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Avvenimenti all’interno della scuola Diaz: le

costituzionalmente al quale non corrisponde un’adeguata disciplina.

3 Avvenimenti all’interno della scuola Diaz: i fatti indicati nella sentenza.

3.1 Avvenimenti all’interno della scuola Diaz: le

considerazioni del tribunale e la risposta giudiziaria.

Secondo il collegio giudicante, i vertici delle forze dell’ordine ritennero, ingiustificatamente, che all’interno della scuola si potessero ritrovare i responsabili delle devastazioni e dei saccheggi dei giorni precedenti o, quantomeno, le armi utilizzate da questi ultimi, ciononostante la decisione di procedere alla perquisizione fu assunta nel rispetto della legge. 351 Tribunale di Genova, sezione III, sentenza del 14 luglio 2008, motivazioni di Bolzaneto p. 41. 352 Tribunale di Genova, sezione III, sentenza del 14 luglio 2008.

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La sentenza in questione riporta che “ciò che invece avvenne non solo

fuori di ogni regola e di ogni previsione normativa ma anche di ogni principio di umanità e di rispetto delle persone è quanto accade all’interno della Diaz Pertini. Ed è invero, anche qualora le forze dell’ordine fossero state fondatamente certe che all’interno dell’istituto si trovassero esclusivamente appartenenti al black block o comunque pericolosi terroristi, non sarebbero state per nulla autorizzate, neanche in tale ipotesi, a porre in essere le violenze descritte dalla vittime e a picchiare indiscriminatamente tutti coloro che vi si trovavano, qualora questi non avessero posto in essere atti violenti nei loro confronti353”.

Nonostante la pronuncia della Cassazione354 che ritiene, alla presenza

di alcuni requisiti, legittimo l’uso delle armi, i giudici di Genova rilevarono come “la violenza posta in essere dalle forze dell’ordine non

fosse, almeno nella maggior parte dei casi, diretta a superare specifici atti di resistenza” in quanto “non vi è in atti alcuna prova di generali e diffusi atti di resistenza violenta posti in essere nei confronti delle forze dell’ordine, ma semmai, soltanto di alcuni isolati episodi”355. I

membri del collegio concludono, infine, che “anche tali singoli atti

violenti comunque non avrebbero potuto giustificare l’uso della forza in modo indiscriminato nei confronti di quasi tutti coloro che si trovavano nella scuola, ma, come si è detto, nei soli confronti di coloro che si fossero violentemente opposto alle forza dell’ordine”356.

È rilevante, inoltre, come i giudici della prima sezione siano dell’avviso che la condotta degli agenti abbia tratto origine dalla consapevolezza degli stessi di agire nella certezza dell’impunità, infatti, la circostanza che né i capisquadra, né il comandante C. o il suo vice F., probabilmente presenti all’interno dell’edificio durante le violenze, non abbiano fatto nulla per impedirle e, soprattutto, la mancata denuncia da parte di quest’ultimi delle violenze medesime, valgono secondo il Tribunale come presupposto per affermare l’esistenza di un

353 Tribunale di Genova, sezione III, sentenza del 14 luglio 2008 p.312. 354 Cassazione penale sezione IV, sentenza 15 novembre 2007; "perché possa

riconoscersi la scriminante dell’uso legittimo delle armi, quale prevista dall’articolo 53 c.p., occorre: che non vi sia altro mezzo possibile; che tra i vari mezzi di coazione venga scelto quello meno lesivo; che l’uso di tale mezzo venga graduato secondo le esigenze specifiche del caso, nel rispetto del fondamentale principio di proporzionalità”.

355 Tribunale di Genova, sezione III, sentenza del 14 luglio 2008, p. 313. 356 Tribunale di Genova, sezione III, sentenza del 14 luglio 2008, p.312.

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accordo tra gli imputati appartenenti al VII nucleo e, conseguentemente, a ritenere provata la responsabilità degli stessi a titolo di concorso morale nelle lesioni poste materialmente in essere dai loro subordinati e dagli agenti degli altri reparti.

A sottolineare quanto appena detto si ha la breve relazione redatta dal Comandante C., su richiesta del questore nell’immediatezza dei fatti, la quale, attraverso l’omissione di determinate circostanze e la descrizione generica di altre, forniva al lettore l’errata impressione che le forze dell’ordine si fossero limitate a contrastare la vigorosa resistenza posta in essere dai no global; si inserisce in tale contesto in quanto “la finalità di assicurare l’impunità agli autori materiali degli

abusi alla quale essa era ispirata si saldava, invero, con quella ulteriore di corroborare l’ipotesi investigativa posta alla base dell’operazione”357 ; tale rilievo ha consentito ai giudici di ritenere provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità dello stesso C. anche per i reati di falso ideologico commesso in atto pubblico dal pubblico ufficiale e calunnia.

Il collegio, invece, non ritiene che i sottoscrittori della notizia di reato e dei verbali di perquisizione, di arresto e di sequestro siano stati pienamente consapevoli di quanto accaduto, questo è stato dedotto sia a causa della falsità di quanto riferito in relazione alla violenta azione di contrasto da parte di coloro che si trovavano nell’edificio che dall’infondatezza dell’ipotesi investigativa prima esaminata. In conclusione, in relazione alla risposta giudiziaria, solo tredici dei ventinove imputati furono condannati: C. fu condannato a quattro anni di reclusione per i delitti di falso ideologico in atto pubblico commesso da un Pubblico Ufficiale, di calunnia e di lesioni aggravate; F. fu condannato a due anni per il delitto di lesioni aggravate e per il medesimo reato, furono condannati anche gli otto capisquadra del VII nucleo; mentre F., l’unico degli esecutori delle violenze che fu identificato, fu condannato a un mese di reclusione per il reato di percosse; infine T. e B. furono condannati rispettivamente a tre anni e a due anni e sei mesi di reclusione per i delitti di calunnia e porto abusivo d’arma da guerra e, solamente T. di falso ideologico in atto

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pubblico commesso da pubblico ufficiale. Gli altri imputati furono invece assolti358.

A causa della inadeguatezza del nostro sistema che, in quanto privo della fattispecie relativa alla tortura, ha dato luogo alla “impunità” di tali aberranti atti è intervenuta la Corte di Strasburgo sia perché, ai sensi dell’articolo 35 della CEDU, l’esaurimento delle vie di ricorso interne è stato infruttuoso che perché si è in presenza di una palese violazione dell’articolo 3 della CEDU.

4 Le motivazioni del necessario intervento della

Corte di Strasburgo. Violazioni dirette

dell’articolo 3 della CEDU.

Ai sensi dell’articolo 35 della CEDU, denominato come “condizioni di ricevibilità”, la Corte “non può essere adita se non dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne, come inteso secondo i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva”.

Per la giurisprudenza consolidata di Strasburgo, nel caso in cui gli autori materiali delle violazioni dell’articolo 3 della CEDU abbiano agito con dolo (e non per colpa), il riconoscimento alla vittima di una somma pecuniaria a titolo di risarcimento del danno costituisce condizione necessaria ma non sufficiente perché la Corte possa ritenere adempiuti gli obblighi procedurali che discendono dagli articoli 2 e 3 della CEDU. Bisogna però sottolineare come in tali circostanze, in astratto, l’unico rimedio idoneo sia l’esercizio dell’azione penale.

Uno dei primi profili che interessa l’intervento della Corte di Strasburgo, riguarda la c.d. “violazione diretta” dell’articolo 3 ovvero, la Corte deve valutare, se in tale occasione, lo Stato italiano si sia reso direttamente responsabile - per mano dei propri funzionari – della

358 I funzionari di grado più alto presenti sul posto, G. e L. e i firmatari dei verbali, imputati in concorso dei delitti di calunnia, abuso d’ufficio e falso ideologico in atto pubblico commesso da un pubblico ufficiale. Per aver riferito false circostanze al fine di garantire l’impunità agli esecutori materiali delle violenze furono assolti. Il collegio ha infine concesso i benefici di legge a F. e F. ed ha condonato tutte le pene inflitte in applicazione del provvedimento d’indulto ai sensi della L.241 del 2006.

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violazione del divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti sancito dall’articolo pocanzi nominato.

Sia per la vicenda di Bolzaneto che per quella della Diaz, le vittime delle violazioni non dispongono che di un accertamento giudiziale di primo grado il quale non può essere confermato da una sentenza definitiva in ragione dell’intervenuta prescrizione dei reati di lesione e di abuso d’ufficio. In reazione alla vicenda di Bolzaneto, dato che coloro che si trovavano all’interno della caserma, in quanto arrestati o fermati, erano formalmente in condizione di detenzione, in conformità alla presunzione di responsabilità, il giudice di Strasburgo può ritenere sufficiente un mero principio di prova dell’avvenuta violazione, a meno che lo Stato italiano non sia in grado di dimostrare che la causa della lesione si sia collocata al di fuori del luogo di detenzione.

Per quanto riguarda invece i fatti della Diaz, è necessario distinguere ciò che accade prima che venga formalizzato l’atto d’arresto o di fermo da ciò che accade dopo tale formalizzazione.

Prima che i rappresentanti del controvertice venissero arrestati o fermati, questi non si trovavano in condizioni di detenzione e quindi il regime probatorio, ai fini della responsabilità di tali atti di tortura, richiesto dalla Corte è quello ordinario ovvero “oltre ogni ragionevole

dubbio”. Bisogna in tal caso puntualizzare come nel caso in cui il

diritto di Strasburgo imponga il rispetto del canone probatorio “dell’oltre ogni ragionevole dubbio”, esso non pretende che il ricorrente disponga di un accertamento giurisdizionale359 delle violenze subite ma ritiene sufficiente, per un libero apprezzamento, ad esempio, semplici riscontri fattuali o dei referti medici.

In conformità a quanto appena indicato è rilevante il Rapporto al Governo italiano relativo alla visita effettuata nel 2004360 dove si afferma che “sin dal 2001 il Comitato per la Prevenzione della Tortura

ha instaurato un serrato dialogo con le autorità italiane su quanto

359 Si fa riferimento a un accertamento giurisdizionale coperto o meno dal giudicato.

360 Rapport au Gouvernement de l’Italie relatif à la visite effectuée en Italie par le Comité européen pour la prévention de la torture et des peines ou traitements inhumains ou dégradants CPT du 21 novembre au 3 décembre 2004.

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accade nei giorni del G8 genovese361, esprimendo continue richieste di informazioni in merito ai processi in corso e alle misure prese dal Governo per prevenire in futuro il verificarsi di episodi analoghi; e che posizioni critiche in merito alla conduzione delle indagini sono state manifestate anche dalla sezione italiana di Amnesty International362”.

In relazione alla dichiarazione di quest’ultima attinenti alla conclusione del processo per i fatti di Bolzaneto si afferma il 15 luglio del 2008 come “Amnesty International ha apprezzato il fatto che la

giustizia italiana abbia riconosciuto, in primo grado, le responsabilità di funzionari dello Stato per le brutalità commesse nel luglio 2001 all'interno della caserma di Bolzaneto. Amnesty International sottolinea come, a causa della mancanza di uno specifico reato di tortura nel codice penale italiano, nessuna persona sotto processo abbia potuto essere imputata di tale crimine” e in relazione al

processo per le violenze della scuola Diaz, si afferma il 14 novembre 2008 che “Tredici funzionari dello Stato sono stati condannati per le

brutalità commesse nei confronti di decine di persone inermi. Amnesty International vuole sottolineare che, se il processo è giunto a tale conclusione, ciò si deve alla tenacia dei pubblici ministeri e al coraggio delle vittime, delle organizzazioni che le hanno sostenute e dei loro avvocati, che hanno preso parte a centinaia di udienze in un contesto nel quale si è più volte cercato di aggirare l'obiettivo dell'accertamento della verità. Nonostante questo contesto, la sentenza di ieri afferma che, la notte tra il 21 e il 22 luglio 2001, un gruppo di agenti di polizia e un loro dirigente si sono resi responsabili di violenze brutali e gratuite all'interno della scuola Diaz”. 4.1 Le motivazioni del necessario intervento della Corte di Strasburgo. Il superamento della “soglia minima di gravità” e la qualificazione delle condotte. In relazione alle vessazioni perpetrate dagli agenti nei casi di specie è stato assodato come si sia in presenza di un superamento della soglia minima di gravità individuata ai sensi dell’articolo 3 della CEDU.

È rilevante sottolineare come anche nei casi in cui la Corte di Strasburgo non ritenga l’avvenuto superamento della detta soglia, ciò

361 Il ricorso presentato al Comitato Europeo Prevenzione della Tortura e dei Trattamenti Inumani e Degradanti pubblicato in Critica giuridica , 2001 p.360.

362 Dichiarazione di Amnesty International sulle conclusioni del processo per i fatti di Bolzaneto del 15 luglio 2008 e Processo per le violenze della scuola Diaz: 13 funzionari dello Stato condannati in primo grado. Commento della Sezione italiana di Amnesty International del 14 novembre 2009.

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non escluderebbe necessariamente l’eventualità di una condanna dello Stato italiano per violazione di altre norme convenzionali tra cui l’articolo 8 della CEDU in relazione alla avvenuta perquisizione363. Per quanto riguarda invece la distinzione tra la tortura e le altre forme di maltrattamento vietate dall’articolo 3 non è possibile considerare unitariamente le posizioni delle vittime in quanto non tutte hanno subito le medesime vessazioni da parte degli agenti.

In conclusione quindi, il riconoscimento, da parte della Corte, di una violazione sostanziale dell’articolo 3 CEDU potrebbe avvenire a seconda dei singoli casi di trattamento degradante o inumano o di tortura. Si ritiene, infatti, in conformità con la più recente giurisprudenza di Strasburgo, che per le vicende di Bolzaneto sussistano gli estremi della tortura così “definita” dalla Corte europea364, e che, conseguentemente, i giudici europei dispongano di tutti gli elementi per classificare i comportamenti posti in essere nello scenario genovese come tale e non come “semplici” trattamenti inumani o degradanti.

E’ rilevante, in tal caso, citare la sentenza Akulinin e Babich c. Russia in cui la Corte ha ritenuto che i ricorrenti, i quali furono colpiti ripetutamente alla testa e alla schiena affinché confessassero il reato di furto d’auto, siano stati sottoposti a tortura. Quanto appena affermato rende palese la necessaria qualificazione di “tortura” in relazione alla violenza subita da alcune delle vittime genovesi365 come

ad esempio Giuseppe Azzolina o Elena Zhulke366.

363Articolo 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare: 1. Ogni persona

ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui. 364 In tal caso si fa riferimento alla definizione di tortura declinata dalla Corte nella sentenza Selmouni c. Francia del 1999.

365 All’interno dell’articolo “Come punire quelle torture” della rivista La Repubblica del 20 marzo 2008, s’indica, infatti, come la maggior parte dei circa 200 arrestati furono sottoposto a trattamenti disumani e degradanti. 366 Come già precedentemente indicato, ad Azzolina un poliziotto, dopo aver preso la mano tra le sua, ha tirato le dita in senso opposto facendo così lacerare la carne mentre la Zhulke fu presa a bastonate e a calci sulla

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4.2 Le motivazioni del necessario intervento della Corte di