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La concorrenza come processo dinamico: la teoria evoluzionista e la “Scuola Austriaca”.

ANTITRUST TEORIE A CONFRONTO

3.5 La concorrenza come processo dinamico: la teoria evoluzionista e la “Scuola Austriaca”.

A partire dal secondo dopoguerra le teorie sullo sviluppo economico introducono un ulteriore determinante, autonomo rispetto all’elemento demografico e alla dotazione di capitale fisso: la tecnologia e il suo miglioramento attraverso l’innovazione, ossia la creazione di nuova conoscenza e la sua applicazione alla realizzazione di nuovi prodotti e processi produttivi. Solow225, che si muove nell’alveo della teoria neoclassica, e Shumpeter226, fondatore della teoria evoluzionista, supportati ex post dall’evidenza empirica dei dati macroeconomici relativi al periodo che va approssimativamente dal 1950 al 1973227 mostranti il maggior tasso di crescita finora conosciuto dalle economie capitaliste avanzate, e legato, secondo giudizio unanime al progresso tecnologico228, innalzano l’innovazione allo status di primo motore dello sviluppo economico. Restando negli Stati Uniti, basti pensare che buona parte dello sviluppo economico del paese nel secondo dopoguerra fu legata all’espansione delle grandi imprese, ormai divenute multinazionali, operanti nei nuovi settori dell’industria.

Il progresso tecnologico diviene così, come continua ad essere, un fattore fondamentale per assicurare alla società uno sviluppo di lungo periodo che garantisca

222United States v. Philadelphia National Bank, 1963. 223

Standard Oil Co. of California v. United States, 337 U.S. 293, 305 (1949).

224

United States v. Arnold Schwinn & Co., 388 U.S. 365 (1967)

225R. M. Solow, La teoria della crescita: un'esposizione, Milano, 1973. 226J. Shumpeter, Teoria dello sviluppo economico, Firenze, 1977. 227

V. Valli, op. cit., p. 94-95. L’Autore mostra il tasso di crescita del PIL e degli investimenti nel periodo in esame.

228La crescita economica di questo periodo è infatti trainata da nuovi settori produttivi: la chimica, l’elettronica, la meccanica di precisione, l’aeropsaziale.

quindi alla società un duraturo miglioramento in termini di benessere generale, e pertanto, come tale, deve essere primariamente favorito dalle politiche pubbliche, inclusa quella a tutela della concorrenza.

L’effetto in ambito antitrust è costituito dallo sviluppo della teoria evoluzionista, già parzialmente esposta in precedenza229, fondata sul lavoro di Schumpeter. Secondo Schumpeter il meccanismo concorrenziale è considerato un processo dinamico: le imprese “pioniere” introducono nuovi processi produttivi e prodotti, aprendo coì nuovi mercati; il loro dinamismo conferisce inizialmente loro una posizione di temporaneo monopolio che sarà poi rotto dalle imprese imitatrici, le quali, a loro volta, ricreeranno condizioni di concorrenza. Ciò che garantisce il ripristino di queste condizioni è la libertà di ingresso delle imprese sul mercato, già requisito primario della concezione classica di concorrenza; diversamente dalla concezione classica, invece, la differenziazione produttiva è vista come un elemento di progresso e la mancanza di trasparenza viene considerata in alcuni casi come necessaria per favorire l’innovazione.

La teoria evoluzionista, che vede in Schumpeter il suo principale esponente, pone quindi in evidenza l’insufficienza dell’aspetto strutturale del mercato come unico criterio di valutazione ai fini di un’analisi antitrust quando entra in gioco l’elemento del progresso tecnologico, non considerato più come un fattore esogeno al mercato, bensì endogeno a questo. In quest’ottica un mercato concentrato può avere effetti positivi in termini dinamici, favorendo l’innovazione, anche se in termini allocativi si tratta di una soluzione inefficiente. Peraltro, come abbiamo già visto, vi è anche un effetto disincentivante del monopolio in termini di investimenti, come evidenziato da Arrow.

La visione dinamica della concorrenza è stata portata ai suoi estremi dalla Scuola Austriaca, nata nell’800 con Carl Menger, ma sviluppatasi nella sua forma più recente negli Stati Uniti e in Inghilterra dove, negli anni ’40, emigrarono i suoi principali esponenti, von Mises e von Hayek230. Questi due autori non erano particolarmente interessati all’equilibrio di mercato in quanto in un’ottica dinamica un equilibrio stabile non può mai essere raggiunto, bensì alla continua interazione tra

229Vedi supra cap. 1

230Von Hayek in particolare, con la sua lezione sul “significato della concorrenza” del 1946, effettua per la prima volta la distinzione tra concorrenza perfetta e concorrenza dinamica.

l’imprenditore e l’ambiente economico: è infatti l’imprenditore, grazie al suo potere di mercato, che lo influenza e lo coordina231. Inoltre i costi, i prezzi e le performance del mercato si rivelano attraverso il processo concorrenziale che svolge, attraverso il sistema dei prezzi, una funzione di acquisizione e trasmissione di conoscenza, aggregando tutta una serie di informazioni disperse ed imperfette: le imprese non conoscono ad esempio il valore del costo minimo di produzione (ogni impresa sostiente un costo differente), ma lo possono desumere grazie all’evidenza del mercato sul quale rileveranno la migliore offerta dei concorrenti232.

Il contributo della concorrenza all’efficienza è pertanto legato alla trasmissione delle informazioni, altrimenti disperse tra i vari operatori, in quanto permette di utilizzarle al meglio; proprio perchè gli operatori detengono le informazioni rilevanti in forma estremamente disaggregata e decentrata, peraltro, esse non possono neanche essere determinate in via alternativa da simulazioni di mercato condotte da giudici o amministratori a livello centrale233.

Per queste ragioni Hayek e Mises rigettano sia il divieto di intese e cartelli, sia il controllo sulle condotte tenute dalle imprese detenenti posizione dominante, a causa dei suoi effetti negativi sul sistema degli incentivi generato dal processo di concorrenza dinamica234. Le restrizioni e le limitazioni alla concorrenza poste in essere dalle imprese sono fortemente ridimensionate grazie al ruolo che la teoria evoluzionista affida alla concorrenza potenziale: l’analisi della concorrenza tradizionale si basa sulla concorrenza effettiva presente sul mercato, mentre la concorrenza può esistere anche in forma latente o potenziale, la quale impedisce lo sfruttamento di posizioni monopolistiche, almeno nel lungo periodo235. Il rilievo dato da Schumpeter e dalla scuola Austriaca alla competizione potenziale ha trovato poi supporto nella formalizzazione nella teoria dei mercati contestabili, collegata peraltro alla Scuola di Chicago236.

231L. Von Mises, L’azione umana: trattato di economia, Torino, 1959, p. 259 ss.

232F.A. Von Hayek, Conoscenza, competizione e libertà, Catanzaro, 1998, p. 86ss; F. A. Von Hayek,

The consitution of liberty, New York, 1960.

233F.A. Von Hayek, Conoscenza, competizione e libertà, cit. , p. 93 ss.

234 R. Van Den Bergh and P. Camesasca, European competition law and economics, Intersentia, Antwerpen 2001, p. 38-39.

235D. W. Reekie, Industry prices and market, 1979.

236W. Baumol, Contestable markets and the theory of industry structure, Harcourt Brace Jovanovich , 1982.

Meno drastica la posizione di Hoppman, appartenente alla scuola tedesca: egli, come gli Austriaci, non riconosce al dato strutturale del mercato, la capacità di determinarne le performance. Non pone la stessa enfasi, però sulla competizione potenziale, ritenendo che gli accordi e le condotte che portino le imprese a detenere un eccessivo potere di mercato dovrebbero essere proibite secondo la regola del per

se237.

Il concetto di efficienza richiamato dalla Scuola austriaca, così come quello utilizzato dalla teoria evoluzionista, corrisponde evidentemente a quello di efficienza dinamica definito in precedenza238, che fa riferimento all’evoluzione dei mercati nel tempo, nel contesto di una visione ciclica dello sviluppo economico. La peculiarità di tale nozione, consiste, lo ricordiamo nel considerare le variabili del cambiamento tecnologico e dell’innovazione endogene, essendo direttamente influenzate dall’attività dell’imprenditore, il cui ruolo è pertanto decisivo nello stimolare l’efficienza di un sistema economico. Conseguentemente l’attività antitrust deve essere diretta ad incentivare l’azione innovatrice dell’imprenditore, limitando il proprio intervento ai casi di mancata diffusione delle informazioni tra gli operatori economici a causa del comportamento delle imprese.

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