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R APPORTO TRA LA DISCIPLINA DELLE PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE (T ITOLO III DELLA P ARTE II COD CONS ) E LE ALTRE

Nel documento Le pratiche commerciali scorrette (pagine 85-88)

2.2. L‟ ATTUAZIONE DELLA D IRETTIVA 2005/29/CE NELL ‟ ORDINAMENTO ITALIANO

2.2.3 R APPORTO TRA LA DISCIPLINA DELLE PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE (T ITOLO III DELLA P ARTE II COD CONS ) E LE ALTRE

(TITOLO III DELLA PARTE II COD. CONS.) E LE ALTRE DISCIPLINE NORMATIVE

Leggendo i lavori preparatori dei due decreti legislativi n. 145 e 146 del 2007 emerge come il Governo non abbia rivisto attentamente la legislazione previgente al fine di non violare il divieto, imposto ai Paesi membri dalla Direttiva 2005/29/CE, di mantenere disposizioni interne idonee ad assicurare ai consumatori un livello di tutela diverso (sia in pieus sia in melius) rispetto a quello garantito dalla stessa Direttiva.

Si sottolinea come nessuna modifica sia stata operata dai decreti legislativi n. 146/2007 e 221/2007 a provvedimenti diversi dal codice del consumo già presenti nel nostro ordinamento ed idonei ad interferire con la disciplina della pratiche commerciali.

Si pensi, in particolare, alla disciplina delle “vendite piramidali” contenuta negli articoli 5, 6 e 7, comma 1, della Legge 17 agosto 2005 n. 173126 (“Disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali”) che è rimasta intatta, anche se solo dal punto di vista formale, dal momento che la sua operatività è stata considerevolmente ridotta dall‟abrogazione parziale operata dall‟articolo 5 del D.Lgs. 146/2007 (Disposizioni finali)127.

Inoltre, nessuna modifica è stata apportata alla disciplina generale della concorrenza sleale contenuta nel codice civile, alla legge sul diritto d‟autore (L. 22 aprile 1941 n. 633) o al codice della proprietà industriale (D.Lgs 10 febbraio 2005 n. 30) e non vi sono state nemmeno inserite apposite disposizioni di coordinamento.

Naturalmente questo non significa che alle pratiche commerciali tra professionisti e consumatori non si applicheranno le sopraccitate normative, dal momento che l‟articolo 27, comma 15, del cod. cons. fa comunque salva la giurisdizione ordinaria in materia di atti di concorrenza sleale, nonché di atti compiuti in violazione del diritto d‟autore, dei marchi, delle denominazioni d‟origine riconosciute e protette in Italia e di altri segni distintivi. Pertanto, una pratica commerciale compiuta da un imprenditore nei confronti di consumatori che sia idonea ad integrare anche un “atto di concorrenza” ai sensi dell‟articolo 2598 c.c., dovrà essere qualificata come “atto di concorrenza sleale” ogni qualvolta integri

126 Legge 17 agosto 2005 n. 173 intitolata Disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali, pubblicata in G.U. n. 204 del 2 settembre 2005.

127 L‟articolo 5 recita “dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo gli articoli 5, comma 1, e 7, della legge 17 agosto 2005, n. 173, recante disciplina della vendita diretta a domicilio e tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali, sono abrogati nella parte in cui riguardano forme di vendita piramidali tra consumatori e professionisti come definite all'articolo 23, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante Codice del consumo in cui e' previsto o ipotizzabile un contributo da parte di un consumatore come definito dall'articolo 18, comma 1, lettera a), del predetto codice. I suddetti articoli 5, comma 1, e 7, restano applicabili pertanto alle forme di promozione piramidale che coinvolgano qualsiasi persona fisica o giuridica che agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale”.

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una delle fattispecie elencate nello stesso articolo 2598 c.c. Conseguentemente, in tali casi, qualora nel comportamento del professionista/imprenditore sia ravvisabile anche “una pratica commerciale scorretta” ai sensi dell‟articolo 20 cod. cons., il professionista/imprenditore - oltre che davanti all‟Autorità garante della concorrenza e del mercato - potrà anche essere convenuto davanti al giudice ordinario con un‟azione inibitoria promossa da un concorrente, da una associazione di professionisti o da una camera di commercio, così come previsto agli articoli 2599 e 2601 c.c., oltre ad un‟eventuale azione risarcitoria ai sensi dell‟articolo 2600 c.c. da parte di un concorrente che asserisca di essere stato danneggiato dalla pratica commerciale scorretta.

L‟articolo 19, comma 2, cod. cons. prosegue alla lettera a) dicendo che il Titolo III possa pregiudicare “l‟applicazione delle disposizioni normative in materia contrattuale, in particolare delle norme sulla formazione, validità ed efficacia del contratto”. Da qui sorgono i primi dubbi: infatti, dal tenore letterale della norma, tutt‟altro che chiara, si potrebbe desumere che l‟interpretazione e l‟applicazione, ai contratti conclusi dai consumatori con professionisti, delle regole contenute nel codice civile in materia di conclusione, validità ed efficacia del contratto non potrà essere influenzata dalle nuove norme; diversamente, si potrebbe anche desumere che il nuovo Titolo III non intenda apportare direttamente modifiche o deroghe alle regole generali sul contratto dettate dal codice civile, le quali continueranno ad essere applicate ai contratti con i consumatori senza che si creino antinomie con le norme in materia di pratiche commerciali scorrette.

L‟articolo 19, comma 2, cod. cons. alla lettera b) prosegue chiarendo che il Titolo III non pregiudica nemmeno “l‟applicazione le disposizioni normative, comunitarie o nazionali, in materia di salute e sicurezza dei prodotti”128: ebbene, se pensiamo alle norme contenute

negli articoli 102-113 cod. cons.129, attuative della Direttiva 2001/95/CE relativa alla sicurezza dei prodotti, è evidente come queste debbano continuare a trovare applicazione anche a seguito del D.Lgs n. 146/2007 (che non le ha modificate né derogate). Tuttavia, ci si domanda quali sanzioni debbano essere irrogate nel caso in cui una pratica commerciale posta in essere in violazione delle norme di cui agli articoli 102-113 cod. cons. sia anche “scorretta” (se solamente le sanzioni speciali di cui all‟articolo 112 cod. cons. oppure anche le sanzioni generali di cui all‟articolo 27 cod. cons.).

Con riferimento alla disposizione di cui alla lettera c) della norma in esame, non si può che sottolineare come tale richiamo sia del tutto superfluo con riferimento alla “giurisdizione internazionale”, dal momento che nelle disposizioni in materia di pratiche commerciali scorrette non si fa riferimento alcuno di qualsivoglia regola ad hoc dettata per individuare il

128 Pare opportuno sottolineare come il legislatore, nel richiamare all‟articolo 19, comma 2, lett. b) il concetto

di “salute” abbia manipolato, arbitrariamente, il testo della Direttiva, ove si faceva invece riferimento alle disposizioni “relative agli aspetti sanitari e di sicurezza dei prodotti”.

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giudice nazionale competente in caso in cui vi fossero elementi di collegamento con due o più Stati; nel caso in cui avesse voluto far riferimento invece alla giurisdizione italiana su controversie meramente interne, il riferimento sarebbe assolutamente poco chiaro a meno che non lo si voglia leggere come anticipazione del contenuto dell‟articolo 27, comma 15, cod. cons. 130.

Con riferimento alla disposizione di cui alla lettera d)131 sembra che questa debba essere letta nel senso che le norme giuridiche italiane dettate in materia di stabilimento, di regimi di autorizzazione e di attività relativa ad una professione regolamentata nonché disposizioni dei codici deontologici eventualmente adottati per l‟esercizio di una professione trovano applicazione, anche se le relative regole divergono rispetto a quelle previste dagli articoli 20.16 cod. cons., purché le prime “garantiscano livelli elevati di correttezza professionale” ossia assicurino il rispetto di livelli di correttezza dell‟attività del professionista (e quindi del consumatore) superiori rispetto a quelli la cui osservanza sarebbe sufficiente a consentire ad una pratica di non essere considerata “scorretta” alla luce dell‟articolo 20 cod. cons. Resta inteso che la lettera d) trova applicazione solamente con riferimento alle norme italiane in materia di professioni regolamentate che non siano attuazione di direttive comunitarie. Il terzo comma dell‟articolo 19 prosegue stabilendo che “in caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici” ossia il cd. criterio di specialità per risolvere l‟eventuale conflitto tra le nuove disposizioni generali sulle pratiche commerciali scorrette e le regole speciali dettate da altre normative comunitarie per singole fattispecie di pratiche commerciali.

Sul piano sostanziale, si pongono una serie di quesiti, assolutamente legittimi, in merito alle conseguenze nel caso in cui una pratica commerciale “scorretta” - ai sensi dell‟articolo 20 cod. cons. - si ponga in contrasto anche di norme specifiche contenute in discipline settoriali di derivazione comunitaria.

Inoltre, in caso di conflitto tra le disposizioni contenute nel Titolo III del cod. cons. e quelle speciali già vigenti nel nostro ordinamento, che non siano però attuative di norme

130 L‟articolo 27, comma 15, cod. cons. recita che “è comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale, a norma dell‟art. 2568 c.c., nonché, per quanto concerne la pubblicità comparativa, in materia di atti compiuti in violazione della disciplina sul diritto d‟autore protetto dalla L. 22 aprile 1941 n. 633, e successive modificazioni e dei marchi d‟impresa protetto a norma del D.Lg. 10 febbraio 2005 n. 30, e successive modificazioni, nonché delle denominazioni di origine riconosciute e protette in Italia e altri segni distintivi di imprese, beni e servizi concorrenti”.

131 La norma di cui all‟articolo 19, comma 2, cod. consumo continua stabilendo che il Titolo III “[…] non pregiudica: d) l‟applicazione delle norme relative allo stabilimento, o ai regimi di autorizzazione, o i codici deontologici o altre norme specifiche che disciplinano le professioni regolamentate, per garantire livelli elevati di correttezza professionale”.

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comunitarie e non attengano a “professioni regolamentate”, in mancanza di indicazioni specifiche in tal senso, è stato proposto132 di risolvere i suddetti conflitti dando sempre la prevalenza alle norme generali del codice del consumo riguardanti le pratiche commerciali

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