7. La commissione per i soffitti del Senato e del Maggior Consiglio.
7.13 La protesta contro Antonio da Ponte: “io non voglio vergogna”.
Solo nell’aprile del 1582, vengono esplicitate le accuse verso i protettori di Hieronimo, Antonio da Ponte e Lauro Zordan che “hanno cercato d’espulsarmi fuori per far’à suo modo, con uergogna &
danno al publico, per far contra all’honor mio”520. Sorte individua nel proto da Ponte il vero responsabile delle modifiche fatte agli intagli, rispetto ai disegni del Senato. Quasi certamente aveva accusato il proto pubblicamente durante l’udienza presso i provveditori svoltasi lo stesso giorno, il 24 aprile. Il Nostro dice di essere la vittima di una macchinazione da parte del da Ponte e del segretario Lauro Zordan. Il primo era ostile a Sorte, e voleva nuocere alla sua reputazione. Il secondo favoriva un intagliatore suo conoscente, Hieronimo Vicentino, nonostante questi non assolvesse pienamente al proprio dovere. Lauro Zordan è registrato come segretario del Consiglio dei X nel 1581521. Nella protesta di Sorte leggiamo che:
…sue Cl.me Sig.rie m’hanno commesso, ch’io gli dichiari distintamente qua(n)to ho supplicato, et per non mancar del debito mio, riuerentemente dico, che hauendo hauuto contra ms. Lauro Zordan Secretario, uolendo lui sempre fauorire ms. Hieronimo Intagliatore suo Compadre; & similmente ms. Ant.o dal Ponte Protto, contrarijßimi alle operationi mie…522
Sorte usa qui un tono aspro nei confronti di questi personaggi, tanto da farci intendere che le vessazioni andavano avanti da anni. Egli si sentì obbligato a discolparsi per l’andamento dei lavori
520 C. Sorte, Trattato, c. 74v. Vedi Appendice documentaria: Documento 7. Il documento è trascritto in: J. Schulz, op. cit., 1989, p. 73s; e, con modifiche, in F. Zanotto, op. cit., 1842, tomo I, cap. I, p. 155-157 nota 9.
521 ASVe, Provveditori al Sal, b. 10, reg. 12, p. 34v, 28 luglio 1581.
522 C. Sorte, Trattato, c. 74r. Vedi Appendice documentaria: Documento 7. Il documento è trascritto in: J. Schulz, op. cit., 1989, p. 73s; e, con modifiche, in F. Zanotto, op. cit., 1842, tomo I, cap. I, p. 155-157 nota 9.
poiché non riteneva di avere altra scelta: “essendo io alcuna volta da chi benissimo intende
ripreso”523. Come sostiene Conforti, “chi benissimo intende” potrebbe far riferimento a una figura esperta, e informata, la quale controllava che le decorazioni procedessero come stabilito. Si potrebbe trattare di Marcantonio Barbaro, il quale aveva commissionato le decorazioni a Sorte, insieme ai suoi colleghi provveditori. È improbabile che si trattasse di Palladio perché egli era morto nel 1580, mentre la frase al presente fu scritta non molto prima dell’udienza del 1582. In ogni caso appare chiaro che Sorte, essendo responsabile delle decorazioni, doveva rispondere di eventuali cambiamenti in corso d’opera. L’ira di Sorte contro il da Ponte arrivò al culmine perché sul soffitto erano state posizionate delle cappe per convogliare il fumo, delle quali abbiamo parlato. Nella suddetta lunga protesta, il Nostro spiega con sdegno che:
ma di più ha messo una inuentione, p(er) uergognar’à fatto, di certi sboratori in foza di Pirie, come si fanno nelle Caneue da trauasar uino; cosa molto vergognosa.524
Da questo stralcio comprendiamo che gli “sboratori” erano condutture per la fuoriuscita del fumo, mentre le “pirie” erano gli imbuti, e le “caneve” erano le cantine525. Tali termini sono usati in maniera dispregiativa, per sottolineare che con quel lavoro lui non aveva niente a che spartire e che esso non era adatto ad una sala di rappresentanza come il Senato. Allora, la richiesta rivolta ai provveditori divenne accorata:
… parendo alla sua prudentia far che sia nullata la mia cassazione… parendo alle Ill.me S. V. … à confermarmi il mio salario, acciò si possi dar bonissimo fine all’impresa imperfetta; altramente restando l’opera mia nelle mani di questi miei emuli, le cose hauerano cattiuo fine … & resteranno l’opere uergognate; ma io criderò sempre fino al Cielo, perche io non uoglio uergogna.526
523 C. Sorte, Trattato, c. 73r-74r, ante 24 aprile 1582. Tale protesta diede come esito l’udienza del 24 aprile 1582. Vedi Appendice documentaria: Documento 6. Il documento è citato in J. Schulz 1989 p.74; trascritto con modifiche in F. Zanotto, op. cit., 1842, tomo I, cap. I, p. 155 nota 9. Cfr. G. Conforti, op. cit., 1988, p. 182.
524 C. Sorte, Trattato, cc. 74r-77v. Vedi Appendice documentaria: Documento 7. Trascritto in J. Schulz, op. cit., 1989, p. 73s; trascritto con modifiche in F. Zanotto, op. cit., 1842, tomo I, cap. I, p. 155-157 nota 9.
525 Si veda ad voces piria, sborar, càneva in G. Boerio, Dizionario, 1867, pp. 512, 609, 128.
526 C. Sorte, Trattato, c. 77v. Vedi Appendice documentaria: Documento 7. Il documento è trascritto in: J. Schulz, op. cit., 1989, p. 73s; e, con modifiche, in F. Zanotto, op. cit., 1842, tomo I, cap. I, p. 155-157 nota 9.
Sorte non voleva arrendersi ai torti subiti sia a danno della sua dignità professionale, sia delle sue finanze. Nonostante il suo tono quasi minaccioso, però, non gli restava che rimettersi alle decisioni dei provveditori. Quanto al motivo per cui il proto da Ponte si arrogasse il diritto di apportare variazioni alle decorazioni già decise, ne siamo all’oscuro e non possediamo, che sia noto, alcun suo scritto. Forse egli aveva una rete clientelare da preservare, come ci fa capire Sorte; oppure, dato il suo impegno ventennale come proto al Sal, pensava di poter ritoccare qua e là alcuni lavori secondo il proprio gusto. Non risultano, però, lamentele nella realizzazione degli intagli, ad esempio, del Collegio che, anzi, furono terminati in breve tempo.
Si può sospettare che, tra il da Ponte e Sorte, i motivi della contesa avessero radici lontane. Se non possiamo avere certezza di vecchi dissapori perché non è provato dalle carte d’archivio, sappiamo però che i due lavorarono fianco a fianco negli anni ’60. Infatti, esiste almeno un documento che li vede impiegati come ingegneri idraulici per l’Officio dei Beni Inculti, nel 1568527. È possibile che tra i due ingegneri si fossero creati degli attriti per motivi di clientela o di carriera, dato che Antonio da Ponte era già affermato in laguna e Sorte voleva probabilmente crearsi un suo sostrato di conoscenze tra i patrizi di Terraferma. Sorte, nei decenni, aveva collezionato un buon numero di detrattori; non è pensiero peregrino che tra essi possa rientrare anche il proto da Ponte.
Non sappiamo come andò a finire la contesa tra i due architetti. Non si hanno notizie di misure punitive contro il proto da parte di nessuna istituzione, nonostante le pesanti accuse mosse da Sorte. Del resto, il da Ponte continuò a mantenere il proprio incarico per tanti anni, lavorando ad opere importanti come il ponte di Rialto.