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Brevi cenni generali sulle più importanti teorie sulla nozione di causa del contratto.

IL CONTRASTO ALL’ELUSIONE MEDIANTE IL RIMEDIO CIVILISTICO DELLA NULLITA’

5. Brevi cenni generali sulle più importanti teorie sulla nozione di causa del contratto.

Molteplici le problematiche che emergono, in particolare con riguardo alla nozione di causa.

La causa del contratto non trova positiva definizione nel codice, che si limita a dire che essa è uno dei requisiti del contratto (art. 1325, n. 2, c. c.) e che la sua mancanza o illiceità ne determina la nullità (art. 1418, c. c.). La legge specifica ancora che la causa è illecita quando contraria a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume (art. 1343, c. c.), oppure quando il contratto sia mezzo di elusione di norme imperative (art. 1344, c. c.). Una tale scelta del legislatore, peraltro in linea con il previgente codice del 1865, ha dato adito ad una serie non breve di teorie ed opinioni in dottrina circa il concetto di causa.

Da un punto di vista storico la causa è stata dapprima riferita all’obbligazione (di cui il contratto era considerato fonte esclusiva): in questo senso per causa s’intendeva lo scopo perseguito dal contraente al momento della conclusione di un contratto ed assumeva un connotato di strumentalità al perseguimento dello scopo e della volontà del contraente stesso. Un concetto dunque soggettivo di causa imperniato sull’utilità conseguita e non sul ruolo svolto dal contratto. In seguito, con il focalizzarsi dell’attenzione sulla nozione di prestazione non più su quella di obbligazione, ha preso piede la prospettiva oggettiva del contratto, considerato come strumento per il perseguimento di scopi tratteggiati negli schemi predisposti dall’ordinamento. Grazie a questo passaggio si è pervenuti alla nozione oggettivistica per cui la causa è la funzione cui

assolve il contratto sotto il profilo economico – sociale (la causa come ragione economico – giuridica astratta e tipica del contratto370), oppure per cui la causa è la sintesi degli effetti giuridici essenziali del contratto. Di tale dibattito dottrinale dimostra di risentire il legislatore del 1942, che utilizza il termine causa come sinonimo di tipo contrattuale (v. la Relazione al Codice Civile, n. 613), intendendo la causa come funzione economico – sociale del contratto, causa che assume quindi una connotazione oggettiva.

Il dibattito è fiorito ulteriormente a seguito dell’emanazione del codice. Qualcuno371 ha individuato diverse accezioni del termine causa nel L. IV del codice: la causa del contratto che allude allo scopo pratico (art. 1325, n. 2, e 1343, c. c.); la causa intesa come ragione giustificativa dell’attribuzione (fra gli altri, artt. 2003 e 2041, c. c.); la causa intesa come fattore di invalidità (art.. 1434, 1436, 1438- 40, c. c.) e la causa intesa in senso fisico come fattore determinativo del danno (art. 2043, 2045 e 2049, c. c.). Partendo dalla Relazione al codice372 un altro importante contributo373 al dibattito ne ha sottolineato l’equivocità che ha alimentato le divergenze fra soggettivisti ed oggettivisti. Ai primi verrebbe mosso il biasimo di confondere la causa, intesa come scopo pratico individuale, con il motivo, ossia lo scopo soggettivo del caso concreto. Secondo quest’Autore la causa come scopo pratico individuale va riferito non all’individualità delle parti, ma all’individualità del contratto, per cui la causa diviene lo scopo comune alle parti obiettivato nel contratto. “Non è dunque vero che concependo la causa

come scopo pratico individuale non sarebbe ipotizzabile alcun negozio senza una causa: ché anzi, inserire uno scopo pratico tra i requisiti del contratto significa proprio subordinare il riconoscimento del contratto all’obiettivo manifestarsi di una sua funzionalità economica, negando effetti ad attribuzioni che pretendano di reggersi per così dire su se stesse. Né è

370

Ibidem.

371

ALPA, La causa e il tipo, in I Contratti in generale, Vol. I, a cura di Gabrielli, Tratt. Contr., diretto da Rescigno, Torino, 1999, 485 e ss.

372

Al n. 613 si dice che nell’art. 1345, c. c., il motivo comune alle parti è figura distinta dalla causa, e ancora, che il motivo comune delle parti a contrattare non coincide necessariamente con il loro scopo pratico. I passi, accostati, sembrerebbero differenziare la causa dallo scopo pratico delle parti.

373

vero che intendere la causa come scopo pratico individuale significhi necessariamente contraddire alla distinzione che l’art. 1345 c. c. attesta tra causa e motivo comune: ancora una volta se per scopo pratico individuale si intende scopo del contratto, interesse comune delle parti obiettivato, nel contratto esso si distingue nettamente da ogni altro eventuale movente soggettivo comune ai contraenti, e cioè appunto al motivo comune”374.

Il ritorno su posizioni soggettivistiche non appare allora un mero recupero dell’identità fra la causa e lo scopo soggettivo perseguito dai singoli contraenti, ma introduce lo spostamento della causa da funzione economico- sociale a funzione economico - individuale.

Non è escluso che la causa possa fungere al tempo stesso da ragione giustificativa dell’atto, funzione economica del negozio e intento delle parti: questa possibile coincidenza porta ad un’unità di concetto costituita dall’intento pratico delle parti e dalla funzione oggettiva in concreto svolta dal negozio. Una tale considerazione porta a superare la distinzione tra causa e motivi, esaltando il programma economico concordato dalle parti; inoltre, prende maggior rilievo sia la distinzione fra causa (con riguardo ad ogni singolo contratto) e tipo (come schema astratto) sia la presenza dei parametri di controllo sulla causa, e cioè la sua esistenza in concreto, la rilevanza giuridica e la liceità375.

Altra dottrina contesta l’identificazione della causa con una funzione, che potrebbe riguardare anche gli atti, e non solo i contratti: la teoria funzionale toglie rilievo pratico alla causa, in quanto ogni atto ha una propria funzione: da qui la necessarietà della causa impone una lettura fortemente unitaria del contratto, con conseguente inscindibilità di effetti, infungibilità delle varie cause con corrispondenza della causa al negozio concluso dalle parti, e quindi la necessaria allegazione della causa376.

Altri autori, criticando l’approccio soggettivo alla causa, rilevano però punti deboli della teoria della causa in concreto. Tale teoria infatti mette in risalto

374

Ibidem, p. 537.

375

In questo senso, BIGLIAZZI-GERI, BRECCIA, BUSNELLI, NATOLI, Diritto civile, Fatti e atti giuridici, Torino, 1987, rist. 1989, p. 703.

376

il ruolo fondamentale che la causa assolve nel definire il regolamento di autonomia privata, ma non riesce sempre a dar conto del problema causale sul piano sostanziale e dei rapporti di questo con quello formale del fatto giuridico contemplato dalla norma. La causa è infatti necessaria al contratto dal punto di vista dell’integrazione formale degli elementi previsti a pena di nullità, e dal punto di vista sostanziale del fondamento del regolamento di interessi privati377.

La breve e generale esposizione circa le posizioni dottrinarie ritenute più cospicue in merito alla causa del contratto si deve completare con sintetici cenni circa il pensiero della giurisprudenza.

Un primo orientamento378 identifica la causa del contratto con la funzione economico - sociale che il negozio persegue in modo obiettivo e a cui il diritto riconosce rilievo ai fini della tutela apprestata, e che la definisce ontologicamente distinta dallo scopo particolare perseguito dalle parti in quanto rappresenta lo scopo obiettivo delle parti. Un secondo orientamento379 (cui sembra aderire la sentenza alla nostra attenzione) medita la causa come funzione pratica che le parti hanno attribuito al contratto, tanto che il giudice, allorquando proceda ad identificare il rapporto contrattuale, il nomen e la disciplina, deve procedere alla valutazione “in concreto” della causa, quale elemento essenziale del negozio.

La dottrina, dando lettura alla molteplicità delle decisioni giurisprudenziali (di cui si è dato sopra un minimo cenno) ha formulato alcune osservazioni. In primo luogo, vi sono diverse definizioni di causa, tanto nel senso generale di causa come istituto del diritto dei contratti, quanto in senso specifico di causa speciale delle singole operazioni contrattuali afferenti ad un tipo ovvero atipiche. Si nota quindi, nell’evoluzione giurisprudenziale seguita al varo del codice civile, l’emergenza e la convivenza al fianco della teoria della causa come funzione economico - sociale di bettiana memoria,

377

LA PORTA, Il problema della causa del contratto, I, La causa ed il trasferimento dei diritti, Torino, 2003, p. 23.

378

Cfr. Cass. 15 luglio 1993, n. 7844 e 4 aprile 2003, n. 5324.

379

di posizioni più articolate che si rifanno a dottrina quali quella di causa come funzione economico - individuale380, e ancora di causa come essenza del contratto381 (e quindi, in definitiva, con confusione di causa con l’atto di autonomia che si esprime nel contenuto negoziale tout court); in prosieguo, sono sorti indirizzi di tipo misto, che guardano la volontà delle parti, la funzione del negozio e gli scopi tipici dell’operazione382; altrove si sono offerte definizioni di causa con riguardo a singole operazioni383, mentre il concetto di causa è stato strumentalizzato per qualificare il contratto per controllare la compatibilità di esso o di sua clausole al tipo384, anche per riequilibrare le prestazioni dedotte385 in contratto.

6. La nozione di causa del contratto accolta dalla sentenza n. 20398. Il

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