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L’art 10 e l’art 62, T U del registro in due pronunzie contrastanti della Corte di Cassazione

RIFLESSI METAFISCALI DEL BOLLO

4. L’articolo 10 dello Statuto dei contribuenti: spunti di riflessione

4.3 L’art 10 e l’art 62, T U del registro in due pronunzie contrastanti della Corte di Cassazione

Nell’ambito delle problematiche connesse con il disposto dell’art. 10, co. 3, ult. parte, Statuto, sembra opportuno aggiungere qualche riflessioni riguardo ad un’interessante pronunzia della S. C274, in considerazione poi del recente cambio di orientamento.

In merito alla pronunzia più risalente, le parti stipulanti un contratto preliminare di compravendita avevano stabilito in una clausola di indicare nel definitivo, a fini fiscali, un prezzo inferiore a quello concordato: tale clausola risultava nulla per violazione degli art. 62 e 72, T. U. di registro, e poichè la Corte di merito ne deduceva l’essenzialità ed applicava gli art. 1418 e 1419, cod. civ., la sanzione si propagava all’intero contratto. La Cassazione riteneva poi di avallare la prospettazione del giudice di secondo grado e confermare la nullità del preliminare.

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Per le problematiche connesse, v. amplius CORDEIRO GUERRA, Problemi in tema di traslazione convenzionale dell’imposta, in Rass. trib., 1988, 475 e ss.

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La decisione ha destato clamore in quanto non in linea con la considerazione generale275 per cui la norma tributaria, in quanto posta a tutela di interessi pubblici settoriali, non pone divieti di carattere civilistico, e quindi un contratto tipico, qual’è quello in parola, pur finalizzato ad evitare l’adempimento di un obbligo tributario, non dev’essere sanzionato con la nullità in considerazione del fatto che realizza un’evasione d’imposta, la quale come illecito tributario riceve un proprio trattamento esclusivamente all’interno del sistema tributario, tanto sul piano della sanzione irrogabile come sul piano dei poteri accertativi in merito al

quantum debeatur.

Le norme tributarie, pertanto, non operano modifiche sulla disciplina civilistica dei contratti cui si riferiscono, ma determinano gli effetti tributari di questi ultimi276. Tale indirizzo trova conforto nella lettura della clausola di salvezza di cui all’art. 1418, co. 1, cod. civ.: la repressione della violazione fiscale non va pertanto ricercata alla stregua dei parametri codicistici degli artt. 1343, 1344 o 1345 - 1418, co. 2, cod. civ., ma in base alla normativa tributaria specifica.

Accennati questi argomenti, il cui approfondimento verrà affrontato in tema di elusione tributaria, bisogna tornare alle problematiche specifiche affrontate nella sentenza. La Corte ha affermato la sussistenza della nullità del preliminare di compravendita per propagazione del vizio contenuto nella clausola ritenuta essenziale e dettata in spregio di articoli specifici del T. U. di registro che costituirebbero “altri casi [di nullità] stabiliti dalla legge” di cui all’art. 1418, co. 3, cod. civ.; per l’art. 62, “i patti contrari alle disposizioni del presente testo unico, compresi quelli che pongono le eventuali sanzioni a carico della parte inadempiente, sono nulli anche per le parti”, mentre per il successivo art. 72 si stabilisce che “se viene occultato anche in parte il corrispettivo convenuto, si applica la sanzione amministrativa […]”.

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Espressa più volte dai giudici di legittimità. V. Cass. 18 aprile 1975, n. 1459; Cass. 27 ottobre 1984, n. 5515; Cass. 5 novembre 1999, n. 12327.

Da una prima lettura dell’art. 62 si evince come esso rechi un caso di nullità particolare277, in quanto applica tale sanzione ad un’ipotesi di simulazione relativa di un elemento del contratto che sarebbe sottoposta al ben diverso trattamento di cui all’art. 1414, cod. civ.; ciò detto, non sembra potersi condividere la posizione della Corte che pare utilizzare la norma in funzione demolitiva di ogni fattispecie negoziale che violi la normativa del registro: per i giudici, la sottrazione di base imponibile, di qualunque entità essa sia, produrrebbe nullità del contratto. Infatti la condotta evasiva, ogni qual volta si verta in tema di registrazione di un contratto, non può che discendere da un accordo contrario alla normativa del registro stretto delle parti stipulanti. Tale ragionamento farebbe tuttavia ricadere tutte le ipotesi evasive sotto il dettato dell’art. 38, T. U. del reg., che disciplina l’indifferenza del prelievo alle ipotesi di nullità o annullabilità dell’atto considerato, e vieta il rimborso nel caso che il vizio sia imputabile alle parti, e nel caso che si esamina la nullità è appunto imputabile a queste ultime.

Per evitare confusioni, è necessario indagare la ratio delle due disposizioni. L’art. 38 mira ad evitare manovre elusive subordinando il rimborso (e quindi il venir meno della fattispecie imponibile) al fatto che la nullità sia accertata da una sentenza passata in giudicato, ovvero la causa di invalidità non sia imputabile alle parti, ovvero ancora che l’atto non sia suscettibile di ratifica, convalida o conferma; è quindi evidente che il legislatore del registro si è qui riferito alla nullità per come disciplinata nel codice civile e vuole evitare che le parti diano vita ad un contratto nullo con lo scopo di sottoporlo alla più mite tassazione in misura fissa. Se questo è il significato dell’art. 38, l’art. 62 non dovrebbe considerare nulli tutti i contratti che in modo generico comportino violazioni delle norme del testo unico, con il risultato di ricaduta nella disciplina del prefato art. 38, ma più verosimilmente sembrerebbe sancire la nullità dei patti, contenuti nei contratti - presupposto dell’imposta, che cerchino di evitare una registrazione obbligatoria oppure di sottrarre uno o più soggetti passivi al pagamento dell’imposta o delle sanzioni. Si tratta in sostanza di

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quell’insieme di ipotesi in cui si attua il tentativo di fuga dall’an debeatur della prestazione tributaria, e non anche delle ipotesi in cui viene posta in essere un’infedele dichiarazione della base imponibile del tributo: questi casi s’inquadrano nelle fattispecie di sottrazione del corrispettivo o del valore dichiarato ed hanno un trattamento sanzionatorio esclusivamente di carattere tributario e regolato dal testo unico.

Affrontata l’analisi di cui sopra, non è mancato chi278 ha affermato che la cesura fra rapporto giuridico privatistico e rapporto d’imposta sia sottolineata dall’art. 10, co. 3, ult. parte, Statuto, arrivando ad affermare un’implicita abrogazione dell’art. 62, T. U. del registro da parte della norma in parola. Tralasciando questo spunto suggestivo, che non trova per ora ulteriore riscontro, non resta che rilevare la pericolosità di certe pronunzie giurisprudenziali che penetrano gli equilibri dettati dal legislatore tributario per risponde ad uno specifico fine mutandoli profondamente, nel tentativo, in questo caso, di estendere la nullità di una singola clausola contrattuale voluta dall’art. 62, T. U. del reg., a tutta la convenzione mediante il meccanismo di propagazione dovuto al giudizio di essenzialità della clausola in parola.

Le considerazioni espresse sopra trovano corpo nella recente pronunzia del 28 fabbraio 2007, n. 4785279, nella quale la Corte affronta la delicata problematica degli effetti della frode fiscale sul negozio civile giungendo ad affermare un principio diametralmente opposto a quello fin’ora esposto. Nel caso di specie, la S. C. ha statuito che la clausola del negozio contenente una pattuizione volta ad eludere l’imposta di registro non comporta la nullità dell’intero negozio, trovando essa sanzione appropriata nell’ambito di quelle specificatamente dettate dall’ordinamento tributario. Con tale pronunzia il S. Collegio si riallinea ai suoi precedenti più risalenti e si dimostra attento a non stravolgere il delicato equilibrio fra sanzione civilistica generale e sanzione propriamente tributaria.

278

FRANCESCHIN, Nullità del contratto per violazione di norme fiscali?, nota a Cass. 7 marzo 2002, n. 3328, in Foro pad., 2003, 276.

4.4 L’art. 10 e il contrasto con la disciplina della l. n. 165/’90.

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