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Le aperture nel soffitto e il riscaldamento della sala.

7. La commissione per i soffitti del Senato e del Maggior Consiglio.

7.6 Le aperture nel soffitto e il riscaldamento della sala.

Una peculiarità propria della sala del Senato era che essa non possedeva un camino, al contrario del più piccolo Collegio, ma non è nota la ragione. A causa di quest’assenza, era necessario procedere al riscaldamento dell’ampia sala con dei bracieri e il fumo prodotto, ovviamente, doveva essere fatto uscire. Essendo controproducente aprire le finestre, l’unica sortita per il fumo era il soffitto, opportunamente forato per non danneggiarne troppo le decorazioni. In effetti, il progetto che Sorte aveva ideato era quello di creare quattro fori nel soffitto, come si vede nel disegno e come lui stesso dice (vedi sopra). Questa soluzione, però, non fu accolta nella maniera in cui Sorte le aveva intese.

490 W. Wolters, op. cit., 2007, pp. 269-271.

491 W. Wolters, op. cit., 2007, pp. 271s. Per un confronto si vedano gli stucchi del Vittoria in Palazzo Thiene a Vicenza: L. Attardi, Da Roma a Fonatainbleau: Alessandro Vittoria e Bartolomeo Ridolfi scultori, in G. Beltramini, H. Burns e F. Rigon, a cura di, Palazzo Thiene a Vicenza, Milano 2007, pp. 193ss; F. Rigon, I soffitti con decorazioni di

affreschi e stucchi. Itinerario iconografico, in G. Beltramini, H. Burns e F. Rigon, op. cit., 2007, pp. 217ss.

492

W. Wolters, op. cit., 2007, p. 272. Si veda A. Palladio, I quattro libri, 1570, libro I, cap. XX “Degli abusi”, p. 47.

493 A. Palladio, I quattro libri, 1570, libro I, cap. XX “Degli abusi”, p. 47: “Per la qual cosa non si dourà in vece

di colonne, ò di pilastri, che habbiano à tor suso qualche peso, poner cartelle le quali si dicono cartocci, che sono certi inuolgimenti, i quali à gli intelligenti fanno bruttissima vista, et à quelli che non se ne intendono apportano più tosto confusione, che piacere, nè altro effetto producono, se non che accrescono spesa a gli edificatori.”

494

Per uno sguardo generale: R. Pallucchini-P. Rossi, Tintoretto. Le opere sacre e profane, Milano, 1982; R. Krischel, Tintoretto, Koln 2000; F. Posocco, Tintoretto a San Rocco, Modena, 2008.

A pensarci bene, il fumo, che per sua natura sale, tende a disperdersi in modo irregolare nel suo moto ascensionale. Perciò i fori nel soffitto sarebbero stati pressoché inutili. Si preferirono, invece, delle strutture coniche di metallo, che furono incassate nel soffitto. Tali strutture dovettero essere poste sul soffitto presumibilmente tra il 1581 e il 1582. Il primo termine è dato dalla Venetia del Sansovino che vede il soffitto ligneo ma non menziona le cappe495; mentre il secondo è dato dalla protesta di Cristoforo Sorte del 24 aprile 1582 (vedi infra). Sappiamo, attraverso le annotazioni di Giovanni Stringa alla Venetia sansoviniana, che nel 1604 le cappe del Senato erano ancora in loco e funzionanti:

Inoltre ueggonsi in questa sala tre gran Canoni di ferro uagamente lauorati, e messi ad oro, i quali pendono dal soffitto, e giungono a basso sino all’altezza di poco più d’un’huomo: questi seruono per camini; impero che per essi ascende il fumo de i tre torci, che si accendono, ogni uolta che si aduna il presente Consiglio, et specialmente nel tempo del Verno, che vi stanno adunati hora sino alle dua, hora sino alle quattro, et hor sino alle sei hore di notte, secondo occorrono gli affari: il che vien fatto, acciochè il fumo non uenisse ad affumare il uaghissimo soffitto sopradetto.496

Essendo dei supporti mobili, le cappe di ferro di cui parla Stringa furono smantellate e, di fatti, oggi non ve n’è traccia. In realtà, già nel 1663 non erano più in loco, se Giustiniano Martinioni, nelle sue aggiunte alla Venetia del Sansovino, omette un dettaglio così ingombrante497. La soluzione delle cappe non durò quindi più di qualche decennio, e probabilmente dovette scontrarsi con la sua scarsa praticità. Secondo il trattato settecentesco di Pierre Hébrard, il sistema di riscaldamento con un focolare centrale era usato nell’antichità, e si faceva uscire il fumo dalla porta o dalla finestra. Tale sistema, però, era desueto ormai da secoli perché creava fuliggine, nociva per la salute e per i soffitti498. Della prassi antica ci danno conferma Daniele Barbaro, nei suoi commenti a Vitruvio, e Andrea

Palladio. Entrambi, con frasi molto simili, raccontano che gli antichi costruivano i camini nel mezzo

495 F. Sansovino, Venetia città nobilissima, 1581, p. 123r. 496 F. Sansovino - G. Stringa, op. cit., 1604, p. 231v.

497 F. Sansovino - G. Martinioni, Venetia città nobilissima, et singolare; descritta già in XIIII. Libri da M.

Francesco Sansouino… con aggiunta di tutte le Cose Notabili della stessa Città, fatte, et occorse dall’Anno 1580. fino al presente 1663. In Venetia, appresso Steffano Curti, 1663, pp. 344s.

498 Pierre Hébrard, Caminologie ou Traité des Cheminées, Paris 1756, pp. XXV-XXXV, in particolare pp. XXVIIs.

della sala con colonne, e sopra l’architrave vi era una piramide cava da cui usciva il fumo499. Nella loro epoca, invece, i camini si facevano nella “grossezza de i muri”, cioè addossati alle pareti, con canne fumarie e comignoli, affinché il fumo potesse uscire liberamente500. Dunque, il sistema scelto per il Senato tracciava le proprie origini molto indietro nel tempo, ma non era per nulla adatto ad una sala di rappresentanza decorata con dorature e dipinti. Ciò non toglie, che quella desueta soluzione fosse magari usata in altri contesti italiani o europei, per cui sarebbe opportuno svolgere uno studio più approfondito.

In seguito alla rimozione delle cappe dal soffitto del Senato non si sa quale sistema di riscaldamento sia stato scelto. Oggi, al posto delle cappe mobili, possiamo ammirare delle decorazioni di legno dorato a racemi, organizzate in “grate”, perfettamente inserite nella cornice (fig. 75). Nonostante l’omogeneità di tali decorazioni, ci sentiamo di dissentire da Wolters che le ritiene opera dell’intagliatore Hieronimo Vicentino e del proto Antonio da Ponte, quali riparazioni alle lamentele di Cristoforo Sorte. Il fatto che le grate fossero ancora posizionate nel 1663 porta ad escludere tale ipotesi501. Per la stessa ragione, riteniamo improbabile anche la considerazione di Schulz, che suggerisce l’attribuzione a Sorte del disegno per le grate502.