnosi corrette, falsi positivi e negativi. Come riporta Gigerenzer, ci sono ormai diversi studi che testimoniano che le per- sone riescono a ragionare in accordo con la regola di Bayes quando devono prendere decisioni in base a informazioni formulate secon- do frequenze naturali, risultanti dal processo di apprendimento per esperienza, piuttosto che in termini di probabilità condizionate. Per fare un esempio, riportiamo di seguito due diverse formulazioni (probabilità e frequenze) della stessa informazione:

Immaginate di dover condurre uno screening per il cancro al seno uti- lizzando la mammografia in una certa regione. Conoscete i seguenti dati sulle donne che vivono in quella regione:

- La probabilità che una donna abbia il cancro al seno è dell’1% (pre- valenza);

- Se una donna ha il cancro al seno, la probabilità che il test sia positi- vo è del 90% (sensibilità);

- Se una donna non ha il cancro al seno, la probabilità che nondimeno il test sia positivo è del 9% (tasso di falsi positivi). […]

Immaginate di dover condurre uno screening per il cancro al seno uti- lizzando la mammografia in una certa regione. Conoscete i seguenti