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3. Anni ’50 e ’60 “Christophorus de Sortis, pictor et chorographus veronensis”: i contatti con i proprietari terrieri della Terraferma

3.4 La figura del cartografo.

Al contrario di quanto abbiamo affermato sopra, Claudio Tolomeo sembra persuaso che al corografo non servano a nulla le scienze matematiche, ma che sia di vitale importanza l’abilità nel disegno, tanto da dire: “niuno potrà esser Corografo, che non sappia disegnare ò dipingere”174. Questo era ancora vero molti secoli dopo come spiega David Woodward, secondo il quale nel

170 J. Schulz, Maps as Metaphors: Mural Map Cycles of the Italian Renaissance, in D. Woodward, op. cit., 1987, pp. 97-122, in particolare pp. 111, 117, 122. Cfr. La traduzione italiana è in: J. Schulz, op. cit., 1990, al cap. Mappe

come metafore, pp. 97-110.

171 F. Fiorani, p. 27 nota 10. La studiosa contesta anche l‘idea di Svetlana Alpers che gli artisti olandesi del XVII secolo fossero dotati di un forte “mapping impulse”, al contrario dei loro colleghi italiani. Per il saggio della Alpers si veda: S. Alpers, The Mapping Impulse in Dutch Art, in D. Woodward, op. cit., 1987, pp. 51-96.

172 M. Milanesi, Il cartografo al lavoro. XVI secolo, in M. Milanesi, a cura di, L’Europa delle carte: dal 15.

al 19. secolo, autoritratti di un Continente, Milano 1990, pp. 83.

Riguardo al concetto di οἰκουµένη, si veda: C. Tolomeo, Geografia, 1574, p. 4.

173 M. Signori, Ingegneri e idrografia: le carte e le acque, in M. Milanesi, 1990, p. 49. 174 C. Tolomeo, Geografia, 1574, p. 2.

Rinascimento spesso le corografie erano racchiuse da una cornice, proprio come i quadri175. Quindi il corografo era considerato, e si considerava, anche un pittore, il quale, però, doveva possedere conoscenze di geometria e prospettiva.

Riguardo all’inquadramento storico e politico del cartografo, in area veneta, si è occupato molto negli ultimi decenni Silvino Salgaro. Secondo lo studioso, il cartografo si configurava di fatto come l’uomo rinascimentale che era mosso dal desiderio di conoscere il mondo intorno a sé e lo fa attraverso l’osservazione e la misurazione. La “geometrizzazione dello spazio”, operata dal cartografo grazie a strumenti artistici quali la prospettiva, fu messa al servizio di una sempre crescente necessità di controllo del territorio da parte della Serenissima176. Se però, da un lato, l’apparato statale garantiva ai periti ordinari la fama a cui aspiravano, dall’altro essi erano sottopagati e perciò avevano bisogno di lavorare anche come “liberi professionisti”. Ciò perché, secondo Salgaro, il Governo non riteneva i topografi indispensabili alla gestione del territorio177. Solo a fine secolo, il perito/topografo diventò “l’interlocutore privilegiato degli organi di governo”, sia perché possedeva un sapere specialistico, sia perché quel sapere doveva essere tenuto segreto178. Per lo studioso la figura del perito/cartografo era assolutamente dipendente dalle Istituzioni, che fungevano da carta di presentazione per le commissioni private179. Perciò, il perito/cartografo non poteva svincolarsi totalmente dalla morsa dello Stato.

Le figure di periti/cartografi, come altre del Rinascimento, era piuttosto polivalenti. Abbiamo visto, con l’esempio di Sorte, che il corografo poteva e doveva essere anche pittore, ma non solo. Spesso le competenze sottese erano pure altre. È ciò che ritengono Massimo Rossi e Mario Signori, i quali dicono che l’ingegnere/perito era al contempo architetto, con un’evidente interscambiabilità di

175 D. Woodward, op. cit., 1996, pp. 5s.

176 S. Salgaro, Cartografi e cartografia come strumenti di controllo e gestione territoriale nella Repubblica di

Venezia, in V. Valerio, a cura di, Cartografi veneti: mappe, uomini e istituzioni per l'immagine e il governo del territorio, Padova 2007, pp. 33-41.

Nello stesso volume si trova un conciso dizionario sui cartografi veneti: G. Baso, F. Rizzi, V. Valerio, a cura di,

Dizionario dei cartografi veneti, in V. Valerio, op. cit., 2007, pp. 137-216.

Per gli strumenti del topografo si veda C. Maccagni, Rilevamento topografico e suoi strumenti, in M. Milanesi, a cura di, L’Europa delle carte. Dal XV al XIX secolo, autoritratti di un continente, Milano 1990, pp. 11-20.

177 S. Salgaro, op. cit., 2007, p. 38. 178 Ibidem, p. 39.

179 Ivi. Per Salgaro, il perito “non avendo una struttura od un ente in grado di affrancarlo come libero professionista, doveva necessariamente dipendere in qualche modo dalle Istituzioni, per avere con l’avallo della funzione amministrativa, la ratifica delle sue capacità.”

termini e ruoli180. Per Rossi, addirittura, tale figura era divenuta importante sia per le capacità in materia idraulica, sia per una preparazione intellettuale a pianificare il territorio.

3.5 Documenti.

Le notizie sulle commissioni in Terraferma si trovano principalmente all’interno di due voluminose buste del Provveditore sopra i confini, presso l’Archivio di Stato di Venezia, dal 1556 fino agli anni ’90 181. Noi tratteremo qui delle commissioni fino alla fine degli anni ’60.

Le due buste sono dedicate quasi interamente alle attività di Cristoforo Sorte per il Magistrato sopra i Beni Inculti; l’una raccoglie le deposizioni, e l’altra gli schizzi e i disegni che le accompagnavano. Ciò desta qualche interrogativo. Come mai dei documenti relativi ai Beni Inculti vennero archiviati nel fondo dei Confini? Ugo Mozzi sembra non fare accenno a tale discordanza, probabilmente perché essa si manifesta solo a chi fa ricerche su Sorte o a chi si imbatte nelle due buste per caso182. Juergen Schulz, acuto studioso del Nostro, è invece attento all’apparente contraddizione. Egli ritiene che i documenti sciolti relativi alle commissioni di Cristoforo Sorte furono confiscati dalle sue proprietà alla sua morte; in seguito furono rilegate e inserite nel fondo dei Confini perché giudicate di interesse per lo Stato183. Noi riteniamo fondata questa ipotesi, che pare confermata dalla lettura delle deposizioni. In queste, infatti, abbiamo trovato questioni di confini tra proprietari singoli, comunità cittadine, consorzi di più possidenti e, a volte, anche dispute da dirimere. Questo sembra anche il parere di Mario Signori, il quale spiega che i rilievi sui fiumi potevano servire da “documentazione grafica di supporto agli atti di cause per le frequenti controversie di confine che sorgevano tra le comunità situate sulle sponde opposte… Il confine non è mai un dato astratto, ma segnala la concreta ripartizione dei diritti d’uso, di risorse, di proprietà”184. Ad una materia così “scivolosa” si addiceva una collocazione più protetta che non quella per le semplici bonifiche, i

180

M. Signori, op. cit., in M. Milanesi 1990, p. 49. Egli afferma: “i due termini [ingegnere e architetto] non distinguono, fino al Settecento, realtà così differenziate”. M. Rossi, Il Polesine nella cartografia ufficiale dello Stato, in P.L. Fantelli, a cura di, Il territorio nella cartografia di ieri e di oggi, Padova 1994, 1994 p.54.

181

ASVe, Provveditore sopraintendente alla camera dei confini, bb. 260 e 262. Entrambe sono prive di

paginazione. La busta 260 è divisa in fascicoletti titolati solo in due casi. Pare esserci una qualche logica di accorpamento per materia e per cronologia, ma non si può dire che l’ordine regni.

182

U. Mozzi, op. cit., 1927, passim. 183 J. Schulz, op. cit., 1976, p. 110 nota 12. 184

Beni Inculti appunto. Anche Andrea da Mosto sembra darci ragione, quando ricorda che la materia dei confini aveva un suo spazio riservato nella Secreta185.

Detto ciò, dobbiamo informare che si ha anche notizia dell’esistenza di richieste per perizie in Terraferma, recanti il nome di Sorte, dentro altre buste del Provveditore ai Confini e nel fondo dei Beni Inculti186. Nel Trattato sull’origine dei fiumi, Sorte riporta le copie di alcune commissioni e deposizioni per il Magistrato187. Dunque, riteniamo auspicabile una ricerca meticolosa sull’ingente materiale, che ancora non è stato vagliato interamente. Questa operazione, certamente impegnativa, potrebbe apportare maggiori conoscenze sul panorama delle committenze in cui Sorte fu coinvolto. Nel contesto di questo studio abbiamo visionato i documenti delle due buste del Provveditore ai Confini. La busta contenente le deposizioni, la parte scritta in sostanza, è consultabile in forma cartacea; mentre la busta dei disegni, al momento, è consultabile solo in microfilm, e ciò non è ottimale per capire la reale sistemazione delle carte. Il lavoro di spoglio dei documenti non è stato agilissimo e non abbiamo la pretesa di un’assoluta esaustività. Nei documenti si individua una messe di richiedenti dai nomi importanti. Li abbiamo divisi in tre categorie per facilitarne la trattazione e per rispettare le aree geografiche di appartenenza, così come sono emerse: il veronese, il vicentino e il veneziano. Abbiamo elaborato delle tabelle per incasellare e, ci auguriamo, rendere più facile l’accesso ai nomi dei richiedenti più in vista con cui Sorte entrò in contatto, secondo quanto emerso dalle due buste dei Confini.