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Una vita più semplice

Il confine fra paternalismo debole e forte comincia ad apparire incerto: non è né netto né predefinibile come vorrebbero i teorici del paternalismo del nudge. Ben presto dovremo considerare la possibi- lità che più che di una rigida dicotomia hard/soft si debba parlare di una gamma di interventi la cui qualificazione in un senso o nell’altro dipende dal contesto e dalle strategie che il decisore persegue, il che spinge a dubitare che il nudge sia ascrivibile in blocco al paternali- smo non coercitivo.

carle o annullarle mediante un atto soft rimane comunque un atto paternalisti- co tout court. Ad esempio, J.F. Childress, Who Should Decide? Paternalism in

Health Care, Oxford University Press, Oxford, 1982; J. Kleinig, Paternalism,

Rowman and Allanheld, Totowa, 1983, pp. 6-14; Van De Veer, Paternalistic

Interventions, cit., pp. 16-40.

81 Feinberg, Harm to Self, cit., pp. 27 ss. 82 Ivi, pp. 47 ss.

Le scienze comportamentali a cui si affidano Thaler e Sunstein, d’altro canto, mostrano che a limitare l’autonomia di scelta non è l’au- torità di un nudger bensì noi stessi, la nostra razionalità difettosa, la nostra inerzia comportamentale e la suscettibilità all’effetto framing. Il modo in cui l’informazione viene somministrata ai soggetti della scelta diventa quindi il vero discrimine tra paternalismo hard e soft, confermando che il carattere libertario del paternalismo dipende dalla modalità con cui l’azione paternalistica viene esercitata, più che dai suoi contenuti83.

Il confronto, ancora una volta, è col milliano principio del dan- no. L’harm principle costituisce tradizionalmente il limite liberale imposto all’azione paternalistica dello stato, ma Sunstein ne contesta il presupposto, cioè l’«argomento epistemico»84, attraente ma inso-

stenibile, in base al quale Mill afferma che ogni persona ha mezzi di conoscenza incommensurabilmente superiori a quelli di chiunque altro, compresi governanti e legislatori, ed è più di chiunque altro interessata al proprio benessere e in grado di perseguirlo. Indebo- lire l’argomento epistemico è la prima mossa di Sunstein. Non è vero che ogni individuo è nella posizione migliore per identificare i propri fini e i mezzi per raggiungerli85. Le scoperte delle scienze

comportamentali lo confermano86. Senza contare che, se l’architet-

tura della scelta è onnipresente e necessariamente non neutrale, il principio epistemico sotteso all’harm principle subisce un ulteriore colpo: nessuno decide in una condizione di isolamento epistemico ed è spesso negativamente influenzabile. Conviene dunque lavorare

83 Come si è detto, Sunstein conia l’espressione «paternalismo comporta-

mentale» in Sunstein, Effetto nudge, cit., pp. 1-19.

84 Discuteremo la critica all’argomento epistemico nel cap. 4.

85 Sunstein, Effetto nudge, cit., p. 5. Per affermarlo, egli si appoggia a R.

Posner, critico della behavioural economics e difensore dell’idea che gli esseri umani siano capaci di scelte razionali, ma in grado di ammettere che «i consu- matori sono facilmente manipolabili […] e indotti a compiere scelte sbagliate»; l’argomento epistemico milliano si indebolisce sempre di più: R. Posner, “Why Is There No Milton Friedman Today”, Econ Journal Watch, 10, 2, 2013, p. 212.

al fine di rendere i processi conoscitivi della decisione immuni da errori per quanto è possibile87, cioè più semplici e fruibili.

Se il governo non vieta di fumare, ma impone che sui pacchetti di sigarette compaiano informazioni veritiere sugli effetti del fumo, o vieta a chi le vende di metterle in posizione di risalto, attua un pater- nalismo soft, cioè non coercitivo, tanto che i fumatori potrebbero non percepire l’intento paternalistico delle misure in questione e compren- derne immediatamente lo scopo benefico88. D’altronde, nell’interesse

di chi, se non del consumatore, tali strategie comunicative all’insegna della disclosure sarebbero pensate89? In questa chiave, il nudge appare

87 Ivi, p. 13. Ammettere il rischio pervasivo di errore consente di giustifica-

re forme moderate di intervento paternalistico. Come scrive Sunstein in Sem-

plice, il senso delle agenzie come OIRA e Nudge Unit è rispondere a domande

come: “cosa sappiamo precisamente dei probabili effetti delle regole proposte o vigenti?”, “quali le conseguenze per gli esseri umani?”, “come fare per rendere le cose più semplici?”; ma per rispondere è inevitabile il ricorso alla scienza e agli esperti, interni o esterni alle istituzioni governative; e per risolvere le di- spute sui probabili effetti delle regole è indispensabile l’economia behaviorista: cfr. ivi, p. 16.

88 Sunstein, Semplice, cit., pp. 251-253.

89 Per Dworkin le cosiddette misure truth-in-advertising aprono la strada a

una nuova riflessione. Partendo dal presupposto che il paternalismo è una for- ma di interferenza con l’autonomia di un individuo che si presume non sappia scegliere il proprio bene, occorre precisare che la classe di persone il cui bene è specificamente implicato non sempre coincide con la classe di persone la cui libertà viene limitata. Il commerciante che deve esporre le sigarette fuori dalla portata e dalla vista dei suoi clienti vede la propria libertà formalmente limita- ta molto più del fumatore costretto a chiedere il pacchetto che non gli hanno reso accessibile. Dovremmo perciò distinguere tra interferenze paternalistiche “pure”, dove la classe di persone la cui libertà viene ristretta è identica a quelle il cui beneficio si intende promuovere; e interferenze paternalistiche “impu- re”, che, tentando di promuovere il benessere di una categoria di soggetti, im- plicano la restrizione della libertà di altre non toccate dal provvedimento: cfr. Dworkin, “Paternalism”, The Monist, cit., pp. 67-68. Sunstein difende il nudge come forma di “libertà etica” e autonomia moralizzata, ma non sottolinea mai la forma di coercizione esplicita ai danni di coloro che subiscono il paternali- smo libertario dal lato della regolazione, e il cui interesse non è in questione. Si accenna a questa asimmetria, ma senza una reale problematizzazione, in Tha- ler, Sunstein, Nudge, cit., p. 242. Potremmo dire che il neopaternalismo è asim- metrico anche in questo senso: per alcune categorie di soggetti, e in specifici casi, è addirittura coercitivo.

non solo poco intrusivo, ma persino meritorio90. Per i default non val-

gono le stesse considerazioni. In questo caso, il soggetto non è sotto- posto a strategie di informazione, o per lo meno non sempre, perché si tratta di agire non sulla sua propensione conoscitiva (comunque bi- sognosa di aiuto) ma sulla sua passività. Se una legge sulla donazione di organi prevede l’automatismo del consenso all’espianto, il ricorso a questo default conta su un risultato aggregato in assenza di decisioni autonome. I default (ossia, gli «automatismi intelligenti») non riduco- no la libertà perché scattano in base alla presunzione che nessuno stia davvero scegliendo. La loro attivazione automatica implica, tra l’altro, la possibilità di prevedere come agiranno le persone interessate.

La previsione diventa il vero significato della semplificazione auspicata da Thaler e Sunstein91, il senso primo della deregulation

agenda invocata a suo sostegno92, e fa il paio con la convinzione,

90 Cfr. Sunstein, Semplice, cit., p. 261.

91 Sunstein sostiene che «di fronte ai fallimenti del mercato comportamen-

tali (behavioral market failures), le spinte gentili sono solitamente la migliore risposta, almeno quando non c’è alcun danno per gli altri» (Effetto nudge, cit., p. 14): ce ne occuperemo nel cap. 5, infra. Gli architetti della scelta si affidino dunque agli automatismi. Poiché l’ipotesi che la semplificazione legislativa, la

deregulation agenda, sia il mezzo con cui non solo si orientano e si condiziona-

no i comportamenti, ma anche quello attraverso cui è possibile prevederli con più precisione da parte dell’autorità, comincia ad assumere una certa consi- stenza la percezione del carattere illusorio del nudge come misura libertaria. A questo proposito, è interessante notare che Maurizio Franzini associa il nudge alla teoria della politica economica che distingue tra strumenti di intervento di- retti e indiretti: i primi consistono nell’imporre limitazioni alla libertà di scelta (ad esempio, il razionamento nell’uso di alcuni beni, limiti alle importazioni, obblighi di assunzioni di particolari categorie di lavoratori, ecc.), i secondi con- sistono invece nel rendere più convenienti alcune azioni rispetto ad altre senza alcuna imposizione (ad esempio, concessioni di agevolazioni fiscali a chi assu- me certe categorie di lavoratori). I primi sarebbero interventi hard, i secondi

soft. Poiché le varie forme di nudge assumono un aspetto necessariamente soft,

Franzini le considera benefiche perché consentono interventi pubblici indiret- ti, ma ritiene consigliabile separare il concetto di nudge da quello di paternali-

smo. Fare il contrario comporta infatti molti rischi antilibertari, che potrebbero

essere evitati se il nudge si emancipasse concettualmente, e quindi normativa- mente, dal paternalismo. Cfr. M. Franzini, “Il paternalismo liberale, i nudge e la politica economica”, Meridiana, 79, 2014, p. 84.

92 Discuteremo il nesso tra nudging e deregulation soprattutto nel cap. 8, infra.

espressa ripetutamente in Nudge, che un’incondizionata libertà di scelta è irrealistica. Sono molti gli sforzi che fa Sunstein, soprattutto in Why Nudge?, per sostenere il paternalismo libertario come mo- dalità specifica di governo, e l’appello alla semplificazione è uno di questi: rendere le cose più semplici aiuta a migliorare la nostra vita, e poiché non è un contenuto, ma il mezzo rispetto a un (possibile) fine che rimane libero, rende significativa l’esistenza di un’architettura della scelta paternalistica ma non manipolatoria. I default investono il Sistema 1 a tutela del Sistema 2. Mentre il Sistema 2 si occupa di contenuti, cioè di fini, che devono essere scelti liberamente, il Siste- ma 1 è investito dal nudging; e poiché il Sistema 1 è non riflessivo e intuitivo, occorre semplificare al massimo l’attività cognitiva che coinvolgerà il nudgee. Questo significa agire sul mezzo per un fine che si mantiene libero.

La semplificazione dell’architettura comporta l’ulteriore vantag- gio di preservare la diversità dei fini disponibili, la loro eterogenei- 93 – termini usati da Sunstein con molte cautele e mai confusi con

‘pluralismo’ –; inoltre consente al paternalista di usare regole per- sonalizzate, cioè massimamente flessibili, purché nessuno scelga quel che è dannoso per sé e la società94. Ecco, allora, i ripetuti appelli alla

responsabilità dei nudger pubblici e anche privati, chiamati a identi- ficare gli standard di efficienza più idonei a conseguire gli scopi della semplificazione delle regole, cioè a imporre quella semplicità che deve apparire ai suoi destinatari rassicurante e improntata al meglio perché fondata sulla chiarezza e l’attendibilità dei dati empirici retrospettivi e probabilistici, sull’analisi costi-benefici, sugli studi di settore, e così via95. Il nudger predilige la scelta di «standard operativi flessibili» ri-

spetto a «standard progettuali rigidi»» e cerca sempre di individuare «le modalità migliori per far sì che il settore privato scelga in che modo

93 Sunstein, Effetto nudge, cit., pp. 31, 78-81, 92. A proposito di diversità ed

eterogeneità, curiosamente Sunstein sostiene che il paternalismo soft è la migliore difesa dall’anticonformismo sociale; ossia: il paternalismo libertario libera il sog- getto decisore dal conformismo sociale che condiziona le sue scelte individuali. Siamo davanti a una forma di “paternalismo al quadrato”.

94 Sunstein, Effetto nudge, cit., p. 80.

95 Su questo si veda soprattutto Sunstein, Semplice, cit., dove l’analisi costi-

benefici, la raccolta dati, gli studi probabilistici, ecc. sono portati come esempi delle attività più significative dei funzionari dell’OIRA.

perseguire finalità sociali. Questo approccio riduce i costi. Promuove la libertà»96.

Per Federico Zappino, il fatto che le tecniche del nudge possono estendersi (e dichiaratamente si estendono) a molti ambiti, ha espo- sto la teoria di Thaler e Sunstein alle obiezioni di quanti ravvisano in queste tecniche il germe di un totalitarismo “psicocratico”97. Tra-

lasciando le critiche di tipo politico provenienti dalle destre e dalle sinistre libertarian, o di tipo economico98 (liberiste), sono partico-

larmente significative a livello teorico quelle che mettono in discus- sione non tanto e non solo la qualità della proposta, quanto l’argo- mento psicologico usato per formularla. Se tutto il nudge si fonda sull’idea che la razionalità umana è limitata e continuamente sogget- ta a errori, perché si dovrebbe ritenere che le istituzioni assistite dai nudger ne siano immuni?