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L’efficienza degli organismi preposti alla tutela della concorrenza I requisiti di indipendenza, competenza e enforceability.

L’EFFICIENZA DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO: L’EFFICIENZA PUBBLICA NELL’ATTIVITÀ DELLE AUTORITÀ ANTITRUST.

2.5 L’efficienza degli organismi preposti alla tutela della concorrenza I requisiti di indipendenza, competenza e enforceability.

Le questioni di efficienza pubblica si pongono con particolare rilevanza con riferimento all’attività di regolazione dell’economia svolta dai soggetti pubblici; in questo campo, infatti, un intervento regolatorio inefficiente nella sua configurazione normativa ovvero nella sua attuazione perderebbe la sua ragione di essere. Tra queste la politica antitrust, così come la regolazione dei monopoli naturali o quella dei mercati finanziari, costituisce uno dei pilastri dell’intervento pubblico nell’economia negli ordinamenti dei principali paesi occidentali. Il grado di efficienza della struttura delle autorità antitrust e l’efficacia della politica antitrust costituiscono pertanto due elementi decisivi per una valutazione globale della capacità di intervento di un ordinamento giuridico nell’economia.

Innanzitutto per la materia antitrust si pone ancora più che in altri settori, la problematica di svincolare la fase di applicazione della disciplina dall’influenza diretta del Governo. Per sua natura, infatti, l’attività di tutela della concorrenza, come vedremo meglio tra poco, richiede nella fase investigativa e di giudizio lo scioglimento dai controlli e dai vincoli gerarchici imposti dal governo centrale, organo politico suscettibile di esprimere interessi di parte, la protezione dalle pressioni corporative esercitate dai soggetti regolati, la separazione dalla macchinosità che contraddistingue la burocrazia ministeriale. Ciò tuttavia senza creare una casta di burocrati non legittimata dal punto di vista democratico che, a sua volta, agisca corporativamente.

Per queste ragioni l’applicazione della disciplina antitrust viene generalmente svolta da soggetti che non sono diretta emanazione delle autorità governative, ma che hanno un legame più o meno diretto con le istituzioni democraticamente elette. Essi sono solitamente autorità amministrative appositamente costituite ovvero veri e propri organi giurisdizionali, laddove il peso delle prime rispetto alle seconde non è sempre il medesimo, ma cambia a seconda degli ordinamenti. In Europa, ad esempio, l’azione antitrust è svolta prevalentemente attraverso provvedimenti amministrativi adottati da autorità amministrative tendenzialmente indipendenti sia rispetto all’esecutivo che agli interessi regolati, sottoposte a loro volta al controllo di organi giurisdizionali (controllo particolarmente incisivo è quello svolto, a livello

comunitario, dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee). Negli Stati Uniti, al contrario, il ruolo delle corti è preponderante, in quanto hanno la competenza di decidere sulle condotte ed eventualmente di sanzionarle, mentre alle autorità indipendenti (FTC) e governative (DOJ) compete l’iniziativa e l’istruttoria dei casi; ciò anche per la rilevanza penale delle sanzioni previste per le violazioni del diritto

antitrust americano. Il diverso peso delle autorità rispetto agli organi giurisdizionali

varia pertanto a seconda dell’ordinamento, con ricadute in termini di efficienza della politica antitrust, anche se, in entrambi i casi si tratta comunque di organi che fanno dell’indipendenza dal Governo una della loro caratteristiche principali, se non l’elemento stesso della loro esistenza.

Con riferimento alla soluzione di attribuire la competenza di applicare la normativa antitust agli organi giurisdizionali, la fonte di tale ipotesi la si ritrova nelle ampie prerogative che i paesi di common law attribuiscono al potere giudiziario, tra cui spicca il potere di creare con una loro decisione relativa ad una fattispecie concreta, un valenza normativa erga omnes con riferimento ad altri casi consimili. In tale modello è il privato, o l’amministrazione nelle vesti di parte lesa, a fare ricorso al giudice ordinario, per vedere tutelato un proprio diritto, e, conseguentemnente nell’applicazione della norma antitrust le autorità amministrative statuali, ovvero il privato, dovranno provare gli effetti anti-concorrenziali di un determinato comportamento posto in essere da una o più imprese di fronte a un giudice indipendente.

Allo stesso modo all’esperienza dei sistemi di common law si deve l’esistenza di organi posti al confine tra il potere giudiziario e quello esecutivo171, liberi dal controllo governativo, cui il legislatore può affidare ampie competenze nella regolazione172, nonchè la cura di particolari interessi pubblici, anche di rilevanza costituzionale (pluralismo delle fonti di informazione, libertà di iniziativa

171Si tratta di organi svolgono la stessa funzione dei giudici pur appartendendo al potere esecutivo (H. Kelsen, Teoria del diritto e dello Stato, Milano, 1966, p.279).

172Il concetto di regolazione è stato variamente definito dalla più autorevole dottrina nel corso degli anni. La regolazione è stata definita come una “modificazione intenzionale dei comportamenti ammissibili, operata da un’entità non direttamente parte in causa o coinvolta in quella attività” (B. M. Mitnick, The political economy of regulation, New York, 1980) oppure come controllo prolungato e focalizzato,esercitato da un’agency pubblica su un’attività cui la comunità attribuisce rilevanza sociale (P. Selznick, La leadership nelle organizzazioni, Milano, 1976). Per le finalità del presente lavoro preferiamo riferirci alla definizione di Bernstein, secondo cui la funzione regolativa è quella che dà concreta attuazione e traduzione a valori astratti e generali, quali la “concorrenza” (M. H. Bernstein,

economica), la tutela dei quali richiede, o comunque rende preferibile, il loro affidamento a organismi posti in posizione di peculiare terzietà, neutralità e indifferenza, rispetto all’esecutivo, e dunque indipendenti173. L’esigenza alla base della loro preferibilità è quella di regolare o tutelare (missione che distingue, come vedremo, le attività di regolazione da quelle di garanzia) particolari settori della vita sociale ed economica, ovvero perseguire determinate finalità stabilite dall’ordinamento, non secondo criteri di ispirazione politica provenienti dall’esecutivo, né secondo gli interessi dei soggetti regolati, bensì seguendo canoni tecnici e specialistici, il cui reale e corretto utilizzo in sede di valutazione dovrebbe essere maggiormente garantito dall’indipendenza e dall’autonomia delle autorità, in un’ottica di lungo periodo, non vincolata da obiettivi di tipo elettorale.

Alla Scuola di Friburgo174 sviluppatasi in Germania nel secondo dopoguerra, si deve invece la soluzione di affidare ad autorità amministrative indipendenti dall’esecutivo175, la competenza di svolgere integralmente l’azione antitrust, dalla fase istruttoria a quella sanzionatoria. Il modello delle autorità amministrative indipendenti si è poi ampiamente diffuso nell’Europa continentale a partire dagli anni ’70, in forma più o meno intensa, attraverso la spinta esercitata dagli organi comunitari, ed è stato sempre più frequentemente adottato questo sistema per la regolazione e il controllo di particolari settori dell’economia o per lo svolgimento di delicate funzioni di garanzia in modo da delegare a istituzioni non direttamente di emanazione governativa le funzioni regolatorie concernenti numerosi settori e ambiti dell’economia e garantire un’applicazione della legge indipendente, efficiente ed efficace, basata sulla competenza e sulla neutralità. Tra queste funzioni è sempre rientrata, primariamente, quella di tutela della concorrenza, affidata prevalentemente o interamente ad autorità amministrative, almeno funzionalmente indipendenti, in tutti i principali Stati membri dell’Unione Europea, così come parzialmente indipendente, in quanto autonoma dai Governi degli Stati membri (ma sempre

173Secondo la defnizione di Selznick (Focusing research on regulation, in R. G. Noll, Regulatory

policy and the social sciences, Berkeley, 1985) le autorità indipendenti sono organismi preposti allo

svolgimento di una determinata attività, dotata di poteri e particolari abilità specialistiche, a cui viene affidata la cura di un settore dellavita economica del Paese, su cui il decisore pubblico decide di intervenire per un periodo di tempo che non coincide con il momento della decisione (generalmente legislativa) che istituisce l’organismo, ma si estende in avanti.

174Vedasi infra cap. 3.

175Per una definizione esaustiva di autorità amministrariva indipendente si veda G. Giraudi-M.S. Righettini, Le autorità amministrative indipendenti, Bari, 2001, p. 36 ss.

organo governativo dell’Unione), è la Commissione Europea, organo competente ad applicare la disciplina antitrust a livello comunitario.

In entrambe le soluzioni attualmente adottate dalle democrazie occidentali gli organi competenti svolgono funzioni sia amministrative che giurisdizionali; questa suddivisione delle competenze tra i vari poteri dello Stato nello svolgimento dell’attività antitrust, trova la sua prima origine nell’esperienza anglo-americana: i paesi di common law, infatti, a differenza che quelli di civil law, non hanno mai conosciuto una rigida separazione dei poteri, bensì una distribuzione degli stessi tra i vari organi legislativi, esecutivi e giurisdizionali176. Conseguentemente, laddove nello svolgimento delle funzioni pubbliche non è possibile separare la funzione giurisdizionale da quella esecutiva, come nel caso dell’antitrust, i sistemi giuridici di

common law meglio si prestano ad elaborare soluzioni istituzionali idonee a svolgere

questa duplice funzione secondo i criteri di efficienza ed efficacia. L’introduzione delle autorità indipendenti nei sistemi giuridici di civil law ha invece messo in crisi la coerenza interna di questi ordinamenti177, ma hanno permesso di affrontare, se non di risolvere, il problema della funzionalità della regolazione, sorto in seguito al passaggio dalle politiche di intervento diretto nell’economia in cui lo Stato svolgeva un ruolo di attore alle politiche di regolazione che presuppongono al contrario uno Stato arbitro che lascia l’iniziativa economica ai privati, ma ne previene e sanziona i comportamenti illeciti valutando secondo criteri di imparzialità, trasparenza, efficienza ed efficacia. E d’altra parte è stato giustamente osservato come in una realtà in cui le funzioni non sono mai perfettamente separate “la purezza istituzionale è raramente garanzia di successo” e anche numerose istituzioni tradizionali sono esse stesse ibride, nella costituzione o nella funzione178.

Provando ad evidenziare, a livello generale, i requisiti necessari ad un’autorità amministrativa antitrust, costituita e dotata di poteri ad hoc, affinché essa agisca, nella sua attività di regolazione, secondo il principio di efficienza, il primo

176H. Kelsen, Teoria del diritto e dello Stato, Milano, 1966, p.277.

177Si pensi,ad esempio, alle difficoltà incontrate nell’ordinamento italiano, sia da parte del legislatore che da parte della dottrina, a giustificare l’esistenza delle autorità amministrative indipendenti ed individuare la natura dei poteri da esse esercitati.

178Y. Meny, Evoluzione dei modelli istituzionali e ruolo delle autorità amministrative indipendenti, in Autorità Garante dellla Concorrenza e del Mercato, La tutela della concorrenza: regole, istituzioni e

elemento rilevante ad emergere, alla luce di quanto appena affermato, è l’indipendenza. Tali autorità devono infatti garantire in primo luogo l’autonomia delle valutazioni, e quindi delle decisioni, anche quando esse contrastino, ed è una possibilità abbastanza frequente, con la volontà dei gruppi di interesse politici ed economici influenti nel governo, se non con la volontà del governo stesso, come nei casi delle decisioni riguardanti imprese controllate dallo Stato, ovvero con gli interessi dei destinatari delle decisioni (evitando il fenomeno della c.d. “cattura” del regolatore”)179. A tal fine è necessario che alle autorità non sia attribuito solo l’esercizio di funzioni di natura esecutiva o strumentale, ma anche la competenza a definire l’indirizzo delle politiche antitrust180 nei limiti previsti dalla normativa vigente. Tale aspetto, per quanto essenziale, non deve tuttavia essere portato alle estreme conseguenze: non può infatti significare né oggettività delle decisioni, né “totale impermeabilità alle richieste provenienti dai settori regolati o dal circuito politico”; impermeabilità che, ove esistesse, configurerebbe, tra l’altro, anche un problema di legittimità democratica delle autorità stesse181.

A ciò si aggiunge l’esigenza di disporre di poteri di iniziativa e di intervento autonomi e discrezionali al fine di intervenire nell’economia in tempi sufficientemente veloci ad evitare che la limitazione alla concorrenza si compia nel periodo di valutazione della fattispecie concreta, rendendo vano, o comunque più costoso, un intervento ex post; una tempestività che l’amministrazione governativa, tipicamente di erogazione, solitamente non presenta.

All’indipendenza funzionale, che si estrinseca negli elementi sopra individuati, deve accompagnarsi l’indipendenza strutturale, da intendersi sotto un duplice profilo182: innanzitutto come garanzia dell’autonomia delle persone che la compongono, che devono essere neutrali rispetto al potere esecutivo, e più in generale non essere sottoposti al controllo e all’influenza dei partiti politici; inoltre ad esse deve essere attribuito il potere di fissare le regole organizzative dell’autorità (potere di autorganizzazione); al contempo, infine, le autorità devono godere di

179 Acquista così concretezza quell’indissolubile correlazione tra imparzialità e buon andamento individuata precedentemente con riferimento all’ordinamento italiano.

180Corte di Giustizia CE, Sentenza del 31 maggio 2005, C-53/2005, Epitropi Antagonismou. Secondo la Corte il fatto che l’Autorità nazionale ellenica di tutela della concorrenza sia sottoposta alla “tutela” del Ministro per lo Sviluppo, mina il requisito di indipendenza di cui tale organo dovrebbe godere. 181A. La Spina-G. Majone, Lo stato regolatore, Bologna, 2000, p. 62.

autonomia finanziaria; autonomia che non è garantita, tipicamente, in un sistema in cui le fonti di finanziamento per le autorità indipendenti derivano dalle scelte del Governo.

Quando si parla di neutralità rispetto al potere esecutivo vi sono peraltro due possibili accezioni della stessa183. In una prima interpretazione le autorità indipendenti sono viste come organi “tecnici”, estranei, non solo semanticamente, alle logiche politiche e al contesto partitico, e in particolare considerati “altro” rispetto alla generalità degli organi del potere esecutivo sottoposti al controllo o, comunque, all’influenza della maggioranza al governo. In una seconda interpretazione la neutralità è invece intesa come “bilanciamento” del controllo e dell’influenza legittimamente esercitate dal potere politico sugli indirizzi di intervento dello Stato nell’economia; in quest’ottica l’autorità indipendente deve mediare tra la pluralità di valori di cui sono portatori sia i partiti politici che gli interessi regolati; dal punto di vista strutturale conseguentemente non l’autorità non deve essere propriamente indipendente, bensì rappresentativa di tutti gli interessi in gioco. Tra le due soluzioni, a parere dello scrivente, la prima è quella che meglio risponde al requisito di indipendenza precedentemente definito, mentre la seconda permette di garantire la legittimità democratica di queste istituzioni; ne deriva l’esigenza di coniugare l’indipendenza, che deve costituire l’elemento prevalente, con la rappresentatività, che può essere garantita attraverso verifiche periodiche da parte degli organi politici, che possono avvenire in varie modalità, al di fuori delle quali questi non possono esercitare alcuna influenza.

Un ulteriore beneficio derivante dal requisito di indipendenza, consiste infine, in un effetto positivo di lungo periodo: a lungo andare, infatti, l’indipendenza e l’autonomia di valutazione generano una reputazione di autorevolezza dell’autorità presso gli organi dello Stato e presso i soggetti regolati che genera fiducia nell’istituzione, mutuo riconoscimento e, in definitiva una maggiore enforceability delle decisioni prese dall’autorità.

Un secondo requisito è quello delle competenze tecniche che i membri e dipendenti delle autorità devono possedere per poter ricoprirne il ruolo: gli uffici di un organo, la cui competenza è limitata ad un unico settore ovvero, come nel caso

dell’antitrust, ad una specifica finalità, spesso caratterizzata da elevata complessità, e le cui valutazioni devono essere per definizione ispirate a criteri di scelta tecnici, devono evidentemente avvalersi dell’intervento decisivo di esperti della materia, in grado di utilizzare appropriatamente tali criteri. La competenza tecnica assicura la chiarezza e la coerenza delle decisioni, con conseguente maggiore possibilità per i soggetti regolati di prevedere le stesse; per la stessa ragione il monitoraggio della loro attività da parte degli organi di controllo potrà avvenire senza un minimizzando il dispendio di risorse. Questa caratteristica è generalmente imposta anche dalle normative di riferimento.

L’efficienza di un’autorità indipendente dipende, infine, dall’attribuzione di poteri regolativi e amministrativi incisivi e mirati. Tra i primi troviamo ad esempio il potere di adottare norme generali di condotta destinate ai soggetti regolati in modo da adattare la disciplina normativa all’evoluzione teorica e alle circostanze pratiche. Tra i secondi rientrano i poteri di indagine di cui le autorità devono essere dotate al fine di ottenere tutte le informazioni loro necessarie autonomamente: l’attribuzione di tali poteri impone l’approntamento di una struttura in grado di svolgere tali indagini in maniera completa, coordinata con le forze di pubblica sicurezza se necessario, e nel rispetto delle garanzie a tutela dei soggetti interessati dalle indagini stesse; anche per questo una parte della dottrina, sulla scia di quanto scritto dal Kelsen, ha classificato le autorità amministrative indipendenti come organi “quasi-giurisdizionali”184. Alla capacità di indagine deve accompagnarsi il potere di erogare sanzioni, nel caso in cui dalle indagini emerga una violazione di legge da parte dei soggetti regolati; potere che, peraltro, non va al di là della possibilità di erogare sanzioni amministrative, le quali, per quanto elevate, spesso non svolgono quell’effetto deterrente che invece sono in grado di determinare, per le infrazioni più gravi, le sanzioni penali.

Tutti i requisiti finora individuati sono tra loro compatibili e possono essere contemporaneamente posseduti da un’autorità indipendente. Vi sono invece altre caratteristiche che invece, pur favorendo l’efficienza del sistema si pongono in una condizione di trade-off rispetto al requisito di indipendenza; tra questi la capacità delle autorità pubbliche di essere flessibili adeguando la propria missione istituzionale alla presenza di altri interessi pubblici in gioco e, più in generale

all’evoluzione dell’interesse pubblico primario nel tempo. Si può, ad esempio, verificare la situazione in cui il perseguimento della tutela della concorrenza si ponga in contrasto con il conseguimento di qualche altro interesse pubblico con una conseguente sovrapposizione di competenze in capo all’organo preposto alla tutela della concorrenza; in questa ipotesi, è necessaria la definizione di un indirizzo politico che permetta di stabilire una gerarchia degli obiettivi in gioco; si tratta evidentemente di un’attività non certamente propria di un’autorità indipendente svolgente funzioni di garanzia. Al contrario, in tali situazioni è auspicabile l’intervento di un organo “politico”, quale il Governo, affinchè esso possa assegnare eventualmente alla tutela della concorrenza una posizione subordinata rispetto al perseguimento di altri obiettivi di interesse pubblico.

Una volta definiti gli indicatori di efficienza utilizzabili nella valutazione della struttura e del funzionamento delle autorità antitrust, si pone la questione di accertare in quale misura le autorità esistenti rispondano effettivamente a tali criteri. Prima di passare ad una tale analisi più dettagliata è tuttavia necessario un approfondimento circa l’evoluzione storica della teoria e della prassi antitrust, la normativa applicabile a livello comunitario, nonchè il contesto istituzionale nel quale queste autorità si collocano; soprattutto per la peculiarità giuridica delle istituzioni comunitarie, che costituiscono la principale fonte delle decisioni antitrust che saranno analizzate. Si rinvia a tal fine al successivo capitolo quinto, collocato in un momento posteriore ad un generale inquadramento della materia.

2.6 Una possibile alternativa metodologica: il criterio di efficienza nella cultura

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