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Le gare e i concorsi si applicano prevalentemente agli esercizi, cercano di sti molare la velocità di esecuzione o la memorizzazione di regole e concetti in ess

implicati. Fanno leva sulla competizione, ma anche qui sono da notare le sfumature

e le attenzioni che i formatori mettono in atto per governare il processo ed evitare

che qualcuno possa sentirsi “fuori gioco”. Sono davvero moltissimi gli esempi a

questo riguardo:

per stimolare l’apprendimento, cerco di creare un senso di competizione tra i compagni; ad esempio: “Chi finisce prima?”, oppure: “Avete cinquanta minuti di tempo...”, oppure: “Avete venti minuti di tempo” (FGMat2/52), “A chi finisce prima, do un punto un più” (FGMat2/54), [...]. E questo li sprona (FGMat2/56);

[...] assegno un esercizio in classe; ciascuno lo svolge individualmente, senza l’aiuto del compagno o del quaderno o del libro, mentre io passo tra i banchi; difficilmente sto in cattedra, mi piace stare in mezzo a loro, sbirciare sui quaderni, guardare quello che fanno; passo tra i banchi e a chi ha bisogno do una mano. Poi c’è l’attribuzione di un più o di un meno: la famosa “gara dei più” – un po’ di sana competizione non guasta! (ride) –; praticamente, assegno un esercizio e loro guadagnano un “più”, che vale uno 0,25 [...], se svolgono l’esercizio in modo completamente corretto; vincono i primi due [...]; poi si corregge l’esercizio alla lavagna e lo corregge chi lo ha svolto correttamente (IntVr3/111) e nel minor tempo. Siccome sono sempre i “più bravi” che vincono questa gara, allora quelli che hanno preso il primo “più” sono esclusi, non giocano più, fanno l’esercizio però non gareggiano più per il punteggio (IntVr3/113); altre volte decido di far partire quelli più bravi con alcuni minuti di ritardo, per cui non possono scrivere l’espressione, fintantoché gli altri non hanno fatto almeno due passaggi, per permettere un po’ a tutti di arrivare al successo. [...] C’è stato un periodo in cui entravo in classe ed era una specie di “condanna”: subito volevano fare la gara dei più; per me è un arrotondamento del voto [...]; loro mi chiedevano: “quanti ‘più’ ho?” , perché con tanti “più” dopo [...] non ho più

“sei e mezzo”, ma ho “sette”, oppure non ho più “cinque e mezzo” e potrei riuscire ad avere “sei”. [...] Allora ho [...] sgonfiato un po’ l’entusiasmo della classe e ho detto: “La gara dei più è momentaneamente sospesa!” (IntVr3/115) perché poi da parte mia diven- tava difficile controllare: tutti quanti, di getto, svolgevano il compito e io dicevo: “Mi raccomando, con calma, non dovete...”, però effettivamente era controproducente perché svolgevano di getto le espressioni, senza dare lo spessore necessario alla riflessione... (IntVr3/117); infatti, dopo, venivano a farmi controllare il risultato: “Guarda, è sbagliato, c’è il solito errore; se avessi fatto con più calma, non avresti commesso quell’errore”; al- lora tornavano al posto mestamente; per questo ho un po’ sospeso questa gara, anche se vedevo che anche quelli più demotivati, pur di prendere il “più”, erano disposti a destarsi per un’espressione (IntVr3/119);

in prima, le basi sono più i problemi, quindi che capiscano che la matematica è una cosa interessante e anche una cosa reale [...]. In seconda, riesco a giocare [...], nel senso che li conosco già da un anno e quindi so se possono rispondere bene, oppure se fanno fatica. L’ultima volta ho giocato con i polinomi, mettendola proprio come una sfida: ai com- pagni di banco do un esercizio per ogni coppia e vediamo chi vince tra i due, chi fa più velocemente; [...] se uno non capisce, può chiedere, allora c’è il “bonus”, alza la mano e “fermi tutti, io non ho capito, può rispiegarmi?” (IntVr8/36); quando hanno finito, de- vono alzare [...] tutte e due le mani [...] e restare con le mani alzate, in modo che io veda chi finisce prima; (facciamo) non uno, ma due o tre esercizi, in modo da stimolare un poco la sfida personale tra uno e l’altro (IntVr8/40);

la mia idea era di fare una gara [...]; l’ho usata in una seconda, per potenziare la cono- scenza dei sistemi e delle equazioni, però era attuabile anche con le tabelline, con i pro- dotti notevoli, con le proprietà delle potenze, con la goniometria, con qualunque argo- mento. Lo scopo, attivando attraverso il gioco una certa competizione tra i ragazzi, è quello di riuscire a fare entrare in testa concetti che devono essere obbligatoriamente me- morizzati, come possono essere i “prodotti notevoli” e via di seguito e anche quello di fare un ripasso continuo, giornaliero, su questi argomenti. La gara può essere fatta in due modi; la prima modalità è proprio una cosa di gruppo classe, una competizione in cui il “destino” sceglie un ragazzo a cui io faccio una domanda secca e diretta. Se risponde, bene, si va avanti, altrimenti l’allievo viene eliminato dal gioco. Ovviamente questa me- todologia permette di tarare domande o di farle più o meno difficili in base al ragazzo che si ha davanti. Quindi si riesce a mettere quello più bravo in difficoltà, così come ad aiutare quello che fa un pochettino più fatica, con una domanda che può essere facile (FGMat4/44); lo “strumento del destino” è un dado [...]. L’altra tecnica, un pochino più simpatica, è quella di creare un tabellone, modello calcistico, all’italiana, ad elimina- zione, anche lì pilotandolo in maniera tale che quelli più bravi arrivino a “scontrarsi” di- rettamente, l’uno contro l’altro. Io dedicavo dieci minuti alla fine della lezione, o durante una pausa; è una bell’attività che sveglia fuori. Prendo la lavagna, la divido in due e detto l’esercizio; il primo che lo finisce vince. La cosa bella è che, in questo modo, un ragazzo che può essere paragonabile al più “secchione” della classe, ma per vari motivi non ec- celle nei voti, riesce a battere il più “secchione” della classe con tanto di tifo da parte dei compagni [...]. Dedicando a questa cosa dieci minuti ogni lezione, si fa un ripasso con- tinuo sull’argomento [...] e poi si stimola questa competizione che, se tarata, può essere fonte di motivazione. Lo svantaggio [...] è il tempo; mettere un ragazzo in gara con un altro, dicendo “devi finire prima di quello a fianco” [...] mette un’ansia notevole; si ar- riva anche quasi allo scontro fisico; c’è gente che si spinge giù dalla predella davanti alla lavagna, pur di continuare. Quest’ansia del tempo rende il lavoro un pochino più compli- cato per chi è più timido e in difficoltà. Questo è l’unico svantaggio [...], la fretta che li- mita un pochino l’attività (FGMat4/46);

faccio una cosa da diversi anni, che è talmente conosciuta che i ragazzi ne parlano tra loro e, se non ne parlo io, incominciano a chiedere: “Quando inizia il gioco?” [...]. Noi lo chiamiamo caccia al premio. I ragazzi dello stage vanno nelle case madri delle varie ditte [...] e portano molti gadget – tute, giubbini, ricambi dell’olio per il motorino – [...]; il premio, alla fine, è la distribuzione di queste cose al gruppetto che vince [...]. In pra- tica, io e la collega di italiano [...] dividiamo le classi in tre o quattro gruppi; lo stesso gruppo rimane sia con me, in matematica, sia con la collega di italiano [...]; mano a mano che si va avanti, quando spiego, su alcuni argomenti – quelli che interessano di più a me – dico: “Questo è un argomento da caccia al premio!”, per cui loro stanno partico- larmente attenti [...]. Nelle verifiche intermedie, alcune domane sono in rosso [...] e loro sanno che fanno parte proprio degli argomenti scelti per la caccia al premio; nella valu- tazione, ciascuno di loro deve sapere, in particolare, quanto ha preso in quell’esercizio, perché il punteggio viene cumulato nel gruppo per la valutazione. Questa cosa va avanti [...] fino al primo pagellino [...]. Le gare vere e proprie sono dopo il primo pagellino; a queste io dedico una settimana o addirittura dieci giorni: faccio fare le prove a gruppi; poi c’è [...] anche il “jolly”, che è, per esempio, la possibilità [...] di farsi aiutare da un loro compagno del terzo anno sulla domanda per loro più difficile, oppure da un altro in- segnante – magari quella di inglese – che talvolta come loro non sa ma con loro si mette a cercare [...]. Però i ragazzi danno attenzione a questi argomenti, perché sanno che fanno parte della “caccia al premio”. La cosa più importante [...] è che queste cose ven- gano anche pilotate. Ad esempio, fanno queste gare dieci giorni dopo il pagellino; nel- l’ora di matematica, non devo far altro che dividerli in gruppi e fare le verifiche alla pre- senza del tutor [...]. Loro si ricordano i punteggi presi nelle verifiche intermedie: “In quel compito in classe..., alla risposta a quella domanda mi avevi dato 12, quindi il no- stro gruppo parte già da 12”; stanno molto attenti. È un modo per coinvolgerli almeno su alcuni argomenti [...]. La cosa carina è che vedi la persona “brava” che cerca di aiutare, nel gruppetto, la persona “meno brava”. [...] Nel momento in cui ci sono le domande orali, chiedo che risponda uno del gruppo, a caso. Siccome sanno che la settimana suc- cessiva alla consegna del pagellino c’è questa cosa, vedi quello più bravo che dice al- l’altro: “eh, però tu studia!” [...] (FGMat4/52). I gruppi non li faccio a settembre [...] ma verso novembre, perché non so ancora come metterli insieme; [...] cerco infatti che in ogni gruppo ci siano quattro o cinque persone che hanno conoscenze pregresse più so- lide; [...] cerco di fare dei gruppi [...] eterogenei. Ogni volta che spiego, dico: “questa potrebbe essere una domanda da premio”; vedo che loro cominciano subito a scrivere. [...] Quando facciamo le verifiche intermedie, le domande in rosso, quelle che interes- sano più a noi, sono quelle di cui loro vogliono sapere il punteggio, [...] per cui chie- dono: “Quanto ho preso in quella domanda?”, perché loro sanno che il punteggio delle prove intermedie va poi ad accumularsi al voto del gruppo durante il gioco [...] (FGMat4/54). Lo faccio soprattutto per consentire [...] un ripasso continuo [...] e per sol- lecitare la persona che dice: “A me non interessa”: si sprona un po’ ad impegnarsi, se non altro per la spinta del gruppo [...] (FGMat4/56) [...]; formo i gruppi, una volta che ho capito che livelli ci sono [...]. Una volta composti i gruppi, loro sanno che alcuni ar- gomenti – quelli per i quali inizio dicendo: “Allora qui [...] scrivete argomento di caccia

al premio” – meritano particolare attenzione; io vedo che già negli appunti sono più cu-

rati e [...] che studiano quell’argomento in maniera particolare. Poi, prima del pagellino di gennaio, faccio delle verifiche intermedie; in queste, ci sono degli esercizi o domande o quesiti, messi in rosso, che loro si devono preoccupare di fare in modo più completo o attento, perché sanno che il voto [...] che prenderanno su quel quesito, sarà cumulato con quello degli altri componenti del gruppo. Poi io tengo i conti e ogni tanto loro me li chiedono [...]. Poi c’è la pagellina. Io [...] uso questa modalità come ripasso di tutto ciò

che abbiamo fatto da ottobre a gennaio. Per una settimana, una settimana e mezzo, for- nisco a questi gruppi delle verifiche, chiaramente in forma di gioco, con quesiti più sot- tili per i quali possono giocarsi il jolly [...]. Poi, finita questa settimana, si riparte con il programma nuovo e con la stessa metodologia. A giugno ci sono i premi finali. Noi ab- biamo la fortuna di poter dare anche dei premi carini – tute di marca [...] giubbetti, gadget davvero belli –; ecco perché sono così interessati. [...] Questi sono i mezzucci a cui ricorriamo! (FGMat4/60).

La cosiddetta “gara dei più”, anche se induce una certa competitività tra i ra-

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