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Il Regolamento (UE) 2017/352 del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo per la fornitura d

LA POLITICA EUROPEA IN MATERIA DI PORT

3. Il Regolamento (UE) 2017/352 del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo per la fornitura d

servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti

Nella comunicazione41 di accompagnamento ed integrazione della “Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo per l’accesso al mercato dei servizi portuali e la trasparenza finanziaria dei porti”, presentata in data 23 maggio 2013 dalla Commissione Europea, viene passata in rassegna la politica europea in ambito portuale.

La Commissione in primis prende atto del fatto che le misure morbide proposte nel 2007 in relazione all’accesso equo al mercato e alla trasparenza hanno avuto un impatto scarso o nullo in quanto non sussistono condizioni di concorrenza eque per il settore portuale e gli interventi a livello nazionale hanno contribuito paradossalmente a rendere il quadro del mercato interno ancora più frammentario.

La Commissione evidenzia pertanto che restano ancora da risolvere le questioni emerse nel 2007 relative alle prestazioni dei porti e ai collegamenti con l’entroterra, alla necessità di modernizzare i porti nel

rispetto dell’ambiente, alla mancanza di trasparenza nell’uso dei fondi pubblici e soprattutto alle restrizioni all’accesso al mercato dei servizi portuali. I porti dell’Unione Europea servono un entroterra che spazia oltre le proprie frontiere locali e nazionali e sono strumenti essenziali per il funzionamento e la crescita dell’Unione. L’assenza di condizioni di concorrenza eque che garantiscano il rispetto dei principi del mercato interno nel settore portuale è, secondo la relazione della Commissione, alla base dei problemi di divario strutturale delle prestazioni dei porti. La politica europea in esame ha per oggetto i porti marittimi della rete trans-europea dei trasporti (319 porti UE di cui 83 inclusi nella rete centrale – core network- e 236 nella rete globale – comprehensive network- del TEN-T), da cui passano il 96% delle merci ed il 93% dei passeggeri che transitano dai porti dell’Unione. I porti sono i principali punti di accesso alla rete trans-europea e pertanto l’UE necessita di porti ben sviluppati ed efficienti di livello internazionale in tutte le sue regioni marittime. Alcuni porti europei sono tra i più efficienti del mondo ma molti sono in fase di declino strutturale, limitando in tal modo la crescita economica dato che il divario strutturale delle prestazioni riduce le opzioni disponibili per gli operatori marittimi e logistici internazionali. Dopo una lunga procedura di consultazioni la Commissione conclude dichiarando che la revisione della politica portuale dovrebbe basarsi su ulteriori interventi mirati necessari a liberare il potenziale dei porti e presenta pertanto una proposta legislativa che è parte integrante di un piano di azione più ampio basato su alcune iniziative che la Commissione dovrebbe attuare nei prossimi anni per sostenere la competitività dei porti.

Tra le azioni previste figura il collegamento dei porti alla rete trans- europea, la verifica della corretta applicazione della futura direttiva sulle concessioni e sugli appalti pubblici nel settore portuale, la promozione della semplificazione amministrativa nei porti, il chiarimento dell’applicazione delle norme UE in materia di aiuti di

Stato in campo portuale, la promozione dell’innovazione e l’incentivazione di un‘applicazione più coerente dei diritti per l’utilizzo delle infrastrutture differenziati a seconda delle prestazioni ambientali. La Commissione rileva in primis la necessità di modernizzare i servizi portuali in quanto la qualità e l’efficienza di tali servizi, che storicamente hanno operato in regime di diritti esclusivi e monopoli di fatto di natura pubblica o privata, sono fondamentali per le prestazioni complessive dei porti. Per tali motivi la Proposta di Regolamento in esame prevede come regola generale la libera prestazione dei servizi nei porti marittimi che rientrano nel campo di applicazione del Regolamento, senza distinzione tra le diverse tipologie di servizi (art. 3 “Libera prestazione dei servizi“).

Il documento prevede che i prestatori di servizi portuali hanno accesso agli impianti portuali essenziali nella misura necessaria per poter esercitare la loro attività, che le condizioni di accesso sono eque, ragionevoli e non discriminatorie e che le limitazioni alla libertà di fornire servizi sono accettabili solo se giustificate da motivi oggettivi, quali lo spazio insufficiente nei porti o ragioni di pubblico servizio e nella misura in cui non generano abusi e rispettano le disposizioni dell’UE (art. 4”Requisiti minimi per la fornitura di servizi portuali“). In tali casi i fornitori di servizi portuali dovranno essere designati a seguito di procedura ad evidenza pubblica che garantisca trasparenza ed accesso equo. La Commissione ritiene inoltre necessario un controllo del prezzo e della qualità dei servizi portuali in quanto se un fornitore opera sulla base di diritti esclusivi, vi è il rischio di una distorsione del mercato a scapito dei sui clienti e/o concorrenti. Tra gli abusi più frequenti troviamo tariffazioni eccessive e predatorie ed il rifiuto di fornire servizi ad alcuni utenti. La Commissione rileva altresì la necessità di una semplificazione amministrativa nei porti, la necessità di attirare gli investimenti, di migliorare il profilo ambientale in ambito portuale e di promuovere il dialogo sociale.

La nuova proposta legislativa prevede pertanto procedure più trasparenti ed aperte per designare i fornitori di servizi portuali, anche al fine di impedire eventuali abusi tariffari da parte di operatori che godono di diritti esclusivi, e prevede che i finanziamenti UE vengano orientati maggiormente sui progetti portuali individuati nei c.d.” piani relativi ai corridoi TEN-T a finanziamento prioritario” e sui collegamenti tra porti e ferrovie. Viene inoltre ampliata la facoltà dei porti di imporre tasse per l’uso delle infrastrutture rafforzando la trasparenza sulle modalità di fissazione di tali imposte e sull’uso dei finanziamenti pubblici poiché una maggiore trasparenza consentirà di erogare fondi pubblici senza indebite distorsioni di concorrenza e contribuirà ad attirare investitori privati. I porti potranno ridurre le tasse per le navi più virtuose sotto il profilo ambientale.

In data 8 marzo 2016 la Commissione Trasporti del Parlamento vota un pacchetto di emendamenti contenente “proposte di regolamento” in materia di servizi tecnico-nautici, finanziamenti alle opere, condizioni di lavoro e formazione. Viene abbandonata l’impostazione originaria della Proposta che prevede una normativa unica per tutte le tipologie di servizi con la liberalizzazione dei servizi ancillari alla navigazione sulla base della motivazione che un singolo modello di gestione dei servizi portuali non è appropriato in quanto il sistema dei trasporti marittimi dell‘UE è molto complesso e comprende in ogni singolo Stato molti modelli differenti di gestione. Si ritiene opportuno e necessario che tali differenti sistemi di gestione debbano essere mantenuti e che i porti debbano essere in grado di decidere la propria organizzazione dei servizi portuali in nome dell’incolumità e della sicurezza delle persone. Il testo originario della Proposta di Regolamento viene emendato altresì sostituendo la dicitura relativa all’istituzione di “un quadro normativo per l’accesso al mercato dei servizi portuali“ con la dicitura che prevede l’istituzione di un “quadro normativo per l’organizzazione dei servizi portuali.“

In data 14 dicembre 2016 la proposta viene approvata dal Parlamento Europeo in seduta plenaria ed il 23 gennaio 2017 dal Consiglio.

Dopo un iter durato tre anni viene approvata la prima normativa specifica europea dedicata al settore portuale. Il 3 marzo 2017 viene pubblicato il Regolamento UE n.352 del 15 febbraio 2017 che istituisce un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti diritti per i servizi portuali e uso dell’infrastruttura portuale. Il Regolamento n. 352 è entrato in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (avvenuta in data 3 marzo 2017) e verrà applicato a partire dal 24 marzo 2019. Il Regolamento non trova applicazione per i contratti di servizio portuale conclusi anteriormente al 15 febbraio 2017.

Ai sensi del considerando del Regolamento i porti contribuiscono alla competitività a lungo termine delle industrie europee nei mercati mondiali e la loro completa integrazione in catene di trasporto e logistiche è necessaria per contribuire alla crescita e ad un utilizzo e funzionamento più efficiente della rete trans europea di trasporto e del mercato interno, concorrendo così alla realizzazione entro il 2050 di uno spazio unico europeo dei trasporti (scopo ultimo del Regolamento UE n. 1315/2013).

Al punto 10 del considerando si legge: “Il presente regolamento non impone un modello specifico di gestione dei porti marittimi. Sono possibili vari modelli di gestione dei porti, a condizione che il quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e le norme in materia di trasparenza finanziaria di cui al presente regolamento siano rispettati.” Il Capo I del Regolamento (art.12) disciplina “Oggetto, ambito di applicazione e Definizioni”; il Capo II (artt. 3/10) è dedicato alla “Fornitura servizi portuali“; il Capo III (artt. 11/14) riguarda la “Trasparenza finanziaria ed autonomia“ ed il Capo IV (artt. 14/22) contiene le disposizioni generali e finali.

Analizziamo più nello specifico il contenuto di alcuni articoli del Capo II dedicato alla fornitura dei servizi portuali.

L’art. 3 1 paragrafo “Organizzazione dei servizi portuali“ stabilisce che l’accesso al mercato per la fornitura di servizi portuali nei porti marittimi può essere soggetto alle seguenti condizioni:

a) requisiti minimi per la fornitura di servizi portuali; b) limitazioni al numero di prestatori;

c) obblighi di servizio pubblico;

d) restrizioni applicabili agli operatori interni.

Al secondo comma l’articolo stabilisce che gli Stati membri possono decidere nell’ambito del diritto nazionale di non assoggettare alle condizioni di cui al paragrafo 1 una o più categorie di servizi portuali.

Il regolamento prevede norme comuni per gli Stati membri e per i gestori dei porti che ritengono necessario limitare il numero di fornitori di servizi o fissare requisiti minimi, che possono riferirsi ai seguenti aspetti (art. 4 “Requisiti minimi per la fornitura di servizi portuali“):

a) qualifiche professionali del prestatore di servizi portuali, del suo personale o delle persone fisiche che gestiscono di fatto e in via continuativa le attività del prestatore dei servizi portuali;

b) la capacità finanziaria del prestatore dei servizi portuali;

c) le attrezzature necessarie per garantire il pertinente servizio portuale in condizioni normali di sicurezza e la capacità di mantenere tale attrezzatura nelle condizioni richieste;

d) la disponibilità di pertinenti servizi portuali per tutti gli utenti, a tutti i punti di attracco e senza interruzioni, giorno e notte per tutto l’anno;

e) conformità ai requisiti in materia di sicurezza marittima o di sicurezza del porto e dell’accesso allo stesso, dei suoi impianti, attrezzature, lavoratori e altre persone;

f) conformità ai requisiti ambientali locali, nazionali, dell’Unione e internazionali;

g) rispetto degli obblighi in materia di legislazione sociale e del lavoro che si applicano nello Stato membro di un dato porto, fra cui le clausole previste dai contratti collettivi applicabili, requisiti relativi all’equipaggio e gli obblighi in materia di orario di lavoro e di riposo per i marittimi, e delle norme vigenti in materia di ispezioni del lavoro;

h)la buona reputazione del prestatore di servizi portuali, determinata conformemente alla normativa nazionale applicabile in materia di onorabilità, tenuto conto di ogni valido motivo che faccia dubitare dell’affidabilità del prestatore dei servizi portuali. L’art. 6 del Regolamento “Limitazioni al numero di prestatori di servizi portuali “prevede che l’ente di gestione del porto, o l’autorità competente, possa limitare il numero di prestatori di servizi portuali in relazione ad un dato servizio portuale per una o più delle seguenti ragioni:

a) la carenza o la destinazione ad altro scopo di aree o spazi portuali, a condizione che tale limitazione sia conforme alle decisioni o ai piani definiti dall’ente di gestione del porto e, se del caso, da qualsiasi altra autorità pubblica competente conformemente al diritto nazionale;

b) l’assenza di tale limitazione ostacola l’esecuzione degli obblighi di servizio pubblico di cui all’art. 7, anche quando tale assenza determina per l’ente di gestione del porto, l’autorità competente o gli utenti del porto costi eccessivamente elevati in relazione all’esecuzione di tali obblighi;

c) l’assenza di detta limitazione collide con l’esigenza di garantire la sicurezza o la sostenibilità ambientale delle operazioni portuali;

d) le caratteristiche dell’infrastruttura portuale o la natura del traffico portuale sono tali da non permettere che più prestatori di servizi portuali operino nel porto.

Qualora l’ente di gestione del porto, o l’autorità competente, decida di limitare il numero dei prestatori di servizi portuali, adotta una procedura di selezione che è aperta a tutte le parti interessate, non discriminatoria e trasparente.

L’articolo 7 “Obblighi di servizio pubblico“ prevede che gli Stati membri possono decidere di imporre ai prestatori di servizi portuali obblighi di servizio pubblico in relazione ai servizi portuali e disciplina tale fattispecie.

L’articolo 8 “Operatore interno“ prevede che l’ente di gestione del porto, o l’autorità competente, può decidere di prestare un servizio portuale in proprio o di farlo attraverso un organismo giuridicamente distinto sul quale esercita un livello di controllo analogo a quello che ha sulla propria struttura interna. In tal caso il prestatore di servizi portuali è considerato un operatore esterno ai fini del presente regolamento.

Merita accennare che, per quanto riguarda la trasparenza finanziaria dei porti, il Capo III Regolamento introduce, tra l’altro, l’obbligo per le Autorità portuali di mostrare in modo chiaro nei loro sistemi di contabilità i fondi pubblici che hanno ricevuto e include disposizioni finalizzate a migliorare la trasparenza sui metodi di definizione dei costi dell’uso delle infrastrutture.

L’ambito di applicazione del Regolamento riguarda tutti i porti marittimi della rete trans-europea di trasporto elencati nell’allegato II del Regolamento UE n. 1315 del 2013.

L’European Sea Ports Organisation (ESPO) accoglie con soddisfazione l’ approvazione del testo finale del provvedimento evidenziando che si tratta di un compromesso accettabile e per molti aspetti un significativo miglioramento rispetto alla proposta originaria della Commissione del

2013. L’Associazione ritiene che il Regolamento garantisce un quadro flessibile per l’organizzazione dei servizi portuali nel rispetto della diversità dei porti europei consentendo diversi strumenti, ovvero limitare il numero di fornitori di servizi portuali o stabilire requisiti minimi per i fornitori oppure consentire la fornitura di servizi portuali da parte degli stessi gestori del porto (“operatore interno“).

Secondo l’Organizzazione il Regolamento approvato risponde altresì alle esigenza manifestate dalla Commissione di rendere disponibili, efficienti ed affidabili i servizi portuali, di disciplinare aspetti relativi alla trasparenza dei finanziamenti pubblici e dei diritti portuali nonché agli interventi di semplificazione amministrativa nei porti e di revisione delle restrizioni alla fornitura di servizi portuali.