• Non ci sono risultati.

La concorrenza come istituto da tutelare

ANTITRUST TEORIE A CONFRONTO

3.1 La concorrenza come istituto da tutelare

Il verbo latino “concurrere”, ossia “correre insieme”, da cui deriva l’italiano concorrere aveva due significati opposti: poteva essere utilizzato sia riferendosi all’idea di gara o di lotta sia per fare riferimento ad una dimensione cooperativa e allora significava incontrarsi, unirsi per qualche obiettivo. Era quindi la finalità da raggiungere che determinava il significato del verbo in una o nell’altra direzione e il “concorrere” diventava strumentale al raggiungimento di uno scopo per il quale o si combatteva o si collaborava. In italiano il significato è rimasto praticamente invariato, assumendo uno dei due significati a seconda del contesto in cui viene utilizzato: un individuo, un impresa, un paese può concorrere “contro” altri individui, imprese paesi, che costituiscono un ostacolo, al fine di conseguire un risultato, ovvero può concorrere, nel senso di cooperare con essi per raggiungere un obiettivo comune189.

In campo economico il significato prevalente è di gran lunga il primo: il concetto di concorrenza è infatti associato a una situazione di rivalità tra due soggetti (individui, imprese, Stati) che si mettono razionalmente in gara per l’ottenimento di un risultato che non tutti possono conseguire nella stessa misura; e d’altra parte il termine inglese “competition” deriva dal termine “competere” che significa “mirare a un posto in concorrenza con altri”. La concorrenza richiede quindi la presenza di almeno due soggetti e la scarsità del bene, inteso in senso ampio ed avvicinabile al concetto di remunerazione, oggetto del confronto; se si persegue un dato obiettivo da soli ovvero se tale obiettivo può essere conseguito da tutti mancano i presupposti della rivalità e, conseguentemente, della competizione190.

189V. Pepe, Il processo di istituzionalizzazione delle autorità indipendenti: l’antitrust, Milano, 2005, p. 37

Se si analizza questo significato più nel dettaglio emerge come la nozione di concorrenza nella scienza economica non sia, come già accennato191, sempre la stessa: nella tradizione classica la concorrenza è legata soprattutto alla “gara” tra imprese indotta dalla mobilità del capitale e del lavoro tra i vari settori produttivi; nell’economia neoclassica il modello di riferimento è quello della concorrenza perfetta, dove le imprese competono sui prezzi, che non possono essere fissati al di sopra del costo marginale, pena l’uscita dal mercato; nella visione schumpeteriana la concorrenza prende il suo significato più letterale ed è intesa come competizione tra imprese rivali per acquisire posizioni di monopolio.

In tutte queste definizioni, seppure con diverso peso, l’importanza della concorrenza, così definita, risiede innanzitutto nel suo ruolo incentivante del comportamento degli operatori verso il massimo risultato ottenibile, e di selezione di quelli più efficienti192. Tutelando la concorrenza si garantisce la libertà economica dei partecipanti al mercato, intesa nel senso di non-interferenza dei terzi nelle proprie scelte193, impedendo che le forze spontanee del mercato possano limitare tale libertà attraverso l’apposizione di ostacoli al meccanismo concorrenziale, ma la tutela di tale libertà non è finalizzata alla difesa delle singole imprese bensì alla difesa delle dinamiche di mercato: il fatto che il confronto competitivo porta con sé un certo numero di vittime, ossia le imprese meno efficienti, con costi di produzione più elevati o con prodotti di qualità inferiore, rappresenta, infatti, uno degli aspetti principali del meccanismo che si intende tutelare. Questa finalità diviene prevalente nella teoria evoluzionista, legata al precedentemente definito concetto di efficienza dinamica, la quale privilegia la condizione di concorrenza intesa come libertà di ingresso delle imprese sul mercato, in presenza della quale la condizione di massima efficienza economica sarà raggiunta attraverso la libera contrattazione tra agenti economici razionali.

In secondo luogo la concorrenza permette di assicurare, o comunque favorire, l’efficienza dei mercati: una struttura di mercato perfettamente concorrenziale garantisce sia l’efficienza produttiva (minimizzazione dei costi medi di produzione)

191

V. supra cap. 1.

192C. Bentivogli-S. Trento, op. cit.. 52-53.

193 Concetto riferibile alla definizione di libertà negativa sviluppata da I. Berlin (I. Berlin, Due

sia l’efficienza allocativa (prezzi che uguagliano i costi marginali). Posto tuttavia che le numerose ipotesi del modello di concorrenza perfetta costituiscono parametri ideali, inesistenti nella realtà dei fatti, non vi è sempre una correlazione positiva tra grado di concorrenza e efficienza del mercato, e come vedremo, l’andamento dell’efficienza produttiva perde spesso la sua correlazione con il grado di concorrenza che caratterizza la struttura di mercato. La finalità deve essere in questo senso la ricerca di soluzioni di ottimo del secondo ordine, ossia di minimizzazione della perdita netta di benessere sociale rispetto alla situazione teorica ottimale (concetto di workable competition).

La nozione di concorrenza presenta inoltre un aspetto etico, nel senso che la concorrenza conferisce a tutti gli operatori la possibilità di accedere al mercato, realizzando in questo modo le loro differenti potenzialità, che sono costituite, ad esempio nella capacità di direzione, nell’attitudine al rischio, nella capacità di organizzazione, e quindi, innanzitutto il diritto di vendere di ciascun produttore o commerciante, per piccolo che sia, ma anche, in termini complementari, la libertà dei consumatori di scegliere tra prodotti e prezzi diversi. La concorrenza è intesa in questo senso come l’uguaglianza delle possibilità di azione economica, cui consegue una limitata influenza dei singolo sulle variabili di mercato. A tale nozione è abbinato lo scopo principale della politica antitrust nella sua prima fase di esistenza: la dispersione del potere economico sia nei mercati che nelle istituzioni contrastando, di conseguenza, la concentrazione del potere di mercato in pochi operatori, percepita come una minaccia al corretto funzionamento del sistema economico e, agli estremi, come un pericolo per la democraticità della società194. Attualmente, peraltro, è ornai opinione comune che le piccole imprese non devono essere favorite dalla politica antitrust, ma piuttosto essere oggetto di politiche di supporto ad hoc.

Una volta identificato l’istituto da tutelare è agevole definire la tutela della concorrenza, o antitrust, come un sistema di norme giuridiche finalizzate ad impedire a chi opera sul mercato comportamenti che la ostacolino. Le caratteristiche di queste norme e il loro utilizzo da parte del soggetto pubblico costituiscono il più ampio concetto di politica antitrust, riferibile all’ordinamento che pone in essere e applica una disciplina normativa finalizzata a tutela della concorrenza. Tale politica farà

propri uno o più degli obiettivi sopra delineati connessi alla tutela della concorrenza, attribuendo ad essi un diverso peso a seconda dell’evoluzione della dottrina giuridica ed economica, nonché degli orientamenti politici della società, sia nel loro rapporto interno che esterno, e cioè in relazione rispettivamente agli altri potenziali obiettivi della politica antitrust ovvero rispetto agli altri obiettivi di politica economica. Ritorna qui la distinzione tra l’interesse pubblico primario, l’obiettivo preminente individuato dal decisore politico che dovrà essere concretizzato dal regolatore, e gli interessi secondari, anch’essi pubblici da perseguire nei limiti in cui tale perseguimento non devi dallo scopo principale. La molteplicità degli obiettivi e la loro diversa rilevanza a loro riconosciuta nel tempo deve essere sempre tenuta presente poiché spesso costituisce una delle ragioni preminenti dell’andamento contrastato e non sempre lineare dell’attività antitrust.

Attualmente, in considerazione dell’evoluzione di pensiero giuridico ed economico, le prime due funzioni della concorrenza sono ormai considerate quelle fondamentali, nonchè le più strettamente legate agli aspetti di efficienza. Più complessa risulta invece la natura del loro rapporto, che oscilla tra la complementarietà, prevalente, e la più rara contrapposizione, e l’attribuzione del peso relativo di una funzione rispetto all’altra in sede di ponderazione degli obiettivi da conseguire. A questo riguardo, lo sforzo di sintesi di queste due funzioni ha portato autorevole dottrina ad individuare la nozione di concorrenza ritenuta meritevole di tutela giuridica, quella che è stata definita come “concorrenza dinamica” ossia “un flusso continuo di proposte innovative (in termini di contenuti tecnologici, di prezzi, di modalità contrattuali ed organizzative ecc.) ed un’efficace azione selettiva di tali proposte ad opera di un serie di deicisioni di consumatori sufficientemente informati”195. Questa definizione, sebbene non unanimemente accettata, è, a parere dello scrivente, la felice sintesi di alcune evidenze empiriche adeguatamente supportate dalle più recenti acquisizioni teoriche: da un lato, infatti, mette in luce le forzature che una visione economica statica, volta a tutelare l’equilibrio economico anziché lo sviluppo, può portare alla naturale evoluzione dei mercati; dall’altra incarna la consapevolezza che la tutela dei concorrenti per favorire la piccola impresa secondo una logica democratica non può giungere a

195M. Libertini, Autonomia privata e concorrenza nel diritto italiano, in Riv. Dir. Comm., 2002, I, p. 434 ss.

livelli tali da ostaccolare la realtà di un mondo globalizzato dove la grande dimensione permette di conseguire economie (di scala, di scopo, di rete) un tempo impensabili; infine evidenzia la questione informativa come punto focale dell’esigenza di tutela del consumatore, superando la tradizionale visione statica, incentrata sulla massimizzazione del surplus del consumatore, considerato il principale, se non l’unico, metro di valutazione. Questa concezione di concorrenza, come vedremo, costituisce la nozione che più di altri va considerata come quella normativamente rilevante.

Outline

Documenti correlati