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Articolo 3 della CEDU, la previsione convenzionale contro la tortura.

In ambito della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la proibizione della tortura e delle pene e trattamenti disumani o degradanti è contenuta all’interno dell’articolo 396 della stessa. Nonostante a tale enunciato si attribuisca una portata di carattere assoluto97 e non si consentano né eccezioni e né limitazioni ai diritti garantiti, questo non impiega alcun 92 Preambolo CEDU. 93Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Norvegia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito,Svezia, Turchia.

94a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 24 settembre 1955 della Legge 4 agosto 1955 n. 848 portante la ratifica della Convenzione CEDU e del protocollo aggiuntivo firmato a Parigi il 20 marzo 1952.

95Le sentenze n. 348 e n. 349 della corte costituzionale del 2007 chiariscono la portata e gli effetti del limite del rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, previsto dall’art. 117, primo comma, Cost. quale limite per la potestà legislativa statale e regionale, con riferimento alle norme della CEDU.

96Articolo 3 CEDU: “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o

trattamenti inumani o degradanti”.

97 MICHAEL K. ADDO and NICHOLAS GRIEF. Does Article 3 of the European

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termine da cui si possa far derivare l’assolutezza della proibizione in esso contenuta.

La risoluzione della discrasia appena enunciata, è semplificata dai lavori preparatori, dall’articolo 15 della CEDU e dalla giurisprudenza della Corte e della Commissione.

L’articolo 1598 prevede, al primo comma, la possibilità di derogare al rispetto dei diritti garantiti dalla Convenzione nei c.d. casi di “stato di

urgenza” quindi, quando ricorre la duplice condizione dell’esistenza di

un pericolo pubblico minacciante la vita della nazione e della necessità della misura derogativa, al secondo comma invece, specifica come non siano autorizzate deroghe ai diritti previsti dagli articoli 2, 3 e 4 della Convenzione anche se in presenza delle condizioni emergenziali indicate nel comma 1.

L’assolutezza del diritto garantito dall’articolo 3, oltre che dal successivo articolo 15, si evince anche dai lavori preparatori99 in

quanto in essi si indica che il delegato del Regno Unito, in seno alla Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, M. Cocks, esortava i relatori della Convenzione a vietare ogni forma di tortura da chiunque e per qualunque motivo posta in essere: “(l’Assemblea Parlamentare) ritiene che tale proibizione debba essere assoluta e che la tortura non possa essere consentita per nessuno scopo, né per scoprire prove, né per salvare la vita e neanche per la sicurezza dello Stato”.

La portata assoluta dell’articolo 3, inoltre, è stata numerosamente affermata nella giurisprudenza degli organi di tutela della Convenzione: “Anche nelle circostanze più difficili, quali la lotta al

terrorismo o al crimine organizzato, la Convenzione proibisce in termini assoluti la tortura e le pene o i trattamenti disumani o

98 Articolo 15 Deroga in caso di stato d’urgenza: 1. In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte contraente può adottare delle misure in deroga agli obblighi previsti dalla presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in conflitto con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale. 2. La disposizione precedente non autorizza alcuna deroga all’articolo 2, salvo il caso di decesso causato da legittimi atti di guerra, e agli articoli 3, 4 § 1 e 7.

99 A. ESPOSITO, Proibizione della tortura in BARTOLE S. - CONFORTI B. (a cura

di), Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Padova, 2001, pp. 49 ss.

56 degradanti (…) il divieto di tortura o delle pene o trattamenti disumani o degradanti è assoluto, quale che sia la condotta della vittima”100. 2.1 Articolo 3 della CEDU e tecnica di protezione c.d. par ricochet.

La diretta formulazione dell’articolo 3: “Nessuno può essere

sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”,

ha permesso un’ampia interpretazione della sua portata e del suo contenuto da parte della giurisprudenza convenzionale delle Corte, tanto da divenire norma individuante un genus entro il quale ricondurre diverse specie di violazioni101.

La Corte, nell’estendere il campo di applicazione di tale disposizione, ha elaborato ed utilizzato la tecnica di protezione c.d. par ricochet, ovverosia indiretta, al fine di valutare la conformità alla Convenzione anche di istituti o di pratiche che non rientravano direttamente nel campo di applicazione dell’articolo 3 causando così l’effetto graduale di estensione degli obblighi derivanti dalla disposizione in questione102.

La previsione e l’applicazione di tale tecnica ha permesso di colmare delle lacune della Convenzione, soprattutto nei settori delle condizioni della detenzione e delle misure nei confronti degli stranieri, i quali erano, inizialmente, situati esternamente rispetto il diritto convenzionale.

Attraverso il caso Soering103, infatti, si ha la consacrazione da parte della Corte di tale sistema di protezione nonostante la Commissione avesse già applicato in modo estensivo l’articolo 3 enunciando la c.d.

teoria delle libertà implicite104 e sostenendo che “se la materia

dell’estradizione, dell’espulsione e del diritto di asilo non rientrano tra quelle espressamente previste dalla Convenzione, gli Stati contraenti hanno nondimeno accettato di restringere i poteri loro conferiti dal diritto internazionale generale ivi compreso quello di controllare l’ingresso e l’uscita degli stranieri, nella misura e nel limite degli obblighi che essi hanno assunto in virtù della Convenzione ed in

100 Corte, 6 aprile 2000, Labita c. Italia, par.119. 101 A. ESPOSITO, Proibizione della tortura, p. 55. 102 LAUSO ZAGATO, La tortura del nuovo millennio la reazione del diritto, p. 183. 103 Corte 7 luglio 1989, Soering c. Regno Unito. 104 Commissione rapp. X c. Repubblica Federale Tedesca, n. 6315/73.

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particolare all’articolo 3, quando ci sono serie ragioni di credere che quello sarà sottoposto nello Stato di destinazione a trattamenti proibiti da questo articolo”.

Nel caso Soering infatti la Corte, riprendendo la precedente giurisprudenza della Commissione, ha affermato che l’esercizio di alcuni poteri da parte degli Stati contraenti, pur concernendo materie non direttamente interessate dalla Convenzione, deve tuttavia svolgersi nel rispetto dei diritti garantiti dalla stessa, ed in particolare in osservanza dell’articolo 3105.

In conclusione, quindi, la giurisprudenza europea ha statuito che, anche se le condizioni della detenzione o una decisione di espulsione di uno straniero non violano alcun diritto espressamente previsto dalla Convenzione, esse possono causare la violazione di alcuni diritti convenzionali e segnatamente dell’articolo 3.

Di fondamentale importanza è infine indicare come dalla previsione dell’articolo 3 e dalla tecnica del par ricochet, sia scaturito come principale effetto indiretto quello di aggiungere agli obblighi negativi degli Stati, indicati dall’enunciato in esame, quelli positivi106.

3 La previsione in negativo dell’articolo 3 e gli