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I NTRODUZIONE

Nel documento Le pratiche commerciali scorrette (pagine 93-96)

2.2. L‟ ATTUAZIONE DELLA D IRETTIVA 2005/29/CE NELL ‟ ORDINAMENTO ITALIANO

2.2.5 P UBBLICITÀ INGANNEVOLE E PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE

2.2.5.1. I NTRODUZIONE

Come si è più volte sottolineato, la Direttiva 29/2005/CE e le norme di recepimento hanno apportato diverse modifiche alla normativa in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, individuando altresì un nuovo ambito soggettivo di applicazione delle norme in materia di pubblicità ingannevole e comparativa illecita.

Infatti, le nuove disposizioni “hanno lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali nonché di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa”: ne emerge uno spostamento dal piano Business to Consumer a quello Business to Business.

Si può affermare che esista un doppio binario di tutela in materia ovvero:

i. il divieto di pratiche commerciali scorrette rilevante esclusivamente nei rapporti tra imprese e consumatori (regolato dal D.Lgs. n. 146/2007);

ii. il divieto di pubblicità ingannevole e comparativa illecita rilevante nei rapporti fra imprese disciplinato dal D.Lgs. 145/2007 (che abroga tutte le norme contenute precedentemente nel codice del consumo in materia di pubblicità ingannevole e comparativa).

La disciplina in materia di pubblicità esce così dal Codice del Consumo e torna ad essere, come del resto era inizialmente, una legge speciale, collocata fuori del Codice stesso. Sono state sollevate138 diverse perplessità in merito alla nuova collocazione da chi ha dato un‟interpretazione che vuole le norme contenute in un Codice come leggi generali (nel nostro caso sul rapporto di consumo) e, in quanto tali, suscettibili di interpretazione analogica anche a fattispecie non rientranti in quelle codicistiche, mentre ciò non sarebbe possibile alle leggi speciali (di per sé non suscettibili di applicazione analogica). Tuttavia, tale ultimo discorso pare non possa essere fatto per il Codice del Consumo, che non si è rivelato come un vero e proprio codice, ma semmai come un testo unico.

138 Si veda R. Rolli, Codice del Consumo, commentato articolo per articolo con dottrina e giurisprudenza,

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Altri139, invece, hanno salutato con favore la nuova collocazione della normativa in materia di pubblicità commerciale, esprimendo tale scelta del legislatore italiano come il “rimedio ad un errore commesso due anni orsono, quando inopinatamente si decise di introdurre nel D.Lgs. 206/2005 […] un complesso di disposizioni dichiaratamente finalizzate a tutelare, oltre ai consumatori, anche i professionisti nonché, più in generale, “gli interessi del pubblico nella fruizione dei messaggi pubblicitari”.

Tornando al rapporto tra disciplina delle pratiche commerciali sleali e disciplina sulla pubblicità, si precisa come tra le prime si possano rinvenire molte pratiche pubblicitarie di induzione all‟acquisto. Si precisa, però, richiamando le valutazioni svolte nel precedente capitolo 1, che tale ultimo collegamento pare essere stato superato: la Direttiva sulle pratiche commerciali si riferisce alle pratiche commerciali sleali (tra le quali anche quelli di pubblicità ingannevole) e come tali lesive degli interessi dei consumatori e, contestualmente anche se indirettamente, lesive anche degli interessi dei concorrenti leali. Tuttavia, l‟interesse di questi ultimi viene tutelato solo in via mediata, in quanto e nella misura in cui coincida con quello dei consumatori, unici veri destinatari della protezione normativa. A protezione dei concorrenti, invece, è posta in via esclusiva la tutela della disciplina di cui al D.Lgs. 145/2007 sulla pubblicità: il relativo scopo è quello di tutelare “i professionisti” dalla pubblicità ingannevole, nonché di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa. Dalla disciplina della pubblicità che, prima, era rivolta a proteggere gli interessi di tutti i soggetti (utenti) coinvolti, è stata adesso estromessa la tutela dei consumatori e, più in generale, la tutela degli interessi di coloro che non sono concorrenti. Il comma 3 dell‟articolo 19 cod. cons., come già anticipato, stabilisce che “in caso di contrasto, le disposizioni contenute in direttive o in altre disposizioni comunitarie e nelle relative norme nazionali di recepimento che disciplinano gli aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette prevalgono sulle disposizioni del presente titolo e si applicano a tali aspetti specifici”: ciò implica il prima di ogni disciplina speciale rispetto a quella generale del Codice del Consumo sulle pratiche commerciali scorrette, che rimane applicabile solo in caso di assenza di altre disposizioni speciali - sempre ovviamente di derivazione comunitaria - ossia relative ad “aspetti specifici delle pratiche commerciali scorrette”. Tuttavia, tale ultimo primato appare difficilmente applicabile alla normativa in materia di pubblicità proprio a causa della separazione tra gli interessi dei consumatori e quelli dei professionisti, separati in maniera artificiosa e tutt‟altro che agevole. Sembrerebbe non

139 Cfr. G. De Cristofaro, La disciplina “generale” della pubblicità contenuta nel D.Lgs. 145/2007, in op. cit.

pag. 490. L‟Autore sostiene come la disciplina della pubblicità ingannevole e comparative rappresenti un “corpo estraneo” al codice del consumo, non tanto perché rivolta a proteggere anche i professionisti (ovvero rilevi dal punto di vista soggettivo), ma piuttosto perché, indipendentemente dalla qualità dei soggetti, essa “è disciplina dell‟attività, mai dei rapporti”, mentre - al contrario - la disciplina trasposta nel codice del consumo ha lo scopo di disciplinare i rapporti tra consumatori e professionisti.

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possibile la sovrapposizione tra le due discipline, che devono invece rimanere distinte e separate sulla base del criterio distintivo dell‟interesse tutelato: qualora si tratti di interesse del consumatore, si applicherà la disciplina delle pratiche commerciali, mentre quando si tratti dell‟interesse dei concorrenti, si applicherà la disciplina sulla pubblicità, così come modificata dall‟articolo 14 della Direttiva 29/2005/CE. Del resto, è stato giustamente sottolineato come sia possibile una integrazione/permeabilità delle due discipline (ed in particolare dei rispettivi principi), in quanto la Direttiva in materia di pratiche sleali è di armonizzazione massima, mentre quella in materia di pubblicità è una Direttiva di armonizzazione minima (facendo emergere come il legislatore italiano abbia avvertito l‟esigenza di disciplinare tale materia anche con una disciplina più puntuale e di dettaglio). Naturalmente ne emerge l‟esigenza di procedere ad una valutazione caso per caso che misuri i precetti contenuti nella legge speciale, secondo le regole di interpretazione ed applicazione seguite dall‟Autorità preposta al controllo nella prospettiva di una tutela più generale ossia, in sintesi, se la normativa speciale corrisponda a quanto regolato nella disciplina quadro di armonizzazione massima.

Ebbene, si precisa come l‟Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sempre espresso un orientamento secondo il quale, nell‟ambito della pubblicità ingannevole e/o trasparente, non si può parlare di ingannevolezza se non c‟è lesione degli interessi dei consumatori, con espressa esclusione di uno spazio residuale di alcuna pubblicità ingannevole in cui possano risultare lesi solamente gli interessi dei professionisti. E, infatti, l‟Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, una volta accertata la portata ingannevole del messaggio pubblicitario verso i consumatori, ha ritenuto in re ipsa il pregiudizio economico nei confronti dei concorrenti: questi ultimi, infatti, risentono “dello sviamento di clientela provocato dall‟errore in cui dovessero incorrere i destinatari al momento di orientare le proprie scelte”140.

A questo punto ci si domanda quando la normativa speciale prevalga sulle norme generali in materia di pratiche sleali, se tale eventuale prevalenza si ponga solo in caso di contrasto tra la normativa speciale e quella generale oppure se sia ammessa anche nel caso in cui le due normative concordino tra di loro.

Partendo dalla considerazione della normativa sulle pratiche sleali come disciplina generale e sussidiaria da applicarsi in caso di mancanza di una disciplina specifica, si arriva alla logica conclusione che la normativa in materia di pubblicità, in quanto speciale, debba prevalere. Ciò a maggior ragione ove si ipotizzi una “permeabilità” tra le due discipline in commento. Tuttavia, si consideri che tale prevalenza non può di certo mettere in pericolo il principio di massima armonizzazione, che ha imperniato tutta la Direttiva 2005/29/CE. Pertanto, almeno in materia di pubblicità, ogni volta si rende necessaria una valutazione in

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concreto141. Si consideri, inoltre, come l‟Autorità Garante abbia sempre operato tenendo ben presente gli orientamenti espressi in tema di pubblicità dalla Corte di Giustizia e dalla Commissione Europea e, comunque, come gli indirizzi sono, ad oggi, espressi dalla stessa Autorità Garante possano essere utilizzati per eventualmente interpretare le numerose clausole generali in tema di valutazione della slealtà e/o ingannevolezza e/o diligenza professionale cui fa espresso rinvio la disciplina delle pratiche sleali (rectius, scorrette).

2.2.5.2DISCIPLINA DELLA PUBBLICITÀ CONTENUTA NEL D.LGS 2 AGOSTO 2007 N.145

Nel documento Le pratiche commerciali scorrette (pagine 93-96)