GLI STRUMENTI DEL VIAGGIATORE
4.5 Il thauma, il viaggio e l’etnografia
Il thauma è una categoria particolarmente importante per lo studio del viaggio. Esso infatti sembrerebbe parte costituente del racconto fantastico, al contrario esso è requisito indispensabile del resoconto di viaggio.
Ciò che è meraviglioso viene necessariamente classificato come appartenente alla sfera dell’irrealtà, della finzione e della menzogna. Invece il racconto di viaggio fonda parte della sua credibilità proprio nella presenza del
thaumaston. Il thauma è essenziale nella narrazione, infatti il racconto è
comunque manipolazione degli eventi accaduti: il narratore si fa portavoce e modella sulla sua personalità e con i propri strumenti gli eventi, creandone una
282 Erodoto approfitta dell’occasione dei giochi panellenici per poter ammaliare il suo pubblico ed
essere additato da tutti per la sua opera (vd. Herod. 1). Luciano è convinto che Erodoto sia stato molto astuto ad organizzare la lettura pubblica delle sue Storie ad Olimpia. Egli diverrà così famoso più degli stessi atleti che vinsero le Olimpiadi e ovunque andrà lo seguirà la fama, vd.
Herod. 2.
283 Attraverso le forme retoriche dell’alterità il viaggiatore fa sfoggio del proprio sapere. Chi
viaggia, conosce. Chi viaggia molto conosce più di altri e ha la possibilità di rendere partecipi gli altri della sua conoscenza attraverso il racconto. Hartog confermando ciò, stabilisce che il viaggiatore ha disposizione di un vasto materiale su cui costruire i suoi parallelismi: «E se i suoi ascoltatori o lettori non vedono sufficientemente bene, egli offre loro la licenza di costruirne altri ancor più soddisfacenti», Hartog 1992, p. 197.
propria versione284. L’abilità del narratore consiste nel rendere ciò che racconta, vero o falso, reale o immaginario, secondo il principio del verosimile.
Il verosimile diviene lo strumento attraverso cui il narratore, sia esso poeta o storico, rende credibile e comprensibile il suo racconto. Entrambi, il poeta e lo storico, nell’esercizio della loro arte praticano l’imitazione del reale, che non è necessariamente una pratica ingannevole, ma diviene metodo di conoscenza. Per il poeta dovrebbe trattarsi di conoscenza parziale e limitata, in quanto il suo obiettivo non è quello di narrare il vero, mentre per lo storico l’attaccamento ai fatti reali e concreti è necessario allo svolgimento del suo ruolo285. E il retore? Il retore esercita come il poeta una seduzione sull’anima nell’ascoltatore (yucagwghv). Anche Luciano afferma quanto possa essere efficace la parola di un retore286.
La potenza del meraviglioso, che prende forma sul modello della realtà, e che quindi necessariamente mantiene delle caratteristiche verosimili, è la potenza della conoscenza. La conoscenza si esprime attraverso la meraviglia, lo stupore.
Lo stesso Aristotele ricollegava il processo razionale filosofico all’effetto che il meraviglioso esercitava nell’uomo. Lo stupore accende nell’uomo il desiderio di liberarsi dall’ignoranza.
Arist. Metaph. 982 b12 dia; ga;r to; qaumavzein oiJ a[nqrwpoi kai; nu'n kai; to; prw'ton h[rxanto filosofei'n, ejx ajrch'" me;n ta; provceira tw'n ajtovpwn qaumavsante", ei\ta kata; mikro;n ou{tw proi>ovnte" kai; peri; tw'n meizovnwn diaporhvsante", oi|on periv te tw'n th'" selhvnh" paqhmavtwn kai; tw'n peri; to;n h{lion kai; a[stra kai; peri; th'" tou' panto;" genevsew". oJ d≠ ajporw'n kai; qaumavzwn oi[etai ajgnoei'n (dio; kai; oJ filovmuqo" filovsofov" pwv" ejstin: oJ ga;r mu'qo" suvgkeitai ejk qaumasivwn): w{st≠ ei[per dia; to; feuvgein th;n a[gnoian ejfilosovfhsan, fanero;n o{ti dia; to; eijdevnai to; ejpivstasqai ejdivwkon kai; ouj crhvsewv" tino" e{neken. marturei' de; aujto; to; sumbebhkov":
Infatti gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole
284 Luciano è un autore sempre critico e profondamente ostile verso ogni tipo di dogmatismo.
Quello che traspare dalle sue opere è una profonda critica alle diverse scuole filosofiche, tutte accomunate da un'unica vana pretesa, quella di aver raggiunto la verità. Per Luciano la verità non è una. Il nomos non può essere universale. L’abitudine, la consuetudine, la credulità vanno smascherate attraverso la ricerca e la critica costante.
285
Vd. Foucault 1998. Dire la verità molto spesso va contro le aspettative della gente. Lo storico deve, come l’eroe satirico in Luciano, non temere il giudizio degli altri, ma avere come fine ultimo la narrazione della verità.
e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell’intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito infatti è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall’ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica.
La sapienza dell’uomo deriva dalla meraviglia. È la meraviglia che spinge l’uomo a cercare la risposta all’aporia che deriva dalla visione. L’uomo, non potendo superare da solo l’ignoranza, si rivolge ad altri. Una volta conosciuta la causa ultima delle cose, ne comprende anche la ‘necessità’. Egli così, non potrà più concepire le cose diverse da come gli appaiono. Infatti se gli apparisse una visione diversa da quella che conosce, non potrebbe fare altro che meravigliarsi. Con la capacità di stupirsi, l’uomo sfugge al rischio di rimanere vuoto.
Forse lo stesso mito aveva generato quell’aporia conoscitiva in Luciano quando si trovava in viaggio lungo il fiume Eridano, quando, preso dalla curiosità, interroga i barcaioli che lo stanno traghettando, per sapere se si trovassero davvero in quella zona le sorelle piangenti di Fetonte che invece di lacrime stillano ambra, o se è vero che si trovano lungo le sponde del fiume i compagni di Apollo trasformati in cigni dal canto melodioso287.
La meraviglia implica in ogni caso il desiderio di apprendere288. E la meraviglia nasce dal confronto con una realtà diversa da quella solita in cui siamo abituati a vivere. Luciano lo sa e utilizza con maestria, nei suoi racconti e nei suoi viaggi, questo potente strumento che è la meraviglia. Il thauma dopotutto è naturalmente presente nel racconto etnografico, nel resoconto del viaggio. Il viaggiatore che narra la sua esperienza itinerante deve adottare i criteri d’analisi
287 Luc. Electr. 2-5.
288 Aristotele afferma che meravigliarsi è necessario per poter conoscere. Conoscere e
meravigliarsi, sono entrambi considerate cose desiderabili. La vera conoscenza, che si raggiunge attraverso la filosofia, consiste proprio nel sapersi meravigliare e ricercare. Nel momento in cui l’uomo raggiunge la conoscenza di quanto prima gli aveva destato meraviglia, ritorna ad uno stato ‘naturale’ (eij" to; kata; fuvsin kaqivstasqai). L’uomo, in pratica, nel momento in cui si meraviglia vive un periodo di ‘disturbo’, di ‘confusione’ (positivo ovviamente), ma solo raggiungendo la conoscenza, raggiungerà lo stato naturale che è proprio dell’anima. Arist. Rhet. 1371 a21-22 kai; to; manqavnein kai; to; qaumavzein hJdu; wJ" ejpi; to; poluv: ejn me;n ga;r tw'/ qaumavzein to; ejpiqumei'n maqei'n ejstin, w{ste to; qaumasto;n ejpiqumhtovn, ejn de; tw'/ manqavnein Ãto;¤ eij" to; kata; fuvsin kaqivstasqai.
dell’etnografia e farsi lui stesso etnografo. L’etnografo è colui che narra ciò che è estraneo (o strano), cioè che si colloca al di fuori dell’ordinario289.
I logoi etnografici infatti avevano una struttura canonica: si aprivano con la descrizione della regione interessata, come essa si presentava al viaggiatore che vi arrivava per la prima volta. È come se il viaggiatore vedesse davanti a sé un’enorme panoramica del paesaggio: colline, alberi, mari, monti, strade. Dobbiamo immaginarci che il viaggiatore che narra il suo resoconto, abbia conservato nella memoria una vera e propria fotografia panoramica che ritrae tutto ciò che si era presentato davanti a lui. Egli ha il compito di trasmettere allo spettatore la stessa meraviglia che egli ha provato al momento della visione autoptica e di rendere vivi tutti quegli elementi del luogo che lo caratterizzano e che definiscono la sua essenza.
Luciano sembra essere un abilissimo etnografo. Egli descrive in una delle sue prolaliai il paesaggio desertico della Libia. E riesce, come un artista con la sua tela290, a rendere vivida non solo l’immagine del paesaggio sabbioso, color ocra, ma anche la sensazione del clima insopportabile, dell’arsura e delle difficili condizioni di vita (ai limiti della sopravvivenza) di quel luogo.
Luc. Dips. 1 Th'" Libuvh" ta; novtia yavmmo" ejsti;n baqei'a kai; gh' diakekaumevnh, e[rhmo" ejpi; poluv, ajkribw'" a[karpo", pedinh; a{pasa, ouj clovhn ouj povan ouj futo;n oujc u{dwr e[cousa, h] ei[ pou a[ra ejn koivloi" sunesthko;" uJetou' ojlivgou leivyanon, pacu; kai; tou'to kai; dusw'de", oujde; pavnu diyw'nti ajnqrwvpw/ povtimon. ajoivkhto" gou'n ejsti dia; tau'ta: h] pw'" ga;r a]n oijkoi'to ajnhvmero" ou{tw kai; xhra; kai; a[foro" ou\sa kai; pollw'/ tw'/ aujcmw'/ piezomevnhÉ kai; to; qavlpo" de; aujto; kai; oJ ajh;r komidh'/ purwvdh" kai; flogero;" w]n kai; hJ yavmmo" uJperzevousa pantelw'" a[baton th;n cwvran tivqhsi.
La parte meridionale della Libia è coperta da uno strato profondo di sabbia ed è terra bruciata, per ampio tratto deserta, affatto sterile, tutta piana, priva di vegetazione, d’erba, di piante, d’acqua, o, se in qualche cavità si è raccolto un residuo di pioggia, questo è denso e fetido, e nemmeno chi fosse molto assetato potrebbe berlo. E infatti è disabitata per tali ragioni: sarebbe mai possibile abitarla, se è così inospitale, arida, infruttifera e oppressa da tanta siccità? Il caldo stesso, l’aria che è letteralmente infuocata, la sabbia che ribolle rendendo la regione del tutto inaccessibile.
289
Saïd 1993, p. 153: «Par définition l’ethnographe raconte ce qui est étrange et échappe à l’expérience commune».
290 Per il ruolo del nostro autore e le sue abilità come artista della parola vd. Andò 1975, Cistaro
Se confrontiamo il passo iniziale tratto dalle Dipsadi con quello di Erodoto, ci accorgiamo che il nostro autore si rifà chiaramente al modello erodoteo. Anche Erodoto descrive la regione sottolineandone le condizioni climatiche poco ospitali. La Libia è divisa in tre zone distinte: una abitata, quella a nord, che si affaccia sul Mediterraneo; quella un po’ più a sud, posta nella fascia mediana, abitata invece da fiere, e infine dopo una lunga zona desertica e disabitata, una pianeggiante, verde, con paludi e un grande fiume che l’attraversa. Il fiume è pieno di coccodrilli291. Luciano sembra aver riassunto le caratteristiche più impressionanti di questa regione, per poi utilizzarle come retroscena in cui ambientare la prolalia le Dipsadi.
Hdt. 2.32 ta; de; uJpe;r qalavssh" te kai; tw'n ejpi; qavlassan kathkovntwn ajnqrwvpwn, ∫ta; katuvperqe˜ qhriwvdh" ejsti; hJ Libuvh: ta; de; katuvperqe th'" qhriwvdeo" yavmmo" tev ejsti kai; a[nudro" deinw'" kai; e[rhmo" pavntwn. ≠Ekeivnou" w\n tou;" nehniva" ajpopempomevnou" uJpo; tw'n hJlivkwn, u{dativ te kai; sitivoisi eu\ ejxhrtumevnou", ijevnai ta; prw'ta me;n dia; th'" oijkeomevnh", tauvthn de; diexelqovnta" ej" th;n qhriwvdea ajpikevsqai, ejk de; tauvth" th;n e[rhmon diexievnai th;n oJdo;n poieumevnou" pro;" zevfuron a[nemon. Diexelqovnta" de; cw'ron pollo;n yammwvdea kai; ejn pollh'/si hJmevrh/si ijdei'n dhv kote devndrea ejn pedivw/ pefukovta, kaiv sfea" proselqovnta" a{ptesqai tou' ejpeovnto" ejpi; tw'n dendrevwn karpou', aJptomevnoisi dev sfi ejpelqei'n a[ndra" mikrouv", metrivwn ejlavssona" ajndrw'n, labovnta" de; a[gein sfeva": fwnh'" de; ou[te ti th'" ejkeivnwn tou;" Nasamw'na" ginwvskein ou[te tou;" a[gonta" tw'n Nasamwvnwn. fiAgein te dh; aujtou;" di≠ eJlevwn megivstwn, kai; diexelqovnta" tau'ta ajpikevsqai ej" povlin ejn th'/ pavnta" ei\nai toi'si a[gousi to; mevgaqo" i[sou", crw'ma de; mevlana". Para; de; th;n povlin rJevein potamo;n mevgan, rJevein de; ajpo; eJspevrh" aujto;n pro;" h{lion ajnatevllonta, faivnesqai de; ejn aujtw'/ krokodeivlou".
Invece nelle regioni a sud del mare e dei popoli che abitano la costa la Libia è popolata da fiere. Ancora più a sud poi c’è sabbia e la regione è terribilmente priva d’acqua e completamente deserta. Dunque i giovani mandati dai coetanei, ben provvisti d’acqua e di vettovaglie, andarono dapprima attraverso la regione abitata; poi, attraversata questa, giunsero a quella popolata da fiere, e dopo questa andarono attraverso il deserto camminando verso il vento zefiro; e dopo aver attraversato un ampio territorio sabbioso, in capo a molti giorni videro infine alberi che si levavano
291
Erodoto cerca l’origine del Nilo, ma non riesce a dare risposta a questa sua curiosità. Nessuno sa dirgli con certezza dove inizi il fiume, poiché nessuno sembra mai essersi addentrato in quella regione desertica, pericolosa dove il calore è bruciante (Hdt. 2.31). La tradizione vuole che nessuno sappia dove siano le sorgenti del Nilo. Erodoto però, riferisce di essere stato messo al corrente di un racconto da alcuni abitanti di Cirene, a cui fa riferimento il passo sopra riportato (Hdt. 2.32). Gli riferirono di aver parlato con Etearco, re degli Ammonii, che raccontò che un tempo erano giunti presso di lui dei Nasamoni (popolazione libica che abitava la regione sud- orientale della grande Sirte). Questi affermavano che presso di loro erano vissuti dei giovani temerari (pai'da" uJbristav"), che avevano compiuto imprese meravigliose (mhcana'sqai ajndrwqevnta" perissa;), tra le quali quella di aver esplorato i deserti della Libia (ojyomevnou" ta; e[rhma th'" Libuvh" kai; ei[ ti plevon i[doien tw'n ta; makrovtata ijdomevnwn). Erodoto approfitta dunque, per inserire il loro racconto, per descrivere questa regione desertica e poco ospitale.
in una pianura, e accostatisi colsero i frutti che erano sugli alberi, più bassi di uomini normali, e questi, presili, li condussero via; e né i Nasamoni comprendevano la lingua di quelli, né coloro che li conducevano quella dei Nasamoni. Li condussero attraverso amplissime paludi e, attraversate queste, giunsero ad una città nella quale tutti erano uguali per altezza a quelli che li conducevano, e neri di colore. Lungo la città scorreva un gran fiume, andando da ovest verso est e in esso apparivano coccodrilli.
Luciano sicuramente, dopo aver estremizzato le condizioni climatiche, riferisce il particolare che più impressionava il suo pubblico: la presenza di coccodrilli. Ecco dunque che Luciano sfrutta il particolare thaumasion-
paradoxon, rendendolo ancora più strano e meraviglioso, aggiungendo una
quantità e una diversità di specie animali292 che sapeva bene avrebbero impressionato il suo pubblico. Egli parla addirittura di scorpioni volanti.
Luc. Dips. 3 Kaivtoi tau'ta pavnta oJpovsa ei\pon<to; qavlpo", to; divyo", hJ ejrhmiva, to; mhde;n e[cein ejk th'" gh'" labei'n<h|tton uJmi'n duscerh' ei\nai dovxei tou' lecqhsomevnou, kai; di≠ o} feukteva pavntw" hJ cwvra ejkeivnh. eJrpeta; ga;r poikivla megevqei te mevgista kai; plhvqei pavmpolla kai; ta;" morfa;" ajllovkota kai; to;n ijo;n a[maca ejpinevmetai th;n gh'n, ta; me;n uJpobruvcia, fwleuvonta ejn mucw'/ th'" yavmmou, ta; de; a[nw ejpipolavzonta<fuvsaloi kai; ajspivde" kai; e[cidnai kai; keravstai kai; bouprhvstei" kai; ajkontivai kai; ajmfivsbainai kai; dravkonte" kai; skorpivwn gevno" dittovn, to; me;n e{teron ejpivgeiovn ti kai; pezovn, uJpevrmega kai; polusfovndulon, qavteron de; ejnaevrion kai; pthnovn, uJmenovpteron de; oi|a tai'" ajkrivsi kai; tevttixi kai; nukterivsi ta; pterav. toiau'ta o[rnea polla; ejpipetovmena oujk eujprovsiton ajpergavzetai th;n Libuvhn ejkeivnhn.
Eppure tutte queste cose che ho detto, il calore, la sete, il deserto, il non poter ricavare nulla dalla terra, vi sembreranno meno difficili ad affrontarsi di ciò che sto per dire, ed è per questo che la regione è assolutamente da evitare. Rettili, infatti, di varie specie, grandissimi nelle dimensioni e moltissimi nel numero, mostruosi nelle forme e micidiali nel veleno, popolano il suolo, alcuni sottoterra, rintanati nella sabbia, altri sopra in superficie, fisali, aspidi, ceraste, bupresti, aconzie, anfesibene, pitoni e due specie di scorpioni, una che si muove a terra, enorme e multi vertebra, l’altra in aria ed è alata, ma ha le ali membranose come quelle delle locuste, delle cicale, delle nottole. Tali esseri alati scendendo in volo numerosi rendono non facile l’accesso a quella parte della Libia.
Egli infatti dimostra di essere più interessato all’aspetto faunistico piuttosto che alla descrizione paesaggistica.
292 Per Luciano e l’esagerazione nell’uso dei numeri che indicano quantità, vd. l’articolo di
Scarcella 1985, il quale definisce il metodo di Luciano dettato quasi da un furor mathematicus per l’appunto.
Ma sarà proprio questa particolarità della presenza nella regione di così tanti rettili293, ma soprattutto della dipsade, che gli offrirà l’occasione di inserire poi, in modo originale, un aneddoto per presentarsi al suo pubblico: la sete che la dipsade provoca nello sfortunato che viene morso da questa, è uguale a quella che Luciano stesso sta provando di fronte ad un pubblico instancabile. Egli desidera continuare a comporre e a declamare pubblicamente i suoi discorsi. La sua ‘sete’ di declamazioni e di pubblico che lo ascolti è inestinguibile.
Luc. Dips. 4 To; de; dh; pavntwn eJrpetw'n deinovtaton w|n hJ yavmmo" trevfei hJ diyav" ejstin, o[fi" ouj pavnu mevga", ejcivdnh/ o{moio", to; dh'gma bivaio", to;n ijo;n pacuv", ojduvna" me;n ajlhvktou" ejpavgwn eujquv": ejkkaivei te ga;r kai; shvpei kai; pivmprasqai poiei', kai; bow'sin w{sper ejn pura'/ keivmenoi. to; de; mavlista kataponou'n kai; katatru'con aujtou;" ejkei'nov ejstin, oJmwvnumon pavqo" tw'/ eJrpetw'/. diyw'si ga;r eij" uJperbolhvn, kai; to; paradoxovtaton, o{sw/per a]n pivnwsi, tosouvtw/ ma'llon ojrevgontai tou' potou': kai; hJ ejpiqumiva polu; plevon ejpiteivnetai aujtoi'".
Ma il più temibile in senso assoluto dei rettili che la sabbia nutre è la dipsade, una serpe non molto grande, simile a una vipera, dal morso violento, dal veleno denso, che procura subito dolori incessanti: infiamma, infatti, fa marcire e bruciare e i morsicati gridano come se giacessero su una pira. Ma ciò che più li opprime e li sfinisce è la sofferenza che ha lo stesso nome del rettile: bevono, infatti, esageratamente e, cosa che è la più paradossale, quanto più bevono tanto più bramano bere e la voglia cresce in essi sempre più.
Luciano dunque, dimostra la sua grande abilità non solo retorica, nella descrizione di realtà che egli ha vissuto, ma si dimostra soprattutto un grandissimo osservatore e conoscitore del suo pubblico. Egli assistendo alle numerose letture pubbliche del suo tempo deve aver sentito la necessità di fare critica sfruttando i lati deboli degli altri oratori e migliorando i propri. Possiamo dire che Luciano fosse davvero un sofista eccellente. Lo dimostrano anche le sue Imagines.
I logoi etnografici dopo la descrizione del paesaggio del luogo visitato, passano all’analisi delle leggi, dei nomoi che vigono in quel paese, le tradizioni e i culti. E lo stesso procedimento sembra seguire Luciano nelle Dipsadi.
Successivamente abbiamo i thaumasia, caratteristiche degne di nota, perché suscitano meraviglia e dunque la riflessione del viaggiatore-spettatore. La visione
293 Luciano definisce gli animali che popolano questa parte della Libia con il generico termine
eJrpetav (Dips. 3), ovvero ‘rettili’, anche se in realtà non sono tutti tali. JErpetovn qui è da intendere in generale come ‘animale terrestre’.
diretta pertanto è quella che permette al viaggiatore di mettersi in contatto con l’elemento ‘serio’, con il thauma294.
Numerosissimi sono i casi in Erodoto, nei quali vediamo chiaramente come
autopsia e thauma siano elementi inscindibili l’uno dall’altro. La vista prevale
sull’udito e necessariamente le formule che servono a rafforzare la credibilità di una testimonianza, all’interno del racconto di viaggio, riguardano proprio la vista: ‘io ho visto’ oppure ‘l’ho visto con i miei occhi’. Luciano lo sa bene, e utilizza ad arte gli insegnamenti degli storici del passato, e in particolare di Erodoto295.
Ciò che è thauma, quindi fa parte della retorica dell’alterità producendo un effetto di interesse. Esso è un elemento che il pubblico si aspetta di ritrovare nel resoconto storiografico: il viaggiatore attraversa mondi lontani e diversi dalla realtà dalla quale lui proviene e utilizza l’elemento meraviglioso per tradurre le differenze tra il mondo conosciuto al suo uditorio e il mondo nuovo, sconosciuto, altro.
Il thauma è caratterizzato dall’eccesso, dall’extra-ordinarietà, da fattori che colpiscono e impressionano l’uomo296. Per queste caratteristiche fuori dall’ordinario, rare e che destano particolarmente la curiosità dell’uomo, i luoghi