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5. L’incendio di Palazzo Ducale nel 1574.

5.8 Organizzazione dei lavori.

Riguardo all’esecuzione dei restauri, il registro al Sal inizia il 22 maggio con l’annotazione delle spese fatte a decorrere dal 12 maggio. Come si è detto, i pagamenti erano settimanali e si corrispondevano i denari per il lavoro svolto da operai e garzoni alle dipendenze di un unico

378

G. Zorzi, op. cit., 1953, p. 124

379 L. Puppi, a cura di, Andrea Palladio, Milano 1981 (ristampa), p. 409 scheda 122. 380

ASVe, Provveditori al Sal, b. 412, c. 45bis, 15 gennaio 1575. Le pagine dal 41 al 50, inclusi, sono doppie di numerazione ma non di contenuto. Dopo pagina 50v la numerazione prosegue con 41r, per probabile svista del redattore.

381

L. Puppi, op. cit., 1981, p. 409.

382 F. Sansovino, op. cit., 1581, p. 122r. Vedi anche T. Temanza, Vita di Andrea Palladio vicentino egregio

architetto, 1762, p. LIX. Cfr. L. Puppi, op. cit., 1981, p. 409.

383 W. Wolters, op. cit., in U. Franzoi – T. Pignatti – W. Wolters, op. cit., 1990, p. 189.

384 Anna Bedon ricorda che Rusconi aveva già prestato servizio nell’area contigua al palazzo, con la presentazione di due modelli per le nuove prigioni oltre il rio della Canonica, nel 1563; A. Bedon, op. cit., in G. A. Rusconi, op. cit., 1996 (ristampa), p. XIII. Cfr. G. Lorenzi, op. cit., 1868, doc. 669 a p. 314; doc. 674 a p. 318.

maistro oppure di singoli mureri, marangoni (falegnami), taiapria (taglia pietra), fenestreri

eccetera385. Sono nominati anche i fachini che avevano aiutato a spegnere il fuoco e a portar via le macerie. Prima di ricostruire si dovevano, infatti, portar via i residui di muro e legno bruciati e crollati, i quali ingombravano le sale. Il materiale da dismettere era tanto. Si parla, all’inizio, di ben sessantadue burchielli pieni di ruinazzi (calcinacci) e, alla fine del luglio 1574, i burchielli caricati ammontavano a un centinaio. Mentre si eliminavano le macerie, però, venivano già introdotti i materiali per la ricostruzione; innanzitutto il legname “per il fabrichar del palazo” e per i bordonali, e i piombi per il tetto. Le lastre di piombo in parte erano state fuse dal fuoco, in parte erano cadute dal tetto. Sembra che il piombo fosse tanto “prezioso” da indurre alcuni a rubarlo appena dopo l’incendio. Anche in questo caso intervenne il Consiglio dei Dieci, ordinando la restituzione delle lastre386. Si cercò di recuperare in vari modi quelle cadute, dato che il metallo serviva “per il coprir

del palazo”. Ad esempio, il proto da Ponte venne pagato il 3 agosto del 1575 per le spese da lui

sostenute subito dopo l’incendio, tra cui andare con una barca a recuperare delle lastre di piombo387. I bordonali potevano essere le travi usate per mettere su delle impalcature per gli operai, oppure erano le travi maestre che reggevano il soffitto. Una scrittura del Consiglio dei Dieci ci indica il secondo significato come il più probabile: “i bordonali che sotto à quello [il coperto, cioè il tetto]

servivano per cathene da tenir uniti, et concathenar li volti che sostentano la cuba [cioè la cupola,

andata bruciata]”388. In questo stralcio, dove si annoverano i danni della chiesa di san Marco, si capisce che i bordonali erano le travi che sostenevano il tetto.

Dal 12 giugno iniziarono ad arrivare anche le forniture di calcina, la sabbia, le pietre grandi e piccole le canalette di scolo (gorne), i vetri per le finestre. Le pietre giungevano da diversi luoghi della Terra ferma, in particolare da Rovigno389 in Istria, ma anche dal trevigiano, dal padovano e dal Cadore. Probabilmente qualche sala era già stata ripulita dalle macerie e ci si preparava a consolidare i muri danneggiati. Ciò che contava di più, comunque, era sistemare il tetto il più presto possibile, e si approfittò dei mesi caldi per mettere al riparo le sale. Difatti, tra giugno e luglio si intensificano i pagamenti ai marangoni, muratori e maltaroli. Nel dicembre 1574 viene saldato, per

385

Per uno sguardo d’insieme su queste arti a Venezia, vedi: G. Caniato - M. Dal Borgo, a cura di, Le arti edili a

Venezia, Roma 1990.

386 ASVe, Consiglio dei X, Deliberazioni, Parti Comuni, Registri, 31, c. 135v, 7 giugno 1574. Si veda anche ASVe, Consiglio dei X, Deliberazioni, Parti Comuni, Filze, 120, da marzo a giugno 1574; riportato in: G. Lorenzi, op. cit., 1868, pp. 387s.

387 ASVe, Provveditori al Sal, b. 412, c. 67r, 3 agosto 1575.

388 ASVe, Consiglio dei X, Deliberazioni, Parti Comuni, Filze, 120, 28 maggio 1574. La chiesa di San Marco aveva subito danni al tetto e alle cupole durante l’incendio, e i Dieci sostenevano la procuratia con il denaro necessario al restauro, attraverso i Provveditori.

il lavoro svolto sul tetto del palazzo, Gerolamo marangon con polizza firmata dal da Ponte e sottoscritta da Palladio e Rusconi390. Nello stesso giorno vengono saldati anche i maestri Cesaro

taiapria (taglia pietra) e Battista fenestrer per lavori eseguiti in Collegio e in Senato, ancora su

polizza di da Ponte e “delli due ingegnieri”391. Ciò potrebbe significare che i maestri venissero saldati prima del Natale, per un’attività ormai compiuta. In effetti, i pagamenti si interrompono il 22 dicembre e riprendono il primo gennaio 1575 (more veneto: 1574) con altri saldi ad alcuni maestri per aver portato arazzi, stuoie, tende per il Collegio e per il Senato e per le pietre da Rovigno392. Il tetto, comunque, doveva essere pressoché ultimato alla fine del 1574 e si poteva procedere all’esecuzione dei soffitti delle sale. Dal novembre, infatti, erano state apposte sui soffitti delle tele e delle stuoie di canne. Si parla anche di spese per spaghi e aghi da sacco, probabilmente per assicurare le tele sul soffitto393. Non sappiamo esattamente in cosa consistessero queste tele. Dovevano essere dei teloni agganciati ai muri e che coprivano l’area delle sale. Non è chiaro se avessero funzione temporanea, in vece del soffitto vero e proprio, o se fossero supporti pensati per accogliere il futuro soffitto. In questa sede si propende per la prima ipotesi, con l’idea che i teloni proteggessero da correnti d’aria, dalla caduta di polveri dal tetto, o da un’eco fastidiosa durante le riunioni, in mancanza del soffitto vero e proprio. Il fatto stesso che fossero teli, quindi apparati leggeri, può far pensare ad essi come soluzioni provvisorie. Intanto, dai primi di settembre del 1574 si iniziarono a portare i banchi, i tribunali e far eseguire le porte e le finestre per il Senato e il Collegio. Ad esempio, il 22 dicembre vennero pagate le due porte che un maestro taglia pietra aveva eseguito per la Chiesetta e la sala delle teste sul retro del Senato394.

Tra il 1575 e il 1576 si continuò con i lavori ai balconi, ai camini, all’intaglio dei banchi, dei portali e delle cornici. Leggendo il registro al Sal ci si rende conto che andando avanti nel tempo, i lavori pagati divengono sempre più specifici e più artistici. Dopo il lavoro di consolidamento delle strutture, si arrivò a quello di arredo e decorazione. Si passò, per così dire, dal muratore all’intagliatore. Questo ci dimostra come ci fosse una continuità nella concezione dei lavori e come uno stesso contesto fosse condiviso da più professionisti che collaboravano tra loro

390

ASVe, Provveditori al Sal, b. 412, c. 43r bis, 22 dicembre 1574. Cfr. G. Zorzi, op. cit., 1953, p. 144. 391 ASVe, Provveditori al Sal, b. 412, c. 41v bis, 22 dicembre 1574.

392

ASVe, Provveditori al Sal, b. 412, c. 43v bis, 1 gennaio 1575.

393 ASVe Provveditori al Sal, b. 412, c. 43 (4 novembre 1574), c.45 (13 novembre 1574). Cfr. G. Zorzi, op. cit., 1953, p. 143.