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Il riconoscimento costituzionale del divieto di tortura.

All’interno del nostro testo costituzionale del 1948, il reato di tortura è il solo ad essere imposto e preteso ai sensi dell’articolo 13, che sancisce al suo quarto comma: “E` punita ogni violenza fisica e morale

sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”.

Il fatto che all’interno della Costituzione non si prevedano altre fattispecie criminose, oltre a quella sopracitata, indica come “l’esperienza della tortura” non fosse sconosciuta a molti Costituenti. Dunque, “la tortura è l’unico delitto costituzionalmente necessario”224 e la ratifica da parte dell’Italia di trattati e convenzioni che la vietano, obbedisce, quindi, ad un dovere di coerenza costituzionale in quanto è con l’entrata in vigore della nostra Carta fondamentale del’48 che sorge l’imperativo legislativo di vietare la tortura e criminalizzarne il ricorso225. In conformità con tale enunciato costituzionale e il

consequenziale divieto, sia nazionale che sovranazionale, l’Italia è parte della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948; della Convenzione di Roma per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali dl 1950; del Patto internazionale di New York sui diritti civili e politici del 1966; della Convenzione europea di Strasburgo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti del 1988; della Convenzione ONU contro la tortura ed altri trattamenti e pene crudeli, inumane e degradanti c.d. CAT del 1984 e del suo Protocollo opzionale di New York del 2002 e infine è parte della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000.

Eppure, nonostante quanto enunciato da tale disposizione costituzionale, dai relativi obblighi internazionali in materia e dal tanto discusso disegno di legge n. 849 (d’iniziativa dei senatori Buccarella, Airola, Cappelletti e Giarrusso, comunicato alla presidenza

224 P. GONNELLA, Un reato fantasma ma è l’unico chiesto dalla Costituzione, ne il manifesto, 18 maggio 2012.

225ANDREA PUGIOTTO. Repressione penale della tortura e costituzione:

anatomia di un reato che non c’è. Riv. Diritto penale contemporaneo febbraio/2014. pp. 133-134.

93 il 19 giugno 2013226) nel sistema penale italiano non si ha ancora una regolamentazione del reato in esame.

2 La necessaria introduzione del reato di tortura

nel nostro Paese come attuazione degli obblighi

internazionali: raccomandazioni del Comitato

dei diritti umani.

Nelle osservazioni conclusive sul quarto rapporto periodico dell’Italia, formulate dal Comitato dei diritti umani, si indicava, sotto la rubrica “principal subjects of concern” il necessario intervento legislativo italiano su alcune questioni tra le quali veniva segnalata l’introduzione nel codice penale di un reato di tortura “as defined in International

law227” (art.7)228. In tali conclusioni, inoltre, si faceva riferimento ad una “inadequacy of sanctions against police and prison officers why

abuse their powers”229.

L’introduzione di un reato specifico di tortura nel nostro ordinamento era già stata raccomandata dal Comitato dei diritti umani nelle osservazioni conclusive sul terzo rapporto dell’Italia, infatti, in seguito a tale raccomandazione, nel quarto rapporto, il Governo italiano aveva informato che “the competent authorities and the Parliament

are studying the implications of the procedures necessary to put into effect two of the most relevant recommendations of the Human Rights Committee”, ivi compresa “…. The insertion of the crime of torture in the Italian criminal system”230.

226 Senato della Repubblica, XVII legislatura, Disegno di legge n.849: introduzione del reato di tortura nel codice penale.

227 Human Rights Committee, Consideration of reports submitted by State Parties under art 40 of the Covenant, Concluding Observation of Human Rights Committee, Italy, CCPR/C/79/Add.94, n. 21.

228 ANTONIO MARCHESI. L’attuazione in Italia degli obblighi internazionali di

repressione della tortura, p. 463 ss.

229 Human Rights Committee, Consideration of reports submitted by State Parties under art 40 of the Covenant, Concluding Observation of Human Rights Committee, Italy, CCPR/C/79/Add.94, n. 15.

230 Human Rights Committee, Consideration of reports submitted by State Parties under art 40 of the Covenant, Fourth periodic reports of States parties due in 1995, Italy, CCPR/C/103/Add.4, n.9.

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I rappresentanti italiani, inoltre, per fornire ulteriori chiarimenti in seguito alle sollecitazioni del Comitato, hanno sostenuto che l’assenza di un reato specifico di tortura non costituisce ostacolo alla punibilità con pene severe di tutti gli atti di tortura o di maltrattamento nel nostro Paese231 ed hanno anche precisato che il Comitato interministeriale per i diritti umani aveva raccomandato che “that the

Government should consider incorporating a specific offence of torture in the Criminal Code”.

Infine, il rappresentante italiano ha fatto riferimento ad un presunto

ostacolo “d’ordre techinique” alla introduzione di un reato specifico di

tortura nel nostro ordinamento poiché l’elemento della intenzionalità, contenuto nella definizione della Convenzione del 1984, potrebbe comportare, nel caso in cui tale definizione venisse accolta nel nostro ordinamento, una limitazione della punibilità dei responsabili di tortura; egli ha infatti affermato che “there were plants to table a bill

whisch would introduce torute into the Criminal Code a san aggravatins circumstance, thereby enhancing rather than modifying the existing regime”232. In seguito a tale chiarimento posto in essere

dal rappresentante, alcuni membri del Comitato dei diritti umani si sono dichiarati insoddisfatti di tali spiegazioni in quanto è essenziale, secondo quest’ultimi, per un’efficace protezione dei diritti umani “that torture be specifically classified as a crime”233.

All’interno del rapporto dell’Italia al Comitato dei diritti umani si è fatto riferimento, nel corso della discussione, al combinato disposto dall’articolo 7 del Patto sui diritti civili e politici che enuncia “no one

shall be subjected to torture or to cruel, inhuman or degrading treatment or punishment”, con l’articolo 2 paragrafo 2, dello stesso,

che indica “where not already provided for by existing legislative or

other measures, each State party to the present Covenant undertakes to take the necessary steps, in accordance with its constitutional processes and with the provisions of the present Covenant, to adopt such legislative or other measures as may be necessary to give effect to the rights recognized in the present Covenant”.

231 Revisione del Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite. Doc. CCPR/C/SR.1679 n. 20.

232 Revisione del Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite. Doc. CCPR/C/SR.1679 n. 21.

233 Revisione del Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite. Doc. CCPR/C/SR.1679 n. 47.

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La disposizione di adottare “such legislative or other measures as may

be necessary (…)" in combinato con l’articolo 7, non indica

necessariamente l’obbligo di introdurre un reato specifico di tortura; questo perché, in generale, gli obblighi imposti dal Patto sui diritti civili e politici hanno un contenuto più generale rispetto a quelli imposti dalla CAT, che sono più specializzati, e di conseguenza tendono a lasciare agli Stati parti una certa libertà nella scelta dei mezzi di attuazione.

In conclusione, quindi, non si può affermare che la previsione di un reato di tortura specifico sia una misura che debba essere necessariamente adottata in tutti gli Stati parti che hanno ratificato il patto in questione, la scelta di introdurre tale reato è rimessa, infatti, alle autorità di ciascuno Stato, anche alla condizione che esse dispongano di mezzi alternativi adeguati per “dare effetto” al diritto a non subire torture. Si deve però precisare come la previsione del reato in esame faciliterebbe l’attuazione dell’obbligo di divieto di tortura anche se non è imposta dal Patto sui diritti civili e politici. 2.1 La necessaria introduzione del reato di tortura nel nostro Paese come attuazione degli obblighi internazionali: raccomandazioni del Comitato contro la tortura. In relazione alla adeguatezza o meno delle sanzioni per abusi compiuti dalle forze di polizia italiana e alla questione della mancata introduzione di un reato di tortura in Italia, si è più volte pronunciato il Comitato contro la tortura. Con la presentazione del rapporto iniziale dell’Italia a tale Comitato, i rappresentanti italiani hanno sostenuto che i comportamenti disciplinati dalla Convenzione contro la tortura del 1984 erano già previsti come reati dalle leggi penali in vigore234. Essi hanno inoltre sostenuto che il carattere self-executing

delle norme proibitive della tortura, enunciate in alcuni trattati internazionali ratificati dall’Italia, avrebbero reso superflua una riformulazione del divieto in questione nell’ordinamento interno, infatti i rappresentanti del nostro Paese hanno affermato che “The

offence of torture, as such, is not provided for in the Italian system. After Italy’s ratification of the International Covenant on Civil and

234 CAT, Consideration of reports submitted by States parties under art.19 of the Convention, Initial reports of States parties due in 19901, Italy CAT/C/9/Add. 9 n. 36.

96 Political Rights, and the European Conventions on Human Rights and on Torture, the problem arose at both the parliamentary and doctrinal levels as to whether it was necessary for the Italian system of criminal law to contain rules relating to torture and specifically to establish the offence of torture … 33…the conclusions of the debate were essentially that the treaty norms already in existence in this field are directly applicable and it therefore does not appear necessary specifically to establish the offence of torture in Italian law”235.

A causa di tale affermazione, diversi membri del Comitato contro la tortura, essendo in disaccordo con il fatto che la natura self-executing delle norme sopracitate permettesse una piena attuazione degli obblighi previsti dalla Convenzione, e ritenendo che la tortura psicologica fosse trascurata, hanno raccomandato all’Italia di prendere in esame l’ipotesi di definire il reato in esame nel codice penale.

Tale questione fu nuovamente oggetto di discussione nel secondo rapporto italiano al Comitato contro la tortura, in cui si conclude che “all acts of torture are considered as infringements of the Italian

criminal law”236 in quanto “the Italian legal system provides that such acts as beating (penal code, art 581), bodily harm (penal code, arts 582,583), criminal coercion (penal code, art 610) threatening (penal code art, 612) and kidnapping (penal code, art 605) are criminal offences”237. Il relatore per l’Italia, Gil Lavedra, proponendo precise

obiezioni, ha affermato, con riferimento all’obbligo indicato dall’articolo 4 della CAT di prevedere la tortura come reato, che questo costituisce “… l’un des rare cas où une disposition ne pouvait

être directement applicable, mais nécessitait une loi établicant l’infraction et fixant la sanction, en vertu du principe nullum crimen, nulla poena sine lege”. Egli inoltre, in relazione alle figure ordinarie di

reato, che secondo i rappresentanti italiani coprirebbero tutti i casi di tortura, ha sostenuto che non si tratterebbe che “ des fragments

épars de la définition de la torture” e che “ces infractions sont pour la plupart mineures et n’entraînent que des peines légères”. 235 Committee against torture, Initial reports if States parties Italy. 236 Committee against torture, Consideration of reports submitted by States parties under Article 19 of the Convention, Second periodic reports of States parties in due 1994 Italy, CAT/C/25/Add. 4 n. 5. 237 Committee against torture, CAT/C/SR.214 n. 19.

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La Convenzione, invece, richiederebbe che “ce soit le concept même

de torture qui soit repris dans la législation et que le châtiment soit proportionné à la gravité de l’infraction"238 ; quindi, in definitiva, solo la previsione legislativa della specifica condotta vietata consentirebbe l’inflizione di pene adeguate e, dunque, il Comitato ha espresso nuovamente l’auspicio che l’Italia continui ad esaminare “the

possibility of including in its criminal law concept of torture set out in the Convention”239.

In conclusione, quindi, di fronte alla raccomandazioni del Comitato dei diritti umani e del Comitato contro la tortura di introdurre un reato specifico nel nostro ordinamento, i rappresentanti italiani da un lato non avevano escluso tale eventualità e dall’altro avevano sostenuto che non era indispensabile procedere alla formulazione di tale norma ad hoc. In relazione a quest’ultima affermazione, per un verso si affermava che modifiche dell’ordinamento interno finalizzate all’introduzione di un reato di tortura si sarebbero verificate per effetto dell’ordine di esecuzione degli accordi sovranazionali e, per altro verso, si sosteneva che l’ordinamento italiano era conforme all’obbligo in esame in virtù della presenza di una serie di figure criminose non specifiche240.

Come già affermato, in base alla tesi secondo cui gli atti di tortura sarebbero tutti previsti nel nostro sistema, in quanto reati ordinari, sono state poste in essere delle critiche da parte del Comitato contro la tortura in quanto appare difficile che la tortura moderna, caratterizzata soprattutto dal fatto di colpire l’integrità psichica e morale della vittima, possa essere adeguatamente tipizzata attraverso fattispecie che possono essere considerate come “frammenti

sparsi”241 della definizione di tortura.

In relazione, invece, alla tesi secondo cui la norma della CAT sia self-

executing, il relatore per l’Italia del Comitato contro la tortura ha

sostenuto che, in virtù del principio di legalità, la norma in esame non 238 Committee against torture, CAT/C/SR.214 n. 19. 239 Committee against torture, Consideration of reports submitted by States parties due in 1994, Italy, UN doc. A/50/44, n. 157. 240 ANTONIO MARCHESI, L’attuazione in Italia degli obblighi internazionali di repressione della tortura, p. 467 ss. 241 Percosse, lesioni, violenza privata, minacce, sequestro di persona.

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sarebbe “directement applicable”242. Il rispetto del principio di legalità non comporta l’impossibilità di considerare già penalmente vietate nel nostro ordinamento la fattispecie enunciata dall’articolo 1 della CAT, la problematica consiste nella necessaria individuazione, nel nostro sistema penalistico, delle sanzioni penali previste per chi si renda responsabile di tali atti di tortura. 2.2 La necessaria introduzione del reato di tortura nel nostro Paese come attuazione degli obblighi internazionali e la relativa individuazione e introduzione delle sanzioni penali.

Il combinato disposto degli articoli 1 e 4 della CAT, impone sia l’obbligo di prevedere la tortura come reato specifico, distinto quindi da ogni altra fattispecie criminosa che, di fissare pene severe in relazione a quest’ultimo e di stabilire un ampio ventaglio di criteri giurisdizionali.

L’articolo 4 secondo comma della CAT, infatti, stabilisce che gli atti previsti di tortura dovranno essere “punishable by appropriate

penalties which take into account they grave nature”. Dunque, si

potrebbe ribadire la tesi secondo cui sarebbe difficile ritenere che l’obbligo di imporre pene sufficientemente severe possa essere attuato, in modo soddisfacente, tramite riferimento a un insieme di reati generici solo in parte corrispondenti agli “acts of torture”243. L’articolo 5 della CAT stabilendo che “ Each State Party shall take such

measures as may be necessary to establish its jurisdiction over the offences referred to in article 4 in the following cases: (a) When the offences are committed in any territory under its jurisdiction or on board a ship or aircraft registered in that State; (b) When the alleged offender is a national of that State; (c) When the victim is a national of that State if that State considers it appropriate. 2. Each State Party shall likewise take such measures as may be necessary to establish its jurisdiction over such offences in cases where the alleged offender is present in any territory under its jurisdiction and it does not extradite him pursuant to article 8 to any of the States mentioned in paragraph I of this article. 3. This Convention does not exclude any criminal

242 Committee against torture, Consideration of reports submitted by States parties due in 1994, Italy.

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jurisdiction exercised in accordance with internal law”; enuncia quindi,

che gli Stati parti hanno l’obbligo di esercitare la propria giurisdizione penale su pretesi atti di tortura, a meno che non concedano l’estradizione dell’accusato, in base ad un ventaglio di criteri più ampio di quello comunemente applicato.

In conformità a tale disposizione, la legge n. 498 del 1988 di esecuzione della CAT, dedicava una norma ad hoc all’art 5 della Convenzione del 1984 secondo la quale “E’ punito, secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro di grazia e giustizia: a) il cittadino che commette all’estero un fatto costituente reato che sia qualificato atto di tortura dall’art. 1 della CAT; b) lo straniero che commette all’estero uno dei fatti indicati nella lettera a) in danno di un cittadino italiano; c)lo straniero che commette all’estero uno dei fatti indicati alla lettera a), quando si trovi sul territorio dello Stato e non ne sia disposta l’estradizione”244. Attraverso l’enunciato “un fatto costituente reato che sia qualificato atto di tortura dall’articolo 1 della CAT”, la legge di

esecuzione n. 498 indica che la giurisdizione italiana debba estendersi, al di là dei casi in cui il giudice penale ne sarebbe investito ai sensi delle regole generali, alle tre ipotesi del cittadino che commette reato all’estero, dello straniero che commette reato all’estero ai danni di un cittadino italiano e dello straniero che commette reato all’estero e si trovi sul territorio dello Stato, ogniqualvolta sia commesso uno di quei reati che vengono integrati dalla fattispecie di tortura.

La difficoltà derivante da tale prescrizione normativa, e che non si porrebbe in caso di previsione del reato di tortura come reato specifico in Italia, è data dal fatto che il giudice italiano sarebbe tenuto ad esercitare la propria giurisdizione universale nei confronti di persone imputate di reati che, in quanto tali, sono pur sempre illeciti penali “ordinari”, non appartenenti in modo evidente alla categoria dei “crimini di diritto internazionale”.

In definitiva, quindi, l’attuazione sia dell’obbligo di stabilire pene severe per i colpevoli di atti di tortura che, dell’obbligo di esercitare la giurisdizione penale sugli atti di tortura nei termini ampi previsti dalla Convenzione, prevedono l’esistenza di un reato di tortura specifico.

244 Legge del 3 novembre 1988 n. 498. Ratifica ed esecuzione della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, firmata a New York il 10 dicembre 1984. Art. 3.

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