• Non ci sono risultati.

Dopo aver analizzato le proposte di engagement culturale del Museo del merletto, rivolte soprattutto alle merlettaie, e le attività portate avanti dall’Associazione Arte Mide in merito alla valorizzazione culturale del merletto ad ago di Burano, si indaga adesso l’impegno culturale di una impresa dell’isola: l’Arelier Martina Vidal.

Specializzato in biancheria per la casa, porta avanti la tradizione del merletto ad ago da quattro generazioni, innovando e diversificando i business. Per quanto riguarda la produzione attuale di merletti ad ago, essa si compone di tovaglie e lenzuola ricamate, centri tavola, fazzoletti e ventagli per le spose.

Inizialmente sorto come bottega artigiana, col tempo ha espanso la produzione occupandosi non solo di merletti ma anche di abbigliamento, accessori moda e biancheria di lusso ricamata a mano; è stato <<(…) pensato dai fratelli Martina e

Sergio Vidal come un concept store dove poter trasferire l’esperienza, la conoscenza e l’abilità dei propri antenati e soddisfare i clienti più esigenti>>.92

L’atelier non si occupa soltanto della progettazione e della vendita di prodotti d’alto artigianato e di lusso, ma è pensato per accogliere il visitatore e narrare la storia e la cultura dell’isola, del merletto. Di particolare importanza in tal senso è il museo che espone la collezione di merletti di famiglia, con pezzi realizzati dalle generazioni precedenti di merlettaie, alcuni acquistati e altri contemporanei. Esso è visitabile gratuitamente (su

appuntamento) e si trova al primo piano dell’edificio che ospita l’atelier stesso. L’intervista a Marta Perissinotto (responsabile marketing e comunicazione presso l’atelier dal 2014) si è svolta nel dicembre 2018 e si è concentrata sulla narrazione della

92

storia dell’impresa, la nascita dell’Atelier Martina Vidal, il ruolo della Collezione di Merletti e il rapporto con le organizzazioni culturali. Inizialmente è stata introdotta l’evoluzione, la storia, dell’impresa dall’apertura della bottega alla diversificazione dell’offerta merceologica.

Come è nato l’Atelier Martina Vidal?

<<Martina Vidal aveva sedici anni quando ha deciso di fare del lavoro ad ago la sua

occupazione principale. In famiglia c’era da sempre la tradizione di lavorare ad ago, come ovunque nell’Isola. La generazione di Martina è quella che ha avuto le difficoltà maggiori in termini di transizione dal sistema storico a quello contemporaneo. Lei non ha imparato il merletto come professione, presso la Scuola, che era già chiusa. Sono stati gli anni in cui sono nati i primi negozi: più che pensare alla produzione si è iniziato ad occuparsi della commercializzazione del merletto. La scelta di Martina è stata quella di aprire una bottega artigianale per la vendita di merletti fatti in casa, dopo poco il negozio si è aperto anche alla commercializzazione di biancheria, non era possibile sopravvivere vendendo soltanto i merletti ad ago. La collezione si è ampliata, come anche il negozio situato nell’antico Palazzo dei Pittori (che attualmente si

articola in circa 400 mq)>>.

Quali sono i valori sui quali fondate la proposta commerciale?

<<Martina e Sergio hanno creduto molto nell’idea del rinnovamento continuo, non solo

del prodotto ma soprattutto nell’esperienza che puoi dare alla persona che entra nell’atelier. L’innovazione si esplica anche attraverso il modo di trattare il cliente, quando una persona entra per visitare il negozio non ci si concentra solo sulla vendita finale: gli viene offerta un’esperienza che lo porta a seguire un percorso. Gli viene mostrato il piccolo museo al primo piano, si prosegue poi con la biancheria e le ultime collezione fino al secondo piano ed infine l’altana dalla quale si ha una vista completa sull’isola di Burano>>.

Innovazione, termine più volte sottolineato nel corso del dialogo, è il punto fondamentale che contraddistingue l’Atelier Martina Vidal. Innovazione nella tradizione, in quanto l’impresa, pur avendo espanso le proprie aree di business, si struttura attorno alla manualità dei ricami ed al merletto ad ago. Offrire l’esperienza di

visita nel Palazzo dei Pittori (antica locanda dove risiedevano i pittori a Burano) significa coinvolgere fisicamente ed emozionalmente il visitatore nelle vicende

famigliari. Il prodotto d’alto artigianato si identifica per le caratteristiche qualitative e la possibilità di scelta, la personalizzazione degli oggetti, che hanno distinto il negozio dagli altri laboratori presenti in Isola.

<<Come produzioni siamo specializzati sul su misura, ciò ha permesso all'atelier di

distinguersi dagli altri laboratori, inoltre ha aperto il mercato in quanto la possibilità di scegliere tessuti, forme, dimensioni, colori e decori è una caratteristica

indispensabile per poter lavorare con paesi quali l'America. Il vero lusso è la possibilità di scegliere, personalizzare gli ordini, commissionare pezzi unici>>.

Quali sono le caratteristiche che contraddistinguono la vostra impresa? <<Abbiamo parlato di innovazione e attenzione al cliente. I termini che più ci

rappresentano però sono quattro: intanto tradizione e passione, che sono i moventi dell'intera impresa, il motivo per cui Martina e Sergio hanno dato vita a questa azienda e continuano a credere nel progetto. Questi due ingredienti portano alla produzione, motore della ditta, dare cioè una risposta al mercato. La produzione rispetta a sua volta i criteri della qualità e della contemporaneità: tutte le collezioni di design sono firmate Martina Vidal e nascono in atelier. In ognuna troviamo qualcosa che ci lega al nostro passato: ad esempio la collezione San Marco si ispira alla geometria dei

pavimenti di piazza San Marco, è stata poi reinterpretata in chiave contemporanea grazie allo studio di Martina>>.

Quali sono le difficoltà maggiori che riguardano il lavoro della merlettaia oggi? <<Le difficoltà sono molte, ad esempio una delle più pericolose per l’arte è il fatto che,

in isola, le merlettaie che sono in grado di realizzare l’orditura, e che noi conosciamo, sono soltanto due. Non è semplice soprattutto perché la persona alla quale ci affidiamo noi come impresa, per procedere con questa prima fase del lavoro, è una; i tempi di realizzazione si allungano e, soprattutto, dopo di lei c'è un grosso punto interrogativo aperto. Noi abbiamo due merlettaie che lavorano in azienda, Maria e Marisa sui settant’anni ognuna. Sono in grado di realizzare più o meno tutte le lavorazioni, nonostante questo alle volte trovano ancora punti nuovi o che imparano di volta in

volta. Il problema urgente è trovare chi andrà a sostituire queste figure, noi come singola impresa, se anche proponiamo, come abbiamo fatto, i corsi per insegnare l’arte del merletto, non riusciremo mai a formare una figura che sia in grado di portare avanti il lavoro. Il discorso deve essere preso in considerazione anche dalle

amministrazioni, dalle scuole e dalle istituzioni. Noi come realtà siamo un negozio, la nostra occupazione principale è la vendita dei prodotti; sono prodotti particolari e ovviamente la nostra visione è improntata alla sostenibilità, c’è un grande interesse per il fattore culturale, ma rimaniamo pur sempre un’impresa e come tale non possiamo farci carico dell’intera questione>>.

<<Per quanto riguarda il merletto, un altro grande problema è che, nonostante si sia

tentato più volte di rilanciarlo nella moda, a meno che non si tratti di pezzi unici, per noi non è pensabile entrare in una produzione che si dica di serie, visti i tempi ristretti che sussistono nel sistema del fashion, tra una collezione e l’altra. Ad esempio,

abbiamo ricevuto richieste da parte di stilisti, ma abbiamo dovuto rifiutare in quanto entrambe le nostre merlettaie sarebbero state impegnate totalmente per quel lavoro, a fronte quindi di un costo molto alto per il prodotto finale. C’è il dispiacere da una parte, perché non si può realizzare quell’ordine, dall’altra non si può rischiare di non rispettare i tempi ed eccedere nei costi, rispetto a quanto preventivato>>.

In che modo conciliate la scelta di continuare ad operare a Burano, mantenendo al contempo un carattere internazionale?

<<Da alcuni anni l’idea di andare fuori da Burano, non per la produzione, ma per la

promozione del prodotto e l’estensione del mercato si è fatta realtà. Burano è diventata meta importante per il turismo. Ovviamente i nostri clienti non sono quelli che vengono in isola per la visita giornaliera; il nostro è un cliente che frequenta alberghi di lusso e che trascorre il tempo nei luoghi della laguna senza avere fretta. La fortuna di Burano è quella di essere ben collegata a Venezia per quanto riguarda l’offerta turistica e i canali del lusso. Negli ultimi anni ci siamo aperti al panorama veneziano e abbiamo deciso di partecipare ad eventi che si sono svolti in centro a Venezia; per fare un esempio sono due anni che partecipiamo ai mercatini di Natale proposti negli alberghi di lusso, questo per farsi conoscere e crescere in visibilità, facendo notare le tipologie di tessuti che utilizziamo e i disegni delle collezioni, per promuovere la qualità>>.

Quali sono i vostri mercati di riferimento? Qual è la tipologia prevalente di clientela?

<<Lavoriamo principalmente con clienti esteri, questo per due motivi. Il primo è dovuto

alla scelta che abbiamo fatto di realizzare un prodotto d’alto livello, certamente spinti anche dalla clientela e dalla disponibilità del mercato. In secondo luogo, essendo legati a Venezia, abbiamo un bacino d’utenza che ci permette di lavorare molto bene con gli stranieri. Il cliente classico, nella maggior parte dei casi, adesso è di origine

americana, nel periodo in cui non c’erano gli americani era molto forte la presenza di clienti russi. Capitano sempre più spesso poi le visite di clienti arabi e cinesi. Ritengo comunque che non sia da distinguere la tipologia del cliente in base alla nazionalità, quanto dalla disponibilità (di tempo e di denaro) e dalla ricerca della qualità. Il nostro cliente principale infatti ricerca l’oggetto fatto su misura. Ognuno poi ha le sue diverse richieste, anche in base ai fattori culturali, ad esempio il cliente russo cerca la massima espressione del lusso e dell’esclusività in un prodotto che abbia un prezzo alto,

incarnando così uno status symbol. Il cliente arabo ha esigenze diverse che sono legate ad una produzione molto numerosa di oggetti; ognuno ha le sue richieste e la capacità dell’imprenditore è quella di riuscire a caprile e rispettarle. Con il cliente italiano le difficoltà sono diverse: alle volte non si arrischiano neppure ad entrare in atelier, supponendo che i prezzi degli oggetti siano inaccessibili. Ovviamente i prodotti hanno un costo elevato ma, pur trattandosi di articoli Made in Italy, fatti a mano e con materie prime di qualità, si ha comunque una buona forbice di prezzi>>.

<<La nostra scelta di produzione si ispira un po’, se vogliamo, ai principi su cui si

basava la realizzazione di articoli nel passato: il manufatto deve esser fatto affinché duri nel tempo, quindi le materie prime devono essere di alta qualità. I colori ed i materiali devono mantenere le stesse caratteristiche nel tempo. Oltre a questo, abbiamo puntato sul Made in Italy, non perché non si trovino lini, stoffe o cachemire altrove (pensiamo alla Francia o alla Turchia). Applicando l’etichetta del “fatto in Italia” si sono rifiutati i compromessi, scegliendo di conseguenza che ogni fase riguardante la progettazione e la creazione dell’oggetto, avvenga in Italia>>.

Nonostante il business si sia allargato ad altre categorie merceologiche, qual è il rapporto con la tradizione?

<<Il rapporto è sicuramente molto forte, profondo; sono cambiati i modi di vivere e

comunque c’è una grande apertura verso il mondo esterno, ma le tradizioni sussistono tutt’oggi. Alcuni processi portano al cambiamento, ma il legame con le tradizioni culturali dell’isola non è mai venuto meno>>.

Quali sono gli aspetti innovativi rispetto al bagaglio della tradizione? <<Innanzitutto è cambiata la realizzazione del merletto, un tempo infatti si

producevano componenti d’arredo per la tavola, per il letto, copri-spalla, colli grandi e accessori per l’abbigliamento. Oggi l’esigenza è di realizzare prodotti più piccoli. Inoltre, un problema che riscontriamo, è quello di riuscire a trovare la merlettaia che, da sola, riesca a portare avanti tutto il lavoro, altrimenti si complica la produzione e i costi si alzano esponenzialmente>>.

Come viene percepito, oggi, il lavoro della merlettaia?

<<Come per molti altri mestieri d’arte, spesso le persone conoscono il prodotto finito,

ma non conoscono il processo necessario alla loro realizzazione. Nel nostro atelier, e in molti altri dell’isola, offrire la dimostrazione della lavorazione serve proprio a questo: rendere consapevole il cliente della complessità di operazioni necessarie a dar vita ad un merletto. Solo così il visitatore ha la percezione del tempo necessario a realizzare un oggetto ad ago. Si capisce che il tempo da impiegare è tanto, ma la possibilità

compositiva è superiore a qualsiasi altra tecnica di ricamo>>.

Riguardo alla vostra produzione di merletti, quali sono le caratteristiche principali dei prodotti ad ago?

<<Rispetto ad altri laboratori dell’isola, che hanno introdotto il colore nel merletto, noi

utilizziamo solo filati bianchi. Se il cliente lo chiede espressamente alle volte abbiamo fatto eccezioni, ma solitamente non mettiamo mai colori. Questo perché è storicamente riconosciuto che il merletto, per tradizione, debba essere bianco. Altra caratteristica importante, dal piccolo oggetto al grande ricamo, cerchiamo sempre di inserire il punto rete che sarebbe il punto Burano, proprio per ricordare l’originalità del prodotto. Nato nel 1700, è stato sviluppato a Burano (e non tanto a Venezia) per far concorrenza al punto rete francese e dare più leggerezza ai manufatti>>.

Quali sono le azioni culturali che la vostra impresa porta avanti?

<<Sicuramente i corsi di merletto sono il modo migliore per trasmettere la cultura del

saper fare. Essi vengono organizzati dal 2014, nello stesso anno abbiamo anche partecipato per la prima volta ad Abilmente Vicenza. Durante la manifestazione molte persone hanno chiesto informazioni sulla possibilità di imparare la tecnica del merletto ad ago. Abbiamo raccolto dei nominativi e l’anno successivo sono stati fatti tre diversi livelli di corsi, il primo ed il secondo con sei persone, ed il terzo con due. La

particolarità è stata quella di riuscire a ricreare in parte l’ambiente e l’aria di quello che era una volta lavorare il merletto: ovvero la convivialità tra donne. Lavorare insieme significa potersi dare consiglio sullo sviluppo dei punti e del disegno. Adesso, vista la difficoltà di seguire l’intera organizzazione, e dato che spesso le corsiste vengono da lontano, selezioniamo piccoli gruppi da due o tre. Per quanto riguarda la tipologia di persone che scelgono di seguire le lezioni, abbiamo donne sia italiane che straniere, in eguale percentuale. Concentriamo il corso in due giornate, quattro ore al giorno, per dare la possibilità di completare un modulo in un’unica volta. Solitamente chi si ferma al primo livello viene a imparare il merletto per una questione hobbistica, invece, soprattutto gli stranieri, vengono per questioni lavorative: ovvero imparare l’arte da proporre poi in collezioni e creazioni di moda. La difficoltà principale è il fatto di essere comunque un’impresa, in particolare un atelier-negozio; non essendo una associazione non abbiamo sostegni da parte delle istituzioni, non ci sono

finanziamenti che promuovono l’insegnamento di quest’arte. Se ci fosse un

coordinamento esterno si potrebbe ipotizzare anche la ripresa e l’avvio di corsi non esauribili nel giro di qualche giorno, ma volti alla formazione professionalizzante di nuove figure di merlettaie specializzate>>.

Per quanto riguarda l’organizzazione di eventi e mostre, quali sono le vostre esperienze?

<<Due volte all’anno noi organizziamo degli eventi in atelier. Il primo è in giugno e si

svolge nel giardino, l’altro è a settembre, entrambi sono legati al merletto. Inizialmente abbiamo collaborato con un atelier di San Donà di Piave che realizza abiti da sposa, per cui loro hanno portato gli abiti nuziali e noi abbiamo abbinato degli accessori in merletto. Durante la giornata, chiamata open day abbiamo tenuto il giardino aperto a

tutti ed è stata organizzata una sfilata con musica e buffet. Il giardino è stato

inaugurato pochi anni fa proprio per questo motivo: avere la possibilità di accogliere il cliente ed il visitatore, facendolo vivere fisicamente nella realtà dell’atelier. Abbiamo realizzato un evento con Marisa Convento, impiraressa, dando vita ad oggetti che combinano insieme merletto ad ago e conterie in vetro. Queste giornate sono

l’occasione migliore che abbiamo in quanto impresa per fare rete, mettere insieme le conoscenze e non presentarci da soli al pubblico. L’ultimo evento, sempre una sfilata, è stato quello organizzato in collaborazione con l’Atelier Pietro Longhi, che ha realizzato abiti con i tessuti Rubelli, la Gioielleria Nardi che ha fornito monili e di nuovo la presenza dell’impiraressa Marisa Convento. Era un evento inserito nel programma della Biennale del Merletto 2018; durante quei giorni, inoltre, sono stati esposti gli abiti storici realizzati dall’Atelier Longhi assieme ai merletti originali storici della nostra collezione museale. Questo è stato il primo evento che ha visto la partecipazione di molte realtà ed è stato un vero successo>>.

Qual è il ruolo della vostra Collezione di Merletti privata?

<<Il museo è stato inizialmente realizzato per custodire le opere realizzate nel corso dei

decenni dalla famiglia. La metà dei manufatti esposti sono infatti di realizzazione e proprietà dei Vidal. Altri sono pezzi di cui siamo entrati in possesso a seguito di acquisti da collezionisti americani, londinesi o addirittura nei mercati locali. La collezione, essendo comunque in vendita, fa fatica a strutturarsi come museo. I pezzi infatti possono essere venduti ai collezionisti, nel frattempo vengono esposti, valorizzati e salvaguardati con tutte le cure possibili>>.

Dall’intervista emergono alcuni elementi che possono aiutarci a capire la relazione tra le imprese del merletto, con il Museo e con gli stakeholder. L’Atelier Martina Vidal, come più volte sottolineato, è una realtà commerciale che si basa su business con prodotti d’alta gamma. Il valore qualitativo degli oggetti rispecchia il bagaglio culturale che l’azienda trasmette attraverso la cura di ogni dettaglio. Per riuscire a sopravvivere come impresa competitiva nel mercato, hanno allargato le aree di business, non era pensabile infatti continuare a lavorare e sopravvivere commercializzando soltanto merletti ad ago. Di importanza fondamentale è l’approccio all’innovazione della proposta commerciale e la contemporaneità dei prodotti, che hanno radici ben salde nella tradizione, nelle

geometrie di Venezia, nella tecnica antica. Il prodotto di alta gamma, di lusso è

caratterizzato dalla componente discrezionale del cliente: la possibilità di personalizzare il prodotto è una delle caratteristiche fondamentali delle produzioni Vidal.

Parlando delle difficoltà maggiori che incontrano nel loro lavoro sicuramente al primo posto è evidente la mancanza di ricambio nelle maestranze che eseguono lavori ad ago. Nonostante essi promuovano corsi, questi non sono pensati per formare

professionalmente figure in grado di proseguire il percorso delle maestre. La difficoltà più volte sottolineata è quella di costituirsi in impresa anziché associazione culturale, questa netta separazione impedisce la possibilità di accedere a misure di finanziamenti di tipo regionale ed europeo, rivolte esclusivamente ad enti non profit per lo sviluppo di iniziative di valorizzazione culturale. La mancanza di misure alternative, quali ad esempio gli sgravi fiscali, che siano in grado di supportare le imprese in azioni culturali a sostegno della promozione e salvaguardia del patrimonio, limita la capacità di azione delle aziende stesse in questo senso. L’intervistata evidenzia la mancanza di strumenti quali premi ed incentivi rivolti alle aziende per sostenere progetti di valorizzazione culturale. Promuovere azioni che coinvolgano altre imprese e/o il museo stesso, attività di compartecipazione volte alla diffusione della cultura del prodotto ad ago, risulta ancora complicato. A detta dell’impresa le dimostrazioni in atelier, l’esperienza

Outline

Documenti correlati