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La politica della concorrenza della Comunità Economica Europea.

CONCORRENZA E DEL MERCATO: LE FATTISPECIE RILEVANT

4.2 La politica della concorrenza della Comunità Economica Europea.

Occorre innanzitutto inquadrare a quale nozione di concorrenza gli artt. 81 e 82 del Trattato fanno riferimento; come si è visto269, infatti, la nozione di concorrenza economica può essere concepita in diversi modi. Con particolare riferimento alla teoria economica, la Comunità ha preso in considerazione, soprattutto inizialmente, la nozione di concorrenza ispirata al modello “atomistico”, seguendo il modello elaborato dalla Scuola di Friburgo, nel quale esiste sia dal lato dell’offerta che della domanda un numero considerevole di operatori indipendenti tale che nessuno di loro sia in grado di prevedere il comportamento che adotteranno gli altri né di esercitare un’influenza sul funzionamento del mercato. Successivamente si è sviluppata alla nozione di concorrenza efficace (workable

competition) di ispirazione Harvardiana che ammette l’esistenza di situazioni in cui il

requisito della concorrenzialità del mercato è comunque soddisfatto anche in presenza di mercati imperfetti quale, tipicamente, l’oligopolio, intendendo tuttavia il principio della concorrenza effettiva in senso dinamico e non statico come prevede invece l’originale paradigma della Scuola di Harvard.

Quest’ultima visione della concorrenza è unanimemente quella che emerge sia dall’interpretazione del Trattato fornita da parte delle istituzioni comunitarie, laddove la disposizione a supporto di tale giustificazione è costituita dall’art. 81 (3) nella parte in cui prevede tra le condizioni di esenzione di un’intesa dall’applicazione

268K. J. Cseres, Competition law and consumer protection, Den Hague, 2005, p. 92-93. 269Vedasi supra cap. 3.

del divieto di cui al primo comma quella che l’accordo beneficiante dell’esenzione non comporti l'eliminazione della concorrenza per una parte sostanziale del mercato del prodotto rilevante. Le istituzioni comunitarie in forza di tale disposizione hanno infatti stabilito che, affinchè siano rispettate le esigenze del Trattato, deve essere verificata la sussistenza di una sufficiente attività concorrenziale, ritenendo di conseguenza non necessario e non desiderabile, ai fini del conseguimento degli obiettivi posti dal Trattato, il perseguimento di un modello di concorrenza perfetta270. La concorrenza, inoltre, come detto, non viene concepita dal diritto comunitario in una prospettiva statica, finalizzata al conseguimento di una situazione di equilibrio di mercato, bensì in una visione dinamica, ossia quale mezzo per raggiungere l’obiettivo del progresso economico e sociale, laddove il fondamento normativo di tale interpretazione è costituito dall’art. 2 del Trattato che colloca appunto il progresso economico e sociale tra gli obiettivi primari dell’Unione. Ed è un dato acquisito che il progresso economico e sociale passi sempre più attraverso l’innovazione tecnologica271.

Quello del progresso economico e sociale non è peraltro l’unico né il primario obiettivo cui la protezione della concorrenza è funzionalizzata.

La concorrenza infatti è espressamente dichiarata strumentale agli scopi della Comunità (art. 3 lett. g del Trattato CE, originariamente art. 3 lett.f), e quindi anche la creazione del mercato unico e il riavvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, laddove la creazione del mercato unico consiste nella formazione di uno spazio economico comune agli Stati membri, “ove gli scambi si effettuino alle stesse condizioni di quelle vigenti in un mercato interno”272. La funzionalità della regolamentazione anti-concorrenziale all’integrazione europea, d’altra parte, è ribadita agli attuali articoli 81 e 82, che vietano le intese restrittive e gli abusi di posizione dominante “in quanto incompatibili con il mercato comune” e nei limiti in cui sussista la possibilità di un “pregiudizio al commercio tra Stati membri”. La Commissione Europea, l’autorità competente ad applicare il Trattato in materia di concorrenza, ha, conseguentemente, usato la politica della concorrenza perseguendo

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Su tutte la sentenza Metro/SABA della Corte di Giustizia del 25 ottobre 1977, ma anche, in precedenza, la sentenza Ufficio vendita del carbone della Ruhr del 18 maggio 1962.

271R. Natoli L’abuso di dipendenza economica, Napoli, 2004.

in primo luogo l’obiettivo di integrazione del mercato comune, concentrando la propria attività sanzionatoria sugli accordi che ostacolavano il commercio parallelo tra Stati membri, le intese tra concorrenti per ripartirsi il mercato su base nazionale, la discriminazione di prezzo tra paesi, pratiche il cui divieto a priori non trova giustificazione economica poichè il loro impatto può essere sia positivo che negativo in termini di efficienza273. Le autorità europee ritenevano che ciò non contrastasse con una politica industriale volta a creare imprese efficienti in grado di competere sui mercati mondiali poiché il mercato interno, al momento della nascità della Comunità, era sufficientemente ampio da permettere l’esistenza di un elevato numero di imprese di grandi dimensioni. L’obiettivo del mercato comune, d’altra parte, veniva posto in un periodo in cui il sistema produttivo era ancora definito su base nazionale, così come la grande maggioranza dei mercati geografici rilevanti e in cui, agli ostacoli derivanti dall’esistenza di sistemi economici nazionali, si aggiungeva un contesto politico internazionale caratterizzato dalla divisione dell’Europa in due blocchi, che conferiva alla creazione di un mercato comune una precisa valenza politica, in termini di contrapposizione al COMECON, il mercato comune instaurato nei paesi dell’Europa dell’est; un unico mercato comune costituiva quindi già di per sé un notevole allargamento dei mercati rispetto alla loro tradizionale dimensione nazionale.

In questo contesto la creazione del mercato unico europeo assorbiva il grosso degli sforzi delle istituzioni comunitarie nell’attuazione del diritto comunitario e pertanto anche la disciplina della concorrenza venne intesa in funzione del suo sviluppo e consolidamento274.

Altra finalità, desumibile in particolare dagli attuali art. 85 e 86 del Trattato aventi ad oggetto il riconoscimento alle imprese di diritti speciali o esclusivi da parte degli Stati membri e la concessione di aiuti alle stesse sotto qualsiasi forma, e correlata alla situazione economica esistente al momento della costituzione della

273S. Bastianon, op.cit., p. 109 ss. Per valutare l’effetto di una discriminazione di prezzo tra paesi, ad esempio, occorrerà comparare i tre aspetti rilevanti in termini di surplus nelle due alternative, quella discriminatoria, in cui il monopolista fissa due prezzi differenti nelle due aree geografiche e quella non discriminatoria, in cui egli pratica un unico prezzo: il surplus dei consumatori dell’area A, quello dei consumatori dell’area B e quello del monopolista; l’esito di questa comparazione permette di stabilire quale sia l’alternativa più desiderabile secondo un criterio di effcienza. In altri casi, ad esempio nel caso dei contratti di distribuzione esclusiva, vi possono essere ragioni economiche legate al contrasto del fenomeno del free riding (Vedasi cap. 3 e 5).

Comunità, era quella di limitare il rilevante intervento degli Stati membri nell’economia, che spesso avveniva, e in parte ancora avviene, in un’ottica protezionistica, attraverso la creazione e il rafforzamento dei monopoli, pubblici e privati, e l’erogazione di sussidi alle grandi imprese nazionali. Il criterio di valutazione nel perseguimento di questo obiettivo è stato, tuttavia, spesso influenzato anche da considerazioni di politica industriale e sociale. La politica industriale crea di per se stessa una tensione con l’obiettivo della tutela della concorrenza in quanto cerca di influenzare il processo economico orientandolo verso alcune attività e pertanto è potenzialmente in grado di ostacolare il libero gioco concorrenziale; a ciò si aggiunga il fatto che nella prima parte di vita della Comunità essa era ancora ritenuta di competenza nazionale e gli stati nazionali la intendevano generalmente come sostegno alla produzione nazionale, o nella forma di aiuti alle imprese locali ritenute non in grado di sostenere la concorrenza esterna, o in funzione della creazione e protezione dei propri “campioni”, pubblici e privati. Per questa ragione sono stati spesso esentati dal divieto gli aiuti alle grandi imprese in crisi, nonché i cartelli tra queste che impedissero il fallimento delle principali industrie nazonali. Similmente sono state prese decisioni analoghe per ragioni sociali, assoggettando le scelte di politica della concorrenza a valutazioni di equità e di tutela della pace sociale; nello specifico alcune intese e accordi, anche di prezzo, stipulati tra imprese a rischio di bancarotta, sono stati talvolta tollerati dalla Commissione Europea.

Inoltre la politica della concorrenza ha risentito e tuttora risente del principio comunitario secondo il quale lo sviluppo economico non deve produrre squilibri nelle diverse parti della Comunità, così come nei diversi settori economici come stabilito dall’art. 2 del Trattato. In ossequio a tale principio sono stati spesso favoriti accordi tra imprese che prevedevano investimenti in aree meno sviluppate della Comunità (un noto caso, anche piuttosto recente, fu l’autorizzazione della Commissione all’avvio di una produzione comune da parte di Ford e Volskwagen, i due principali produttori di automobili in Europa, con apertura di uno stabilimento in Portogallo275). Questo principio ha anche un altro corollario: favorire lo sviluppo del

275 Nella decisione de quo, risalente al 1992 la Commissione affermò che il progetto avrebbe contribuito “alla promozione di uno sviluppo armonioso della Comunità ed alla riduzione delle disparità regionali, che è una delle aspirazioni di base del Trattato” nel caso di specie “legando più strettamente il Portogallo alla Comunità attraverso una delle sue industrie più importanti” (decisione

mercato comune e la competizione tra imprese non significa aprire il mercato alle imprese extracomunitarie sempre e comunque, se ciò significa mettere a rischio la sopravvivenza di “campioni nazionali”, con devastanti effetti in vaste aree della Comunità. L’effetto, ancora oggi riscontrabile, è che le istituzioni comunitarie sono più prudenti quando per tutelare la concorrenza si va a sanzionare un’impresa europea, magari favorendo il rafforzamento sul mercato di un suo concorrente extracomunitario; viceversa se un’impresa extracomunitaria è indiziata di porre in essere pratiche anticoncorrenziali, la Comunità si dimostra generalmente meno restia ad attivare gli strumenti sanzionatori previsti dal Trattato, senza concedere deroghe e riconoscere eventuali guadagni di efficienza. L’intervento a tutela della concorrenza, infatti, le permette, in via subordinata, di proteggere il mercato interno senza essere accusata di protezionismo276.

Un altro obiettivo economico talvolta perseguito attraverso la politica della concorrenza è la protezione delle piccole e medie imprese, obiettivo anche questo rientrante nella politica economica e sociale della Comunità, spesso impropriamente assolto attraverso il ricorso alle regole della concorrenza277. In particolare il raggiungimento di tale obiettivo è stato ricercato attraverso due modalità tra loro alternaltive: sanzionando pratiche poste in essere da imprese in posizione dominante tendenti a danneggiare i rivali di piccole dimensioni ovvero favorendo la cooperazione e la concentrazione tra piccole imprese. In questo senso il criterio di efficienza non è indifferente all’adozione di una metodologia piuttosto che un’altra, essendo preferibile la seconda modalità di azione nei limiti in cui essa favorisce la capacità delle piccole e medie imprese di competere sul mercato rispetto alla prima che tende a penalizzare le grandi imprese, anche nel caso in cui siano più efficienti delle altre.

Emerge chiaramente da quanto appena esposto come ci troviamo in presenza di una politica della concorrenza comunitaria avente finalità eterogenee, tra le quali quella integrazionista è la preminente, sostanzialmente diverse rispetto a quelle perseguite negli Stati Uniti. Questi diversi obiettivi, a parere dello scrivente, non

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Si vedano a questo proposito i casi GE/Honewell e Microsoft che saranno peraltro analizzati nel proseguio della trattazione.

hanno favorito un’effettiva e coerente applicazione del criterio di efficienza, in qualsivoglia accezione lo si consideri, da parte degli organi competenti ad applicare la normativa antitrust comunitaria, sia a livello di Comunità sia a livello dei singoli Stati membri in quanto chiamati a conformarsi agli orientamenti elaborati a livello comunitario in questa materia.

4.3 La nascita dell’Unione Europea. L’evoluzione della politica della

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