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L’apodemia nella Storia vera e nell’Icaromenippo: il motivo del viaggio

CAPITOLO III LESSICO DI VIAGGIO

3.1 Viaggiare e Vagare

3.1.2 L’apodemia nella Storia vera e nell’Icaromenippo: il motivo del viaggio

La Storia Vera, utilizza come modello letterario l’Odissea, il modello per eccellenza della ‘letteratura di viaggio’136 e Luciano stesso diventa l’alter-ego parodico di Odisseo137. Quest’opera però viene costruita da Luciano in maniera molto sapiente non solo come parodia del poema omerico, ma anche come

135 Per l’analisi degli strumenti, dei motivi e delle chiavi di lettura per le ‘opere di viaggio’ di

Luciano, ci si è concentrati su queste due opere principali della produzione lucianea. Nel corso del lavoro, si analizzeranno più da vicino le altre opere quali: Anacarsi o sull’atletica, Caronte o gli

osservatori, L’Amante della menzogna o l’incredulo, Tossari ovvero l’amicizia e il Nigrino. E

infine alcune prolaliai (ovvero i prologhi): Dioniso, Le dipsadi, L’ambra o i cigni, Eracle, Lo

Scita o l’ospite pubblico e Il sogno ovvero la vita di Luciano. A quest’ultima prolalia si dedicherà

un breve capitoletto nella parte finale del lavoro. Ci serviremo inoltre dell’aiuto di altre opere, a cui faremo solo riferimento: Come si deve scrivere la storia, Viaggio agli Inferi o il tiranno, La

Nave o i desideri.

136 Certo la definizione di ‘letteratura di viaggio’ non si addice molto al grande poema omerico

dell’Odissea. Anche se però i criteri che Odisseo utilizza nei libri 9-12, quelli in cui egli ricorda e racconta presso la corte dei Feaci i suoi dieci anni passati errando da un luogo all’altro, sono gli stessi che normalmente vengono utilizzati nella letteratura di viaggio. Odisseo racconta infatti in prima persona il lungo viaggio che ha vissuto. Egli si fa portavoce della propria esperienza inserendo digressioni etnografiche e topografiche (basti vedere nel libro 9 l’isola delle capre e come egli descriva lo stile di vita dei Ciclopi). Alcuni studiosi infatti ritengono che Odisseo rappresenti il modello archetipico del viaggiatore: «the ambiguous figure of Odysseus – adventurous, powerful, unreliable – is perhaps the appropriate archetype for the traveler, and by extension for the travel writer», (Hulme-Youngs 2002, p. 4). Egli incarna bene il ruolo di viaggiatore, ma il suo ‘scopo’ non era quello di viaggiare – e quindi derivante da una libera scelta – bensì di vagare, conseguenza della punizione che gli era stata inflitta dagli dei.

137 La parodia è uno degli strumenti che Luciano utilizza per manipolare i miti e i testi classici,

senza svilirli del loro significato originario, ma donando loro una patina nuova, un significato ulteriore. Le sue opere sono infatti costruite su due livelli: c’è un ipotesto, solitamente ripreso dalla tradizione classica e mitica e un ipertesto, costruito dall’autore in maniera sapiente a fine satirico. Per la definizione e il funzionamento della parodia in Luciano vd. Camerotto 1998, in particolare pp. 1-73. Una breve e chiara storia della parodia da Aristotele a Luciano viene ripercorsa anche da Beltrametti 1994. La studiosa si concentra anche sull’analisi del significato nella contemporaneità. Il termine infatti è stato svilito del suo vero significato, divenendo semplicemente trasposizione di un modello serio, svuotato del suo significato, in un contesto ridicolo. La studiosa ha inoltre approfondito lo strumento parodico e della mimesis letteraria in un altro buono studio, vd. Beltrametti 1989. L’imitazione del reale si concretizza nelle opere d’arte che Luciano ci presenta nelle sue opere. Esse diventano infatti strumento parodico, un modo per mettere in dubbio le conoscenze dello spettatore e attraverso le quali prende avvio l’azione satirica (vd. p. es. il dipinto di Eracle Ogmio nella prolalia Eracle).

inversione dei criteri di ricerca che l’opera storica dovrebbe seguire138. L’opera storica dovrebbe avere a cuore solo una cosa: la verità, a cui tutti devono mirare.

Luc. Hist. conscr. 9 e}n ga;r e[rgon iJstoriva" kai; tevlo", to; crhvsimon, o{per ejk tou' ajlhqou'" movnou sunavgetai. to; terpno;n de; a[meinon me;n eij kai; aujto; parakolouqhvseien […]. kai; toivnun hJ iJstoriva, eij me;n a[llw" to; terpno;n paremporeuvsaito, pollou;" a]n tou;" ejrasta;" ejpispavsaito, a[cri d≠ a]n kai; movnon e[ch/ to; i[dion ejntelev"<levgw de; th;n th'" ajlhqeiva" dhvlwsin<, ojlivgon tou' kavllou" frontiei'.

La storia opera per un solo fine, l’utile, e questo ha origine soltanto dal vero. Il dilettevole, invece, se si aggiunge anch’esso come la bellezza all’atleta, meglio […]. Ebbene, anche la storia, se producesse in più anche il diletto, si attirerebbe molti amatori, ma finché realizzerà compiutamente soltanto il fine che è suo proprio, intendo dire la manifestazione della verità, poco si curerà della bellezza.

Nella Storia Vera invece, Luciano sembra sovvertire tutto ciò che aveva detto precedentemente nel suo ‘trattato storico’. Se lo scopo dell’opera storica è l’utile e non il dilettevole, la Storia Vera è tutto tranne che resoconto storico. Quest’opera, già dal titolo e dal proemio, si preannuncia come una storia del tutto fantastica, che va oltre i confini del reale. Il racconto è dilettevole, ma l’autore riuscirà attraverso il dilettevole e il falso a trasmettere un messaggio utile a tutti139. Egli diventa quindi uno storico del falso e del fantastico. Ma sta proprio qui il suo intento, rovesciare per far vedere le cose da un punto di vista diverso. Sembra quasi consigli il suo pubblico che talvolta bisogna ragionare al contrario, perché è il contrario che corrisponde alla verità. La maggior parte delle persone della sua epoca vive da ijdiwvth", non rendendosi conto che il giusto modo di vivere consiste proprio nel porsi agli antipodi, pensare alla rovescia, invertire le regole e le convenzioni.

Ma torniamo al motivo dell’apodemia. Quali sono i motivi che spingono il protagonista-narratore della storia a intraprendere il suo viaggio? Luciano subito dopo il proemio programmatico (VH 1.1-4), in cui presenta le intenzioni, i modelli e gli strumenti tipici utilizzati nei resoconti di viaggio, dichiara esplicitamente

138 Sembra quasi che la Storia Vera sia stata scritta da Luciano subito dopo il suo trattato Come si

deve scrivere la Storia. Luciano in questo aveva denunciato pubblicamente tutti i vizi degli storici

del suo tempo.

139 Il messaggio sarà utile a tutti quelli che lo capiranno. Luciano ha un rapporto del tutto

particolare con il suo pubblico. Le sue opere, anche se dalla trama apparentemente semplice e fantastica, sono spesso costruite su più livelli; questo non solo per i rimandi costanti a modelli della tradizione, ma anche costruite ad hoc per un pubblico vario come quello che Luciano ha dinnanzi a sé. Per il rapporto di Luciano con il pubblico vd. Camerotto 1998, pp. 261-302.

quale è stato il motivo a spingerlo ad intraprendere il viaggio e inizia così a raccontarlo, come Odisseo fa di fronte ai Feaci, utilizzando la prima persona e il passato storico.

Luc. VH 1.5 ïOrmhqei;" gavr pote ajpo; ïHrakleivwn sthlw'n kai; ajfei;" eij" to;n eJspevrion wjkeano;n oujrivw/ ajnevmw/ to;n plou'n ejpoiouvmhn. aijtiva dev moi th'" ajpodhmiva" kai; uJpovqesi" hJ th'" dianoiva" periergiva kai; pragmavtwn kainw'n ejpiqumiva kai; to; bouvlesqai maqei'n tiv to; tevlo" ejsti;n tou' wjkeanou' kai; tivne" oiJ pevran katoikou'nte" a[nqrwpoi.

Un giorno, partito dalle colonne di Eracle, navigavo verso l’Oceano di occidente, spinto da un vento propizio. Causa fondamentale del viaggio era stata l’irrequietezza della mia mente, il desiderio di nuove esperienze e la volontà di sapere dove finisse l’Oceano e quali uomini vivessero al di là di questo.

Luciano adduce tre motivi che lo hanno spinto all’esperienza – definita qui per l’appunto ajpodhmiva –: la ricerca irrequieta della mente (hJ th'" dianoiva"

periergiva), il desiderio di scoprire nuove cose (pragmavtwn kainw'n ejpiqumiva)

e infine il voler apprendere (to; bouvlesqai maqei'n), fornendoci così le chiavi di lettura di tutte le sue esperienze di viaggio140. Esse sono generate da una sensazione di precarietà e di irrequietezza, dovuta appunto alla necessità di colmare le proprie aporie; dal desiderio irrefrenabile di confrontarsi con la novità, dal desiderio di vedere oltre; e infine, dall’obiettivo già contenuto nelle due precedenti motivazioni, il voler conoscere141. Questi diventano dunque i motivi

140

Il desiderio di conoscere spinge l’eroe a viaggiare. L’amore per la conoscenza è una vera passione. Il desiderio di conoscere è connaturato all’uomo, come afferma anche Aristotele nella

Metafisica 1.980a: Pavnte" a[nqrwpoi tou' eijdevnai ojrevgontai fuvsei. shmei'on d≠ hJ tw'n

aijsqhvsewn ajgavphsi". Tutti gli uomini tendono al sapere ma ciò che aggiunge Aristotele, e che per noi è molto importante, è che segno di questo fattore connaturato all’uomo è l’amore che esso prova per le sensazioni (aijsqhvsewn), e cioè per l’esperienza. Ma l’esperienza di cui parla, è un esperienza diretta, personale. Infatti la sensazione che gli uomini amano più di tutte è la vista (kai; ga;r cwri;" th'" creiva" ajgapw'ntai di≠ auJtav", kai; mavlista tw'n a[llwn hJ dia; tw'n ojmmavtwn), perché permette la conoscenza diretta, priva di intermediari e perché ‘rende manifeste le numerose differenze che ci sono tra le cose’: ouj ga;r movnon i{na pravttwmen ajlla; kai; mhqe;n mevllonte" pravttein to; oJra'n aiJrouvmeqa ajnti; pavntwn wJ" eijpei'n tw'n a[llwn. ai[tion d≠ o{ti mavlista poiei' gnwrivzein hJma'" au{th tw'n aijsqhvsewn kai; polla;" dhloi' diaforav". L’epithymia della conoscenza è il motivo, la causa (aitia) prima che fa muovere l’uomo e in particolare l’eroe satirico, che muovendo da un’aporia conoscitiva, è spinto alla ricerca, al confronto, alla conoscenza. Per la ‘passione’ della e per la conoscenza vd. anche Camerotto 2013a.

141 Gli stessi motivi compariranno chiaramente nel dialogo tra Menippo e il suo interlocutore nella

Negromanzia. Quest’ultimo è infatti stupito per lo strano abbigliamento e per le parole senza senso

di Menippo, che però gli conferma di essere appena tornato da un viaggio incredibile. L’amico incuriosito non può far altro che interrogarlo sui motivi che lo hanno spinto ad andare a far visita al mondo dei morti, Nec. 1: F. Tiv" dh; aijtiva soi th'" kainh'" kai; paradovxou tauvth" ajpodhmiva"É Menippo è spinto dal suo fervore giovanile, ma anche dall’ardire della ragione (qravso" tou' nou'), che corrisponde a quel desiderio insaziabile di conoscere per trovare risposte

fondanti sui cui viene costruita l’esperienza di Luciano: per conoscere bisogna viaggiare, bisogna cambiare prospettiva dalla quale guardare il mondo.

Nell’Icaromenippo – la seconda opera che utilizziamo qui come riferimento per l’analisi delle altre opere dell’autore – la motivazione che spinge Menippo a viaggiare, perché anche in quest’opera si parla di ajpodhmiva, è la medesima: il desiderio di conoscere per colmare ciò che non trova risposta nella realtà quotidiana.

Come nella Negromanzia, anche nell’Icaromenippo il protagonista è Menippo, e anche qui egli entra in scena borbottando tra sé e sé parole apparentemente prive di senso.

Luc. Icar. 1 MENIPPOS Mh; qaumavsh/", w\ eJtai're, eij metevwra kai; diaevria dokw' soi lalei'n: to; kefavlaion ga;r dh; pro;" ejmauto;n ajnalogivzomai th'" e[nagco" ajpodhmiva".

Menippo: Non stupirti, amico, se ti sembra che io ciarli di cose celesti e aeree. Sto facendo i calcoli del viaggio che ho appena compiuto.

Egli è infatti appena tornato dal suo viaggio, e ripercorre ad alta voce le tappe della sua ascesa al cielo. Prima dalla terra alla luna (Icar. 1 ajpo; gh'" […]

mevcri pro;" th;n selhvnhn, oJ prw'to" hJmi'n staqmov"), poi dalla luna su verso il

sole (toujnteu'qen de; ejpi; to;n h{lion a[nw), e infine la salita vera e proprio in cielo fino alle dimore celesti (to; de; ajpo; touvtou ej" aujto;n h[dh to;n oujrano;n

kai; th;n ajkrovpolin th;n tou' Dio;" a[nodo"). La particolarità del suo viaggio

celeste, che si configura come vera e propria impresa (tovlmhma), è che si conclude con il ritorno del protagonista sulla terra142.

alle sue numerose aporie, che gli derivavano proprio dalla sua educazione tradizionale, impregnata di miti e versi omerici, che sono il fondamento della sua paideia. Menippo infatti, si accorge di quanto sia stato ingenuo a credere a quel che dicono i poeti. Tutto sembra andare per il verso contrario rispetto a quello che aveva imparato e questo lo destabilizza (Nec. 3 ejpei; de; eij" a[ndra" telei'n hjrxavmhn, pavlin au\ ejntau'qa h[kouon tw'n novmwn tajnantiva toi'" poihtai'" keleuovntwn, mhvte moiceuvein mhvte stasiavzein mhvte aJrpavzein. ejn megavlh/ ou\n kaqeisthvkein ajmfiboliva/, oujk eijdw;" o{ ti crhsaivmhn ejmautw'/). Decide allora di rivolgersi a quelli che al suo tempo erano ritenuti uomini sapienti, i filosofi. Forse loro avrebbero saputo risolvere i suoi dubbi, ma Menippo dovrà ricredersi anche su di loro.

142 L’impresa di Menippo viene strutturata su uno schema ricorrente nelle opere lucianee.

Camerotto parla di vero e proprio paradigma (Camerotto 2009a, p. 11). Il viaggio infatti, come abbiamo visto, nasce da un’aporia conoscitiva iniziale. Il protagonista, l’eroe satirico, cercherà di colmare i propri dubbi rivolgendosi ai pepaideumenoi della realtà, ma la sua ricerca lo porterà ad escogitare un progetto che lo porterà a viaggiare in mondi altri. Solo attraverso l’esperienza dell’alterità il protagonista compiere la sua impresa satirica e a conoscere la verità.

L’interlocutore anonimo si meraviglia non tanto del cambiamento d’aspetto di Menippo, quanto delle sue parole che sembrano non aver senso, anzi sembrano sospese nell’aria, quasi alate (metevwra kai; diaevria). L’amico non potendo capire, inizia a deriderlo. Ma Menippo non si lascia intimorire e lo persuade a dargli ascolto, esponendogli le motivazioni che lo hanno spinto a mettere le ali e a salire in cielo, oltre le nuvole (Icar. 2 uJpernefevlwó ajndri;).

Luc. Icar. 3-4 MENIPPOS ma'llon de; kai; pa'san ejx ajrch'" th;n ejpiv- noian, ei[ soi scolhv, diveimi. […] fiAkoue toivnun: ouj ga;r ajstei'ovn ge to; qevama kechnovta fivlon ejgkatalipei'n, kai; tau'ta wJ" su; fh;" ejk tw'n w[twn ajphrthmevnon. ≠Egw; ga;r ejpeidh; tavcista ejxetavzwn ta; kata; to;n bivon geloi'a kai; tapeina; kai; ajbevbaia ta; ajnqrwvpina pavnta eu{riskon, plouvtou" levgw kai; ajrca;" kai; dunasteiva", katafronhvsa" aujtw'n kai; th;n peri; tau'ta spoudh;n ajscolivan tw'n ajlhqw'" spoudaivwn uJpolabw;n ajnakuvptein te kai; pro;" to; pa'n ajpoblevpein ejpeirwvmhn: kaiv moi ejntau'qa pollhvn tina parei'ce th;n ajporivan prw'ton me;n aujto;" ou|to" oJ uJpo; tw'n sofw'n kalouvmeno" kovsmo": ouj ga;r ei\con euJrei'n ou[q≠ o{pw" ejgevneto ou[te to;n dhmiourgo;n ou[te ajrch;n ou[q≠ o{ ti to; tevlo" ejsti;n aujtou'. e[peita de; kata; mevro" ejpiskopw'n polu; ma'llon ajporei'n hjnagkazovmhn: […] kai; tau'ta duseivkasta pavnta kai; ajtevkmarta h\n.

Menippo: Anzi, se hai tempo, ti racconto dall’inizio la storia del mio progetto […] Ascolta, allora. Non è un bello spettacolo lasciare un amico a bocca aperta e, così come tu dici, appeso per le orecchie. Mi misi, un giorno, a esaminare le cose della vita umana e mi accorsi subito che erano tutte ridicole, meschine ed effimere – mi riferisco alle ricchezze, alle cariche e al potere: sentii disprezzo di queste cose e capii che l’ambizione che ci spinge ad inseguirle non significa altro che trascurare le cose veramente importanti. Provai allora a levare gli occhi verso l’alto e a contemplare l’intero universo. Mi mise a questo punto, in gran imbarazzo prima di tutto quello che i sapienti chiamano cosmo: non riuscivo a scoprire come si fosse originato, né chi ne fosse il demiurgo, né quale fosse il principio e il fine di esso. Poi, osservandolo nelle singole parti, fui stretto da difficoltà ancora più grandi: […] tutti questi fenomeni mi riuscivano incomprensibili e inspiegabili.

Luciano tenta di risolvere questa sua pollhvn tina th;n ajporivan, rivolgendosi a coloro che potrebbero dirgli tutta la verità (Icar. 5 a[riston ei\nai

uJpelavmbanon para; tw'n filosovfwn touvtwn tau'ta e{kasta ejkmaqei'n: w[/mhn ga;r ejkeivnou" ge pa'san e[cein a]n eijpei'n th;n ajlhvqeian), i filosofi. Ma anche

qui, come già nella Negromanzia, i filosofi non hanno alcuna risposta, anzi lo fanno sprofondare ulteriormente nel dubbio. Ed è da questa condizione di incertezza che Menippo decide di rivolgersi direttamente al cielo.

Le due opere pertanto, ponendosi quale manifesto della produzione lucianea, ci forniscono non solo gli elementi essenziali di un tipico resoconto di viaggio – gli strumenti d’indagine, le strategie di comunicazione e della

narrazione, i rimandi alla tradizione –, ma ci danno anche una chiara idea di quali fossero i motivi che spinsero Luciano e i suoi protagonisti all’esperienza del viaggio143. I viaggi divengono strumento di critica e di denuncia, un metodo concreto e sottile per analizzare la società contemporanea di Luciano.

L’autore parlerà quasi esclusivamente di ajpodhmiva e proprio per il significato letterale del termine, l’uomo dovrà allontanarsi dalla realtà, ma soprattutto da tutte quelle convenzioni, canoni, tradizioni (omologazione) in cui si identifica una società, un dh'mo" per l’appunto.

3.1.3 Plane

L’altro termine con cui viene spesso confusa l’attività del viaggiatore è la

plavnh. ≠Apodhmiva e plavnh, come già abbiamo detto appartengono allo stesso

ambito semantico, ma sono due azioni completamente diverse. Erodoto, ad esempio, definisce plavnh un’espansione territoriale144, quasi a connotare un’azione che si svolge non in una zona precisa e circoscritta, bensì in un territorio esteso. Il viaggio dunque diventa in questo caso un vagare alla scoperta di nuovi luoghi e nuovi popoli in zone non definite in quanto sconosciute.

Il vagare per questa sua natura indefinita, priva di un progetto alle spalle, viene spesso associato ad una condizione iniziale, primitiva dell’essere. L’uomo vaga alla ricerca di qualcosa, senza meta. Il viaggio per contro sembra qualcosa di più concreto, voluto, scelto. Nonostante la sua natura dinamica, appare come qualcosa perciò di più definito e stabile.

143 Le due opere trattano viaggi motivati dal desiderio di conoscenza e i loro protagonisti muovono

verso realtà nuove attraverso il volo. Per il viaggio aereo vd. Georgiadou-Larmour 1998, pp. 13- 16. Al contrario vi sono anche viaggi (utilizzando il termine ajpodhmiva, come fa Luciano) che prevedono la discesa nel mondo dei morti come la Negromanzia; o la salita non tanto in cielo, quanto il ritorno sulla terra dall’Ade, come invece accade in un’opera dal titolo particolarmente significativo se pensiamo all’azione critica che deriva dall’osservazione (ejpiskopevw), ossia il

Caronte o gli Osservatori. Caronte ringrazierà la sua guida sulla terra, Hermes, per aver reso la sua

esperienza fruttuosa, per avergli permesso di ‘osservare’ le cose da un nuovo punto di vista, la terra. Cont. 24 CARWN Eu\ ge ejpoivhsa", w\ ïErmh': eujergevth" eij" ajei; ajnagegravyh/, wjnavmhn gavr ti dia; se; th'" ajpodhmiva".

144 Vd. Hdt. 2.103. In questa parte del logos egizio, Erodoto ripercorre le tappe della spedizione

militare del re Sesostri (probabilmente Senosret III, appartenente alla XII dinastia, vissuto tra il 1878 e il 1846/1841 a.C.) fino al fiume Fasi (fiume della Colchide, nell’attuale regione del Caucaso). Infatti, qui sembra che una parte del suo esercito si sia staccata da lui per fondare una colonia, forse perché stanca di vagare alla ricerca di nuove terre da occupare (th`ó plavnhó aujtou` ajcqesqevnte").

Erodoto stesso attribuisce questa attività girovaga, il nomadismo, ai popoli barbari che vivono ai confini del mondo conosciuto145. Tucidide invece associava il nomadismo, la migrazione e l’instabilità, al periodo dei ‘secoli bui’ precedenti lo sviluppo della civiltà greca146. I due storici erano concordi comunque sul fatto che gli Ateniesi fossero un popolo stabile e insediato in un luogo ben preciso e questo lo distingueva dai popoli delle epoche precedenti, che vagavano senza una meta.

La condizione del vagabondo non era di certo invidiabile. La sua era la condizione della sofferenza, del dolore, del patimento. Inoltre, il luogo di questi vagabondaggi era proprio quel mare inospitale di cui parlavamo prima. Il mare è un luogo oscuro, privo di forma, inesplorato e inesplorabile. Un non luogo, un luogo apeiron, illimitato147. La condizione del viaggiatore che vaga nell’immensità del mare è condizione di patimenti e di sofferenze148, ma è anche quella che permette all’uomo errante, al suo ritorno in patria, attraverso il racconto a posteriori di dare voce alla sua esperienza, rendendolo così un eroe149. Odisseo, l’eroe errante per eccellenza, lo stesso che afferma che «nulla è più terribile per

145 In Erodoto, come anche in Luciano, la figura dello Scita è particolarmente affascinante. In

Luciano vedremo come questa figura rappresenti nel mondo greco lo straniero per eccellenza. Anacharsis lo scita giunto ad Atene al cospetto di Solone si definisce noma;" kai; plavnh" a[nqrwpo" (Luc. Anach. 18). Per il ruolo dello Scita in Erodoto e in Luciano rimando ad Hartog 2002, pp. 107-144, ma soprattutto pp. 145-217. Vd. anche Hartog 1992, pp. 27-51, e p 170 e ss. per il problema del nomadismo.