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RIFLESSI METAFISCALI DEL BOLLO

2. La nullità delle scritture immobiliari non registrate.

2.1 la nullità delle promesse verbali di trasferimento

Le prime pronunzie riguardanti la legge del ’41 hanno affrontato l’impatto della normativa fiscale sul tessuto civilistico, ed in particolare l’applicabilità della stessa a figure contrattuali quali la costituzione di servitù210 e le promesse verbali di vendita, e ancora l’applicabilità al diritto del mediatore alla provvigione. I commenti dell’illustre dottrina che ha studiato queste problematiche aiutano peraltro a comprendere e a fissare il contenuto ed i connotati, non sempre pacifici, della comminatoria in questione.

Nel caso delle promesse verbali la giurisprudenza di merito211 aveva stabilito che la nullità di atti privati aventi ad oggetto il trasferimento di registrazione non comprende gli atti inseriti o enunciati o le convenzioni…perché tardivamente presentati alla registrazione’ ”.

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Trib. di Biella, 21 marzo 1942, con commento di MONTEL in Foro It., 1942, I, 569. Il Tribunale, affermando che la norma si applicava solo alle scritture che avessero per oggetto trasferimenti di immobili o di diritti immobiliari, riteneva, interpretando l’art. 1314, cod. civ. (oggi abr.) che la costituzione di servitù non trovasse spazio fra la su richiamate tipologie di contratto; aggiungeva poi che la ratio del provvedimento era legata a contingenze puramente belliche cui restava estranea la tematica delle servitù prediali. Montel smonta i deboli argomenti poiché da un lato sottolinea l’onnicomprensività dell’espressione della legge, e comunque l’appartenenza delle servitù ai diritti immobiliari, dall’altro richiama l’art. 1, lett. d, che esclude dal campo applicativo della legge solo alcuni particolari atti costitutivi di servitù, o comunque contenenti una promessa di costituzione (in particolare per il passaggio di condutture elettriche di gas e di acque, di condutture telefoniche, telegrafiche, e di gomene di funicolari aeree), e pertanto a contrario ricava che l’esclusione non comprende la totalità degli costitutivi di servitù.

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Trib. di Milano, 7 gennaio 1943, con commento di MONTEL, Sulla pretesa validità delle promesse verbali di vendita di diritti immobiliari non registrate, in Foro It., 1943, I, 631.

diritti immobiliari, ove non tempestivamente registrati, si applicava anche alle relative promesse verbali di vendita; la questione prendeva le mosse dalla denuncia di un preliminare orale, nullo poiché non registrato, e non in quanto orale, poiché stipulato anteriormente all’entrata in vigore del cod. civ. attuale (21 aprile 1942) che sancisce all’art. 1351 la nullità dei preliminari che non sono consacrati nelle forme dettate per i relativi definitivi.

Sotto l’impero dell’abrogato codice dottrina e giurisprudenza erano concordi nel ritenere che un preliminare non fosse soggetto agli obblighi formali ad substantiam prescritti dall’art. 1314 per determinati contratti, fra i quali la compravendita, e pertanto la denuncia di invalidità muoveva dall’art. 1, l. 1470/’41. Secondo la Corte di merito, la ratio legis del provvedimento risiedeva nel colpire le speculazioni sugli immobili, ostacolando gli eccessivi investimenti di danaro in questo settore, e raggiungeva tale scopo sottoponendo ad un rigoroso regime fiscale e formale tutti gli atti in relazione con il trapasso dei beni immobili.

Una tale ratio212 imponeva allora una lettura globale delle vicende relative

agli immobili, includendo, al di là del testo letterale, anche le promesse orali, per evitare comportamenti fraudolenti nelle parti contraenti, le quali, tramite l’escamotage dell’oralità, preferivano sopportare il minor inconveniente di una maggior difficoltà in sede probatoria, laddove il legislatore intendeva invece comminare la più grave sanzione della nullità della convenzione stessa.

La pronunzia viene però smentita dalla S. C., nella sent. 9 aprile 1943, n. 838, e ne segue un vivace dibattito dottrinale213. La Cassazione stabiliva che il provvedimento non dovesse trovare applicazione rispetto alle promesse verbali di vendita poiché la lettera della norma comminava la nullità assoluta alle scritture private non autenticate riguardanti beni immobili o alle promesse relative, purchè consacrate nella scrittura: la tesi trovava

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Che peraltro la Corte indaga considerando la Relazione del Ministro delle finanze alla Camera ed il preambolo del R. D.

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riscontro nella novità legislativa introdotta con l’art. 1351, nuovo codice, innovazione fondata sulla circostanza che era incongruo ammettere che colui che avesse concluso verbalmente un contratto per cui lo scritto fosse richiesto a pena di nullità non fosse tenuto a rispettarlo, mentre chi avesse promesso verbalmente la conclusione di un contratto formale dovesse eseguire la convenzione verbale; altro pilastro del ragionamento si fondava nel carattere eccezionale della norma, volta ad arginare gli investimenti immobiliari e ad assicurare la percezione del tributo di registro nei diversi passaggi dei diritti reali; d’altro canto, precisava e concludeva la Corte, non potevano verificarsi evasioni, in quanto si assoggettavano a tributo il negozio traslativo definitivo o, in caso di contestazione, la sentenza.

La decisione della S. C. presta il fianco alle critiche della dottrina. In primo luogo Montel214 ritiene corretta la ricostruzione operata dal Tribunale milanese circa l’identità di principi che sorreggono la promessa verbale e quella scritta, e sulla stessa linea si pone Santoro Passerelli215, per cui è chiara la volontà della legge di assoggettare a nullità non solo i negozi traslativi in parola, ma anche i relativi atti preparatori in chiave antielusiva; sottolinea egli, tuttavia, come all’estensione della comminatoria anche alle promesse verbali non si possa comunque arrivare, non a causa della lettera della legge, ma a causa del “mezzo tecnico” adoperato dal legislatore: se per Montel l’equiparazione riposa sulla circostanza che a monte di una promessa scritta ci deve essere una promessa orale e quindi ove non si ammettesse anche la nullità di quest’ultima si andrebbe in contro ad un’elusione permanente della norma (salvo maggior difficoltà in sede probatoria), per Santoro tale argomento non regge quando la forma di un dato negozio è sussunta come elemento costitutivo del medesimo, e pertanto esso non può validamente formarsi in altro modo; né può rendersi il discorso in termini di conversione, poiché tale figura attiene al contenuto negoziale, che qui non è in discussione. Ciò premesso, poiché la legge non stabilisce una nullità (o anche solo l’inefficacia) originaria della promessa di vendita, finchè non segua la registrazione in termini, ma la nullità

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successiva per difetto di registrazione, sembra a Santoro che questa nullità possa sopravvenire dove la registrazione sia possibile e tuttavia non venga effettuata: non quindi rispetto alla promessa verbale se questa non può essere denunziata o assoggettata a registrazione. La nullità o inefficacia originaria potrebbe estendersi dalla promessa per scrittura privata, testualmente contemplata, alla promessa verbale, salvo che per quest’ultima non potrebbe verificarsi quella causa di convalescenza o di efficacia costituita dalla registrazione; la nullità sopravvenuta, dipendendo dall’evento dell’omessa registrazione, non può invece colpire un negozio se è valido, nel caso in cui la registrazione e quindi l’omissione della medesima siano impossibili. Santoro dunque, pur convenendo nell’identità di presupposto fra promessa verbale e promessa scritta, ritiene che la prima sfugga alla comminatoria della legge, in quanto il mezzo adoperato dal legislatore si rivela non idoneo: il mezzo è quello dell’invalidità successiva, voluto dalla l. n. 1470. Non si tratta infatti di nullità, che dev’essere originaria, poiché il negozio nasce valido, esiste e vincola le parti, né la legge indica nell’adempimento della registrazione una sorta di clausola sospensiva di efficacia del negozio. Tutto ciò premesso, Santoro introduce l’altra questione sollevata dall’applicazione della legge dissentendo dalla giurisprudenza che, non considerando l’importante distinzione da lui sottolineata, dichiara la nullità del contratto non registrato e travolge così il diritto al compenso del mediatore che si era adoperato alla conclusione di quel contratto.

2.2 Il diritto del mediatore alla provvigione in caso di nullità del

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