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La strategia del lavoro di gruppo è molto praticata dai nostri formatori che sono soliti predisporre situazioni in cui sia possibile ricorrere ad una sorta di intel-

ligenza condivisa, imparando a collaborare con i compagni e attivando forme di

aiuto tra pari. Nei racconti che seguono troviamo diverse declinazioni di questa

strategia:

li ho divisi in gruppi, che ho formato secondo certi criteri, nel senso che ho cercato di dare ad ogni gruppo un capogruppo, cioè uno di quelli che magari (IntMe5/235) avevo individuato tra le persone che potevano un attimo gestire il gruppo (IntMe5/237), dal punto di vista della capacità di risolvere gli esercizi, ad esempio, e che potevano andare un po’ meglio, che potevano essere di aiuto anche agli altri, perché magari (IntMe5/239) avrebbero individuato gli errori (IntMe5/241). Poi ho lasciato che si gestissero questi capigruppo, che chiamassero qualcuno, che facessero loro le squadre [...] (IntMe5/243); se c’era qualcosa che mi sembrava non andasse nella formazione del gruppo, dicevo al capogruppo: “Guarda, forse è meglio che...” (IntMe5/245); [...] ho sottoposto loro dei

problemi che non erano legati a quello che stavamo facendo. Ho detto: “Ragazzi, [...] vediamo di fare un’attività un po’ diversa”. Ho somministrato loro degli esercizi che di solito vengono dati alle olimpiadi di matematica e ho detto: “Questi sono gli esercizi che di solito vengono dati in una competizione vera” (IntMe5/247). “Io non vi sto chiedendo di partecipare ad una gara, vi sto dicendo di provare a farli; vedrete che, per alcuni di questi, non serve che conosciate il calcolo letterale o che sappiate fare le equazioni; po- tete risolverli semplicemente ragionando”; ho detto [...] (IntMe5/249): “Ci sono degli esercizi di vario tipo; provate a farli in squadra. Alla fine la squadra dovrà produrmi una piccola relazione non tanto con la soluzione degli esercizi, perché non è quello che più mi interessa, ma su come è stato il lavoro [...], su come avete lavorato insieme”. Secondo me, [...] trovando le attività corrette e avendo l’accortezza di formare bene questi gruppi, ci può essere qualche buon risultato (IntMe5/251);

per alcuni contenuti difficili, ho usato [...] un adattamento del cooperative learning: ho fatto lavorare in gruppetti di tre, di cui uno bravo, in modo che potesse spiegare le cose agli altri (FGMat2/153); proprio perché è molto importante per i ragazzi la relazione, il parlare, il comunicare, come fanno in classe; perché non sfruttare questo anche per l’im- pegno del lavoro? E poi la valutazione è avvenuta, una parte giudicando oggettivamente com’era andata la prova, una parte giudicando l’impegno all’interno del gruppo e poi anche la risposta a qualche domanda orale all’interno del gruppo (FGMat2/155); [...] utilizzo [...] – anche se credo di farne un uso addomesticato – il cooperative learning, che a me dà grandissime soddisfazioni; [...] gli stessi ragazzi, che poi si conservano i la- vori che hanno fatto, trovano in questo veramente una modalità operativa che li coin- volge. Naturalmente mediamente lo faccio con i ragazzi di seconda e di terza; a quelli di prima è più difficile far capire [...] il senso del lavoro e quindi dell’impegno; perché poi chi è bravo fa più velocemente e chi è mediamente più debole sta lì e non produce. In- vece, quando siamo in seconda e in terza, qualche volta faccio anche l’esperienza di fare dei gruppi omogenei, quindi tutti i bravi insieme, i medi e i deboli (FGMat2/195), dando ovviamente, ai tre livelli, (FGMat2/197) consegne differenti sullo stesso argomento; per esempio, in trigonometria [...], triangoli qualunque ai bravi, un triangolo rettangolo ai medi e il calcolo di un paio di elementi [...] a quelli più deboli; [...] magari porto anche qualche libro in più in classe, perché si abituino anche ad andare a cercare, là dove non hanno la soluzione del problema, lo strumento e chi te lo può fornire, perché questo se- condo me è un obiettivo: non devono ricordare tutto a memoria nella vita ma, se un do- mani da qualche parte dovranno fare un calcolo, sapranno almeno che c’è un manuale che può fornire loro la soluzione; saper andare a prenderlo e consultarlo al momento giusto non è una cosa scontata [...]. Poi facciamo un fascicoletto con tutti i lavori che loro hanno prodotto e questo diventa veramente una specie di portfolio (FGMat2/199) di classe; nel senso che raccogliamo i lavori dei singoli gruppi e mediamente [...] ad ogni step fac- ciamo un lavoro cooperativo; davvero si tratta di una cosa che trovo funzioni bene (FGMat2/201) [...]. Con una seconda che vedevo molto difficile, perché erano ragazzi [...] poco propensi all’ascolto, a stare in classe e a capire il perché delle cose – l’argomento era la trigonometria, la risoluzione del triangolo rettangolo –, io sostanzialmente avevo fatto delle lezioni spiegando concretamente, con esempi alla lavagna, come si può, par- tendo dagli elementi che conosci, arrivare alla risoluzione del triangolo rettangolo, quindi trovare degli elementi incogniti, che possono essere elementi lineari o angolari. A questo punto, ho deciso che era necessario che loro si rendessero conto del perché si dovessero utilizzare, ad esempio, le funzioni trigonometriche; allora [...] ho fatto fare questo tipo di lavoro: foglio di carta quadrettata, righello e matita; hanno disegnato un piano cartesiano, hanno messo dei punti sul piano cartesiano [...], li hanno collegati ed è venuto fuori un triangolo; con il righello hanno misurato i lati del triangolo e si sono segnati le misura-

zioni; poi, siccome avevano capito che era un triangolo rettangolo, [...] ho fatto fare la ve- rifica con il teorema di Pitagora, per vedere se le misurazioni che avevano fatto con il ri- ghello funzionavano. Allora hanno applicato il teorema di Pitagora e hanno visto che fun- zionava; a quel punto, ho detto: “Adesso dovete calcolarmi gli angoli interni, fatta ecce- zione per l’angolo retto”. Ovviamente non avevano lo strumento, nessuno aveva il gonio- metro [...]; è stato un modo per far loro capire che effettivamente determinate cose le puoi fare solo se hai degli strumenti teorici, come le funzioni trigonometriche (FGMat2/211). A quel punto, avevo costruito già l’esercizio, quindi l’ho consegnato fotocopiato, ho fatto dei gruppi; i ragazzi in quella classe erano ventidue, ho fatto mediamente cinque gruppi di quattro persone [...] (FGMat2/211); abbiamo un’aula che è abbastanza grande, quindi si sono sistemati in punti abbastanza distanti. Ho dato il tema [...] da studiare, che era ap- punto la risoluzione di questo esercizio; poi c’era qualche complicazione, perché il trian- golo rettangolo era un prato, per cui bisognava andarlo a seminare e quindi l’erba costava un tot al kg, ce ne volevano tanti kg al m2; [...] ho definito ovviamente in modo chiaro, già sul foglio, i criteri di valutazione che erano: la correttezza, la completezza dell’eser- cizio, ma poi anche l’osservazione da parte mia di come si lavorava – ed io effettivamente ho girato per tutta la classe per tutto il tempo e [...] per ciascuno segnavo effettivamente, con dei più o dei meno, il tipo di intervento che stavano facendo, mentre procedevano nella risoluzione del problema –; quindi la correttezza, la completezza, la cooperazione, quello che è appunto il loro intervento personale, e l’ordine del risultato finale, del foglio che mi consegnavano [...]. Tutto questo nell’arco di un’ora di lezione; [...] il lavoro che ho descritto prima era stato fatto nella lezione precedente; poni 10’ per dare la consegna, hanno a disposizione circa 50’ per fare l’esercizio. Questo è uno degli ultimi lavori che ho fatto [...] (FGMat2/213); in questo caso, ho formato i gruppi in maniera non omogenea, ma eterogenea, quindi avevo preso, mediamente, cinque “teste di serie”, una per ogni gruppo – e qui ho usato ovviamente [...] la valutazione che avevano nel bimestre prece- dente [...] (FGMat2/215) –; a ciascuno di questi ho fatto scegliere due persone e quelli che rimanevano li ho distribuiti io. In questo caso, ho voluto fare un esercizio uguale per tutti; ho dato un solo compito e quindi, mi sembrava più importante avere gruppi etero- genei [...] (FGMat2/217); avevo dato un angolo e un lato e loro dovevano calcolarsi gli altri elementi: l’area di quello che era un campo a forma di triangolo rettangolo, un prato, e poi la spesa per comprare l’erba per seminarlo [...] (FGMat2/226);

c’era [...] una classe terza divisa tra una decina di ragazzi che volevano fare l’ITI, quindi facevano dei corsi integrativi ed erano molto avanti in matematica, e un gruppo un po’ indisciplinato, che non aveva intenzione di continuare [...]; la difficoltà era farli lavorare su contenuti, che alcuni padroneggiavano già [..] e altri no; questi, quando entravo, co- minciavano subito a dire: “No, io non voglio fare niente, io non ce la faccio...”. Allora ho provato questa cosa che ha funzionata benissimo [...]: è una specie di cooperative lear-

ning [...]. Li ho divisi in gruppi dove c’era uno bravo, [...] uno di quelli che avrebbe fatto

l’ITI e che sapevo anche dalle verifiche che, dal punto di vista dei contenuti, era messo molto bene; non aveva altro compito che spiegare, lui era lo “spiegatore” del gruppo, gli altri erano gli allievi, quelli che dovevano seguire. All’inizio c’è stato un po’ di imba- razzo – “Io non voglio andare con quello che è più giovane di me, ma io...” –, poi invece è stato molto utile, perché hanno lavorato per due ore, due ore e mezza, e hanno lavorato tanto! Il trucco stava poi nella valutazione: io valutavo gli allievi come allievi, cioè li in- terrogavo, facevo rifare l’esercizio dove loro mi dovevano spiegare passaggio per pas- saggio come avevamo scritto o come il compagno aveva spiegato loro e poi assegnavo un voto anche allo “spiegatore”, in parte, anche in base al voto dell’allievo [...]. In questo modo è stato interessante, perché i famosi personaggi un po’ critici, cioè quelli che di so- lito in una classe non fanno ma si aggregano, sono stati isolati dalla classe; [...] chi non

aveva voglia di fare automaticamente veniva isolato, perché lo “spiegatore” era molto motivato che andasse tutto bene [...]. Ho provato a riproporre la tecnica anche alla se- conda, ed è andata benissimo [...] (FGMat4/24). [...] Ho dato tre esercizi da fare: “Dovete fare questi tre esercizi. Alla fine, l’allievo deve saperli fare, tu trova il modo...”; io [...] parlavo allo “spiegatore”; erano tutti presenti e ho detto: “Tu sei il capo del gruppo 1..., tu il capo del gruppo 2, tu il capo del gruppo 3”, “Voi siete i referenti del gruppo, alla fine dovete far sì che il gruppo funzioni”; e poi, rivolto agli altri: “Se voi avete domande, le fate allo spiegatore, se lo spiegatore si trova in difficoltà, perché quello o quell’altro non vuol fare, allora intervengo io”. Poi, man mano che il gruppo finiva la consegna, io passavo da ogni gruppo e interrogavo [...] (FGMat4/26);

siccome per i “bravi” la ripetizione di certi argomenti di matematica che hanno già capito diventa noiosa, allora ho proposto [...] una specie di cooperative learning, dove c’era uno che spiegava agli altri lo stesso argomento con il sistema degli esercizi (FGMat4/162). Prima, su una questione, potevano sostare anche un anno, un anno e mezzo; in questo modo, siamo riusciti a trattare un argomento in due o tre mesi (FGMat4/164). Non è che l’insegnante sia contenta per il tempo che “risparmia”, ma perché la maggioranza ti è venuta dietro, perché, quando il tempo è molto lungo, si perde la motivazione (FGMat4/166). [...] Ho visto che questi lavori sono molto utili, anche se devi vincere l’imbarazzo iniziale, perché [...], dividendo la classe per gruppi omogenei, [...] dividendo “i migliori” dagli altri [...], c’è qualche rischio. Io ho provato ad usare questo metodo dando praticamente la stessa scheda e dicendo: “Voi dovete fare la parte davanti, dove ci sono gli esercizi più facili, gli altri fanno la parte dietro, dove ci sono esercizi più diffi- cili”. Superato il primo momento di imbarazzo – “Oh, ecco i bravi!... Oh, ecco gli altri!” –, si sono messi a lavorare. I “bravi” erano motivati, perché erano “i bravi” e avevano fretta di finire questa scheda di una ventina di esercizi; gli altri, prima sono partiti un po’ così, io ho dato loro una mano rispiegando e dicendo [...] che la scheda, in fondo, presen- tava difficoltà simili per entrambi i gruppi. I bravi hanno finito prima, ma anche gli altri si sono sentiti gratificati, perché hanno visto che comunque riuscivano anche loro a fare quella cosa. Le volte successive, per i gruppi dei “bravi” era quasi un gioco [...], ma tutti hanno compreso che il meccanismo e che le regole che applicavano, alla fine, erano le stesse (FGMat4/172).

Le esperienze descritte rappresentano casi di applicazione contestualizzata del

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