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I rapporti fra l’ordinamento tributario e la legge civile: l’art 2 del progetto di legge

LA LEGGE SULL’IMPOSTA DI REGISTRO DEL

2. I rapporti fra l’ordinamento tributario e la legge civile: l’art 2 del progetto di legge

L’analisi dei contenuti del progetto della prima legge di registro italiana e della discussione generale alla Camera è utile per comprendere l’assetto del nuovo sistema tributario unitario rispetto alle leggi civili, cui ancora il legislatore non aveva messo mano, preso dall’impellenza di reperire danaro per i bisogni dalla nuova Nazione.

Nelle parole del proponente, il ministro Bastogi, non si scorgono particolari preoccupazioni circa l’effetto che la nuova legge d’imposta potrebbe avere sui sette ordinamenti civili sottostanti: è evidente tutt’al più l’esigenza di colmare il grande divario riguardante le formalità cui sono sottoposti gli atti civili nelle diverse regioni, prendendo come modello generale la legge francese, rimeditata alla luce dell’esperienza piemontese - che pur ad essa era debitrice - con gli opportuni correttivi che considerassero il forte impatto sulle province napoletane.

Nel dibattito che si era aperto alla Camera sei mesi dopo, emergevano però una serie di importanti punti di vista circa l’assetto dei rapporti delle due discipline.

Le istanze emerse nella discussione generale danno un’idea di quanto sentito fosse il problema del contatto, nella materia de qua, fra i due rami del diritto i cui rapporti interessano il nostro studio, problema che sarebbe però emerso nella sua reale consistenza nella discussione dei singoli articoli ed in particolare dell’articolo 2 del progetto.

Tale articolo recitava: “La registrazione degli atti ne assicura la legale esistenza, e dà loro data certa”. Il contenuto della norma sembrava effettivamente dar corpo a ben più cospicue preoccupazione rispetto a quelle emerse in precedenza, tanto che numerosi ed incisivi furono gli emendamenti proposti e da più parti sorse anche la richiesta di soppressione dell’articolo.

disposizioni, ed ove è stato necessario dichiararlo, la Commissione non ha mancato di

L’on. Michelini a tal proposito dichiarava che non era una legge di finanza il provvedimento più opportuno per definire gli effetti legali della registrazione. Tale compito andava affidato ad una “legge generale” (scilicet civile) che stabilisse parimenti la natura degli atti e delle scritture.

Effettivamente, tanto nel Codice civile albertino, all’art. 143676, quanto nelle altre leggi civili italiane77, il legislatore si era premurato di stabilire che gli effetti della data certa e l’esistenza legale dell’atto potevano scaturire, fra l’altro e non esclusivamente, a seguito di registrazione; nell’opinione di Michelini non era pertanto competenza del ministro delle finanze stabilire la portata della registrazione, ma lo doveva fare il guardasigilli nell’apposita e diversa sede di un’unica legge civile valida per tutta la Penisola. Si sollevava poi la delicata questione della possibilità che l’art. 1436 e le norme omologhe contenute negli altri codici italiani fossero abrogati dall’articolo della legge d’imposta dall’analogo contenuto, ma posteriore78 e pertanto prevalente in base al consueto canone della lex

posterior. Subordinatamente alla soppressione della norma, il deputato

chiedeva l’aggiunta della parola ”privati” ad atti, poiché l’imprecisione del testo avrebbe potuto condurre alla conclusione che anche per gli atti

farlo”. (ibidem, p. 379).

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Art. 1436, cod. civ. alb.: “La data delle scritture private non è computabile riguardo ai terzi che dal giorno in cui sieno state insinuate, dal giorno della morte di colui o di uno di quelli che le hanno sottoscritte, o dal giorno in cui la sostanza delle medesime resti comprovata da atti stesi da ufficiali pubblici come sarebbero i processi verbali di sigillamento o d’inventario”

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Cfr. art. 2347, Cod. civ. estense: “La data delle scritture private non è computabile rispetto ai terzi, se non che dal giorno in cui sono state prodotte in giudizio, o negli atti di un qualunque pubblico uffizio”; cfr. anche art. 1282, ll. civ. napol. e art. 2278, cod. civ. parmense.

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“Quest’articolo, secondo me, non è solamente inutile, come ho dimostrato, ma è ancora pericoloso. Sarà con quest’articolo abrogato l’articolo 1436 del Codice civile? Tutti hanno dichiarato di no. Ma i magistrati, i quali non istanno alle dichiarazioni che si fanno in questo recinto, ma al testo della legge, possono invocare la massima: lex quod voluit expressit; dunque quando si dice che la registrazione degli atti ne assicura legale esistenza a dà la data certa, ciò vuol dire che gli atti, senza distinzione tra pubblici e privati, perché qui la legge non distingue, i quali non sono registrati, non hanno legale esistenza, né data certa. E siccome questa legge è posteriore al Codice, così si potrebbe ragionevolmente credere che essa abroghi il citato articolo del Codice. E ciò è tanto vero che si sono proposti dei ripieghi per mantenere in osservanza quell’articolo e gli articoli delle altre legislazioni che gli sono omologhi”. Atti Parl., ult. cit., tornata del 18

pubblici la registrazione fosse stata condizione necessaria per ottenere esistenza legale e data certa79.

A proposito della data certa, De Luca sottolineava l’imprecisione del testo della norma nel non specificare rispetto a chi la registrazione avrebbe comportato quest’effetto, e cioè se inter partes o verso i terzi. Quest’intervento si rende particolarmente significativo in quanto sposta il problema dal piano dell’efficacia dell’atto a quello dell’opponibilità dello stesso a chi di esso non è parte e quindi mette a fuoco e distingue due momenti fondamentali che la lettera della norma sembrava non discernere. A tali obiezioni Tonello, relatore della legge, ribatteva che l’art. 2 era semplicemente un’esplicitazione necessaria in quanto, pur trattandosi di una legge finanziaria, si introduceva in molte parti d’Italia una “formalità

nuova”80 da cui scaturiva l’effetto della certezza della data; Duchoqué avanzava un proprio punto di vista molto ardito nel senso che, poiché la norma non pretendeva essere la fonte esclusiva di legale esistenza per gli atti, in quanto non conferiva quest’effetto agli atti che già sono legalmente esistenti, essa era evidentemente da intendersi nel senso che accordava la “la legale esistenza […] a tutti gli atti i quali non l’abbiano altrimenti”81, e

si poneva pertanto come norma di chiusura dell’ordinamento.

Contrariamente si esprimeva Castellano. Egli evidenziava il rischio di incrinare gli equilibri della legislazione civile attraverso l’errata interpretazione della norma, pur sempre contenuta in una legge tributaria82; infatti, considerando l’applicabilità di essa agli atti pubblici, non poteva concludersi che essi ricevessero la loro solennità a seguito dell’adempimento della registrazione, e di questo si offriva un esempio: essendo i pubblici ufficiali, quali notai e cancellieri, allo stesso tempo i

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A quest’opinione aderisce l’onorevole De Luca.

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Ibidem, p. 384.

81

Ibidem.

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“…siamo, lo ripeto, in una legge di finanza, e non dobbiamo seriamente stabilire altro, tranne ciò che concerne l’esazione dei diritti fiscali, che siamo chiamati a votare. Appoggio quindi, ed anzi chiedo espressamente alla mia volta la soppressione di quest’articolo, come quello che potrebbe ingenerare delle ambiguità e delle derogazioni alle disposizioni della legge civile; e poiché la chiesta soppressione non turba l’economia della legge finanziaria, non credo che la Commissione possa rifiutare di acconsentirvi” (ibidem, p. 385).

soggetti preposti all’attribuzione di pubblica fede ad un atto ed esattori dei diritti di registro per conto dello Stato, era sconveniente che la solennità dell’atto potesse dipendere dall’inadempimento negligente del pubblico ufficiale, in quanto le parti contraenti gli avevano in buona fede corrisposto il diritto da versare all’amministrazione fiscale. Ancora, egli riprendeva l’obiezione di De Luca affermando che nei codici civili era nettamente differenziata l’efficacia di un contratto inter partes, che non abbisognava di registrazione, e il regime di opponibilità rispetto ai terzi per il quale era necessaria la registrazione. Precisava in contrario Tonello che la lettera della norma non implicava l’esclusività della registrazione come fonte di esistenza legale e di data certa, né l’abrogazione delle norme civili relative a questo tema, proponendo a tal proposito la lettura dell’art. 2 in combinato disposto con l’art. 89, progetto di legge, a mente del quale: ”La data degli atti per scritture private non potrà essere opposta all’amministrazione del registro, per invocare la prescrizione delle tasse e delle pene incorse, se tali atti non hanno acquistato data certa per la morte di una delle parti od altrimenti, a termine della legge civile”. Tale argomento non convinceva fino in fondo la Camera, che comunque chiedeva ulteriori aggiustamenti della disposizione83, fra le più numerose voci che chiedevano la soppressione. Fra queste, Piroli insisteva sugli effetti paradossali della mancata esplicitazione della circostanza per cui la legale esistenza riguardava i terzi e non anche le parti, ed affermava che l’articolo così formulato avrebbe portato a concludere che anche fra contraenti il contratto non esisteva fino alla sua registrazione; Grandi poi citava la particolare

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Abatemarco proponeva l’aggiunta dell’inciso “a termini delle leggi civili”, mentre Cempini propendeva per una riformulazione che esplicitasse che la registrazione degli atti era uno dei modi per assicurarne la legale esistenza dando loro data certa. Quest’ultima posizione era condivisa da Mazza: “La sola obiezione che io ho sentito muovere contro l’emendamento dell’On. Cempini è quella che presentava l’On. Michelini: ecco che noi andiamo nella legge civile. Ma signori, io stesso sul termine della discussione generale ebbi ieri l’onore di dimostrare alla Camera quanto la legislazione civile fosse connessa colle tasse del registro. E’ impossibile eliminare da tutte le parti di questa legge ogni qualsiasi connessione colla legge civile. D’altra parte, la registrazione di cui parla l’art. 2 produce un effetto il quale è bene che sia scritto nella legge della registrazione medesima. Che cosa c’è di più naturale che scrivere in una legge che riguarda la registrazione, uno degli effetti della stessa registrazione?”.

esperienza francese84 che sconsigliava l’adozione di una norma non utile per l’ordinamento.

Conclusosi l’impegnativo dibattito, la Camera stimava opportuno eliminare la norma in questione, ma le problematiche relative ai delicati equilibri fra legislazione fiscale e diritto civile – questa volta in merito ai profili sanzionatori - erano destinate ad essere discusse per più di dieci anni ancora nelle aule di Montecitorio, in occasione delle revisioni della legge sulla tassa di registro.

A chiusura delle considerazioni di cui sopra, giova richiamare che la norma di cui all’art. 2, stralciata dal testo finale della legge del 1862, è divenuta in seguito un principio cardine dell’imposta di registro, ma con alcuni importanti distinguo. Ed infatti, già alla stregua dell’art. 3, co. 2 R. D. del 30 dicembre 1923, n. 326985, oggi abrogato, “Essa (la registrazione) accerta la legale esistenza degli atti in genere e imprime alle scritture private la certa data di fronte ai terzi”; tale disposizione non aveva impedito alla dottrina86 formatasi su quella legge di affermare che la formalità della registrazione non costituiva punto un requisito essenziale per la validità dell’atto, il quale era già perfetto al momento della sua formazione se il momento genetico osservava i canoni del diritto civile, ma ne sospendeva l’efficacia che la tardiva registrazione gli conferiva ex nunc ai sensi dell’art. 106, T. U. cit. . Simili rilievi sono stati correttamente reinquadrati nelle finalità proprie dell’imposta in parola consistenti nel colpire la ricchezza nel momento in cui essa si manifesta con la stipulazione degli atti: sono quindi secondari gli

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La norma di riferimento è mutuata dalla l. 5 dicembre 1790 (la quale a sua volta si rifà ad un editto del giugno 1581) a mente della quale “l’enregistrament sert pour assurer aux actes leur existence et constater leur date”. Tale norma comportò un consolidato orientamento dottrinario e giurisprudenziale per il quale anche l’atto rogato da notaio non veniva in esistenza che con la registrazione, e in un eventuale conflitto fra rogiti riguardanti lo stesso bene, prevaleva il secondo purchè avesse assolto per primo il pagamento dell’imposta. Tale norma veniva espunta dalla legge di registro con le successive leggi 22 frimaio a. VII e 25 ventoso a. XI. Grandi teme che la citazione della giurisprudenza francese da parte di quella italiana possa provocare gravi inconvenienti.

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Che comunque prende le mosse, per tramite del T. U. del 20 maggio 1897, n. 217, dalla storica l. del 21 aprile 1862, n. 585. V. oggi l’art. 18, d. P. R. del 26 aprile 1986, n. 131, rubricato “Effetti della registrazione: la registrazione eseguita ai sensi dell’art. 16, attesta l’esistenza degli atti e attribuisce ad essi data certa di fronte ai terzi a norma dell’articolo 2704 del codice civile”.

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effetti di cui alla norma in parola. Ed infatti il primo, la “legale esistenza”, riguarda solo la materialità dell’atto, e non offre la prova del suo contenuto, dato che il sunto è schematico ed inerente solo alle convenzioni sottoposte all’imposta; del resto, la netta graduazione viene fuori quando si registrano atti pubblici e giudiziari per i quali gli effetti secondari sono totalmente inutili, restando in primo piano la finalità principale dell’imposizione. Quanto al secondo effetto, quello della data certa di fronte ai terzi, sembrano essere ben pochi i contratti che ricevono la data certa solo mercè la loro registrazione: vi sono infatti le scritture private autenticate che non abbisognano della registrazione, e le scritture commerciali che possono ottenere altrimenti tale accertamento, ed inoltre i casi per cui la data può essere provata in altri modi, ex art. 2704, cod. civ.. Un’attenta dottrina87, constato quanto sopra, ha concluso che gli effetti in parola sono più che altro un retaggio storico nel senso che denotano la primigenia configurazione dell’imposta in parola come tassa versata per fruire di un pubblico servizio, configurazione peraltro gradualmente sfumata nel tempo ma che dà conto della promiscuità terminologica che ha per lungo tempo connotato la “tassa di registro”, anche quando essa era stata riclassificata come imposta.

CAPITOLO II

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