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L’articolo 82 del Trattato CE L’abuso di posizione dominante.

CONCORRENZA E DEL MERCATO: LE FATTISPECIE RILEVANT

4.6 L’articolo 82 del Trattato CE L’abuso di posizione dominante.

L’articolo 82 del Trattato CE proibisce lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese detentrici di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di esso, specificando alcuni casi di pratiche abusive, peraltro non esaurienti il campo di applicazione della disposizione. Attraverso il divieto imposto a tali pratiche la Comunità intende tutelare la concorrenza sul mercato come strumento “per accrescere il benessere dei consumatori e per garantire l’efficiente allocazione delle risorse”334e non i concorrenti dell’impresa dominante.

Vi è pertanto una sostanziale comunanza di obiettivi con l’art. 81: sia per quanto concerne la tutela del consumatore, peraltro innalzata di rango rispetto all’applicazione della disciplina delle intese in ragione della maggiore estrazione potenziale della rendita del consumatore che un’impresa con elevato potere di mercato può ottenere; sia per quanto riguarda l’individuazione dell’efficienza allocativa quale primo criterio di valutazione per stabilire la desiderabilità economica di una determinata condotta.

Manca invece il riferimento alla concorrenza effettiva in quanto l’esistenza di una posizione dominante presuppone che le condizioni di concorrenza siano già significativamente alterate; così come manca, nella norma e nella sua lettura da parte della Commissione alcun riferimento esplicito al progresso tecnico335e, per quanto ci riguarda ad incrementi di efficienza produttiva e dinamica, quali possibili elementi di valutazione, pur restando valida l’attenzione che la politica comunitaria della concorrenza assegna all’innovazione.

330Commissione Euroepa, decisione CECED, cit..

331 J. Gual, The three common policies: an economic analysis, in P. Buigues et al. (a cura di),

European policies on competition, trade and industry: conflict and complementaries, Elgar, 1995, p. 3

ss.

332Commissione europea, Bollettino di politica della concorrenza, Brussels, 1996, p. 34. 333

Decisione Ford/Volswagen, cit., par. 36).

334DG Competition, Discussion paper on the application of art. 82 to esclusionary abuses, Bruxelles, 2005, par. 17.

Dal punto di vista formale l’abuso di posizione dominante, va quasi da sé, consiste nel comportamento dell’impresa che approfitta del suo potere di mercato per porre in essere pratiche anticoncorrenziali. Presupposto dell’abuso è innanzitutto l’esistenza di una posizione dominante, ciò rendendo l’articolo 82 una norma asimmetrica, ossia non applicabile a tutte le imprese, in quanto, ponendo il requisito della posizione dominante, l’art. 82 vieta solo all’impresa in posizione dominante comportamenti che sono invece permessi alle imprese prive di potere di mercato. In capo all’impresa in posizione dominante viene posta una “speciale responsabilità” che, da un lato, le impedisce di adottare comportamenti generalmente consentiti in un regime di libero mercato, dall’altro le impone scelte atte a non ostacolare lo sviluppo di una concorrenza limitata o, al limite, inesistente. La creazione di una posizione dominante in sè non è però vietata, poiché si vuole garantire alle imprese la possibilità di godere dei propri sforzi innovativi e di promozione dell’efficienza produttiva, finalizzati alla crescita interna.

Da un punto di vista legalistico per posizione dominante si intende “una posizione di potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la presenza di una concorrenza effettiva sul mercato rilevante ed ha la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti ed, in definitiva, dei consumatori”336. Si individua quindi nella capacità dell’impresa di decidere le proprie strategie commerciali senza subire condizionamenti esterni e nella sua possibilità di porre in essere pratiche abusive (prezzi sopracompetitivi e quant’altro) senza temere una reazione da parte degli altri operatori di mercato tale da neutralizzarne gli effetti il duplice requisito per poter individuare la fattispecie de qua337.

Dal punto di vista economico si tende invece a focalizzare sul primo elemento della definizione fornita dalla Corte di Giustizia: la capacità di ostacolare la concorrenza effettiva338: la concorrenza può dirsi effettiva se nessuna impresa detiene un significativo potere di mercato, dove tale potere viene prevalentemente

336 Corte di Giustizia Europea, Sentenza del 13 febbraio 1979, caso Hoffmann La Roche. Il caso riguardava un’impresa in posizione dominante nel mercato delle vitamine che praticava sconti-fedeltà ai clienti, ossia una forma di discriminazione di prezzo del secondo tipo

337

R. Whish, Competition Law, London, 2001, p. 152-153.

338S. Bishop and M. Walker, The economics of EC Competition Law, London, 2002, p. 125 ss; D. Gerardin et al., The concept of Dominance, in GCLC Research papers on article 82 EC, July 2005, p. 6 ss.

valutato con riferimento alla capacità dell’impresa presa in considerazione di incrementare sostanzialmente i prezzi (attraverso una riduzione dell’output) sopra il livello concorrenziale, traendone un profitto339. L’incremento dei prezzi generalmente ritenuto significativo, ai fini dell’esistenza di un significativo potere di mercato, è del 5-10% rispetto al livello concorrenziale: se un’impresa supera il c.d. SSNIP test (Small but Significant and Not transitory Increment of Price), utilizzato anche per determinare il mercato rilevante, viene ritenuta, in quest’ottica, in posizione di dominanza.

Questo criterio non è immune da critiche: innanzitutto l’indicatore del prezzo sottostima aspetti quali la qualità, l’innovazione e i servizi accessori, fattori di cui si dovrebbe comunque tenere conto al momento di definire il mercato del prodotto rilevante; in secondo luogo il livello del prezzo concorrenziale è spesso difficile da stabilire.

Ciò ha suggerito agli economisti un metodo di misurazione alternativa del potere di mercato, basato sulla capacità dell’impresa di ridurre sensibilmente l’output di mercato traendone un profitto, o, complementariamente, sulla sua capacità di incrementare i costi sostenuti dai concorrenti attuali e potenziali (raising rival costs), forzandoli a ridurre la produzione ovvero, al limite, ad uscire dal mercato, permettendo, di conseguenza, all’impresa in questione di incrementare i prezzi (c.d. potere escludente).

Altri economisti invece hanno recentemente rovesciato il processo logico, suggerendo un test di dominanza che parta dagli effetti dei comportamenti restrittivi, sulla base dei quali valutare se l’impresa che li ha posti in essere debba necessariamente detenere una posizione dominante sul mercato o meno340; questo approccio, per quanto assai diverso da quello attualmente seguito dagli organi comunitari, potrebbe essere in futuro adottato dalla Commissione in quanto elaborato da un gruoppo di economisti interpellati dal medesimo organo comunitatro.

Il secondo elemento della definizione fornita dalla Corte di Giustizia (“tenere comportamenti alquanto indipendenti”) è stato invece messo in discussione dalla

339Questa definizione è tra l’altro adottata dall’OFT inglese. 340

AA. VV., Report by the economic advisory group for competition policy on “An economic

approach to article 82” (ossia il documento della Commissione sull’applicazione dell’art. 82 del

trattato alle pratiche escludenti) - DG Competition discussion paper on the application of article 82 of

teoria economica: esso può essere infatti verificato per imprese non in posizione dominante, rispetto ai consumatori, ma non esserlo per imprese in posizione dominante, nel loro rapporto con i concorrenti341.

La posizione dominante può inoltre essere detenuta da un’unica impresa o da più imprese congiuntamente (posizione dominante collettiva). Tralasciando il complesso e articolato dibattito dottrinale in merito alla definizione di posizione dominante collettiva, non rilevante ai fini del presente lavoro, recepiamo in questa sede i requisiti individuati dalla giurisprudenza comunitaria342 per provare la sussistenza di tale fattispecie: le imprese in questione devono essere legate da vincoli tali da presentarsi come un’unica entità coesa che adotta una linea d’azione comune sul mercato agendo indiepndentemente dagli agenti attivi sul mercato stesso.

Le imprese che godono di una posizione dominante individuale o collettiva possono sfruttarla impropriamente mettendo in atto comportamenti potenzialmente abusivi; l’articolo 82 ci fornisce quattro esempi di pratiche abusive:

1. l’imposizione di prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni di transazione non eque;

2. la limitazione della produzione, degli sbocchi o dello sviluppo tecnico a danno dei consumatori;

3. l’applicazione di condizioni dissimili a transazioni equivalenti con altri contraenti, ponendoli in una situazione di svantaggio competitivo;

4. il subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano la alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi.

Dal punto di vista economico, tuttavia, la suddivisione generalmente adottata è diversa; le condotte potenzialmente abusive generalmente vengono suddivise in due categorie: le pratiche di sfruttamento e le pratiche escludenti.

Le prime si riferiscono a comportamenti con cui l’impresa dominante sfrutta il proprio potere di mercato direttamente a danno dei propri contraenti al fine di estrarre profitti sopracompetitivi. Rientrano in questa categoria:

341S. Bishop and M. Walker, op. cit., p. 125 ss.

342Corte di Giustizia, sentenza del 16 marzo 2000, Compagnie Belge Transport SA e altri; Tribunale di Primo Grado, sentenza del 10 marzo 1992, Società Italiana Vetro e altri, casi T 68-77-78/89.

 l’imposizione di prezzi o altre condizioni contrattuali eccessivamente gravose;

 pratiche discriminatorie (discriminazioni di prezzo del primo e del terzo tipo);

 Sfruttamento del potere di mercato dei beni e servizi secondari (c.d. tying negli aftermarkets343;

 la segmentazione artificiale dei mercati344 .

Le seconde sono invece finalizzate ad escludere i propri concorrenti, aumentandone i costi ovvero precludendo loro gli sbocchi e/o gli approvvigionamenti, per poter continuare a praticare prezzi sopracompetitivi o innalzarli ulteriormente. Tra queste condotte le principali sono:

 il rifiuto a contrarre, in particolare il diniego di mettere a disposizione infrastrutture essenziali, le c.d. essential facilities, quali le infrastrutture di trasporto, le telecomunicazioni il cui accesso deve essere garantito allo stesso prezzo345. I requisiti individuati per imporre l’obbligo di fornire un prodotto o un servizio a un concorrente sono:

1. L’impresa in posizione dominante fornisce un bene o un servizio essenziale per produrre il bene o servizio nel mercato a valle; ovvero tale bene o servizio si colloca tra il mercato e i consumatori finali; 2. Le imprese operanti nel mercato di sbocco non possono autoprodurre

il bene o il servizio efficientemente;

3. I concorrenti non possono operare sul mercato a valle senza accesso al bene o al servizio

4. l’impresa è in posizione dominante su entrambi i mercati

5. Non ci sono ragioni oggettive per rifiutare di fornire i concorrenti

343

Nel caso capostipite Hugin (sentenza della Corte di Giustizia C-22/78) un produttore di registratori di cassa, ritenuto in posizione dominante benchè detenesse appena il 13% del mercato rilevante, rifiutava di fornire parti di ricambio agli operatori che offrivano servizi di riparazione e assistenza, “legando” in questo modo l’acquisto di parti di ricambio alla fornitura del servizio di manutenzione e assistenza).

344Uno dei casi più famosi di questa tipologia di abuso di posizione dominante fu il caso United

Brands (sentenza della Corte di Giustizia C-23/76), nel quale fu accertato che l’impresa, in posizione

dominante nel mercato delle banane praticava prezzi eccessivi, nonché una discriminazione di prezzo del terzo tipo, attraverso la creazione artificiale di più submercati geografici nei quali pratcava diversi livelli di prezzo a fronte di medesimi costi.

345Sentenza della Corte di Giustizia C-7/97, caso Oscar Bronner. Sul rifiuto a contrarre in termini generali si veda la Sentenza della Corte di Giustizia C-7/73, Commercial Solvents.

 pratiche discriminatorie (le discriminazioni di prezzo del secondo tipo e del terzo tipo);

 le pratiche predatorie, consistenti nel praticare prezzi troppo bassi (sottocosto) per indurre le imprese concorrenti ad uscire dal mercato (ovvero scoraggiare l’entrata di nuove imprese) in modo da poter fissare prezzi di monopolio in un momento successivo. Un prezzo può infatti essere “non equo” ai sensi dell’art. 82 del Trattato anche se fissato ad un livello eccessivamente basso al fine di eliminare un concorrente346;

 l’adozione di comportamenti strategici (generalmente le decisioni di investimento) finalizzati a innalzare barriere all’entrata (ossia fattori che impediscono o scoraggiano l’entrata di nuove imprese in mercati caratterizzati dalla presenza di extraprofitti, quali la sovraccapacità produttiva) o a mettere fuori mercato i concorrenti di piccole dimensioni.  imporre ai compratori l’acquisto di un altro prodotto o servizio

economicamente separabile dal primo che costituisce il solo oggetto di acquisto (c.d. vendite legate o tying)347.

Alcune di queste pratiche, quali ad esempio le pratiche di discriminazioni di prezzo e il c.d. tying, possono evidentemente essere sia di tipo escludente che di sfruttamento, a seconda delle situazioni e delle finalità con cui vengono poste in essere348. L’approccio economico al diritto antitrust, alla base di questa suddiviisone, infatti, non distingue le fattispecie in base alla forma contrattuale che assumono, bensì agli effetti ani-concorrenziali che esse impongono.

L’art. 82, a differenza dell’art. 81, non prevede il beneficio delle esenzione per quelle pratiche suscettibili di conseguire obiettivi ritenuti meritevoli di tutela giuridica, quali l’efficienza, il benessere dei consumaori, il progresso tecnico; manca pertanto una disposizione normativa analoga all’art. 81(3) che giustifichi una valutazione delle autorità comunitarie che tenga conto di altri effetti oltre a quello

346Sentenza della Corte di giustizia del 11 aprile 1989, C-66/86, Ahmed saeed; Sentenza della Corte di Giustizia del 3 luglio 1991, C-62/86, AKZO.

347Alcuni dei principali casi in cui tale pratica è stata sanzionata li ritroviamo nella sentenza della Corte di Giustizia C-30/89 (caso Hilti) e del Tribunale di Primo Grado T-83/91 (caso Tetra-Pak II). 348

Rientrano sicuramente nella categoria delle pratiche controverse, le condotte poste in essere dalla multinazionale Microsoft che hanno dato luogo al caso antitrust più dibattuto degli ultimi anni che, come vedremo tocca molte delle problematiche legate all’efficienza, e che la Commissione, dopo cinque anni di indagini, ha sanzionato con 497 milioni di euro, oltre a misure correttive.

anti-concorrenziale. Tuttavia questa carenza normativa non impedisce l’introduzione di un’analisi delle efficienze generabili dalla condotta e la loro considerazione ai fini della valutazione della stessa, laddove i guadagni di efficienza conseguiti portino ad un vantaggio anche per i consumatori, così come peraltro si desume dall’esame della casistica comunitaria349e come suggerito da una parte della dottrina350.

Questa carenza a livello normativo ha comunque precluso in molti casi il ricorso al criterio di efficienza nella valutazione delle condotte unilaterali, tanto che la Commissione nel 2005 ha avvertito l’esigenza di ammetterlo esplicitamente tra i parametri suggeriti dal Discussion Paper relativo agli abusi escludenti351, documento che costituisce la premessa della futura adozione di Linee Guida in materia da parte dell’autotità antitrust comunitaria.

Va rilevato, infine, come, nella prassi, ai fini della valutazione delle condotte poste in essere da imprese in posizione dominante, ancor più che per le intese, è frequente che la Commissione tenga conto di ulteriori esigenze quali la tutela delle piccole e medie imprese, o comunque dei concorrenti più deboli, la tutela dell’interesse del consumatore, la volontà di favorire lo sviluppo di un mercato comune immune da posizione di dominanza economica.

4.7 L’applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato. Il Regolamento 1/2003 e le

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