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ASTROLOGIA STELLARE

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 180-184)

Hur-up-seta “la stella del Sud del cielo” cioè Giove

Hur-ka-pet “la stella dell’Ovest” cioè Saturno

Hur-xuti “la stella dell’Est del cielo” cioè Marte

Sebgu cioè Mercurio

Pe-nutar “La stella errante di Osiride” cioè Venere

Ma, come si vede chiaramente da queste denominazioni, esse non hanno a che fare con una loro posizione ben determinata nel cielo, poiché tutti percorrono l’e-clittica e sono, di volta in volta, stelle del Sud se si trovano al meridiano, stelle del-l’Est se sorgono e stelle dell’Ovest se tramontano.

Queste denominazioni risentono, in modo abbastanza palese, del gioco zodia-cale, o per meglio dire decanale, da cui sta sorgendo la nuova astrologia planetaria.

Marte, padrone del 1° decano del settore 1° che noi oggi chiamiamo Ariete, primo decano dell’Est sarà la stella dell’Est; Saturno padrone del 2° decano della Bi-lancia (come sopra) (il primo decano appartiene alla Luna) in VII casa, al tramonto, nella proiezione decanale sarà la stella dell’Ovest, e Giove, padrone del 1° decano di ciò che chiamiamo Capricorno, e decano che si trova esattamente sulla punta della X casa, sarà la stella del Medio Cielo ovvero del Sud. Quindi, non una collocazione celeste dà il senso a queste definizioni ma una precisa e fin troppo trasparente col-locazione zodiacale-decanale, ovvero stellare.

Fino alla XVIII Dinastia, nel vecchio Egitto, non si parla di pianeti.

La tomba di Ramses IV è una magnifica rappresentazione dei 36 decani, di cui il primo è quello del Cancro, ed è consacrato a Venere. Il 29° decano, per esempio, che all’epoca, per la precessione degli equinozi conteneva il gruppo delle Pleiadi, era chiamato nella tomba di Ramses IV l’Ammasso delle otto stelle” ed in Seti I

co-me Kod, “Quelle che sono assieco-me”. Nella sua figurazione astronomica, inoltre, il

decano viene chiamato xetmu, cioè “ammasso di stelle di…”.

Il decano contenente la costellazione del Sagittario era denominato “il

grem-bo di Nut”, cioè il Gremgrem-bo del Cielo”. E cos’è il gremgrem-bo del cielo se non il centro

ga-lattico da cui nascono i mondi stellari?

Certo, se avessimo il coraggio di guardare con occhi un po’ più spassionati il passato, ci renderemmo conto delle autolimitazioni che stiamo portando alle nostre conoscenze. D’accordo che dovremmo poi ribaltare tutte le nostre cognizioni sugli antichi! Ve lo immaginate, nella nostra epoca di illuminismo, avanzare l’idea dell’an-tico egizio che conosce il Centro Galatdell’an-tico? E d’altra parte, che cos’è lo stadio, mi-sura di lunghezza egizia, di m. 158,24, se non la decima parte della lunghezza di un minuto primo di lunghezza di parallelo, presso il 30° parallelo, su cui sorge la Gran-de PiramiGran-de, e consiGran-derato allora il centro Gran-del pianeta? E cos’è il pieGran-de egizio, di me-tri 0,315 se non la 40milionesima parte del diametro terrestre che, calcolato in pie-di, è di 126 milioni? E non ricordano nulla questi due numeri: 126 e 40, a meno di zeri, continuamente ricorrenti nei testi religiosi antichi di qualsiasi popolo, nella Bibbia ebraica, nell’Apocalisse? Provate a chiederlo a un discepolo di Hermes!

Evidentemente occorrono altri occhi per rileggere i vecchi testi, dimenticando-ci di quella fantastica quanto balorda rappresentazione del mondo concepito dagli Egizi, raffigurata al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, che contraddice tra l’altro la cognizione che ne risulta dalla più palese prova storica egizia, e cioè la misurazione della distanza tra File ed Alessandria, compiuta da Eratostene nel III sec. a.C., e che ha sfruttato le conoscenze geodetiche di una terra ben rotonda, e la conoscenza di un diametro terrestre molto poco lontano da quello che noi cono-sciamo attualmente. Altro che terra piatta o quadra!

Ma dai 36 decani che sono nel Ramesseum, tenendo conto delle stelle in essi contenuti, raffrontate con quelle che vi sono nei decani iscritti nel Tempio di Den-dera dell’epoca greco-romana, ci accorgiamo anche che gli egizi conoscevano la precessione equinoziale. Ed infatti gli stessi decani non hanno il medesimo signifi-cato, e così pure la loro rappresentazione astronomica. (esiste già uno spostamento di più di 15° e stupisce che nessun egittologo se ne sia accorto. Ah, già, dimentica-vo che per noi moderni la precessione degli equinozi è stata trovata da Ipparco! Al-tro falso storico poiché Timocharis, quasi due secoli prima, ne aveva già parlato).

Oltre ai 36 decani, gli Egizi prendevano anche in considerazione il significato di ogni singolo grado o Monomero. Sappiamo da Diodoro il Siculo che Cambise, nel IIII sec. a.C., nella conquista dell’Egitto, distrusse il famoso cerchio di Osimandias, dove era segnato il sorgere delle stelle, il senso di ogni grado, quindi con tutti i suoi Mo-nomeri, cerchio tutto in oro e, a quanto pare, di più di 30 m. di diametro e 50 cm. di spessore!

Da dove gli egizi avevano preso il significato di ogni grado? Ovvero, perché ogni grado aveva un preciso senso e non un altro? Poiché evidentemente una stella contenuta in esso gli aveva impresso il suo suggello in un momento ben preciso, in un momento che aveva il significato di un inizio, che probabilmente significava una nuova era! Una specie, quindi, di tema natale di un’era che, con le sue posizioni stellari, fissa un cachet, un momento astrologico stellare ben preciso.

Sui Monomoirai, o Monomeri, nell’antichità greca circolava un’opera che, pur-troppo, come tutto il meglio delle opere antiche, non è arrivata fino a noi. Di essa ne parlano Proco, Rhetorius, Firmicus, Gregorio di Nissa e l’Asclepio.

Che i Monomeri prendessero il loro significato da una data ben precisa, in un dato sorgere eliaco di Sirio, in un dato anno, ce ne parla Antioco di Atene che scrisse, nella prima metà del I sec. a.C., (vedi Cumont-Bidez-Melanges pp. 135 e s.). Un auto-re anonimo scrisse nel 379 della nostra era “I nostri antichi Egizi hanno fatto

men-zione di queste cose e hanno scritto su di esse; il primo di essi fu Hermes ed ha trat-tato nel suo Apotelesmata kosmika” del levare eliaco (epistolé) del Cane…”. Lo stesso

anonimo parla di un libro di Hermes dove i decani sono in relazione con le malattie. Nell’epoca ellenica e imperiale è esistito un “Liber Hermetis Trismegisti” ove l’autore inizia, senza preamboli, la teoria dei decani che non può venire per prima in un libro di astrologia poiché questa dottrina presuppone un’Astrologia stellare e non planetaria.

Per non dilungarmi con citazioni sui trattati persi per strada sull’argomento, ri-corderò per ultimo un opuscolo ermetico “De XV stellis” riferito a Enoch (che non è altro che l’Hermes egizio o il Cadmo greco) che mette in relazione quindici piante, quindici pietre, quindici talismani con 15 stelle fisse. Anche questo libro è andato perso ed è riportato a brani qua e là.

Una domanda si pone.

Che significato intrinseco ha avuto, nel passato, questa astrologia stellare che ha preceduto l’astrologia planetaria? Ovvero, perché un’influenza sulle cose terrene da parte delle stelle, così lontane, e non dei pianeti? Oppure: perché due soli canali: Sole e Luna, attraverso cui si riversano le influenze cosmiche?

La risposta ci viene dalla scienza di Hermes, ed infatti la troviamo sparsa un po’ ovunque, in Egitto e presso le scuole derivate dalla sua sapienza antica; il neo-pla-tonismo, lo gnosticismo, lo stesso ebraismo, il gruppo alchemico di derivazione egi-zia.

Ricordiamoci che su questi ritmi stellari (e non planetari) ed in ossequio ai po-stulati dell’astrologia stellare (stelle-decani-gradi-monomeri-Sole e Luna) sono nate le piramidi, il tempio di Amon-Ra, i templi caldei, le basiliche proto-cristiane, le cat-tedrali gotiche, le costruzioni del XII e XIII secolo della nostra era, che parlano solo ed esclusivamente con il linguaggio delle stelle e dello Zodiaco e non dei pianeti.

L’orientamento delle più antiche città è fatto rifacendosi agli orientamenti stellari, ed i punti più significativi portano la rappresentazione monomerica del gra-do su cui essi cagra-dono. Un esempio ne è Milano, ove il protocristianesimo ha agra-dotta- adotta-to gli stessi concetti, mantenendo nelle sue chiese e basiliche più antiche la rappre-sentazione del Monomero su cui esse sorgono. Come a S. Eustorgio e a S. Ambrogio, grazie ai restauri del dopoguerra che hanno riportato alla luce le vecchie figurazio-ni.

Storia dell’arte molto affascinante e di cui si sono scritte solo pochissime ri-ghe!

Un’altra domanda si affaccia.

E’ fattibile sul piano pratico, un’astrologia caratterologica e previsionale di si-curo risultato? Essa esiste, e probabilmente è quella dei nostri avi, di cui cercherò, per quanto mi sarà possibile, di parlare in seguito.

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 180-184)