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Ristoranti e manipolazion

Una delle critiche che sono spesso indirizzate all’uso delle spinte gentili riguarda la loro natura. Date le proprietà che le contraddi- stinguono, le spinte gentili sarebbero interventi che hanno effetti manipolatori sulla scelta delle persone. Questa è una critica intu- itiva e apparentemente potente. Nel momento in cui un agente A interviene sull’ambiente all’insaputa di B, in modo tale da orienta- re B verso una certa direzione, la prima reazione è che A abbia, in qualche modo, manipolato B. Prendiamo il celebre esempio con cui Thaler e Sunstein aprono il loro libro Nudge, cambiandone tuttavia alcuni dettagli.

Carolyn è la responsabile di un ristorante self-service a cui af- fluiscono ogni giorno a pranzo molti lavoratori della zona in cui è situato. Su suggerimento di un suo amico, consulente aziendale che ha lavorato per alcuni supermercati, la donna adotta un metodo molto semplice di organizzare il menù offerto ai suoi clienti. Sen- za cambiare le portate tradizionalmente cucinate nel suo ristorante, Carolyn si limita a sistemare in modo diverso i cibi nella catena del self-service, collocando ad altezza occhi o in posizioni strategiche quelli che intende vendere di più. Per fortuna, Carolyn è convinta che sia suo compito non solo vendere alimenti, ma anche farlo nel migliore interesse dei suoi clienti. Poiché la salute delle persone che si servono da lei le sta a cuore, la direttrice ha cura di sistemare i cibi più salutari in modo che da massimizzare la probabilità che le persone li scelgano.

Rispetto all’aneddoto originale, abbiamo cambiato alcuni det- tagli. Nella pagine di Sunstein e Thaler, Carolyn è la responsabile di un servizio mensa del sistema scolastico di una grande città, qui invece si occupa di un ristorante privato che serve adulti. La deci-

sione di cambiare questi due particolari è dettata (a) dalla volontà di chiarire che l’uso di spinte gentili è trasversale rispetto alla distinzio- ne pubblico/privato. Ciò non significa che se le spinte gentili sono moralmente problematiche, l’uso da parte di agenzie pubbliche non sia moralmente più controverso dell’uso da parte di privati, ma solo che questo è un problema ulteriore rispetto al giudizio sulle spinte generali considerate in sé e per sé. Inoltre (b) non è detto che l’uso di spinte gentili per orientare il comportamento dei bambini presenti le stesse criticità dell’uso di spinte gentili nel caso di persone adulte. Quest’ultimo punto può essere fonte di altrettante controversie. In generale, la manipolazione è percepita come moralmente condan- nabile perché viola l’autonomia della persona che ne è oggetto. Se le spinte gentili sono manipolatorie, sono allora moralmente condan- nabili per lo meno per il fatto che violano l’autonomia delle persone. Si potrebbe sostenere però che i bambini non sono dotati di questa caratteristica, che contraddistingue invece gli agenti maturi e, per- tanto, questo scrupolo morale non si ponga nel caso in cui i destina- tari della spinta gentile siano bambini.

Questa conclusione è controversa per almeno due ragioni: (1) presuppone che l’autonomia sia una proprietà “tutto o nulla”, mentre è più probabile che si presenti come una capacità scalare e graduale di governare la propria vita secondo i propri interessi (de- finiti in modo ampio, come abbiamo visto nel secondo capitolo); (2) implica di conseguenza che si possa individuare una soglia o un momento decisivo, prima del quale non c’è autonomia, e quindi la spinta gentile è applicabile, e dopo il quale invece interventi del genere diventano moralmente sospetti. Queste due ragioni non si limitano a presentare, sul piano teorico, una concezione troppo ri- gida dell’autonomia ma, sul piano pratico, contraddicono gli orien- tamenti e le esperienze recenti che spingono invece a prendere in considerazione e riconoscere le volontà e gli interessi soggettivi dei bambini, soprattutto quanto si devono prendere decisioni su aspetti vitali e importanti. Si pensi al lavoro ampio e di lungo percorso che è stato fatto in questo senso per coinvolgere, nei limiti del possibile, i bambini in decisioni che riguardano la loro salute in contesti di ospedalizzazione o di ricerca scientifica. Anche apprezzando il valo- re di questa osservazione, è tuttavia innegabile che ci sono molti casi

in cui certe scelte sono prese nell’interesse dell’individuo minoren- ne, a prescindere dalle sue preferenze, nell’ottica di tutelare meglio certi suoi interessi futuri. Cerchiamo di fare assumere ai bambini una dieta equilibrata, nonostante le loro preferenze alimentari, per- ché crediamo che crescere in modo sano costituirà per loro un bene futuro. È inoltre possibile che in certi casi, per evitare forme di pater- nalismo nudo e crudo, l’uso di spinte gentili sia del tutto giustificato. Quale che sia il problema dell’uso delle spinte nel caso dei bambini1,

concentriamoci d’ora in avanti sull’architettura della scelta nel caso di agenti adulti.

Ritorniamo al ristorante di Carolyn. Sunstein e Thaler sosten- gono che la scelta di Carolyn di ricorrere all’architettura delle scel- te è di gran lunga preferibile alla decisione di disporre gli alimenti in modo casuale o ad altri metodi che massimizzerebbero i profitti, senza però tenere in considerazione la salute dei clienti. Carolyn si limita a sfruttare certe caratteristiche della situazione e degli agenti per uno scopo preciso: usa la collocazione dei piatti per dare mag- giore salienza a certe opzioni e, in parte, sfrutta l’inerzia degli agen- ti che tendono a non scostarsi dalla regola preimpostata che, in un dato ambiente, norma il comportamento. E tuttavia gli agenti sono liberi di scegliere altrimenti, ossia di selezionare i cibi ricchi di grassi e zuccheri. La spinta gentile orienta ma non costringe, indirizza sen- za togliere possibilità di scelta e per questo sarebbe difficile conside- rarla un intervento coercitivo2.

È però possibile che la scelta di Carolyn sia una forma di mani- polazione delle preferenze dei clienti. È questo il tema che affronte- remo in questo capitolo.

1 Una serie distinta di problemi è rappresentata dall’uso di spinte gentili

per orientare le scelte dei decisori surrogati, ossia di indirizzare verso una pre- cisa meta chi deve fare scelte in vece dei bambini. Si pensi ad esempio al caso delle vaccinazioni o, comunque, alla gamma di decisioni mediche che coinvol- gono la salute di bambini molto piccoli, incapaci di avere una propria volontà su questioni di questo tipo. Cfr. J.S. Blumenthal-Barby, D.J. Opel, “Nudge or Grudge? Choice Architecture and Parental Decision-Making”, Hastings Center

Report, 48, 2, 2018, pp. 33-39.

2 Cfr. T. Goodwin, “Why We Should Reject ‘Nudge’”, Politics, 32, 2, 2012,