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Le attestazioni letterarie sulle immagini del sovrano e sulla loro circolazione

1.4 I ritratti e l’autorappresentazione

1.4.7 Le attestazioni letterarie sulle immagini del sovrano e sulla loro circolazione

La più vistosa assenza da questo dossier di ritratti di Mitridate riguarda infatti le possibili raffigurazioni del re all’interno -e meglio ancora sarebbe stato dall’entroterra- del regno pontico (se si fa eccezione per la terracotta da Sinope, la cui lettura come ritratto del sovrano non può essere certa). Questa lacuna nelle attestazioni sopravvissute rende virtualmente possibili le teorie che attribuiscono una ‘doppia immagine’, iranica e greca, impiegata dal sovrano a seconda del proprio pubblico: a Delo prima della guerra e fino alle soglie di essa, così come a Rodi e, si deve immaginare, nelle altre città d’Asia in cui ebbe occasione di far circolare la propria immagine, Mitridate avrebbe presentato un’immagine perfettamente compatibile con quella degli altri sovrani ellenistici -con qualche somiglianza semmai con il modello seleucide- sottolineando poi una vicinanza, destinata ad accentuarsi sempre più, ad Alessandro, mentre avrebbe potuto riservare per quel pubblico ‘iranico’, interno al suo regno, un’immagine ben diversa, per supportare la propria origine achemenide.

Benché la semplificazione renda qui l’ipotesi eccessivamente rigida, se si tiene conto che la maggior parte delle raffigurazioni di Mitridate potrebbero essere state promosse dalle singole città greche in suo onore, e non direttamente dal sovrano, un’omogeneità nell’impiego di un lessico ‘greco’ per la sua

94 Molto dipende dalla lettura del ‘gruppo di Prometeo’, per il quale molte letture si sono proposte a partire dalla identificazione di Mitridate con Eracle: il messaggio potrebbe essere di liberazione dell’Asia (il Caucaso), oppure conoscere una drastica coloritura antiromana se nell’aquila torturatrice di Prometeo è lecito vedervi Roma stessa. Sul valore del mito prometeico a Pergamo vd. anche DiBranco 1992-1993, 313-324 (che non condivide l’attribuzione a Mitridate).

95 Ne è ben consapevole Højte 2009c, 155, che limita il corpus attendibile alla testa del Louvre, quelle da Atene e da Ostia, due da Delo e le tre dal ‘mar nero’: “beyond that, I think we move into the area of speculation, where we should be very cautious… The risk of circular argumentation is always near, as the identification of statues with lion exuviae”.

rappresentazione non porterebbe di per sé ad escludere che nel proprio regno Mitridate potesse contemporaneamente promuovere un differente ritratto di sé.

Vi sono però alcune testimonianze letterarie che meritano di essere prese in considerazione, ovvero le notizie che vengono riportate circa immagini che dal regno di Mitridate, conquistato prima da Lucullo e poi da Pompeo, raggiunsero Roma e furono visibili durante i rispettivi trionfi.

Mai presente di persona, il sovrano pontico fu comunque protagonista di almeno quattro trionfi romani, nei quali con ogni probabilità sarà comparso in effige. Tuttavia le testimonianze antiche circa la presenza di statue del sovrano si concentrano sugli ultimi due trionfi, quello di Lucullo del 63 e quello di Pompeo del 6196.

In entrambi i casi i comandanti romani avevano avuto accesso alle residenze e al cuore del regno pontico dell’Eupatore, cosa che non era stata possibile ai precedenti trionfatori, Silla e Murena, ed è perciò ragionevole aspettarsi che da lì provenissero le immagini del sovrano fatte sfilare nel corteo trionfale. Le fonti sono piuttosto avare di informazioni circa l’aspetto del sovrano, pur rivelando alcuni dettagli di un certo peso: nel trionfo di Lucullo infatti compare una statua d’oro alta sei piedi (χρύσεος ἑξάπους κολοσσός) che raffigura il sovrano97. Al trionfo di Pompeo invece si riferiscono due differenti

notizie: da un lato Plinio, risalendo con la memoria all’introduzione di statue in metallo pregiato a Roma nega che essa sia avvenuta nell’età di Augusto, ricordando come in precedenza nel trionfo di Pompeo Magno furono introdotte a Roma statue d’argento che raffiguravano Farnace (segnalato come ‘primo sovrano’ del Ponto) e Mitridate stesso, oltre a carri d’oro e d’argento98.

Nel racconto di Appiano infine, che non manca di sottolineate l’elemento barbaro ed esotico nell’eccezionale trionfo di Mitridate, viene citata tra le molte ricchezze del sovrano pontico esibite nel corteo -tra cui non mancano souvenirs di Dario il Grande-, una statua del sovrano d’oro di otto piedi99.

Poco oltre la descrizione accenna di nuovo a statue (εἰκόνες), ma esse rappresentano Mitridate e Tigrane nell’atto di combattere, subire la sconfitta e fuggire100, oltre a immagini pittoriche (γραφαὶ) di altri eventi

96 Plut. Luc. 37; Plin. nat. 33, 11, 54; App. Mithr. 116-117. Vd. infra. Correttamente Højte 2009c, 156.

97 Plut. Luc. 37, 4: ἐν δὲ τῇ πομπῇ τῶν τε καταφράκτων ἱππέων ὀλίγοι καὶ τῶν δρεπανηφόρων ἁρμάτων δέκα παρῆλθον, ἑξήκοντα δὲ φίλοι καὶ στρατηγοὶ τῶν βασιλικῶν, μακραὶ δὲ χαλκέμβολοι νῆες ἑκατὸν καὶ δέκα ἅμα παρεκομίσθησαν, αὐτοῦ τε Μιθριδάτου χρύσεος ἑξάπους κολοσσός, καὶ θυρεός τις διάλιθος, καὶ φορήματα εἴκοσι μὲν ἀργυρῶν σκευῶν, χρυσῶν δ᾿ ἐκπωμάτων καὶ ὅπλων καὶ νομίσματος δύο καὶ τριάκοντα.

98 Plin. nat. 33, 11, 54: Argenti usum in statuas primum divi Augusti temporum adulatione transisse falso existimatur. iam enim triumpho Magni Pompei reperimus translatam Pharnacis, qui primus regnavit in Ponto, argenteam statuam, item Mithridatis Eupatoris et currus aureos argenteosque. 99 App. Mithr. 116, 570: ὃ δὲ ἐθριάμβευσεν ἐπὶ λαμπροτάτης καὶ ἧς οὔτις πρὸ τοῦ δόξης, ἔτη ἔχων πέντε καὶ τριάκοντα, δύο ἐφεξῆς ἡμέραις, ἐπὶ πολλοῖς ἔθνεσιν ἀπό τε τοῦ Πόντου καὶ Ἀρμενίας καὶ Καππαδοκίας καὶ Κιλικίας καὶ Συρίας ὅλης καὶ Ἀλβανῶν καὶ Ἡνιόχων καὶ Ἀχαιῶν τῶν ἐν Σκύ- θαις καὶ Ἰβηρίας τῆς ἑῴας. καὶ παρῆγεν ἐς μὲν τοὺς λιμένας ἑπτακοσίας ναῦς ἐντελεῖς, ἐς δὲ τὴν πομπὴν τοῦ θριάμβου ζεύγη καὶ φορεῖα χρυσοφόρα καὶ ἕτερα κόσμου ποικίλου καὶ τὴν Δαρείου τοῦ Ὑστάσπου κλίνην καὶ τὸν τοῦ Εὐπάτορος αὐτοῦ θρόνον καὶ σκῆπτρον αὐτοῦ καὶ εἰκόνα ὀκτάπηχυν ἀπὸ στερεοῦ χρυσίου παρῆγε καὶ ἐπισήμου ἀργυρίου μυριάδας ἑπτακισχιλίας καὶ πεντακοσίας καὶ δέκα, ἁμάξας δὲ ὅπλων ἀπείρους τὸ πλῆθος καὶ νεῶν ἔμβολα καὶ πλῆθος αἰχμαλώτων τε καὶ λῃστῶν, οὐδένα δεδεμένον, ἀλλ᾿ ἐς τὰ πάτρια ἐσταλμένους. 100 App. Mithr. 117, 574-576: τῶν δὲ οὐκ ἀφικομένων εἰκόνες παρεφέροντο, Τιγράνους καὶ Μιθριδάτου, μαχομένων τε καὶ νικωμένων καὶ φευγόντων. Μιθριδάτου δὲ καὶ ἡ πολιορκία καὶ ἡ νύξ, ὅτε ἔφευγεν, εἴκαστο καὶ ἡ σιωπή. ἐπὶ τέλει δὲ ἐδείχθη καί, ὡς ἀπέθανεν, αἵ τε παρθένοι αἱ συναποθανεῖν αὐτῷ ἑλόμεναι παρεζωγράφηντο, καὶ τῶν προαποθανόντων υἱέων καὶ θυγατέρων ἦσαν γραφαὶ θεῶν τε βαρβαρικῶν εἰκόνες καὶ κόσμοι πάτριοι.

significativi e di altri componenti della famiglia di Mitridate non presenti nel trionfo. Per le statue di Mitridate e Tigrane coinvolti nelle fasi finali della guerra non si può pensare a statue provenienti dalla corte del sovrano pontico, ma a pezzi realizzati per l’occasione; per quella aurea ricordata da Plutarco invece, così come per quelle argentee note a Plinio (anche se la divergenza tra le fonti suggerisce piuttosto che le attestazioni non siano da ‘sommare’ ma da ‘pesare’), si può immaginarne la provenienza dal cuore del regno pontico, forse dalle stesse residenze del sovrano. Nessun dettaglio sopravvive circa la rappresentazione del volto o il costume adottato dal sovrano pontico, e sarebbe facile immaginare che eventuali tratti ‘orientali’ -di cui si può forse suggerire la presenza soltanto alla luce delle dimensioni colossali della statua- possano essere ascrivibili tutti all’orizzonte tardo della terza guerra mitridatica.

Tuttavia chi sostiene che Mitridate avesse offerto in qualche momento del suo regno un’immagine della propria persona -non necessariamente però tramite ritratti- con decisi tratti ‘achemenidi’ può chiamare a supporto la testimonianza di alcune fonti letterarie che attestano da parte di Mitridate il possesso di una kitharis, accessorio probabilmente indispensabile per un sovrano che si protestava discendente degli Achemenidi e che forse portava il titolo di ‘Re dei Re’.

La presenza di questa però -e non il suo impiego in qualsiasi forma- è attestata in una notazione sporadica (ed ancora una volta l’occasione è la vittoria di Pompeo101), e non trova riscontri né in altre

fonti letterarie né negli altri canali dell’autorappresentazione regale102.

Sebbene anche nell’immagine di Alessandro si siano potuti individuare elementi orientali103, non

risulta che Mitridate abbia sfruttato in questo senso le potenzialità già esplorate dal suo modello. Non si intende naturalmente suggerire che l’Eupatore in realtà non abbia mai posseduto una tiara, né che non possa averne fatto uso pubblico nelle circostanze più diverse, ma non risulta che essa sia mai appartenuta all’immagine che del re si volle diffondere, soprattutto nei primi anni di regno, in cui tutti gli indicatori puntano verso una decisa sottolineatura di una identità perfettamente compatibile con un orizzonte di regni ellenistici.

La scelta di Mitridate in questo senso non è l’unica possibile, se si confronta ad esempio con quella adottata da Tigrane d’Armenia nelle sue coniazioni, o, se si preferisce scegliere uno scenario in cui trova chiara espressione una duplice radice iranica e greca, nel caso di Antioco di Commagene, per il quale la tiara, nel lessico complesso di questi regni ai confini con l’Oriente, se certamente parla di una radice iranica, non esclude una dimensione ‘greca’ per il regno di Commagene104.

101 Plut. Pomp. 42, 3: καίτοι τὸν μὲν ξιφιστῆρα πεποιημένον ἀπὸ τετρακοσίων ταλάντων Πόπλιος κλέψας ἐπώλησεν Ἀριαράθῃ, τὴν δὲ κίταριν Γάϊος ὁ τοῦ Μιθριδάτου σύντροφος ἔδωκε κρύφα δεηθέντι Φαύστῳ τῷ Σύλλα παιδί, θαυμαστῆς οὖσαν ἐργασίας. Così interpreta anche Ballesteros Pastor 1994, 118 e n. 11.

102 Ravvisa però la presenza di una tiara o di una kyrbasia nelle coniazioni in rame da Amiso e Sinope Bohm 1989, 156. Cfr. però deCallataÿ 2007, 271-308.

103 Cfr. Stewart 1993, 91; 144; 211 e 354 (per una ‘imitatio’ da parte del triumviro Antonio).

Concludendo, dalle statue del sovrano così come dagli altri ritratti a lui riconducibili si potrebbe ricostruire un panorama piuttosto omogeneo, in cui il sovrano avrebbe adottato una scelta chiara di avvicinamento della propria immagine a quella di Alessandro, senza visibili riferimenti ad elementi caratteristici di una regalità di tipo persiano, una strategia peculiare sia all’interno della dinastia dei Mitridatidi, sia se confrontata con quelle adottate da altri sovrani che potevano come Mitridate vantare doppie radici, iraniche e greche, per le quali si veda il già citato caso di Tigrane, per citare un esempio coevo105.

Se anche l’impressione di un frequente e continuo avvicinamento all’immagine di Alessandro fosse in parte frutto di un ragionamento circolare -ciò che spinge a collegare ritratti provenienti da aree disparate e ad attribuirli a Mitridate è spesso infatti la somiglianza di questi con il ritratto di Alessandro-, non vi sono in ogni caso elementi consistenti per pensare che il sovrano avesse adottato in altri periodi, o anche solo in altre aree del suo regno un’immagine con tratti vistosamente differenti. Del resto il ricorso ad un modello complesso e ricco di significati possibili come quello di Alessandro106 può ben

aver mantenuto pieno valore anche in un regno di ‘frontiera’ come quello pontico e nel corso di una parabola particolarmente travagliata come quella dell’Eupatore.

105 Per l’iconografia monetale di Tigrane vd. il punto in deCallataÿ 1997, 215-232 con bibliografia. Il confronto qui suggerito è a titolo puramente esemplificativo, dal momento che nessun regno pur coevo ha caratteristiche perfettamente omogenee a qualsiasi altro per quanto riguarda la presenza dell’elemento iranico, il grado di ellenizzazione e così via.