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5. L’incendio di Palazzo Ducale nel 1574.

5.1 Una storia documentaria.

L’11 maggio 1574 ricorreva il quarto anniversario dell’elezione di Alvise Mocenigo (1507-1577). Il suo si rivelò un dogato denso di sfortune; proprio quella sera le fiamme bruciarono l’ala orientale del Palazzo Ducale. Troviamo il resoconto dell’incendio in un documento del Collegio, pubblicato sia da Giuseppe Cadorin che da Giambattista Lorenzi. Il testo narra che:

L'anno 1574 alli XI di maggio nel qual giorno il Serenissimo Prencipe per essere il suo annuale havea dato l’ordinario banchetto a suoi parenti, essendo Sua Serenità nella sala del Maggior Consiglio dove all’hora era ridotto il Senato, un’hora e mezza dopo vespro, a tempo che si leggevano le lettere, uscì dalla sommità del Palazzo dove habita sua Serenità un denso e gran fumo (manifesto che s’era in quella parte acceso il fuoco) il quale dopo essersi in breve tempo occultamente allargato sotto li piombi, in un subito con grandissima fiamma si fece palesemente conoscere… il quale fra questo mezzo

[mentre il principe e i nobili del Collegio si erano portati al sicuro in Piazza San Marco]

era passato tanto inanti, che haveva abbrucciato la sala dei Pregadi, et quella del Collegio con l’anticamera et antisala appresso, et penetrato in modo per il colmo, che rovinò la soffitta della Cancellaria, havendo brucciato i armari, et alcune casse di scritture et di filze… et si avvicinò alla soffitta degli Illustrissimi Signori Capi de X… Havrebbe il fuoco non solamente abbruciato l’Officio delli Illustrissimi Signori Capi, ma la sala ancora del Maggior Consiglio perché era grandemente agiutato dal vento che allora regnava da greco levante, et s’era appicciato non solamente in due delle Cubbe della chiesa di san Marco…et in quella del Batisterio le quali interamente distrusse: ma ancora nella sommità sopra l’Offizio delle acque, et nelli piombi sopra la Salla nuova del Scrutinio (se ben in questi luochi non fece notabil danno) et salirono le

fiamme tant’alto, che abbruciarono alcuni tavolati vicini alle campane nel campanile di san Marco. 331 (fig. 57)

Dal documento qui sopra, sembra che nel rogo rimase coinvolta buona parte del secondo piano nobile, compresa la Cancelleria. Una parte dei registri e delle filze, infatti, andò perduta nonostante il loro tempestivo spostamento. Le sale di rappresentanza del Collegio, del Senato e le rispettive anticamere andarono bruciate. Il fuoco, però, fu domato prima che raggiungesse le sale del Consiglio dei Dieci, situate nelle immediate vicinanze. Dal passaggio qui sopra è, inoltre, evidente che furono i soffitti e il tetto (colmo) a riportare i danni maggiori, poiché costituiti prevalentemente di legno e lastre di piombo. Essendo il piombo un metallo tenero con un punto di fusione molto basso, la copertura si sciolse come cera e alcune aree del palazzo, probabilmente, rimasero pressoché a cielo aperto. La struttura muraria dell’ala orientale, però, resistette.

Non è chiaro se anche l’appartamento del doge, posto al primo piano nobile, fu interessato dal rogo. Ne è convinto Staale Sinding-Larsen, mentre Umberto Franzoi nega tale possibilità, dicendo che l’incendio restò circoscritto al solo secondo piano nobile332. Non ne dà notizia Francesco Sansovino, e neppure Giangiorgio Zorzi e Wolfgang Wolters333. Il testo riportato sopra, “uscì dalla

sommità del Palazzo dove habita sua Serenità un denso e gran fumo”, sembrerebbe dare ragione a

Sinding-Larsen, a una prima lettura. L’espressione, però, potrebbe avere la generica funzione di indicatore di luogo, per facilitare l’individuazione dell’area incendiata. Comunque, pare strano che il fuoco, essendosi esteso fino alle cupole di San Marco per via del vento nord orientale, non abbia almeno lambito le stanze dogali. D’altro canto, queste ultime presentano tuttora soffitti e camini di inizio Cinquecento334.

I lavori di restauro dell’ala orientale cominciarono già il giorno successivo all’incendio, il 12 maggio. La vicenda è documentata attraverso le delibere contenute nei registri del Senato, con copia

331

ASVe, Collegio, Cerimoniali, Registro 1, c. LII; riportato in: G. Cadorin, Pareri di XV architetti e notizie

storiche intorno al Palazzo ducale di Venezia, Venezia 1838, pp. 169-173; G. Lorenzi, Monumenti per servire alla storia del Palazzo Ducale di Venezia, ovvero Serie di atti pubblici dal 1253 al 1797 che chiaramente lo riguardano,

Venezia 1868, p. 382s.

Diversamente da quanto sembra deducibile dalla scrittura qua sopra, “per essere il suo annuale”, secondo Giuseppe Gullino, Alvise Mocenigo era stato eletto doge il 15 maggio 1570. Si veda: G. Gullino, ad vocem Mocenigo Alvise, in DBI, vol. 75, 2011. Per “annuale” non pare si possa intendere il compleanno del Mocenigo, che cadeva il 26 ottobre. 332

S. Sinding-Larsen, Christ in the Council Hall. Studies in the religious iconography of the Venetian Republic, in “Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia”, Spoleto 1974, vol. 5, p. 1; U. Franzoi, Architettura, in U. Franzoi – T. Pignatti – W. Wolters, a cura di, Il Palazzo Ducale di Venezia, Treviso 1990, pp. 99s.

333

F. Sansovino, Venetia città nobilissima, 1581, pp. 120ss; G. Zorzi, Nuove rivelazioni sulla ricostruzione delle

sale del piano nobile del Palazzo Ducale di Venezia dopo l’incendio dell’11 maggio 1574, in “Arte Veneta”, VII, 1953,

pp. 123-151; W. Wolters, Scultura, in U. Franzoi – T. Pignatti – W. Wolters, op. cit., 1990, 161ss. 334

A. Pedrini, Il mobilio: gli ambienti e le decorazioni del Rinascimento in Italia: secoli XV e XVI, Firenze 1948; W. Wolters, op. cit., in U. Franzoi – T. Pignatti – W. Wolters, op. cit., 1990, pp. 161-163.

nelle filze, e i pagamenti alle maestranze emessi dai Provveditori al Sal. Il materiale cartaceo a noi giunto è notevole, tuttavia pochi studiosi si sono occupati di tracciarne un quadro almeno riassuntivo. Tra questi Giambattista Lorenzi e Giangiorgio Zorzi335 hanno fatto chiarezza sulle dinamiche dei lavori, rilevando le presenze e i pagamenti dei vari artigiani. Per contro, nell’indagine sui restauri, la storiografia artistica si è concentrata quasi esclusivamente sugli apporti degli artisti “maggiori”, i pittori e gli architetti, sorvolando sule maestranze coinvolte nel restauro delle strutture portanti della fabbrica.