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ricavato dall’esperienza lavorativa L’idea che spessissimo i nostri formatori espri mono è di visualizzare e “far toccare con mano” i concetti e questa visualizzazione

passa proprio per una valorizzazione del corpo, in particolare della vista e del tatto:

un’esercitazione che ho fatto quest’anno [...] è sul concetto di “mole”: [...] portavo vari tipi di pasta – maccheroni, farfalline, ditalini, ecc. – e, con una bilancia, provavamo a contare, cioè a mettere un certo numero di questi tipi di pasta sulla bilancia e ad osser- vare che il quantitativo di pasta era sempre uguale, ma il peso cambiava. La stessa cosa per gli atomi: ci sono atomi piccoli e grandi, 20 g. di piombo non sono la stessa quantità di 20 g. di ossigeno; hanno peso uguale ma la quantità [...] di atomi è diversa. Fare questo abbinamento con la pasta rende visibili e manipolabili i concetti (IntVr6/78), [...] perché il concetto di atomo lo fai diventare macroscopico; altrimenti, [...] è difficile che loro si immaginino come è fatto l’atomo e acquisiscano il concetto di atomo [...]. Ho usato anche dei modellini, quest’anno; [...] con delle sferette collegate insieme, ho fatto loro capire [...] il concetto di molecola: più atomi tenuti insieme per formare un tutt’uno; insomma, con il modellino ho provato a far visualizzare i concetti (IntVr6/80);

un’altra cosa, sempre divertente, sempre artigianalissima, che per esempio riguarda la fisica e l’applicazione dello studio degli angoli, è questa: allora noi abbiamo a che fare con la fisica, con lo studio della repulsione e dell’attrazione delle particelle; a seconda della loro carica, meno e più si respingono, meno e più si attraggono (IntMe3/208). Questo è il principio di base. Come faccio a vedere cose che si respingono, piuttosto che cose che si attraggono? Allora si parte da esempi, ma la cosa più divertente è, per esempio, gonfiare due palloncini, legarli per il cappio, strofinarli su della lana e vedere come questi si sepa- rano fra di loro, formando il solito angolo il più lontano possibile, che è sempre l’angolo piatto; da qui lo studio degli angoli in matematica (IntMe3/210). Anche questo lo faccio in modo molto artigianale: strofino la penna sui capelli dei ragazzi [...] (IntMe3/212); la penna strofinata che attrae i pezzettini di carta a loro rimane fino alla fine della terza (IntMe3/214). Si collegano alla matematica, soprattutto allo studio dei segni (IntMe3/220). Trattando i numeri relativi, noi introduciamo dei numeri interi che sono accompagnati da un segno, positivo o negativo (IntMe3/222). Come visualizzare questa cosa? Allora sicura- mente c’è la visualizzazione classica sulla retta orientata (IntMe3/224), ma quella vale fino ad un certo punto, perché, come tutte le cose infinite, e la retta è una di queste, si capisce ma anche no. Cosa vuol dire avere segno diverso? Segno diverso vuol dire un comporta- mento completamente diverso; i due palloncini che si attraggono piuttosto che si respin- gono. Quindi +2 e –2 non sono due cose simili, per quanto abbiano solo un segno diffe- rente; sono due cose che assumono due comportamenti completamente diversi; non posso farmi sfuggire un segno, perché il palloncino potrebbe fare tutto un altro percorso rispetto a quello che dovrebbe fare; da qui colgono anche l’importanza dell’uso preciso di un segno davanti ad un numero, proprio come fattore che in natura cambia (IntMe3/226); volevo illustrare un piccolo lavoro fatto con i ragazzi in classe: la costruzione di un peri- scopio con un tubo di cartone lavorato, tagliato, sagomato a dovere, secondo delle misure date, poi irrigidito, per potergli dare una certa stabilità, con il sistema della carta pesta, con colla e acqua. [...] Ho notato che far fare delle cose pratiche, concrete, anche sem- plici, anche banali, come incollare dei pezzi di carta su un tubo di cartone, motivava i ragazzi, perché comunque tutti [...], anche quelli che hanno più difficoltà a livello fisico o difficoltà di qualsiasi altro genere, possono collaborare in questo [...]. Finita la struttura in cartone, dopo circa una settimana, perché ci sono dei tempi di asciugatura abbastanza lunghi [...], i ragazzi hanno dovuto tagliare, formando un angolo a 45°, i due spigoli op- posti, per poter poi inserire degli specchietti retrovisori recuperati da macchine allo sfa- scio. In questa maniera, ho potuto sviluppare il concetto di angolo, verificando semplice-

mente che, se i ragazzi non calcolavano bene l’angolo, non vedevano l’immagine dal- l’altra parte; c’era quindi un’autoverifica del lavoro che facevano. In questa maniera, oltre ad aver coinvolto tutti ragazzi della classe, sono riuscito in qualche modo a far loro toccare con mano quello che si fa in teoria; inoltre [...] hanno avuto l’esperienza positiva di un feedback immediato (FGMat4/49);

penso alle frazioni, per i ragazzi del primo anno di un corso per meccanici. Per le lavora- zioni che devono fare, hanno bisogno di conoscere bene tanto le frazioni quanto i deci- mali, i centesimi [...]. Si trovano molto in difficoltà a ragionare con le frazioni, perché non hanno la capacità di immaginarsele. Per tutti e tre gli anni abbiamo fatto un percorso di materializzazione delle frazioni sfruttando sia le officine, sia gli oggetti di uso quoti- diano, dalla classica torta ai soldi, dai biglietti alle monete [...]; questo ha facilitato molto la loro capacità di immaginarsi, di rendere concreti questi elementi [...]. Il riscontro che abbiamo avuto – perché è un lavoro che abbiamo fatto in collaborazione io e il mio col- lega di officina – [...] è che, quando loro si trovavano a lavorare in officina, avevano la capacità di visualizzare meglio le misure e le richieste che venivano fatte nell’attività pratica. [...] Abbiamo utilizzato questo stratagemma per rispondere alla grande difficoltà di immaginarsi le frazioni [...] come numeri [...]: qual è la differenza tra 1/4 e 1/6? Quale fosse il più grande e quale il più piccolo era molto difficile da materializzare, mentre le- gando le frazioni ad un oggetto, [...] dicendo che le frazioni potevano essere assimilate a questo piuttosto che a quello, ma scegliendo solamente un termine di paragone – nel no- stro caso, abbiamo utilizzato le monete, gli euro – [...] e abbinando sempre quella gran- dezza a tutte le frazioni che incontravamo, per loro tutto diventava più semplice da com- prendere, perché avevano un metro di confronto immediato e univoco, con le dovute li- mitazioni, perché non tutte le frazioni si possono esprimere con facilità in monete; hanno capito che le frazioni erano un’operazione, un oggetto matematico che, in qualche ma- niera, poteva essere spiegato con delle cose a loro molto familiari, che avevano sempre in tasca, ed essere legato a situazioni della loro quotidianità [...]; quando vengono chia- mati a ragionare sui soldi, non hanno problemi; se invece si pone loro lo stesso quesito solo dal punto di vista matematico, magari hanno difficoltà [...] (FGMat4/142);

cerco di partire spiegando le cose più concrete sui principi di un’equazione, magari fa- cendo loro toccare con mano [...] alcuni contenuti che si sposano bene con la spiegazione concreta, ad esempio la bilancia [...] per far loro capire che alcune operazioni che si fanno in entrambi i membri di un’equazione riprendono il concetto di bilancia [...] (IntMe2/114);

in seconda meccanici, indirizzo macchine utensili, uno degli argomenti rilevanti e nel contempo anche abbastanza difficile è sicuramente il calcolo trigonometrico, che serve ai ragazzi per calcolare determinate quote che devono essere impostate nel programma ed essere digitate sulla macchina a controllo numerico, la quale poi esegue la lavorazione che deve eseguire. Dopo aver spiegato il punto di vista teorico, utilizzando i soliti mezzi – la lavagna, con tutti gli schemi di questo mondo, fatti riportare sul quaderno – avevo avuto da più ragazzi l’informazione che non riuscivano ad interiorizzare l’argomento, che lo ritenevano troppo difficile; qualcuno mi ha detto addirittura: “Insuperabile, per me è insormontabile!” [...]. Sapevo che in laboratorio stavano facendo un particolare che non era molto complesso, benché richiedesse opportunamente l’applicazione di questi cal- coli; [...] ho preso questo particolare, questo disegno, l’ho passato al collega che è inse- gnante di disegno tecnico, molto bravo con il CAD, mi sono fatto realizzare questo parti- colare al CAD, in formato tridimensionale; poi lui mi ha stampato una versione del parti- colare in tre D, evidenziandomi in rosso la parte di profilo, che era quella assimilabile al triangolo rettangolo che avremmo dovuto risolvere. Quando i ragazzi hanno avuto in

mano queste fotocopie [...] e hanno visto [...] come sarebbe diventato il capolavoro finale e dove erano inseriti i calcoli che avremmo dovuto fare, credo che l’80% abbia approc- ciato la cosa con uno spirito decisamente più amichevole, anche perché dal disegno ov- viamente già riuscivano a capire qual era la dimensione che loro avevano e quale invece quella che non potevano misurare con nessuno degli strumenti di misura e che quindi do- vevano calcolare utilizzando lo strumento matematico [...]. Questo mi è successo a maggio [...] e mi ha fatto tirare un respiro di sollievo, perché inizialmente non avevo pro- prio idea di come superare lo scoglio; [...] avevo fatto per due o tre volte la ripetizione della spiegazione, ma avevo visto che almeno per il 40% degli allievi non era servito; continuavano a prendere fedelmente nota di quello che si stava facendo, ma non riusci- vano a collegarlo al calcolo che era legato a questo particolare specifico, che avrebbero dovuto realizzare. [...] Vedendo il particolare in versione tridimensionale [...], hanno ca- pito; [...] e poi questo collega è stato molto bravo, ha fatto tutta una cosa con le ombre, ha evidenziato la parte che dovevano assolutamente calcolare; questo ha aperto loro uno spiraglio di comprensione. [...] I miei allievi hanno molta difficoltà nell’astrazione; qual- cuno c’era arrivato e non capiva come i compagni non capissero; in realtà, questi com- pagni non avevano la capacità o la modalità di immaginare quello che poteva essere il prodotto finale che avrebbero dovuto realizzare (FGMat4/176).

Per quanto consapevoli che “fare scienze” è diverso dal “fare matematica”,

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