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1.5 La famiglia e la corte: un’immagine cronologicamente ‘schiacciata’.

1.5.2 La corte del sovrano

Se ci si dedica all’esame della ‘corte’ del sovrano pontico, occorre in primo luogo definire meglio l’oggetto dell’indagine, e poi chiarire anche quale genere di indicazioni si ritiene di poter trarre da tale analisi.

La ‘corte’ che qui si esaminerà è da intendersi come quella cerchia di personaggi che le fonti antiche permettono di collegare a Mitridate Eupatore, mentre rimane inafferrabile il volto della ‘corte’ di Mitridate come spazio fisico del potere. Benché gli ambienti e le residenze regali possano essere luoghi assai eloquenti per individuare i lineamenti dell’identità della casa regnante e per il dispiego della ‘propaganda’ del sovrano, rivolta in particolare all’interno del suo regno, i lineamenti delle capitali pontiche dell’Eupatore rimangono difficilmente ricostruibili, ed esse, inaccessibili e inviolate anche per i Romani nel corso di questa guerra, non sono mai oggetto di narrazione nelle fonti sopravvissute. D’altro canto non è nel Ponto che il sovrano risiedette negli anni oggetto di questo studio, poiché allo scoppio delle ostilità la residenza di Mitridate, rapidamente divenuto signore dell’Asia, fu stabilmente, e per tutta la durata del conflitto, fissata a Pergamo36.

Prendere in considerazione dunque la ‘corte’ di Mitridate come l’insieme di personaggi che a vario titolo circondava nella vita ‘privata’ così come in quella ‘pubblica’ il sovrano, può rispondere però a esigenze molto diverse, non tutte pertinenti a questo studio. Non appare infatti particolarmente produttivo ricercare, a partire da materiale tanto frammentario, una possibile fisionomia specifica della corte pontica da confrontare con quella di altre corti ellenistiche, per determinare se essa sia stata più ‘greca’ o più ‘iranica’. Non può esistere infatti un modello di regno ‘ellenistico’ unico e fisso, ma piuttosto molti e soggetti a trasformazioni sia nel tempo che nello spazio. Quanto poi alla presenza di elementi ‘orientali’, lo stesso regno di Alessandro nasce e si conserva includendo elementi ‘iranici’ e achemenidi. Un elenco di abitudini e cerimonie di sapore iranico presso la corte pontica non apporterebbe quindi nuova luce alla comprensione del regno pontico né della sua percezione al di fuori di esso.

Altrettanto in secondo piano sarà qui la ricostruzione dell’ambiente culturale sviluppatosi alla corte di Mitridate. Oltre all’identificazione, da tempo raggiunta, di personaggi particolarmente significativi per la rielaborazione e la diffusione dei messaggi pontici in particolare nello scontro con Roma –Metrodoro di Scepsi è solo il nome più rappresentativo37-, si può solo ricostruire un ambiente molto ricettivo per

quanto riguarda i messaggi provenienti dal lontano mondo romano, anche nelle fasi precedenti lo scoppio della guerra, e già apparentemente padrone del lessico del potere romano, tanto da poter aggredire l’immagine di Roma proprio nei punti più sensibili e centrali del dibattito politico del tempo,

36 Per un aggiornamento circa la situazione della più antica capitale pontica, Amaseia (culla ‘iranica’ della dinastia) e per il suo rilievo ancora ai tempi di Mitridate vd. Fleischer 2009, 109-119 e Højte 2009b, 121-130 (per il luogo di sepoltura di Mitridate Eupatore). Un aggiornamento archeologico sull’area pontica e sulle ‘capitali’ del regno di Mitridate in Erciyas 2001 e Erciyas 2006.

almeno se questa è la conclusione da trarre dalle argomentazioni di Mitridate nel discorso che Giustino riporta da Pompeo Trogo, e che si afferma pronunciato di fronte alla truppe nell’8938. Tuttavia una tale

conoscenza e abilità nell’impiego di temi e toni del dibattito romano potrebbe avere una spiegazione più semplice: le fonti che tramandano le parole del sovrano sono, appunto, romane. In ogni caso però non può essere completamente frutto della prospettiva delle fonti l’impressione che attorno a Mitridate vi fosse un ambiente in grado di recepire e diffondere –anche a Roma- messaggi perfettamente comprensibili tanto ai Greci quanto ai Romani, e in profondo dialogo con essi.

Si può inoltre indagare la composizione della corte pontica cercando segnali di ellenizzazione, superficiale o profonda: i nomi greci che così spesso ricorrono per i comandanti così come per altre figure che dovevano godere in essa di un certo spicco possono portare a considerazioni sul peso dell’elemento ‘greco’ rispetto a quello ‘iranico’. Vi è naturalmente il rischio che esse possano essere fuorvianti, dal momento che da tempo sono stati fatti emergere i rischi e la fragilità dell’equazione per la quale a nome greco deve corrispondere un ethnos greco39, in generale ed in particolare per un ambiente

come quello di una corte, in cui si rappresenta un’élite che si riconosce in un codice culturale condiviso, e per la quale può essere particolarmente forte il bisogno di ‘mimetizzare’ qualsiasi elemento difforme dal modello adottato.

D’altro canto la rappresentazione della corte pontica così come viene tramandata dalle fonti letterarie sopravvissute, tutte ostili al sovrano, non può essere ‘neutra’. Benché essa compaia solo come sfondo per i diversi racconti, tale sfondo può facilmente essere caricato di elementi funzionali alla prospettiva scelta per la rappresentazione: una corte dai marcati tratti ‘iranici’ non può mancare di circondare un sovrano che deve incarnare il despota orientale.

In questa sede dunque si tenterà di restituire i contorni delle rappresentazioni sopravvissute, tentando in primo luogo di distinguere i differenti piani cronologici: qual’era l’aspetto –percepito soprattutto all’esterno del regno pontico- della più ristretta cerchia della corte di Mitridate, all’inizio del regno, e poi nel corso dei conflitti con Roma, e quali caratteristiche mostrò poi nei racconti sopravvissuti?

Nel caso specifico della corte pontica, anche se essa diviene leggibile pressoché esclusivamente nelle fasi del conflitto –e quindi attraverso i volti e i nomi di comandanti e generali più che attraverso quelli dei philoi del sovrano- qualche indicazione sopravvive talora anche circa altri personaggi, che costituirono la cerchia più stretta di ‘cortigiani’ di Mitridate.

38 Iust. 38, 4-7. Vd. sul passo di Giustino di recente Ballesteros Pastor 2006b, 581-596; Ballesteros Pastor 2009b, 29-42. 39 In riferimento in particolare alla composizione delle corti ellenistiche, soprattutto quella seleucide, vd. di recente Strootman 2007, 129-134 e Strootman 2011, 63-66.

Al momento dell’ascesa al trono di Mitridate Eupatore, benché non vi siano evidenze chiaramente leggibili né descrizioni di una certa estensione, si deve immaginare che sia avvenuta una considerevole frattura nella cerchia dei philoi, un cambio d’uomini che deve essere andato ben oltre il semplice ricambio generazionale, come avviene quando un sovrano, in questo caso l’Evergete, rimane vittima di una congiura promossa proprio da alcuni dei suoi philoi40. L’eco di questa complessa situazione arriva in

particolare da una fonte che certo ne fu ottimamente informata, ma che poco spazio dedica alla notizia, ovvero Strabone. Di antica famiglia di Amaseia, Strabone riferisce della morte dell’Evergete, ucciso a Sinope dai suoi philoi41, mentre descrive la condotta del suo antenato Dorilao ‘tattico’, anch’egli tra i

philoi del sovrano ma assolutamente estraneo alla congiura, e che si trovava anche fisicamente ben

lontano dagli eventi. E’ proprio l’esito della congiura che ne condiziona la scelta di non tornare, per il momento, nel Ponto. Le successive vicende della famiglia di Strabone mostrano d’altro canto piuttosto la continuità che si saldò tra i philoi dell’Evergete e quelli che raggiunsero i massimi onori sotto l’Eupatore: il nipote (e omonimo) di Dorilao è infatti presente nella cerchia più stretta dei paggi, o

syntrophoi, del giovane Mitridate Eupatore42.

Il periodo iniziale del regno di Mitridate del resto è lasciato pressoché totalmente nell’oscurità dalle fonti conservate, ed anche il racconto della vita di corte prima dello scoppio del conflitto si riduce di fatto all’epitome di Giustino, che ne conserna una narrazione dai contorni fantastici. Notare in questo racconto l’assenza di tratti vistosamente ‘orientali’ non ha perciò molto peso, né ci si deve attendere dal lessico impiegato una particolare precisione. Si può notare soltanto che a circondare il giovane Mitridate sono inizialmente, e prevedibilmente, i suoi tutores43. Accanto al sovrano poi nel suo viaggio in incognito

in Asia vi sarebbero degli amici44, ed al suo ritorno in seno alla corte avrebbe dovuto punire la condotta

della regina, la moglie/sorella Laodice, e affrontare una congiura nata anch’essa in seno alla cerchia degli amici della regina, e rivelatagli dalle ancillae45. Per gli anni successivi poi Giustino descrive una vita

più appartata da parte del giovane sovrano, divenuto evidentemente più cauto: egli appare ora più disposto a frequentare non tanto i sodales quanto i suoi coaequales46.

Da questi dati nulla si può ricostruire della corte pontica, a meno che non si scelga di trarre qualche indizio dal tipo di educazione impartita al sovrano che non è oggetto direttamente di narrazione, ma che potrebbe intravvedersi come eco distorta il alcuni passaggi del racconto di Giustino: quello che

40 Così documenta Strabo 10, 4, 10; cfr. Memn. FGrHist 434 F 9, 22 41 Strabo 10, 4, 10:

42 Così in ID 1572 e Strabo 12, 3, 33. Per altre fonti sul personaggio vd. Savalli-Lestrade 1998, 179-180 nr. 8. 43 Iust. 37, 2.

44 Iust. 37, 3, 4: Cum de Asia tractaret, tacitus cum quibusdam amicis regno profectus universam nemine sentiente pervagatus est omniumque urbium situm ac regiones cognovit.

45 Iust. 37, 3, 8.

46 Iust. 37, 4, 1: Hieme deinde adpetente non in convivio, sed in campo, nec in avocationibus, sed in exercitationibus, nec inter sodales, sed inter coaequales aut equo aut cursu aut viribus contendebat.

viene riferito come un tentativo messo in atto dei tutores di uccidere il giovane erede al trono, facendogli montare un cavallo non ancora domato47, è stato interpretato infatti come riflesso –deformato- della

pratica educativa persiana, che attribuiva grande importanza all’equitazione fin dall’infanzia. Quella che era dunque un’attività educativa particolarmente pericolosa sarebbe stata trasformata in un tentativo di eliminazione del sovrano48.

Anche se la pratica dell’equitazione fin dall’infanzia corrisponde ad un modello educativo iranico, essa non è però certamente in contrasto o in opposizione con l’educazione ‘greca’ di un sovrano, e d’altro canto l’Eupatore, così come i suoi predecessori, appare perfettamente in grado di padroneggiare lingua e cultura greca, e certo risulta accompagnato nell’infanzia e nell’adolescenza da una cerchia di coetanei anche greci secondo il modello ‘ellenistico’.

Per cercare di ricostruire una fisionomia più precisa, e cronologicamente determinata, della corte di Mitridate non si può che tornare al monumento che l’ateniese Helianax dedica nel 102-101 a Delo49.

Se la collocazione cronologica appare ideale per gettare uno sguardo alla composizione della corte pontica in un momento certamente precedente allo scoppio della guerra contro i Romani, e per leggere come essa era percepita all’esterno del regno pontico, non va dimenticata però l’iniziativa privata che porta alla costruzione del monumento, offerto ‘a proprie spese’ da Helianax50. E’ costui quindi ad aver

concepito e fatto eseguire il monumento, e deve essere ricondotta alla sua personale iniziativa anche la selezione di personaggi rappresentati. Non va dimenticato infatti che il vero filo conduttore, la vera costante del monumento più di Mitridate stesso è infatti Helianax, che ritorna in ogni dedica di ogni busto –e in qualche caso con varianti nella posizione e nella formulazione dei suoi titoli- e che quindi “…the construction is neither a donation for the king himself, nor initiated by the inner circle of the Pontic court at Sinope. Therefore it does not represent a priori an ideological monument of the ruling Pontic dynasty”51. La stessa relazione di Helianax con Mitridate non è esplicitata, né quella eventuale

con il padre di Helianax che gode di una certa visibilità nel monumento stesso52. Si è anche proposto di

leggere un legame diretto di Mitridate con le divinità cui è dedicato il complesso, i Dioscuri/Cabiri53, ma

le tracce restano sempre piuttosto labili54.

47 Iust. 37, 2, 4-5: Puer tutorum insidias passus est, qui eum fero equo inpositum equitare iacularique cogebant; qui conatus cum eos fefellissent supra aetatem regente equum Mithridate, veneno eum appetivere.

48 Si vd. e.g. McGing 1986, 44-46.

49 Del monumento si è già trattato supra cap. 1.4.1. Vd. di recente Kreuz 2009, 131-144.

50 La circostanza che il monumento di Delo sia stato fatto erigere da Helianax ‘a proprie spese’ è certa grazie ad un fortunoso ritrovamento di una parte dell’architrave mancante, finita a Melo (vd. Sanders, Catling 1990, 327-332).

51 Kreuz 2009, 137.

52 Mancandone esplicita sanzione, né Helianax né il padre Asclepiodoro sono inclusi tra i philoi di Mitridate e.g. nell’elenco di Savalli-Lestrade 1998, 171-191.

53 Ballesteros Pastor 2006a, 209-216. 54 Vd. di recente Kreuz 2009, 141 n. 32.

fig. 21 Delo, santuario dei Cabiri di Helianax (da Højte 2009c fig. 15)

fig. 22 a) e b) Ricostruzioni del monumento (da Kreuz 2009 figg. 3 e 4)

Anche l’idea base che portò alla creazione del monumento è difficile da definire, né è facile individuare confronti sufficientemente chiari. E’ più facile dire ciò che non è: non è un heroon, e non è una ‘galleria degli antenati’ della casa pontica55.

Da questa peculiare selezione comunque, vista la mancanza di altro materiale, si è costretti a ricavare un’immagine della corte pontica e dei philoi del re56.

Considerando dunque il monumento di Helianax come specchio della corte di Mitridate, pur consapevoli dei rischi interpretativi che comporta tale operazione, si può osservare come dei tredici personaggi raffigurati nelle nicchie disposte lungo le pareti interne dell’edificio sopravvivono undici nomi parzialmente o completamente riconoscibili, oltre alle tracce di una o più basi di statua –di cui almeno una, stando all’iscrizione, doveva raffigurare il sovrano pontico stesso57. Prima di cercare di

distinguere quali personaggi possono essere inclusi a buon diritto nella ‘corte’ di Mitridate Eupatore e quali appaiono esterni ad essa, sarà utile brevemente riprodurre l’elenco completo, di per sé rivelatore di alcuni dettagli significativi, e di alcune serie difficoltà interpretative.

Per chi entrava nel monumento58 sul muro occidentale (da sinistra a destra) compariva in primo

luogo l’immagine corredata da iscrizione di un Gaio figlio di Hermaeus, di Amiso, la cui qualifica di

syntrophos di Mitridate non è leggibile sulla pietra59 ma ricostruita in base all’identificazione di questo

Gaio con quello noto a Plutarco e da lui definito syntrophos del re, e che compare nella narrazione del biografo in occasione di eventi del 63 a.C60.

Dopo di lui compariva un personaggio il cui nome non è più leggibile, così come manca l’indicazione dell’etnico, ma che era ‘figlio di Antipatro’ e tra i protoi philoi di Mitridate stesso, oltre che suo segretario privato (ἐπὶ τοῦ ἀπορρήτου)61. In base alla carica si è tentato di riconoscere in questo

personaggio anonimo il Callistrato segretario di Mitridate catturato da Lucullo e poi ucciso nel 7162.

Per terzo compariva infine Dorilao figlio di Filetero, anch’egli di Amiso, che sommava tre ‘cariche’: era syntrophos del re, appartenente alla più ristretta cerchia dei suoi compagni, quelli autorizzati a portare

55 Ercyias 2001, 114 propone il confronto con il monumento di Calidone, pur notandone le differenze. Esplicitamente nega la possibilità che si tratti di una ‘galleria di antenati’ con ragione da ultimo Kreuz 2009, 138.

56 Dei quattordici philoi attribuibili alla cerchia di Mitridate Eupatore, cinque sono noti grazie a questo monumento, e di questi due hanno riscontro in altre fonti letterarie, vd. Savalli-Lestrade 1998, 173-186.

57 Sulla statua vd. supra cap. 1.4.1. Per un quadro della possibile posizione della o delle statue rispetto al monumento di Delo vd. di recente Kreuz 2009, 135-136 e nn. 35-37.

58 La ricostruzione dell’ordine e della posizione di ciascun personaggio segue la sistemazione, che gode del più ampio consenso, di Chapouthier 1935 (vd. il punto in Kreuz 2009, 136-137 con bibliografia).

59 ID 1570: Γάιον Ἑρμαίου Ἀμισηνόν, [τὸν σύντροφον]/ βασιλέως Μιθραδάτου [Εὐπάτορος]/ ὁ ἱερεὺς Ἡλιάναξ Ἀσκληπι[οδώρου] [ναῖος]/ vac. θεοῖς.

60 Plut. Pomp. 42. Sulla questione vd. Savalli-Lestrade 1998, 180-181 nr. 9.

61 ID 1571: [— — —]ον Ἀντιπάτρου [ vac.? ]/[- - -?] τῶν πρώτων φίλων/[βασιλέως] Μιθραδάτου Εὐπάτορος, /[τεταγμένον] δὲ καὶ ἐπὶ τοῦ ἀπορρήτου/ [ὁ ἱερεὺς Ἡλιάν]αξ Ἀσκληπιοδώρου /[Ἀθηναῖος θεο]ῖς. vac.

62 Plut. Luc. 17: καὶ οὐ τοῦτο μόνον αὐτῶν ἀπέλαυσε τῆς πλεονεξίας Λεύκολλος, ἀλλὰ καὶ τὸν ἐπὶ τῶν ἀπορρήτων τοῦ βασιλέως ὄντα Καλλίστρατον ὁ μὲν ἄγειν ἐκέλευσεν, οἱ δ᾿ ἄγοντες αἰσθόμενοι πεντακοσίους χρυσοῦς ὑπεζωσμένον ἀπέκτειναν. οὐ μὴν ἀλλὰ τούτοις μὲν ἐπέτρεψε τὸν χάρακα πορθῆσαι. Vd. Savalli-Lestrade 1998, 174 nr. 5.

armi in sua presenza (se così va inteso τεταγμένος ἐπὶ τοῦ ἐγχειριδίου) e incaricato di alti comandi militari (ἐπὶ τῶν δυνάμεων)63.

Sul muro di fondo poi compare una serie più eterogenea e meno facilmente comprensibile di personaggi, poiché per nessuno appare esplicita una relazione con Mitridate Eupatore: vi è rappresentato infatti (da sinistra a destra) un Diofanto figlio di Mithares di cui non si specificano ulteriori qualifiche salvo la sua origine da Gaziura64.

Dopo di lui compare un sovrano, Ariarate (VII) di Cappadocia, la cui parentela con l’Eupatore –ne è il nipote- non è però esplicitamente rammentata dall’iscrizione, così come non si menziona il nome della madre, Laodice, sorella dell’Eupatore (benché Ariarate sia detto qui Philometor), ma solo il padre, Ariarate VI65.

Al suo fianco trova posto un altro sovrano, Antioco (VIII Gryphos), qui con il titolo di ‘Philometor’ e ‘Kallinikos’, e del quale viene menzionato il padre Demetrio e la madre Cleopatra66. Se si cerca una

relazione con Mitridate Eupatore, non esplicita nel monumento, si può immaginare oltre all’avita parentela tra le due casate, che anche la madre dell’Eupatore possa essere stata una seleucide, benché nulla di esplicito si possa rintracciare in questo senso nelle fonti sopravvissute67.

Dopo questo sovrano trova posto il padre del dedicante, Asclepiodoro68, seguito da un personaggio

la cui iscrizione è del tutto perduta. L’ultimo posto lungo il muro di fondo è occupato poi da un individuo il cui nome non è sopravvissuto, ma del quale è leggibile un qualche legame tanto con l’Eupatore quanto con il sovrano arsacide (che all’epoca non poteva che essere Mitridate II di Partia)69.

Sulla parete Est invece si legge l’iscrizione riguardante un altro personaggio, il cui nome non è chiaramente leggibile, ma che deve figurare tra i ‘protoi philoi’ del ‘basileus basileon megas’ Arsace (ancora Mitridate II di Partia)70.

63 ID 1572: Δορύλαον Φιλεταίρου Ἀμισηνόν, /τὸν σύντροφον καὶ ἐπὶ τοῦ /ἐγχειριδίου, τεταγμένον δὲ /καὶ ἐπὶ τῶν δυνάμεων βασιλέως /Μιθραδάτου Εὐπάτορος ὁ ἱερεὺς /Ἡλιάναξ Ἀσκληπιοδώρου/ Ἀθηναῖος θεοῖς. vac. Per un panorama sulle fonti antiche circa questo personaggio vd. di recente Savalli-Lestrade 1998, 179-180 (Strabo 10, 4, 10; 12, 3, 33; App. Mithr. 17 (per l’88 a.C.); 49 (per l’86 a.C.); Plut. Sull. 20 (stesso anno); Luc. 17, 4 (per il 71 a.C.).

64 ID 1574: [Διόφαντον Μιθ]άρου Γα[ζιουρηνὸν] /[ὁ ἱερεὺς Ἡλι]άναξ Ἀ[σκληπιοδώρου]/[Ἀθηναῖος ὁ [ὰ βίου ἱερεὺς Ποσειδῶνος]/[Αἰσίου, γενόμε]νος καὶ ἱερεὺς Θεῶν Μεγάλων /[Διοσκούρων Κ]αβείρων θεοῖς. Viceversa, qui appare più ampia la qualifica di Helianax stesso, che ricorda di essere anche sacerdote a vita di Poseidone Aisios, e sacerdote dei Grandi Dei Dioscuri Cabiri.

65 ID 1576: βασιλέα Ἀριαράθην Φιλομήτορα βασιλέος /Ἀριαράθου Ἐπιφάνους/ καὶ Φιλοπάτορος ὁ ἱερεὺς Ἡλιάν[αξ] /Ἀσκληπιοδώρου Ἀθηναῖος θε[οῖς].

66 ID 1552: βασιλέα Ἀντίοχον Ἐπιφανῆ Φιλομήτορα /Καλλίνικον τὸν ἐγ βασιλέως Δημητρίου /καὶ βασιλίσσης Κλεοπάτρας ὁ ἱερεὺς /Ἡλιάναξ Ἀσκληπιοδώρου Ἀθηναῖος θεοῖς. Grainger 1997, 651 indica erroneamente questa iscrizione come base di statua per Antioco e Cleopatra.

67 Vd. e.g. la ricostruzione di Reinach 1890, 50-55.

68 ID 1903: ὁ ἱερεὺς Ἡλιάναξ τὸν πατέρα / Ἀσκληπιόδωρον θεοῖς. 69 ID 1582: [Ἡλι]άναξ [σκληπιοδώρου Ἀθηναῖος] /[ὁ ι[ὰ βίου] ἱερεὺς [Ποσειδῶνος Αἰσίου] /γενόμενος δὲ κ[αὶ Θεῶν Μεγάλων] /Σαμοθρᾴκων Δι[οσκούρων Καβείρων] /Μιθραδάτην Εὐ[ - - - τὸν σύντροφον?]/ βασιλέως Ἀρσά[κου - - - ] /καὶ ἐπὶ τῶν Γ - - - 70 ID 1581: ΔΟΡ - - - -ράτην τῶν πρώτων φίλων /βασιλέως βασιλέων μεγάλου Ἀρσάκου, /ὁ ἱερεὺς Ἡλιάναξ Ἀσκληπιοδώρου Ἀθηναῖος /ὁ διὰ βίου ἱερεὺς Ποσειδῶνος Αἰσίου, γενόμενος [δὲ] /καὶ Θεῶν Μεγάλων Σαμοθρᾴκων Διοσκούρων Καβε[ίρων], / θεοῖς. Ercyias 2006, 142 attribuisce l’immagina allo stesso sovrano partico, Mitridate II, ma vd. le obiezioni di Kreuz 2009, 142 n. 42.

Dopo costui vi è un alto personaggio non più identificabile, e poi compare Papias, figlio di Menofilo, anch’egli di Amiso e designato come appartenente alla cerchia dei ‘protoi philoi’ del re, ma anche suo medico personale71.

All’esterno del monumento, sul frontone e quindi in luogo particolarmente rilevato e visibile compare infine un altro ritratto corredato da iscrizione, di un personaggio il cui nome non è più leggibile, ma che era probabilmente figlio di un Eudoro, e proveniente da Amiso, anch’egli in relazione con Mitridate Eupatore, benché l’esatta qualifica sia solo oggetto di ricostruzione (uno tra i protoi

philoi?)72. La ragione per una collocazione di costui in una posizione così importante e visibile rispetto

alle altre è destinata a sfuggirci73.

Se si limita l’indagine a quelli che esplicitamente compaiono come philoi di Mitridate, stando almeno al campione offerto dal monumento di Delo, si dovrebbe registrare un’origine greca, e più precisamente da Amiso, per la maggior parte dei personaggi a lui legati. Per alcuni di questi il riscontro in altre fonti antiche sopravvissute sembra confermare che la selezione di Helianax non sia stata del tutto arbitraria: Gaio, Dorilao e forse Callistrato sembrano aver avuto effettivamente una lunga carriera al fianco del sovrano. Quanto alla provenienza greca dei philoi che compaiono nel monumento, si può osservare come anche allargando la lista a tutti gli altri philoi conosciuti attraverso le fonti letterarie, la proporzione rimane comunque nettamente a favore di personaggi originari delle città greche del regno pontico74,

benché non sia affatto arbitrario immaginare che attorno al re, in ogni momento della sua lunga parabola politica, avessero trovato spazio anche personaggi di tutt’altra provenienza, vista anche l’esigenza di creare una rete solida di contatti con quel mondo estremamente variegato anche sotto il profilo etnico che gravitava o confinava con l’area pontica.

L’apparente conforto che l’immagine restituita dal monumento di Helianax riceve dalle altre fonti sopravvissute non può però portare a considerare il monumento stesso come concepito esclusivamente per rappresentare ed onorare l’élite pontica dei philoi del re.

Per i personaggi infatti che non sono esplicitamente collegati a Mitridate, la maggior parte dei quali occupa forse casualmente la parte di fondo, è davvero necessario postulare un qualche legame con il re? Se così fosse, l’impresa non sarebbe difficile come si è detto per il re di Cappadocia Ariarate VII, nipote