1.6 L’organizzazione del regno
1.6.1 Un panorama degli insediamenti attraverso il lessico straboniano
Strabone è certamente la fonte meglio informata e cronologicamente più vicina al periodo qui d’interesse che ci sia pervenuta, il che fa di lui un testimone allo stesso tempo attendibile ma anche ‘coinvolto’: nato in un momento che corrisponde alla fine della parabola politica e dell’esistenza dell’Eupatore, il Ponto che Strabone conobbe direttamente3 aveva già subito le profonde trasformazioni
promosse da Pompeo, ed era poi passato –a seguito di ulteriori cambiamenti- sotto il controllo della regina Pythodoris4. Il ‘tempo dei re’ era stato però uno snodo ineludibile anche per la famiglia di
Strabone, come si può facilmente comprendere dalle pur rare digressioni che l’autore le dedica, prendendo spunto da territori e personaggi pontici5. Da tali digressioni emerge l’immagine di una
famiglia ricca di personalità illustri, che godette complessivamente di notevole prestigio nella terra d’origine, ma che in molte occasioni a causa degli stretti rapporti con la casa regnante pontica, e in particolare con l’Eupatore6, fu profondamente coinvolta ed esposta a grandi rovesci in quei tempi
difficili. I diversi componenti di essa, con scelte anche di segno opposto, ora legandosi ancor più all’Eupatore, ora sperimentandone personalmente la collera ed arrivando a tramare contro di lui, affrontarono scelte ricche di conseguenze e destinate a influenzare le sorti delle generazioni successive. Nel suo complesso, la famiglia di Strabone nelle lunghe guerre mitridatiche, aveva dunque molto guadagnato e molto perduto, e benché Strabone non avesse vissuto quegli anni, sembrano in lui molto vive le memorie familiari di quanti si distinsero per lealtà all’Eupatore, ma anche di quanti tradirono, e dovettero cercare di ristabilire le proprie fortune grazie alla benevolenza dei nuovi vincitori, Lucullo e in particolare Pompeo. Da tempo si è quindi concentrata l’attenzione sul peculiare atteggiamento di Strabone circa i sovrani della sua terra, nel giudicare i quali non può aver mantenuto lo sguardo di uno spettatore ‘esterno’7.
Si è ipotizzato anche che il coinvolgimento personale di Strabone, il suo orgoglio e l’affetto per la sua patria pontica, possano aver condizionato non solo la rappresentazione della casa dei Mitridatidi, ma più in generale la descrizione stessa del territorio pontico, ed anche la scelta del lessico per designare gli insediamenti: la terra ricca di poleis, molte delle quali possono vantare un antico passato di colonie greche, e la generale prosperità segnalata in particolare dalle culture ‘civilizzate’ dell’olivo e della vite può essere stata influenzata -almeno in parte- del desiderio di vantare i pregi della propria patria8?
3 Non vi sono dati certi circa l’età in cui Strabone abbandonò la sua patria, ma anche se avesse lasciato la natia Amaseia in età giovanile, questo non diminuirebbe il suo peso come fonte ‘dall’interno’ per la terra della sua infanzia, vd. il punto in Lindsay 2005, 184-185.
4 Sulla valutazione di Strabone della regina Pythodoris e sulle possibili relazioni di Strabone con la sua corte vd. di recente Lindsay 2005, 198-199 con indicazioni bibliografiche.
5 Strabo 7, 4, 3 C 308-309; 10, 4, 10 C 478; 12, 3, 33 C 557.
6 Sullo sguardo di Strabone verso il Ponto, vd. di recente Ballesteros Pastor 1998, 55-61; sul peso della patria pontica nell’opera di Strabone vd. Bowersock 2000, 13-24; Lindsay 2005, 180-199; Braund 2005, 216-234.
7 Sulla difficoltà di distinguere giudizi chiari nelle narrazioni che Strabone dedica in particolare a fatti e personaggi delle guerre mitridatiche vd. Ballesteros Pastor 1998, 55-61. Vd. anche di recente Lindsay 2005, 193-199.
Sarà opportuno quindi riassumere brevemente le linee principali della descrizione del Ponto di Strabone, per riflettere anche circa la possibilità che nella sua rappresentazione del territorio vengano volutamente ‘oscurate’ o minimizzate quelle tracce ‘non greche’ che sarebbero invece tanto preziose per una comprensione più ampia della natura ‘profonda’ del regno dell’Eupatore.
In primo luogo, non è facile tracciare con una certa precisione sulla base della descrizione straboniana i confini del regno del Ponto9, né sembra interesse del geografo ricostruirne l’estensione
originaria, oppure individuare l’origine dei suoi sovrani e le varie tappe delle loro conquiste10; anche per
quanto riguarda l’assetto amministrativo della sua terra d’origine, Strabone non fornisce alcuna descrizione durante il lungo periodo ‘regio’11, mentre affronta cursoriamente qualche questione circa
l’amministrazione dell’area così come fu stabilita da Pompeo12. Nell’affrontare la descrizione del
territorio Strabone infatti si limita ad indicarne sommariamente la massima estensione raggiunta sotto l’Eupatore, menzionando i centri lungo l’Halys, e come estremi confini l’Armenia da un lato e Amastri e la Paflagonia dall’altro, per poi segnalare anche il controllo esercitato sulla fascia costiera, che raggiungeva a ovest Eraclea e a est la Colchide e la ‘Piccola Armenia’13. Tale estensione, prosegue
Strabone, corrisponde al territorio che cadde nelle mani di Pompeo dopo la sconfitta dell’Eupatore. Ma i particolari che riguardano la gestione di quest’area sono riferiti alla sola azione di Pompeo: è il comandante romano che distribuisce i territori intorno all’Armenia e alla Colchide tra i dinasti suoi alleati, e ancora è opera sua la suddivisione in undici distretti (politeiai) del restante territorio, che unito alla Bitinia formerà una sola provincia. Anche la descrizione che riguarda le regioni di Paflagonia e di Galazia, rispettivamente affidate dal comandante romano a sovrani e alla casa di Pylamenes e ai
tetrarchoi, non rivela nulla del loro precedente status.
Nel racconto straboniano emergono di frequente realtà territoriali presentate spesso soltanto con il loro nome, ma talvolta definite chorai o pedia14 che sono state interpretate alla luce del suffisso (-ene
9 La stessa designazione di ‘regno del Ponto’ è per gli anni di Mitridate Eupatore “an anachronistic construct”, un concetto fomatosi in età augustea, per Mitchell 2002, 51. Ma vd. Ballesteros Pastor 2003-2007, 4, che considera significativa la presenza di ‘Ponto’ come termine riferibile ai domini di Mitridate in particolare in Cicerone (Cic. Pomp. 7; 22).
10 Già assai arduo risulta individuare la ‘culla’ dei Mitridatidi, vd. e.g. di recente le ipotesi di Bosworth, Wheatley, 1998, 155- 164. Sui ‘confini’ del Ponto in età mitridatica, già Meyer 1879, 1-10. Discussioni e aggiornamenti bibliografici anche in McGing 1986, 1-11; Ballesteros Pastor 1996, 332-377; sul termine ‘pontico’ nelle fonti antiche vd. Mitchell 2002, 35-64, e Ballesteros Pastor 2003-2007, 3-10. Per aree specifiche, Ballesteros Pastor 2008, 45-63 (Cappadocia e Ponto); Ballesteros Pastor, Alvares Ossorio 2001, 3-12 (frontiera con la Colchide).
11 Sulla necessità e la difficoltà di ricostruire tra le righe il Ponto da Strabone vd. Ballesteros Pastor 1998, 55. In particolare sul rapporto di Strabone con Amaseia vd. di recente Lindsay 2005, 180-199.
12 Strabo 12, 3, 1 C 540-541. Un breve commento di recente in Biffi 2010, 54-55. Per un panorama sui dati noti circa l’amministrazione interna del regno pontico vd. di recente il punto in Højte 2009a, 95-1077. Per lo sguardo straboniano di recente Lindsay 2005, 180-199.
13 Strabo 12, 3, 1 C 540-541.
14 E.g. è chiamata pedion Themiscyra in Strabo 12, 3, 15 C 547; è definito un eudaiomonion pedion Dazimonitis Strabo 12, 3, 15 C 547 e anche Sidene in Strabo 12, 3, 15 C 548; è la meros più ricca del Ponto Phanaroea (Strabo 12, 3, 30 C 556); sono chiamate collettivamente chorai Bamonitis, Pimolitis, Gazelonitis e Gazacene in Strabo 12, 3, 25 C 553.
oppure –itis) come circoscrizioni amministrative, particolarmente presenti nell’entroterra15, e in qualche
caso derivanti il loro nome esplicitamente da centri non definiti poleis ma piuttosto phrouria o choria
erymna16. In mancanza di un termine specifico esplicitamente impiegato da Strabone, sono state
interpretate, per analogia con l’organizzazione dei regni vicini o grazie alle attestazioni successive alla risistemazione del territorio ad opera dell’autorità romana, come eparcheiai17 o piuttosto come strategiai18.
Il lessico di Strabone poi non consente facilmente di distinguere tra centri greci e non greci, poiché per entrambi può impiegare il nome di poleis19, ma in qualche caso è leggibile la volontà di sottolineare la
matrice greca di alcune: è polis hellenis Trapezunte, nominata subito dopo l’erymnon polisma di Farnacia20, e
per Eraclea, Amiso e Sinope le circostanze della fondazione ad opera dei Milesi sono tra le primissime informazioni che vengono fornite al momento della loro presentazione21.
E’ poi altrettanto leggibile e ricorrente la sottolineatura della funzione militare -o quantomeno dell’efficacia difensiva- di alcune poleis: è una polis erymnotate e dalle forti mura la patris di Strabone Amaseia22, e anche di Farnacia si notano le forti strutture murarie23.
Particolarmente poco leggibile dal racconto straboniano sembra l’estensione della chora delle poleis costiere, tanto che si è immaginato che essa potesse essere particolarmente ridotta nel periodo regio24 -
poiché ancora una volta i soli dati espliciti riguardano la sistemazione pompeiana del territorio- e per la stessa ragione non è chiara nemmeno l’interazione delle città con le ‘circoscrizioni amministrative’ già ricordate25. Quando il periodo ‘regio’ è menzionato per l’influenza che ebbe nei confronti delle poleis
15 Vd. Jones 1971, 154: con la stessa funzione delle due eparchiai della Paflagonia pontica (Blaene e Domanitis) sono considerate ‘distretti amministrativi’ nel territorio pontico Gazelonitis, Saramene, Themiscyra e Sidene lungo la riva orientale dell’Halys, mentre oltre il fiume si contano Phazemonitis, Pimolisene e Ximene; nei pressi di Amaseia è nominata Gazacene, Diacopene e Babanomous, mentre lungo l’Iris fanno la loro comparsa Comana, Dazimonitis e Phanagoreia. Lungo la frontiera cappadoce infine sono note Caranitis, Colopene e Camisene. Tre di queste, Themiscyra, Babanomous e Phanagoreia hanno quello che Jones 1971, 154 definisce un “non-bureaucratic name”, ma lo studioso ricostruisce una funzione amministrativa anche per questi centri.
16 E.g. Sidene trae il nome dal chorion erymnon Side (Strabo 12, 3, 16 C 548); Pimolisene prende il nome dal phrourion Pimolisa in Strabo 12, 3, 40 C 562.
17 Vd. e.g. Ballesteros Pastor 1996, 334.
18 Lo sostenne per analogia con il caso cappadoce già Reinach 1890, 257. Sulle altre posizioni della critica ed in generale sul dibattito vd. Ballesteros Pastor 1996, 334-336.
19 Riassume gli indicatori di civiltà (greca) e di ‘barbarie’ e la loro (poca) leggibilità in Strabone Ballesteros Pastor 1998, 55- 56, per il quale il geografo attenuerebbe, forse inconsapevolmente, i tratti ‘barbari’ della sua terra d’origine, e a suo avviso “Estrabón diferencia claramente las poleis griegas de la costas de las ciudades del interior, pero sigue llamando poleis a éstas últimas, pese a su origen no griego” (ibid. 55). Di recente fanno il punto sulle poleis greche e barbare nell’intera area pontica e per uno spettro cronologico ben più ampio e.g. Kacharava 2005, 9-31 (per la polis hellenis) e Kvirkvelia 2005, 33-40 per la polis barbaron.
20 Strabo 12, 3, 17 C 548.
21 Per Eraclea vd. Strabo 12, 3, 4 C 542; per Amiso Strabo 12, 3, 14 C 547; per Sinope Strabo 12, 3, 11 C 545.
22 Strabo 12, 3, 15 C 547. Sottolinea e riflette su questo aspetto Lindsay 2005, 186-191, che legge nell’interesse di Strabone per le fortificazioni in particolare della sua città un riflesso del passato ‘militare’ della sua famiglia.
23 Strabo 12, 3, 17 C 548. Farnacia è presentata come esito di sinecismo che coinvolge Kytoros (polichne) ibid. Un panorama delle altre fonti in merito in Jones 1971, 153 e n. 11.
24 Lo sottolineava Jones 1971, 157-163. Vd. il punto –con discussione delle ipotesi moderne- in Ballesteros Pastor 1996, 342-344.
25 Strabo 12, 3, 13 C 547 menziona una parte della Gazelonitis occupata ‘dagli Amiseni’, il che dovrebbe significare che apparteneva alla chora di Amiso, ma vd. più ampiamente Ballesteros Pastor 1996, 342-343.
pontiche, si tratta di circostanze particolarmente negative. Esemplare è il caso di Sinope, la cui trasformazione in capitale del regno pontico è descritta come una riduzione in schiavitù: Farnace rese schiava (ἐδούλευσε) la città dopo che essa aveva a lungo salvaguardato la propria autonomia ed eleutheria, ed essa rimase poi soggetta all’Eupatore e a quanti poi lo vinsero26. Anche in questo caso Strabone non
tralascia di evidenziare le trasformazioni che causò la venuta di Pompeo: la città di Sinope a seguito della riorganizzazione romana ora ‘accoglie’ una colonia romana, che non si sovrappone perfettamente all’antico insediamento, ma comprende una parte dell’antica città, e una parte della sua chora27.
Molto meno rilievo concede invece Strabone al contributo dei sovrani pontici alla creazione di poleis all’interno del loro regno, che pure non fu del tutto assente: vanno ricondotte all’azione dei Mitridatidi almeno due fondazioni precedenti al regno di Mitridate VI, certamente quella di Farnacia e con alta probabilità anche quella di Laodicea28. Quanto al contributo personale dell’Eupatore alla creazione di
poleis all’interno del suo regno, dalla narrazione straboniana emerge almeno una Eupatoria situata alla
confluenza del Lykos e dell’Iris29. Dal racconto straboniano però quella della fondazione di Eupatoria
non sembra una grande impresa: benché la posizione scelta sia buona -e sarà sfruttata da Pompeo- l’azione del fondatore, lasciato anonimo anche se ben riconoscibile, sembra in qualche misura una conquista casuale, cui segue l’imposizione del nome e non molto più di questo, poiché Pompeo trovò la
polis costruita ‘a metà’30.
Che in questo racconto si possa leggere o meno una precisa volontà di Strabone di minimizzare il ruolo di Mitridate come fondatore, l’attività di ecista dell’Eupatore potrebbe fornire indicazioni circa la sua aderenza ad un modello di ‘sovrano ellenistico’, e sarà opportuno quindi allontanarsi brevemente dal racconto straboniano per mettere a fuoco le altre informazioni sopravvissute circa le fondazioni di Mitridate. Sulla fisionomia dell’Eupatoria nota a Strabone, individuata sul terreno ma non oggetto di
26 Strabo 12, 3, 11 C 545-546: αὐτονομηθεῖσα δὲ πολὺν χρόνον οὐδὲ διὰ τέλους ἐφύλαξε τὴν ἐλευθερίαν, ἀλλ' ἐκ πολιορκίας ἑάλω καὶ ἐδούλευσε Φαρνάκῃ πρῶτον, ἔπειτα τοῖς διαδεξαμένοις ἐκεῖνον μέχρι τοῦ Εὐπάτορος καὶ τῶν καταλυσάντων ῾Ρωμαίων ἐκεῖνον. Ritiene illuminante per la prospettiva straboniana l’impiego del verbo ἐδούλευσε Ballesteros Pastor 1998, 57, che ne legge anche l’eco del topos storico attivo nella rappresentazione di Mitridate: il despota orientale non può che rendere ‘schiavi’ quelli che a lui obbediscono, e suggerisce l’accostamento con quanto da Strabone cita Plut. Luc. 28, 7, in cui i soldati di Tigrane sono chiamati ‘schiavi’ (Ballesteros Pastor 1998, 57 n. 14).
27 Strabo 12, 3, 11 C 456-457: νυνὶ δὲ καὶ ῾Ρωμαίων ἀποικίαν δέδεκται, καὶ μέρος τῆς πόλεως καὶ τῆς χώρας ἐκείνων ἐστί. 28 Farnacia è nota a Strabo 12, 3, 17 C 548; sulla sua collocazione anche Plin. nat. 6, 11, 32. Benchè non sia esplicito nelle fonti, la si attribuisce all’azione di Farnace I. Per Laodicea mancano fonti letterarie o epigrafiche esplicite, anche se potrebbe coincidere con quella che Strabone conosce come phrorion Ikizari, Strabo 12, 3, 38 C 560, ma sopravvive l’etnico nelle coniazioni e in un toponimo moderno, vd. più ampiamente Cohen 1995, 386-387 con bibliografia. Le ‘Laodici’ che possono aver dato nome al centro sono nella famiglia di Mitridate almeno quattro: dalla moglie di Mitridate III a quella dell’Eupatore, vd. Cohen 1995, 387 e n. 3 con bibliografia.
29 Strabo 12, 3, 30 C 556. La città, punita dallo stesso sovrano per la sua disobbedienza, sarà poi rifondata da Pompeo come Magnopolis. Vd. di recente Højte 2009a, 97-98: “the only known foundation in Pontos under Mithridates VI was Eupatoria”. Lo studioso suggerisce poi come la sua posizione strategica consentisse il controllo delle strade che attraversano il Ponto in direzione Est/Ovest.
30 Strabo 12, 3, 30 C 556: συμβάλλουσι δ' ἀμφότεροι [scil. l’Iris e il Lykos] κατὰ μέσον που τὸν αὐλῶνα, ἐπὶ τῇ συμβολῇ δ' ἵδρυται πόλις, ἣν ὁ μὲν πρῶτος ὑποβεβλημένος Εὐπατορίαν ἀφ' αὑτοῦ προσηγόρευσε, Πομπήιος δ' ἡμιτελῆ καταλαβών, προσθεὶς χώραν καὶ οἰκήτορας Μαγνόπολιν προσεῖπεν. αὕτη μὲν οὖν ἐν μέσῳ κεῖται τῷ πεδίῳ, πρὸς αὐτῇ δὲ τῇ παρωρείᾳ τοῦ Παρυάδρου Κάβειρα ἵδρυται…
scavi sinora, non si può dire molto31, salvo che la stessa iniziativa di fondare città con il proprio nome
appare perfettamente in linea con le consuetudini dei sovrani ellenistici32, anche se per questo orizzonte
cronologico testimoniata anche per dinasti d’Oriente33.
Ma non è del tutto certo che questa Eupatoria fosse stata l’unica fondazione di Mitridate: Appiano attesta infatti una Eupatoria presso Amiso come residenza regale34. Anche questa fondazione è
destinata ad una fine precoce: così come la vicina Amiso fu distrutta ad opera di Lucullo nel 7135.
E’ poi chiamata civitas almeno da Ammiano Marcellino una Eupatoria nel Chersoneso Taurico36
anche se è possibile che debba essere identificata con Eupatorion, che Strabone definisce phrourion, e di cui racconta la creazione non ad opera direttamente del sovrano ma di Diofanto nel corso delle spedizioni di quest’ultimo nell’area37. Se si considera a puro titolo d’esempio che un sovrano della cui
‘grecità’ non è lecito dubitare, Filippo V, pur espandendosi in un territorio non densissimo di poleis limitò le sue fondazioni ad una sola, Perseide, ai confini orientali del suo territorio38, la condotta di
Mitridate non appare particolarmente ‘irregolare’ per un sovrano che ambisse a presentarsi come greco. Se si ricostruisce dunque quindi, pur a partire da un quadro complessivamente piuttosto incerto, che sotto l’Eupatore vi sia stato un incremento di fondazioni, almeno rispetto ai suoi predecessori, rimane assai arduo stabilire se tale incremento testimoni davvero la volontà di Mitridate di promuovere la propria immagine ‘greca’ attraverso un’attività tipica dei grandi sovrani del mondo ellenistico. Le fondazioni mitridatiche potrebbero infatti nascere principalmente per la necessità di controllare un territorio privo di centri preesistenti. Niente vieta però di pensare che entrambe le istanze fossero state soddisfatte nello stesso tempo con la creazione di centri che portavano il nome del sovrano. La repentina fine del regno di Mitridate poi non può aver giovato alla memoria della sua attività di fondatore, e quelli che Strabone designa come phrouria o come poleis sono ai tempi dell’autore siti in
31 Højte 2009a, 98: “Today the site is clearly visible in the landscape, but it has never been excavated –by archaelogists, at any rate”.
32 Si vd. in generale Cohen 1995, 60: “Pontus represents an interesting contrast with Bithynia. Despite the philhellenic tendencies of the royal house the country remained much less Hellenized and urbanized than Bithynia. The village, not the city, predominated, while temples exerted a major influence on the country”. Delle quattro fondazioni ellenistiche in Ponto, due sono per Cohen da ricondurre all’Eupatore: Eupatoria presso Amiso sul Mar Nero e Eupatoria futura Magnopolis nell’entroterra.
33 Sulla attività dei sovrani di Bitinia come fondatori di città vd. e.g. Cohen 1995, 60-63, per il quale “…the Bythynian experience will have been similar to that of the other Hellenistic kings”. L’iniziativa di una fondazione che prende il nome dal sovrano è anche di Tigrane, che fonda Tigranocerta, con un suffisso però che denuncia origine non greca. Per la fondazione vd. Strabo 11, 14, 15 C 532.
34 App. Mithr. 78, 345. Questa nuova fondazione può essere messa in relazione con la notizia della costruzione di nuovi templi presso Amiso (Plin. nat. 6, 7; Strabo 12, 3, 14 C 547). Vd. in merito Cohen 1995, 384 s.v. Eupatoria Amisos. Non riteneva che dovesse essere distinta da Eupatoria futura Magnopolis e.g. Munro 1901, 57 n.1; Jones 1983, 154-162 part. 159. Contra Magie 1950, 1213.
35 App. Mithr. 78, 345; Strabo 12, 3, 14 C 547; Memn. FGrHist 434 F 30. Ad un errore di Plinio (Plin. nat. 6, 7) deve essere ricondotta la notizia che tanto Amiso quanto Eupatoria furono rifondate da Pompeo come Pompeiopolis. Vd. per una discussione delle opinioni moderne Cohen 1995, 384.
36 Amm. Marc. 22, 8, 36: sunt autem quaedam per Tauricam civitates, inter quas eminet Eupatoria et Dandace, et Theodosia et minores aliae nullis humanis hostiis inpiatae. L’informazione dovrebbe essere tratta da Tolemeo, vd. Amm. Marc. 22, 8, 10.
37 Su questo insediamento brevemente infra. Una discussione sulla possibile identità di questa Eupatoria nel Chersoneso in Cohen 1995, 386.
rovina o sedi di nuove fondazioni promosse da Pompeo, il cui passato ‘regio’ doveva essere già per Strabone difficile da distinguere.
Tornando alla narrazione straboniana, occorre render conto di un’altra costante nel panorama degli insediamenti, che spesso si è ritenuta indicativa della natura non greca e non del tutto ellenizzata del territorio pontico: la diffusione dei phrouria. Benché il termine phrourion non indichi di per sé una profonda alterità rispetto ad una polis -ne sottolinea il rilievo strategico di ‘luogo forte’ ma non implica l’assenza di strutture ‘cittadine’- i phrouria pontici sono stati letti anche come centri molto diversi per natura e funzione dalle poleis, e creati per la custodia del tesoro del sovrano, impiego che per alcuni è attestato esplicitamente anche attraverso il lessico straboniano, che ne fa dei gazophylakes39. Non è però
possibile stabilire con certezza se questa fosse stata la destinazione originaria per molti o solo per alcuni di questi, mentre appare assia più probabile che la funzione di custodia dei beni del re per molti di questi phrouria sia stata frutto di un impiego successivo dettato dalle circostanze del conflitto40.
Il dato quantitativo però circa la presenza di phrouria interni al regno pontico è certamente rilevante, e si deve immaginare che alla loro diffusione abbia contribuito anche l’Eupatore, dal momento che essi sono spesso menzionati nelle narrazioni che strettamente si collegano alla sua vicenda, sia all’interno che più spesso nelle zone di frontiera o esterne al regno pontico vero e proprio. Tra quelli interni si deve contare almeno Pimolisa, phrourion basilikon, già in rovina ai tempi di Strabone41, mentre non vi
sono notizie univoche per collocare nel territorio i quindici phrouria consegnati a Lucullo dal nonno materno di Strabone42, che defeziona da Mitridate dopo aver considerato l’esito prevedibilmente
negativo della guerra e spinto dal desiderio di vendetta familiare. La ricompensa, promessa da Lucullo ma non garantita da Pompeo che gli succedette al comando colloca l’episodio nelle fasi finali dell’ultima guerra, ma non fornisce ulteriori informazioni.
I phrouria proliferano anche, e non è davvero sorprendente, alle frontiere del regno, sia come recenti