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IL REGIME GIURIDICO DEI SERVIZI PORTUALI E DEL LAVORO PORTUALE NELL’ORDINAMENTO ITALIANO

12. Il lavoro portuale

A seguito dell’abrogazione del monopolio in materia di lavoro portuale per effetto della famosa sentenza Gabrielli, la Legge 84/94 ha disposto la trasformazione delle Compagnie portuali in società commerciali di diritto comune, di tipologia differente in relazione allo scopo perseguito (art.21 lettera A,B,C) che devono operare in regime di concorrenza.

Le suddette Compagnie, abituate a lavorare in regime di monopolio, si sono trovate con forte esubero di personale e spesso questo esubero di personale si è costituito in “cooperative del personale in esubero delle Compagnie portuali”. Il legislatore aveva previsto che queste cooperative potessero erogare mera mano d’opera, nei picchi stagionali, alle imprese autorizzate a svolgere operazioni portuali ai sensi dell’art.16 L.84/94. Tale concetto era previsto nell’originaria versione dell’art.17 L.84/94.

Il sistema stabilito dalla legge non solo riservava alla ex Compagnia portuale trasformata il diritto esclusivo di fornire lavoro temporaneo ai concessionari di terminali o alle altre imprese autorizzate ad operare nel porto, ma le consentiva inoltre di concorrere con le stesse sul mercato dei servizi portuali, in situazione di palese conflitto di interessi. Con il mero esercizio del suo monopolio essa si trovava infatti in grado di alterare a proprio vantaggio la parità di opportunità tra i vari operatori economici operanti sul mercato dei servizi portuali. La Compagnia in questione era indotta ad abusare di tale monopolio imponendo ai propri concorrenti sul mercato delle operazioni portuali

prezzi esorbitanti per la fornitura di forza lavoro o mettendo a loro disposizione una manodopera meno idonea ai compiti da svolgere. La Corte di Giustizia,26nel 1998, ha dichiarato che una disciplina normativa come quella risultante dalla legge 84/94 deve essere considerata di per sé in contrasto con l’art.90 comma 1, in combinato disposto con l’art.86 del Trattato, dichiarando del tutto irrilevante che il giudice nazionale non abbia riscontrato alcun abuso effettivo da parte della ex Compagnia portuale trasformata. Pertanto gli articoli 86 e 90 del Trattato devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una disposizione nazionale che riservi ad una Compagnia portuale il diritto di fornire lavoro temporaneo alle altre imprese operanti nel porto in cui essa è stabilita, qualora tale Compagnia sia essa stessa autorizzata all’espletamento di operazioni portuali. La sentenza del Porto di Genova II del 1998 ha pertanto dichiarato l’illegittimità dell’art.17 L. 84/94. L’Italia ha adottato un altro articolo ma anche questo è stato censurato fino a che, nel 2000 è stata realizzata la riforma della L.186, che ha soddisfatto la Comunità Europea.

Sostanzialmente con tale legge si dispone che in ogni porto ci sia un unico soggetto che possa erogare mera mano d’opera, ma non necessariamente deve essere individuato nelle suddette cooperative. E’ infatti necessario esperire una gara pubblica con evidenza comunitaria ed il soggetto aggiudicatario sarà l’unico ad erogare mano d’opera. Si torna quindi ad una forma di monopolio, ma preceduta da una fase concorsuale che garantisce il rispetto del principio della libera concorrenza.

Quindi, l’art.17 nella nuova versione introdotta dalla Legge 186/2000, disciplina la fornitura di lavoro temporaneo alle imprese autorizzate all’espletamento di operazioni e servizi portuali.

Al riguardo l’Autorità portuale autorizza a seguito di apposita gara pubblica, l’erogazione di tali prestazioni da parte di un’impresa,

italiana o comunitaria, la cui attività deve essere unicamente quella di fornire lavoro temporaneo per l’esecuzione delle suddette operazioni e servizi portuali.

L’impresa in questione:

-deve disporre di adeguato personale e risorse proprie con specifica professionalità nell’esecuzione delle operazioni portuali;

-non può esercitare, né direttamente né indirettamente, le attività di cui agli articoli 16 e 18 L.84/94;

-non può esercitare le attività svolte dalle società di cui all’art.21 comma 1 lettera A) L.84/94;

-non può essere detenuta, né direttamente né indirettamente,da una o più imprese di cui agli articoli 16, 18 e 21 lettera A),come neppure può detenere partecipazioni anche di minoranza in una o più imprese di cui agli articoli sopraindicati.

Nel nuovo contesto normativo sembra che l’impresa che fornisce la manodopera debba essere unica per l’intero ambito portuale e ciò risulta compatibile con le norme comunitarie in quanto è comunque sancita sia la libera circolazione dei lavoratori sia l’accesso a tale mercato alle imprese comunitarie27.

Anche nell’ordinamento giuridico spagnolo in materia di lavoro portuale vigeva un meccanismo simile a quello delle società di somministrazione che abbiamo visto nel nostro sistema normativo (art. 17 L. 84/94).

La Corte di Giustizia è intervenuta nel 201428dichiarando che la legislazione spagnola sulla movimentazione delle merci viola la libertà di stabilimento prevista dall’ art 49 del TFUE.

L’attività di carico delle merci, trasbordo o trasferimento tra navi

26 Corte di Giustizia sentenza 12/02/1998 causa C-163/96 Silvano Raso ed altri 27 La Corte di Giustizia ha ritenuto tale modello organizzativo legittimo CGCE

16/09/99 causa n. 22/98

28 Corte di Giustizia dell’ Unione Europea dell’ 11 dicembre 2014 nella causa C-

ovvero tra navi e terraferma in Spagna è disciplinata dal Real Decreto Legislativo 5 settembre 2011, con il quale viene approvata la Legge sui porti nazionali e la marina mercantile (LPNMN).

Tale attività viene considerata parte integrante dei servizi portuali e le imprese che la esercitano devono essere autorizzate .

La LPNMN stabilisce che i servizi portuali costituiscono servizio pubblico e pertanto anche l’attività di movimentazione, svolta da privati in regime di libera concorrenza, presenta tale caratteristica . La normativa prevede inoltre l’esistenza della “ Sociedad Anonima de Gestion de Estibadores Portuarios “ (SAGEP), società privata costituita in ogni porto di interesse generale che si occupa del reclutamento, della formazione e della fornitura di personale alle imprese operanti nel settore della movimentazione merci. La normativa stabilisce che tutte le imprese di movimentazione autorizzate a svolgere la loro attività in un porto di interesse generale devono partecipare all’azionario della SAGE, il cui oggetto sociale è costituito appunto dal mettere a disposizione degli azionisti i lavoratori. Ogni operatore portuale è pertanto obbligato sia a partecipare all’azionario SAGEP sia a ricorrere necessariamente per la fornitura di personale ai lavoratori formati e dipendenti da tale società.

La SAGEP, controllata pertanto dalle imprese operanti in ciascun porto, forma e cede i lavoratori agli operatori portuali mediante un meccanismo simile a quello delle società di somministrazione che abbiamo visto nel nostro sistema normativo (art. 17 Legge 84/94). La Commissione Europea ha ritenuto che tale assetto normativo risultasse in contrasto con la libertà di stabilimento sancito dall’art. 49 TFUE ed ha aperto un procedimento contro il Regno di Spagna.

La Commissione pone a fondamento del proprio ricorso due motivazioni: l’obbligo generalizzato per gli operatori della movimentazione di far parte e partecipare finanziariamente al capitale della SAGEP del porto in cui svolge l’ attività e l’obbligo di utilizzare i

lavoratori forniti dalla SAGEP sulla base di condizioni che gli operatori della movimentazione non possono controllare in maniera diretta.

Le difese del Regno di Spagna si basano sulla necessità di garantire, attraverso tale regime normativo, il buon funzionamento del servizio in quanto l’obbligo per l’operatore di movimentazione di partecipare finanziariamente alla SAGEP contribuisce ad assicurare e garantire la continuità e l’efficienza del servizio. Il Regno sostiene inoltre che la restrizione alla libertà di stabilimento viene giustificata dal fatto che l’obbligo di utilizzare personale SAGEP si pone come obiettivo la tutela dei lavoratori,dal momento che viene erogata ed assicurata loro una specifica e mirata formazione professionale.

La Corte di Giustizia non ritiene che tali motivazioni siano sufficienti sul piano della proporzionalità a giustificare la limitazione alla libertà di stabilimento, accerta la violazione dell’ art. 49 TFUE e suggerisce al Regno di Spagna di mettere pertanto in pratica altri meccanismi, diversi da quelli previsti dalla vigente normativa, ai fini di garantire gli obiettivi fondamentali del funzionamento dei porti e della tutela dei diritti dei lavoratori.