nell’attività didattica ordinaria. Vediamo qui di seguito alcuni esempi che si riferi-
scono agli ambiti disciplinari scientifici:
in laboratorio, ci sono alcuni esperimenti che i ragazzi fanno, per esempio la filtrazione [...]; ci sono due o tre ragazzi per bancone, c’è tutta la strumentazione per montare l’at- trezzatura, hanno il materiale, acqua e carbone, e viene loro spiegato come devono com- portarsi, come devono fare la filtrazione, e la fanno loro; anche la cromatografia a volte la fanno in laboratorio; nella seconda parte, invece, si avvicinano tutti [...] al primo bancone iniziale e loro osservano altri esperimenti, tipo la centrifugazione; siccome c’è una sola centrifuga, il professore fa vedere come funziona. Oppure fanno la distillazione; è neces- saria un’attrezzatura molto complessa, con il fornello ecc.; il professore spiega e loro prendono appunti; hanno lo schema alla lavagna, ricopiano, osservano e fanno domande (IntVr6/12); e fanno la grappa, e intanto, finito l’esperimento, con il dito vanno ad assag- giare il prodotto, insomma; in genere il laboratorio prende dalle due alle quattro ore, a seconda che facciamo tutti gli esperimenti oppure ne facciamo solo alcuni (IntVr6/14). I laboratori, in genere, sono le attività che hanno maggior successo: i ragazzi si ricordano perfettamente [...] anche i metodi; magari non si ricordano proprio tutti gli strumenti ecc., però la centrifuga, lo strumento che serve per la centrifugazione del sangue, la ricordano; faccio sempre l’esempio del doping, e dico loro che usano questo strumento per le analisi del doping; si ricordano e quindi, quando fai degli esempi analoghi, tirano fuori sempre lo strumento, per esempio “quello che serve per l’analisi del doping?” (IntVr6/26). Il con- cetto rimane sempre molto vivo, quando lo vedono, lo vedono proprio, lo sperimentano (IntVr6/28). Il problema in realtà sono i tempi, [...] perché questa parte più pratica serve, secondo me, è utilissima, è essenziale, però bisogna togliere e aggiungere, fare ordine nelle idee; loro si entusiasmano, vedono, fanno tante domande in genere, quando ci sono questi esperimenti, però poi bisogna sempre ritornare al testo con le definizioni e far loro capire che le definizioni nascono da quello che hanno osservato; poi le definizioni vanno studiate, non basta descrivere l’esperimento con parole loro, insomma, bisogna anche for- malizzare e la formalizzazione è sempre molto lenta. [...] Il mio obiettivo è riuscire, per ogni argomento, a portare comunque qualcosa in classe di concreto e pratico, di visivo, e di non fare solo lezioni con il libro davanti [...] (IntVr6/24); [...] ho fatto un esperimento classico, quello della coltivazione dei fagioli, al buio e alla luce. Ho fatto tenere a loro una tabella, dove dovevano osservare, giorno per giorno, quanti semi crescevano [...]; pote- vano fare il confronto fra i semi alla luce e i semi al buio, e quindi, in base alle ipotesi che noi avevamo fatto, vedere se nascevano prima o nascevano dopo quelli alla luce; confron- tavano le ipotesi con i risultati ottenuti. Quindi preparavo due vasi con del cotone, un certo quantitativo di acqua e dei fagioli; loro poi tenevano questa tabella, con vari pro- blemi, perché qualcuno ammuffiva, quindi anche lì, si trattava di ricominciare l’esperi- mento; gli errori però erano utili, perché facevano capire che l’esperimento non avviene sempre in modo così lineare (IntVr6/18). Quest’anno non sempre gli esperimenti sono riusciti bene, per problemi di muffa sui fagioli, ma [...] nelle classi dove l’esperimento è riuscito bene, si ricordano le varie fasi del metodo scientifico: l’ipotesi, la verifica spe- rimentale, il risultato e la teoria scientifica (IntVr6/26);
ho proposto un esercizio sul calcolo della densità al primo anno di un corso biennale – prima carrozzeria –; è durato circa tre o quattro ore. Prima di tutto, ho spiegato in classe il concetto di densità – “massa fratto volume” –, quindi ho dato le formule dirette e le formule inverse. Dopo di che, ho fatto costruire nel laboratorio meccanico dei cilindri di diversi materiali e di diverse dimensioni; i materiali erano quelli che di solito abbiamo in laboratorio meccanico: l’ottone, il bronzo, l’acciaio e l’alluminio. Se dovessi rifare questa esperienza, farei costruire non solo dei cilindretti, ma anche dei cubetti, delle altre figure solide. Ho dato a ciascuno dei ragazzi un cilindretto – erano tutti diversi tra loro – e ho fatto portare ai ragazzi in classe il calibro manuale [...]; ho portato anche una bilancia [...]. Il lavoro consisteva nel dimostrare di quale materiale era fatto il cilindro che avevano realizzato in laboratorio; avevo preparato una tabella con le diverse densità – ogni materiale ha una diversa densità –; è vero che, soppesando un pezzo di al- luminio e un pezzo di acciaio, la differenza si vede ad occhio nudo, però loro dovevano dimostrare questo fenomeno, cercando di trovare il valore di densità più simile a quello indicato in tabella. Quindi dovevano venire alla cattedra, pesare il pezzo, poi tornare al posto, prendere il calibro, [...] misurarlo – io avevo detto loro di prendere [...] sei misure per ogni cilindretto, cioè di misurarlo da una parte, dall’altra, poi dall’altra ancora, fino ad avere sei misure di diametro, poi di scartare la più grande e la più piccola e di fare una media; così abbiamo introdotto anche il concetto di scarto delle misure ecc. –. Hanno dunque calcolato il volume del cilindretto e infine, conoscendo il peso, hanno calcolato la densità (FGMat4/50);
facendo scienze nel settore ristorazione, mi sono trovato a spiegare le temperature [...]; mi sono fatto prestare un sistema di distillazione della grappa, un alambicco con tanto di termometro, ecc.; abbiamo fatto la grappa [...] nel laboratorio di cucina; [...] in quella situazione, i ragazzi hanno potuto vedere in senso pratico come funziona la distillazione e anche vedere un termometro che effettivamente, messo sulla pentola, sotto il fuoco, segnala un innalzamento di temperatura [...] (FGMat2/129).