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L’ambiguo e la cripticità: to; paravdoxon e to; ai[nigma

CAPITOLO III LESSICO DI VIAGGIO

3.4 La lingua dell’alterità

3.4.3 L’ambiguo e la cripticità: to; paravdoxon e to; ai[nigma

L’eroe lucianeo che compie l’apodemia si trova di fronte a situazioni piuttosto ambigue, che sembrano andare contro qualsiasi logica. A volte le situazioni sono totalmente rovesciate, ma il rovesciamento, oltre ad essere uno dei metodi su cui è costruita l’azione satirica, è anche uno dei sistemi della retorica dell’alterità di cui abbiamo già parlato precedentemente.

L’ambiguità viene il più delle volte espressa attraverso il termine

paravdoxon, e ciò che è paradossale, ambiguo produce stupore e meraviglia,

proprio quel thauma che non è altro che lo straniamento necessario per fare satira.

204 Lo straniamento è necessario al fine di osservare da una specola diversa la realtà. Questo

avviene nel sogno, che infatti è una delle forme di spostamento logico. Lo spostamento logico è quel processo che «può verificarsi all’interno della mente del personaggio satirico, che viene a trovarsi o sembra trovarsi in una condizione logica diversa dalla normalità», vd. Camerotto 1998, p. 208. Attraverso il sogno – una delle sei tipologie di spostamento logico che Camerotto individua nelle opere lucianee – l’autore proietta il lettore in una dimensione completamente diversa, irreale e fantastica.

205 Luciano nel Sogno ripercorre la sua adolescenza e la propria scelta di intraprendere la strada

Ma l’ambiguità può trasformare l’oggetto dell’osservazione in qualcosa di mostruoso. Ciò che non è identificabile all’interno di determinate categorie conoscitive, ciò che va oltre i limiti di ciò che è definito per natura, ‘normale’, viene classificato come ‘mostruoso’ (teravstio"). È interessante che quello che è considerato diverso ed estraneo, seppure classificato come ‘altro’, appartiene comunque al patrimonio culturale di ciò che si conosce. Come dicevamo prima, noi definiamo noi stessi attraverso l’altro: noi utilizziamo processi conoscitivi di identificazione sulla base di categorie a noi note, ecco che ciò che vediamo non è altro che il riflesso della nostra cultura e della nostra conoscenza sull’altro.

Così allo stesso modo il mostruoso non è altro che un «assemblaggio di elementi conosciuti e occorre anzi che ciascuno degli elementi sia conosciuto perché il loro assemblaggio risulti mostruoso»206. Qualcosa per incutere timore deve almeno in parte essere classificabile all’interno di categorie note al soggetto, altrimenti non provocherebbe alcuna reazione.

La mostruosità prende forma attraverso la descrizione: l’e[kfrasi", che è uno strumento potentissimo in Luciano. Attraverso la descrizione, talvolta straniante, il pubblico viene reso partecipe della visione, la quale deve essere la più vivida possibile e quindi la più ricca di particolari, ma soprattutto per essere vivida deve essere tradotta e quindi resa comprensibile al pubblico207.

Luciano stesso descrive la sua opera come un vero e proprio mostro208, come un ibrido mitologico, paragonabile quasi alla Chimera. La sua opera è come un ippocentauro fatto di due elementi noti: la commedia e il dialogo filosofico.

206

vd. Hartog 1992, p. 213.

207 Facciamo solo brevemente riferimento ad un termine particolarmente importante che Luciano

trae dalla tradizione classica e dal ‘linguaggio teatrale’, che troviamo ad es. nel Sogno (6), ovvero ejnarghv". L’e[kfrasi", la capacità di descrivere in modo dettagliato, era uno dei metodi nel mondo antico, insieme all’ejnavrgeia, attraverso cui gli autori riuscivano a rendere le loro narrazioni più vivide, quasi come un quadro, ma in modo a tal punto verosimile che le figure rappresentate sembravano prendere vita. Stando a quanto dice Dionisio di Alicarnasso, l’enargeia «is the stylistic effect in which appeal is made to the senses of the listener and attendant circumstances are described in such a way that the listener will be turned into an eyewitness (oJra`n)», vd. Zanker 1981, p. 297. Luciano attraverso l’utilizzo dell’ekphrasis e dell’enargeia riesce dunque a rendere partecipe il suo pubblico rendendo quasi testimone oculare degli eventi.

Questi due, uniti, costituiscono qualcosa di terribilmente mostruoso e che spesso non viene compreso (ajllovkoton th;n xunqhvkhn)209.

Luc. Prom. es 5 Devdoika de; mh; kai; toujmo;n kavmhlo" ejn Aijguptivoi" h\/, oiJ de; a[nqrwpoi to;n calino;n e[ti aujth'" qaumavzwsi kai; th;n aJlourgivda, ejpei; oujde; to; ejk duoi'n toi'n kallivstoin sugkei'sqai, dialovgou kai; kwmw/diva", oujde; tou'to ajpovcrh eij" eujmorfivan, eij mh; kai; hJ mi'xi" ejnarmovnio" kai; kata; to; suvmmetron givgnoito. e[sti gou'n ejk duvo kalw'n ajllovkoton th;n xunqhvkhn ei\nai, oi|on ejkei'no to; proceirovtaton, oJ iJppokevntauro": ouj ga;r a]n faivh" ejpevrastovn ti zw'/on touti; genevsqai, ajlla; kai; uJbristovtaton, eij crh; pisteuvein toi'" zwgravfoi" ejpideiknumevnoi" ta;" paroiniva" kai; sfaga;" aujtw'n. tiv ou\nÉ oujci; kai; e[mpalin gevnoit≠ a]n eu[morfovn ti ejk duoi'n toi'n ajrivstoin xunteqevn, w{sper ejx oi[nou kai; mevlito" to; xunamfovteron h{distonÉ fhmi; e[gwge.

Ed io temo che anche la mia opera sia un cammello fra gli Egizi e che gli uomini ammirino di esso ancora il freno e la gualdrappa, giacché neppure il fatto di constare di due elementi che sono fra i più belli, il dialogo e la commedia, basta per la sua bellezza, se la mescolanza non è armonica e non è fatta nelle giuste proporzioni: è possibile infatti che la combinazione di due belli sia mostruosa, come è il caso ben noto dell’ippocentauro, del quale non potresti dire che è risultato un essere amabile, ma al contrario violentissimo, se si deve credere ai pittori, che ne rappresentano gli eccessi nell’ubriachezza e nelle stragi. E allora? Non potrebbe per contro risultare bella una cosa composta di due ottime, come il miscuglio, gradevolissimo di vino e miele? Io dico di sì.

Allo stesso modo anche il Dialogo filosofico, una delle parti che sporgono denuncia contro Luciano, nella Duplice Accusa gli imputa di averlo trasformato in un essere mostruoso, un ippocentauro che fa il buffone, che recita copioni né in prosa né in versi, o meglio in una paradossale mescolanza di entrambi.

Luc. Bis acc. 33 Pw'" ou\n ouj deina; u{brismai mhkevt≠ ejpi; tou' oijkeivou diakeivmeno", ajlla; kwmw/dw'n kai; gelwtopoiw'n kai; uJpoqevsei" ajllokovtou" uJpokrinovmeno" aujtw'/É to; ga;r pavntwn ajtopwvtaton, kra'sivn tina paravdoxon kevkramai kai; ou[te pezov" eijmi ou[te ejpi; tw'n mevtrwn bevbhka, ajlla; iJppokentauvrou divkhn suvnqetovn ti kai; xevnon favsma toi'" ajkouvousi dokw'.

Come possono dunque non essere gravissime le offese che ho ricevuto, non trovandomi più nella condizione che mi era propria, ma al suo servizio facendo il commediante e il buffone e recitando stranissimi copioni? La cosa, infatti, più

209

Luciano è stato appellato da uno dei suoi contestatori ‘il Prometeo della parola’. Luciano non sa se prendere tale espressione come un complimento, pertanto replica, nell’opera Sei il Prometeo

della parola, paragonandosi ad un artista che plasma le sue figure con l’argilla: egli manipola il

dialogo filosofico e la commedia fondendoli insieme in modo nuovo e coraggioso. Per alcuni il risultato è mostruoso, proprio come quando Tolemeo, riuniti i suoi concittadini, mostrò loro cosa avesse portato in Egitto dalla Persia: un cammello nero e un uomo dalla carnagione per metà bianca e per metà nera. Tolemeo fa adornare l’animale con gualdrappe di porpora, di diademi e di un freno d’oro. Il sovrano convinto di suscitare la meraviglia degli spettatori, ma si trova a dover prendere atto che gli Egiziani non apprezzavano la novità (kainovth"). Infatti di fronte a quello spettacolo gli uni scappavano per la paura, gli altri si misero a ridere a crepapelle, altri ancora ne ebbero ribrezzo quasi fossero dei mostri. Lo stesso era l’effetto che produceva l’opera ibrida di Luciano.

assurda di tutte è che formo un’incredibile mescolanza e non sono pedestre e non vado sui metri, ma alla maniera di un ippocentauro do l’impressione agli ascoltatori di un mostro fatto di pezzi diversi, mai visto prima.

Ma ci sono momenti in cui il grado di cripticità dell’elemento altro è talmente elevata che il viaggiatore non è in grado di interpretarlo. Questa è una caratteristica tipicamente lucianea. Egli infatti attribuisce al fatto parodico un certa dose di cripticità210. L’elemento ‘altro’ che Luciano presenta davanti agli occhi dei suoi personaggi, e dello stesso pubblico, è frutto del processo parodico. Il messaggio che per esempio può nascondere il dipinto di Eracle Ogmio, come vedremo in seguito, è un messaggio codificato, che non tutti possono comprendere211. Solo l’osservatore attento o solo grazie all’intervento di un vero

pepaideumenos che gli farà da guida nell’interpretazione, potrà capire quale è il

significato nascosto dell’immagine.

L’enigma in Luciano pertanto, si presenta in contesti specifici e presenta dei tratti ricorrenti212:

• La cripticità dell’espressione, che nasconde un significato diverso da quello che appare in superficie;

• L’esigenza di un particolare impegno interpretativo;

• La difficoltà e l’ambiguità dell’interpretazione.

Per essere compreso l’enigma ha dunque bisogno di un processo di

mathesis, lo stesso che Luciano chiede al suo pubblico. I suoi testi sono parodie, e

cioè, come dicevamo all’inizio di questo capitolo, una sovrapposizione di un ipertesto su di un testo tratto dalla tradizione (ipotesto). Per comprendere il messaggio parodico, il vero significato dell’enigma, bisogna che il pubblico diventi attore protagonista del processo conoscitivo, analizzando lo scarto che si produce tra l’espressione, l’involucro e il vero significato nascosto. L’ainigma corrisponde pertanto alla parodia, entrambe sono forme di comunicazione ambigue e nascondono un codice che deve essere interpretato attivamente e

210 Per il fatto parodico come espressione di un enigma vd. Camerotto 1998, pp. 295-302.

211 I problemi interpretativi coinvolgono tutti i tipi di comunicazione, non solo quello della

rappresentazione artistica, ma anche quello delle manifestazioni religiose e dell’espressione linguistica. Proprio per questo devono intervenire sulla scena delle figure che fanno da mediatore, le guide. L’interprete, la guida, compare per esempio nell’Eracle, in Anacarsi, nel Caronte, ma la sua presenza non è sempre necessaria.

intelligentemente. L’intervento interpretativo è ciò che rende il pubblico attivo partecipe dell’azione satirica.