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IL CONTRASTO ALL’ELUSIONE MEDIANTE IL RIMEDIO CIVILISTICO DELLA NULLITA’

4. La nullità dei negozi per mancanza di causa

Esaurita la tematica dell’influsso comunitario, l’analisi può concentrarsi sugli aspetti più interessanti dal punto di vista civilistico del nuovo orientamento espresso dalla Cassazione.

La Corte, in accoglimento delle pretese delle Amministrazioni ricorrenti si è espressa con argomenti non coincidenti con quelli addotti da queste ultime

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SCHIAVOLIN, L’elusione fiscale come abuso del diritto: allo stato dell’arte, più problemi che soluzioni, in Atti del convegno A.N.T.I, cit., in Il Fisco, 2006, 15016 e ss.

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La Corte di Giustizia semplifica: il caso in esame si configura allorquando nessuna operazione conforme a quanto disposto in materia di detrazione nella VI direttiva o nella legislazione nazionale di essa attuativa avrebbe consentito la detrazione, anche parziale (par. 80).

ed ha dichiarato la nullità dei due contratti di compravendita per difetto di causa, affermando nel contempo che tale vizio emergeva dalla stessa prospettazione offerta dalle parti.

Si può rilevare inizialmente (ripercorrendo l’iter logico argomentativo seguito dai giudici), che nel dividend washing ciò che le parti intendono conseguire è effettivamente il passaggio di proprietà dei titoli, dato che il dividendo è imputabile al titolare dell’azione al momento del distacco della cedola; le parti vogliono quindi attribuire la titolarità della azioni alla società di capitali italiana, in modo che questa consegua i dividendi con credito d’imposta; raggiunto questo scopo con la prima vendita, le azioni vengono rivendute al fondo d’investimento, con conseguente realizzazione di minusvalenza da negoziazione in capo al primo cessionario. Coerentemente, la S. C. non ha negato che le parti volessero realmente traslare la proprietà, e conseguentemente ha scartato l’ipotesi di simulazione oggettiva o di interposizione di persona, ma ha affermato che la mancanza di vantaggio economico importa mancanza di causa. In questa asserzione, parte della dottrina367 ha scorto propriamente una reazione a quei comportamenti che, sfruttando spazi di manovra aperti nel sistema fiscale, mirano ad ottenere sgravi d’imposta che l’ordinamento non ammette. Sul rapporto di proporzionalità di questa reazione si rinvia al paragrafo conclusivo.

La stessa dottrina ha classificato la fattispecie in esame come un’ipotesi di “creazione del fatto in funzione del regime fiscale applicabile”368: le parti non prescelgono uno strumento negoziale per aggirare o manipolare norme fiscali (nel qual caso l’ordinamento reagirebbe con norme antielusive ed inopponibilità dell’operazione all’Amministrazione), ma “creano” un negozio che possa rispondere al dichiarato intento di fruire di un risparmio fiscale, cioè ideano una struttura che non deve conseguire ulteriori risultati economici all’infuori dello spostamento dell’imputazione di un dividendo

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Si può dire anzi che la Corte di Giustizia abbia concettualizzato l’abuso con riferimento ai tributi che fanno parte del comparto c. d. “armonizzato”, e cioè i tributi doganali e l’Iva.

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STEVANATO, Il dividend washing e l’applicabilità dello schema della “sostituzione dei redditi” al percettore dei dividendi: notazioni critiche, in Rass. trib. 1998, 575 e ss. .

da un fondo di investimento (sottoposto a regime forfetario e quindi impossibilitato a fruire di un credito d’imposta) ad una società (viceversa sottoposta a regime analitico e quindi in grado di richiedere il credito d’imposta). Non vi sono motivazioni extrafiscali, la compravendita è realmente voluta, ancorché non persegua ulteriori scopi economici finanziari: su questa precisa circostanza la Corte fonda la decisione di comminare la nullità dell’operazione negoziale.

La dichiarata sanzione ex art. 1418 per mancanza di un requisito essenziale (la causa) mette in luce i seguenti elementi:

a) La mancanza di causa si appunta a due contratti di compravendita, tipici per eccellenza; in questo senso, sembra che la Cassazione rifiuti la configurazione di questo elemento essenziale come funzione economico sociale tipica ed astratta del contratto369, non volendo appiattire la causa sul tipo negoziale; viceversa, la sentenza indaga la possibilità che il contratto con tutti gli elementi tipici e la causa in astratto di una compravendita possa essere carente di causa in concreto. Non è sufficiente la corrispondenza della fattispecie al tipo, ma bisogna scendere al risultato economico in concreto perseguito dalle parti: se esso non è scambio di cosa verso prezzo, il difetto di causa sarebbe evidente. La Corte sembra rifarsi dunque a concezioni della causa in termini di funzione economico individuale del contratto, premessa che le permette la discesa del sindacato al concreto contesto economico.

b) La motivazione meramente fiscale dell’operazione negoziale porta poi il giudice ad affermare il difetto di causa per mancanza di ragioni economiche, in quanto dal collegamento dei due contratti tipici le parti non conseguono concreti vantaggi economici, fatta eccezione appunto per il risparmio fiscale; la mancanza si dovrebbe riferire al collegamento valutato nel complesso delle attribuzioni patrimoniali

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STEVANATO - MORAS, Il momento fiscale nella redazione di nuovi modelli contrattuali, in AA. VV., I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, Torino, 2004, Vol. I, p. 79 e ss. .

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BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, in Tratt. dir. civ. it., diretto da Vassalli, Vol. XV, T. II, rist. corretta della II ed., Torino, 1955, p. 167 e ss. .

reciproche, per cui il contratto è fine a se stesso e non è sorretto da un’operazione economica sottostante. Tanto si evincerebbe dal brevissimo lasso di tempo (un solo giorno) intercorso fra le due vendite, dal collegamento fra i negozi e dalla non significativa differenza di prezzo, che effettivamente era individuabile nel dividendo.

5. Brevi cenni generali sulle più importanti teorie sulla nozione di causa

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