16Va osservato, per correttezza, che Lockhart si riferisce a problemi di “ragione”, non tanto a
problemi pratici, mentre i formatori dei CFP sono più attenti ad una matematica dei sensi e non di puri oggetti – e dunque problemi – mentali. Questo però non toglie però validità all’affermazione riportata.
5.2.4. Legare anche i percorsi di fisica e chimica ad aspetti attuali e professionali
L’esigenza di agganciare l’esperienza pratica è un’attenzione presente non solo
in matematica, ma anche nell’insegnamento delle scienze, della chimica e della
fisica e in genere di quelle discipline che sono basate sul “senso delle cose”. Ve-
diamo alcuni esempi tratti dai racconti dei formatori impegnati anche in queste aree
disciplinari:
per esempio, per spiegare loro alcuni concetti di fisica, tipo il numero di giri dei motori, come si calcola la velocità angolare ecc., faccio continuamente riferimento alla loro ope- ratività. Loro dicono: “Ma che è?”. Allora io faccio l’esempio ovviamente sulle molte- plici macchine, torni e frese, che loro usano; [...] continuo a cercare di prendere come esempio non una realtà loro lontana, ma la realtà loro più vicina, cioè quella appunto dei torni e delle frese che i nostri ragazzi del CFP usano [...] (FGMat2/34);
la chimica è abbastanza difficile per loro, è difficile far capire il senso della chimica o il senso delle scienze in generale (IntVr6/46); [...], in genere, per la parte più chimica, cerco di trovare degli elementi di attualità; per esempio, sulle energie, l’esempio classico è il motorino: l’energia chimica della benzina che si trasforma in energia termica e, transitando nei pistoni, in energia cinetica, in movimento; poi l’attrito che genera energia termica [...]. È importante fare sempre questi riferimenti alla loro vita quotidiana, perché altrimenti la teoria in scienze e proprio in chimica non la considerano; insomma, non ne vedono l’utilità; quindi legare il concetto di energia anche al panino che mangiano forse è sciocco, però è collegato alla loro esperienza (IntVr6/46); [...] è meglio che sappiano qualcosa in meno, non so, sugli orbitali di un atomo, ma che sappiano capire le diffe- renze tra petrolio, carbone, biogas, solare ecc. (IntVr6/50) [...]. Facciamo i passaggi di stato, che sarebbero più un argomento di fisica, ma io li tratto per prepararli al labora- torio, dove vedono la distillazione [...]. Oppure il classico esempio dell’acqua che bolle nella pentola, dove c’è la condensa dell’acqua. Oppure, facciamo la separazione delle sostanze e i ragazzi vanno in laboratorio, quindi vedono; poi c’è il modello atomico, come è fatto un atomo, e spesso lego questo argomento agli isotopi radioattivi e quindi alla fissione e alla fusione nucleare, [...] all’energia nucleare, a come viene prodotta, e su questo dopo affido ad alcuni una ricerca. Poi c’è la parte, appunto, della tavola perio- dica, e quindi i metalli e i non metalli, come si distingue un metallo da un non metallo, e quindi, fondamentalmente, faccio vedere i metalli che ho a disposizione [...]; dopo [...] passo alle reazioni chimiche e in particolare alla reazione di ossidoriduzione, che per esempio lego alla corrosione dei metalli, alla ruggine, al ferro; in genere, faccio riferi- mento alla combustione; l’esempio classico è il fornello del gas; scrivo la reazione alla lavagna e dico: “Questa reazione avviene nel vostro fornello del gas; voi non ve ne ac- corgete, perché i prodotti che reagiscono, come l’anidride carbonica e l’acqua, voi non li vedete, ma se mettete la mano sopra il fornello, non proprio sopra la fiamma, voi ve la ritrovate bagnata: è il vapore acqueo che si produce con la combustione e si condensa sulla vostra mano, quindi avete la prova che dalla fiamma si forma acqua evaporata”. C’è gente che prova a casa e poi viene: “Ah, prof, è vero!” (IntVr6/54). [...] Lego il con- cetto di reazione chimica per lo più alla combustione, alla fiamma che brucia. E la rea- zione di ossidoriduzione può essere legata anche al ferro, quindi alla ruggine. Poi af- fronto la questione delle pile – la produzione di corrente elettrica da reazione chimica [...] (IntVr6/30) – quindi le batterie delle automobili [...]. E poi c’è [...] tutta la parte relativa alle energie (IntVr6/56); [...] perché spiegare gli orbitali ai ragazzi, cosa serve [...]? Non è un discorso che serve solo all’università? Eppure, in tutti i programmi di chimica c’è l’argomento degli orbitali. Con gli orbitali non puoi fare nessun abbina-
mento a qualcosa di pratico, a qualcosa di attuale, quindi è solo un lavoro teorico [...]. Nel CFP è molto difficile apprendere, se gli allievi non hanno un riscontro; si riduce tutto ad una questione di memoria, di imparare a memoria qualcosa che non vedono, che non capiscono o che fanno fatica a capire (IntVr6/70). (Si tratta allora) di fare [...] più pratica possibile, cioè di partire dalla pratica e poi passare al libro, per formalizzare, perché con la pratica rimangono loro in mente non le definizioni, ma come funziona, quale è il concetto; solo dopo ci si può sforzare a formalizzare questo concetto attraverso le definizioni imparate a memoria. Se hanno solo la definizione imparata a memoria, magari hanno anche dei buoni voti, magari prendono anche otto, perché, bravi a stu- diare, imparano tutto a memoria, però non sanno di che cosa stanno parlando e, alla fine, penso che la scuola, più che per i voti, serva per dar loro delle basi, per capire la realtà dove loro si trovano e quindi la realtà che li circonda [...]: (allora la chimica può aiutare a capire) l’attualità, le fonti d’energia, la fotosintesi delle piante, le stalattiti e le stalag- miti, se entrano in una grotta, che cosa stanno mangiando e tutti questi aspetti, insomma, cosa stanno vedendo, la pioggia, il sole, la neve, la brina (IntVr6/72); la parte teorica è formativa per la loro struttura mentale [...], però l’imparare senza avere capito non serve a nulla (IntVr6/74).