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Caratteri generali delle commissioni di Cristoforo Sorte.

3. Anni ’50 e ’60 “Christophorus de Sortis, pictor et chorographus veronensis”: i contatti con i proprietari terrieri della Terraferma

3.6 Caratteri generali delle commissioni di Cristoforo Sorte.

Dalle deposizioni visionate emerge che Sorte si occupò lungamente delle perizie in Terraferma, dal 1556 agli anni ’90, con maggiore intensità fino alla fine degli anni ’60, e di nuovo dal maggio 1583188. Da ciò capiamo che, se certo non fu protagonista assoluto, Sorte dovette giocare comunque

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A. da Mosto, L’archivio di Stato di Venezia, Roma 1937, tomo I, p.176; M. Pitteri, I confini della Repubblica

di Venezia. Linee generali di politica confinaria (1554-1786), in C. Donati, a cura di, Alle frontiere della Lombardia: politica, guerra e religione nell'eta moderna, Milano 2006, pp. 259-289.

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J. Schulz, op. cit., 1976, p. 112 note 12s. G. Conforti, op. cit., 1985, pp. 275-376. Notizie delle commissioni di Sorte vi sono anche nell’Archivio di Stato di Verona come appare in A. Zamperini, op. cit., in S. Salgaro, 2012, passim; G. Zavatta, op. cit., in S. Salgaro, 2012, passim.

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Avevo consultato il manoscritto nell’autunno del 2010 e ne avevo segnalato il deperimento. Ad oggi, nel 2014, il manoscritto marciano è ancora molto deperito, ed è stato possibile consultarlo solo in via eccezionale. Non sembrano esisterne copie digitali o in microfilm.

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ASVe, Provveditore sopraintendente alla camera dei confini, b. 260, fascicoletto “PRO DOMINO XPHORO DE SORTIS”. Nel fascicoletto la datazione è progressiva fino al giugno del 1585, al quale seguono scritture dal 1556, da inserire nel Trattato sull’origine dei fiumi.

I dati che seguono provengono dalla sopradetta busta 260 dei Confini, una miscellanea priva di paginazione. Riportiamo riferimenti più specifici, quando presenti.

un ruolo molto importante tra gli anni ’50 e ‘60. Che fosse apprezzato o criticato, il suo nome non restò nell’ombra, ma dovette diventare piuttosto noto.

Le commissioni, in genere, erano affidate a due periti, probabilmente affinché potessero dividersi il lavoro e controllarsi a vicenda. Le opere che essi dovevano eseguire erano quasi sempre le stesse, e cioè perizie sui corsi d’acqua per uso irriguo da parte dei proprietari terrieri che avevano fatto richiesta. Nelle deposizioni abbiamo notato che i periti dovevano tener conto che l’utile di una certa opera idraulica eccedesse di quattro volte il danno. Questi erano gli standard imposti all’epoca dai provveditori, come ci conferma Mozzi189. Cioè, i Provveditori volevano assicurarsi che l’opera da realizzare non provocasse disagi e fruttasse alle casse statali. In seguito alla perizia, gli ingegneri dovevano inviare una deposizione sottoscritta con allegato il disegno dell’area in questione. Non sappiamo se i richiedenti potessero esprimere una preferenza, presso i Provveditori, sul perito desiderato. Da una supplica del mercante veronese Bernardo Salerni, il quale richiedeva genericamente due periti, sembrerebbe di no. Bisogna, però, tener presente che essa è datata ad un momento iniziale del Magistrato, al luglio 1557. È possibile che, col tempo, tra i richiedenti si diffondesse la voce su quali periti erano più o meno capaci, e chiedessero ai Provveditori un nome specifico. Questo però non è provato e, per saperlo, si dovrebbero ritrovare le richieste inoltrate ai Provveditori, al momento irreperibili. In ogni caso, dopo la regolarizzazione dei periti non ci fu certamente spazio per un’eventuale scelta o ingerenze dei richiedenti. Infatti, come dice Mozzi, per evitare gli inganni di certi periti, dal 1569 erano i Provveditori ad eleggere i periti per ogni incarico190.

Da una lettera ai Provveditori desumiamo che Sorte, come gli altri periti, si teneva una corrispondenza con il segretario dei Provveditori, Giacomo Franco. Come ci dice Ugo Mozzi, il segretario era un membro non nobile del Magistrato e si occupava di stendere le deliberazioni, registrare le suppliche, compilare le commissioni ai periti etc.191. Nel Trattato è riportata un’altra notizia dei contatti tra Sorte e Giacomo Franco, risalente al maggio del 1558192. Dalla lettera

189 ASVe, Provveditore sopraintendente alla camera dei confini, b. 260, 7 febbraio 1563; 17 febbraio 1563; 11 aprile 1564. Cfr U. Mozzi, op. cit., 1927, p. 23.

190 U. Mozzi, op. cit., 1927, p. 42. 191

ASVe, Provveditore sopraintendente alla camera dei confini, b. 260, 15 dicembre 1563. Vedi U. Mozzi, op. cit., 1927, pp. 38s. Cfr. F. C. Lane, op. cit., 1973, pp. 151s. Il segretario veniva scelto tra i cittadini “originari”, quelli del cosiddetto censo medio, non necessariamente ricchi ma di una certa autorevolezza sociale.

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C. Sorte, Trattato, pp. 16v-17r, 25 maggio 1558.

Giacomo Franco informa Sorte che il Provveditore (non citato) ha ricevuto le lettere dei Rettori di Padova a cui è ansioso di dar corso; ma non potrà farlo prima di aver ricevuto le deposizioni di Sorte e messer Bettino (probabilmente Bettino Fracasso, collega di Sorte). Non viene esplicitata la missione, ma è probabile che si tratti della consegna delle pietre di Lispida (Pd) ai Rettori di Padova, di cui si tratta nelle pagine successive (fino a p. 20v), con date però antecedenti al 25 maggio.

abbiamo conferma che il segretario faceva da tramite tra i Provveditori e i periti. Percepiamo, inoltre, che i rapporti tra Sorte e Franco erano piuttosto cordiali. Nella missiva Franco, infatti, si accommiata da Sorte con una formula cortese, forse suggerita dal protocollo: “tenete memoria de

chi ui ama, nel numero de’ quali m’attrouo io de principali affett(ionatissi)mo”193.

Per quanto concerne i disegni che accompagnavano le deposizioni, essi appaiono come una serie di schizzi e disegni dalla natura duplice. Ci sono gli schizzi, presi sul momento, di porzioni di territorio con montagne, aree suburbane, fiumi, edifici (figg. 22-23); e ci sono i disegni frutto di ragionamenti sui rilevamenti e sugli appunti (fig. 24). I fogli sono da leggere a tutto tondo per via delle annotazioni, dei calcoli, dei siti rappresentati in ogni direzione, e perciò richiedono un esame molto attento. Una simile configurazione è dovuta al fatto che il Nostro traeva in disegno ciò che gli stava intorno, orientandosi con i punti cardinali. Possiamo chiamare in causa, in proposito, l’ipotesi realistica e suggestiva della Fiorani, la quale ritiene che il passeggiare fosse fondamentale per lo sviluppo della cartografia rinascimentale194. E possiamo credere che ciò sia vero anche per l’attività di Sorte. La conoscenza del territorio da trarre in disegno, del resto, si poteva ottenere meglio camminando a piedi, piuttosto che a cavallo. Da una nota spese del 1571 sembra, infatti, che Sorte e i suoi collaboratori utilizzassero i cavalli solo per spostarsi da una città all’altra, prendendoli in affitto di volta in volta. Ciò pare particolarmente evidente in due passaggi: in uno, è scritta la spesa per due cavalli tenuti dieci giorni e utilizzati per raggiungere dei luoghi e tornare indietro; nell’altro, si segna la spesa per un cocchio, invece che per i cavalli, segno che questi non erano di proprietà195. La resa è schematica ma molto minuziosa, e gli schizzi riportano nomi dei proprietari e dei loro confinanti, broli, case, strade con la rispettiva direzione; mentre altre scritte dicono “campagna”, “pascoli” o nomi di luoghi (es. “Val di Sole”). A volte troviamo i disegni di montagne, corredati da linee e distanze che si dipartono a ventaglio da un punto di osservazione (figg. 25-26). In certi casi, vediamo una serie ininterrotta di numeri, cioè le misurazioni, che corrono per tutta la rappresentazione del fiume (fig. 27). Vi sono anche i disegni di strumenti tecnici che non ci è riuscito di identificare esattamente (figg. 28-29). Uno ha delle pale ma non sembra trattarsi di un mulino; un altro somiglia ad uno stantuffo. È possibile che fossero delle idee che Sorte pensava di sviluppare in campo idraulico.

193 C. Sorte, Trattato, p. 17r. 194

F. Fiorani, op. cit., 2010, p. 19. La Fiorani ha fatto proprie l’idea di Edmond Husserl che il passeggiare sia “la mediazione tra corpo e luogo”, e quella di Edward Casey, per il quale è soprattutto attraverso il passeggiare che si fa esperienza dei luoghi.

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ASVe, Provveditore sopraintendente alla camera dei confini, b. 260, 17 agosto-4 novembre 1571. La nota spese è relativa alla “missione” nella Val di Scalve.

Molto interessanti sono anche gli schizzi tratti in Istria, dove Sorte venne inviato dai provveditori sopra i beni inculti196. Non sappiamo lo scopo di tale soggiorno, ma è molto probabile che provveditori volessero conoscere meglio quella pare del Dominio. Il Nostro visitò certamente Parenzo e Pola, e di quest’ultima trasse in schizzo i monumenti romani, sui quali nel Rinascimento si alimentava il gusto per l’antico (figg. 30-32). Pur non essendo riportate le scale di rappresentazione, desumiamo che esse fossero molto grandi; come degli zoom su aree molto circoscritte. Possiamo, perciò, ritenere questi disegni come delle topografie, dotate di misure in pertiche, come si usava allora.

Infine, ci sono alcuni disegni di paesaggi (figg. 33-34), molto suggestivi, in cui troviamo ulteriore conferma che l’abilità pittorica non era venuta meno. Un po’ incongruente con le capacità di disegno di Sorte sembra il piccolo disegno di un castello turrito, che reca vicino degli abbozzi di casine (fig. 35). Forse un schizzo disimpegnato, oppure realizzato mentre si trovava su una posizione malferma.

Ciò che emerge più vistosamente dai documenti sono i nomi dei richiedenti. A una prima lettura sembrerebbe una lista di nomi scelti a caso, impressione dovuta anche alla non consequenzialità cronologica con cui i documenti sono rilegati. A una lettura più attenta e ragionata, però, iniziano a configurarsi ripetizioni dello stesso cognome, parentele di vario livello e, a volte, rivalità di vicinato.