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L’OBBLIGATORIETA’ DELLA LINGUA STRANIERA

4. I PROGRAMMI DEL 1985: NORMATIVA E IMPLICAZIONI DIDATTICHE

4.2. Attività congressuali

La manifestazione di una volontà politica qual è, in effetti, l’emanazione di un programma ministeriale, ha ampia risonanza nell’opinione pubblica e suscita nell’ambiente universitario e delle associazioni glottodidattiche un vivace dibattito sui temi dell’educazione linguistica. Questo fa sì che, parallelamente alla preparazione del D.P.R e subito dopo la sua uscita, vengano organizzati numerosi convegni e seminari di studio sull’insegnamento/apprendimento delle lingue alle elementari.

Si comincia nel 1982 con un convegno136 a cura di CIDI137 e LEND: dal 25 al 27 novembre si discutono varie proposte operative per l’educazione linguistica dalle elementari alle superiori. La scelta di coprire l’intero arco scolastico è dovuta all’esigenza di affrontare in maniera globale un problema che negli ultimi anni è oggetto di un’intensa elaborazione teorica unita a una diffusa pratica didattica. Le relazioni che riguardano i rapporti tra educazione linguistica, curricolo, grammatica e processi logici si rivolgono a tutti i docenti per due motivi:

innanzitutto lo strumento della programmazione dev’essere usato per ogni materia e in ogni ordine di scuola; inoltre la riflessione sulla lingua continua per tutto il periodo dell’apprendimento, variando, naturalmente, la complessità e la metodologia di approccio. Pertanto si precisa che la proposta che scaturisce dal convegno dovrà essere commisurata con il livello delle classi, le motivazioni e le curiosità degli alunni e la complessità della lingua, che non ammette distinzioni troppo rigide.

136Gli atti del convegno sono raccolti in AA.VV., Il filo del discorso: proposte per l’educazione linguistica dalle elementari alle superiori, Firenze, La Nuova Italia, 1984.

Il tema dell’educazione linguistica ritorna l’anno dopo in un convegno138 a Villa Falconieri (Frascati), sede del CEDE. Dopo un’introduzione sull’educazione plurilingue, si affronta il tema delle minoranze linguistiche in Italia. Vengono proposti tre tipi di scuola elementare:

1. in lingua italiana (per italofoni e dialettofoni), con inizio dello studio di una lingua straniera a partire dalla II-III classe;

2. bilingue a carattere internazionale, in cui l’italiano ed una lingua minoritaria sono parimenti impiegate quali veicoli per insegnare le altre discipline;

3. bilingue a carattere regionale, in cui la lingua locale e l’italiano hanno sempre carattere veicolare, ma l’italiano resta la lingua più importante.

Inoltre i partecipanti cercano di risolvere il problema culturale, educativo e sociale della scelta della lingua straniera. E’ un dato di fatto che la maggior parte dei genitori sceglie l’inglese per il propri figli già a livello di scuola elementare.

Tuttavia occorrerebbe spiegare ai genitori che lo studio precoce della LS ha come primo scopo l’allargamento della coscienza del bambino, nel senso di un’apertura verso tutte le culture diverse dalla propria, per cui basta una lingua straniera qualsiasi; appare invece secondaria la dotazione di un sistema di comunicazione ai fini utilitarisitici. In conclusione il partecipanti al convegno auspicano un’equa distribuzione degli spazi da assegnarsi alle lingue straniere lungo tutto l’arco della formazione scolastica.

137Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti.

138Si veda DI IORIO F. (a cura di), L’educazione plurilingue in Italia, Roma, CEDE, 1983.

Sempre nel 1983 il CMIEB139 Lombardia promuove a Mantova un congresso sul tema “Verso un’educazione interlinguistica e transculturale.

Formazione plurilingue precoce in una scuola a dimensione europea.” Nel corso dei dibattiti emerge la problematica educativa posta dalla società contemporanea, in particolare da quella europea. La scuola odierna esige immediate soluzioni di ordine tecnico e politico, nelle quali l’insegnamento linguistico precoce deve trovare il suo spazio per promuovere una formazione plurilingue che sia al tempo stesso formazione multiculturale.

A Roma, dal 25 al 26 novembre 1984, si tiene il convegno “Lingue straniere: un passaporto per il futuro” organizzato da un’associazione di genitori.

In esso viene riconosciuta l’importanza della dimensione psicodidattica nell’apprendimento precoce della lingua: i maestri sono invitati a facilitare la comunicazione divertente e appagante, nell’ambito delle esperienze che il bambino vive, anzichè riversare larghi repertori lessicali o regole grammaticali.

Nell’anno accademico 1986/87, presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, nell’ambito del corso di Pedagogia, si tiene il seminario di studio intitolato “Problematiche pedagogiche relative all’apprendimento delle lingue in età precoce, con riferimento alla prossima introduzione della lingua straniera nella scuola primaria, prevista dai Nuovi Programmi”140.

Innanzitutto esso si propone di affrontare a livello teorico il problema della didattica delle lingue: ci si chiede come e perchè si apprende e quale sia il modo più opportuno per insegnare la lingua straniera. Le risposte date ai quesiti, lungi

139Centre Mondial d’Information sur l’Education Bilingue.

140Gli atti del seminario sono raccolti in COPPOLA D. (a cura di), L’apprendimento delle lingue nella scuola elementare, Firenze, La Nuova Italia, 1988.

dal pretendere di essere definitive, vogliono avere una funzione prevalentemente euristica, facendo riflettere sull’opportunità di affrontare scientificamente i problemi connessi all’insegnamento delle lingue, per evitare dilettantismi e pericolose improvvisazioni.

In secondo luogo vengono fornite indicazioni concrete attraverso una serie di lezioni-conferenze tenute da docenti delle facoltà di Lettere e Lingue Straniere e da esperti esterni. Tra i temi di discussione vi è la complessa questione del personale che dovrà insegnare la LS e la proposta di una lingua di contatto, come lo spagnolo per gli italofoni, quale prima fonte di scoperta della diversità linguistica; seguono due presentazioni di una didattica funzionale del francese e del tedesco ed una disamina dei risultati raggiunti nell’insegnamento dell’inglese.

Infine il seminario intende anche offrire l’opportunità di un collegamento operativo tra la struttura universitaria e la scuola primaria, consentendo ad alcuni laureati in lingue di effettuare in tre scuole elementari di Pisa alcune esperienze d’insegnamento, rivelatesi particolarmente interessanti. Le lingue interessate sono l’inglese (scuola F. Filzi), il tedesco (scuola N. Pisano), il francese e lo spagnolo (scuola di Collemontanino - Casciana Terme).

La lingua inglese viene insegnata in tre seconde, due a tempo pieno e una a tempo normale, e in una quarta a tempo pieno. Questo progetto prevede quindi l’introduzione della lingua straniera già dal I ciclo, al fine di verificare le seguenti ipotesi:

a) l’apprendimento della nuova lingua non influisce negativamente sulla padronanza della lingua materna, ma può anzi diventare un importante stimolo all’espressione linguistica e alla comunicazione;

b) l’impiego di un metodo che utilizzi prevalentemente tecniche ludico-espressive si presta ad un maggior coinvolgimento dei bambini, stimolando atteggiamenti di apertura e socievolezza.

Nelle classi II a tempo pieno la programmazione si inserisce nell’ambito del Programma ELLE141, un programma sperimentale che collega l’educazione linguistica a quella logico-matematica attraverso operazioni logiche che i bambini compiono adoperando materiali di facile uso in una dimensione ludica. In questo caso gli insegnanti si servono di giochi in cui abbinare nomi, colori e oggetti, di indovinelli e canzoni, di frasi da ordinare e completare e di storie con immagini da scomporre e ricomporre. L’approccio è di tipo globale: solo dopo un lungo lavoro di comprensione, assimilazione e riproduzione delle didascalie si giunge ad un’analisi delle singole frasi e quindi delle parole che le compongono.

L’esperienza nella classe II a tempo normale è anch’essa programmata in stretta collaborazione con l’insegnante di classe. Ai bambini viene illustrata la cospicua presenza di prestiti inglesi nella lingua italiana, evitando di ricorrere a spiegazioni di carattere morfosintattico e preferendo invece l’inserimento in contesti comunicativi, attraverso il role-play. Viene privilegiato l’aspetto orale della lingua, mentre quello scritto riveste un ruolo secondario.

Nella classe IV l’attività si basa quasi esclusivamente sul gioco psicomotorio: attraverso giochi sulle caratteristiche fisiche individuali e sui sensi, vengono sviluppate le funzioni del saper chiedere e dare elementari informazioni su se stessi. Alcuni giochi di movimento finalizzati all’interiorizzazione delle nozioni spaziali permettono inoltre di presentare l‘uso di funzionali (dentro,

dietro, sopra, sotto, ecc.) ed il modo imperativo di verbi di movimento. La verifica avviene mediante semplici giochi-test orali sugli argomenti presentati.

Dai resoconti e dalle rilevazioni complessive degli insegnanti si evince che le ipotesi di partenza sono state in gran parte verificate. Infatti le tecniche utilizzate hanno suscitato un vivo interesse negli alunni, anche in coloro che in altre attività scolastiche solitamente mostrano apatia e difficoltà di partecipazione.

Pertanto tutti gli allievi hanno raggiunto risultati apprezzabili.

Il secondo gruppo di corsi prevede l’inserimento dello spagnolo per le classi del I ciclo e lo studio del francese per quelle del II. La scelta delle due lingue tiene conto della funzione formativa che tale insegnamento deve avere nella scuola primaria e dell’opportunità di introdurre una prima lingua di contatto neolatina, che sia più vicina alla logica linguistica materna del bambino. Anche qui l’approccio è essenzialmente orale; tuttavia, visto l’interesse dei bambini, le insegnanti ritengono opportuno introdurre quasi subito la scrittura fin dalle classi II. Il lavoro si svolge in 4 fasi: presentazione, sviluppo-espansione, fissaggio e appropriazione ed infine verifica. Nelle classi di francese viene intrapresa una corrispondenza con una scuola di Parigi, inoltre vengono ospitati alcuni alunni francesi con i loro docenti; questo permette ai bambini di comunicare direttamente nella lingua appresa. A conclusione i bambini di I, II e III realizzano un film che, nato nel quadro dell’educazione all’immagine, è rappresentativo della forte motivazione degli allievi nei confronti della nuova lingua.

141Programma ELLE, Giunti Marzocco, 1986.

A conclusione dei lavori, i partecipanti al seminario assistono ad una lezione-tipo in tedesco tenuta da una docente madrelingua con i bambini di una V elementare che hanno iniziato lo studio della lingua in III.

Nel 1988 si tiene a Villa Falconieri un seminario di studio CEDE-LEND su

“Le lingue straniere nella scuola italiana”142. Nel corso dei lavori vengono ipotizzate varie linee strategiche con le relative proposte curricolari. Inoltre si pone più volte l’accento sulla necessità di garantire la continuità tra i diversi ordini di scuola, attraverso lo studio congiunto dei programmi e la redazione di un dossier che accompagni l’alunno in tutta la sua carriera scolastica.

A questo proposito si rende noto che in alcune aree scolastiche della Campania è stato avviato un piano sperimentale per il raccordo tra scuola elementare e media; come esempio viene presentato il caso di S.Arpino (Caserta), in cui nell’a.s. 1987/88 si sono costituiti dei Comitati permanenti che hanno ottenuto buoni risultati.

La discussione che segue alla relazione introduttiva consente di arrivare ad un accordo unanime su alcune questioni essenziali: che cos’è l’educazione linguistica ed in che relazione si pone con la lingua straniera, chi deve insegnare la LS alle elementari ed infine quale sia la situazione nella varie regioni d’Italia.

L’educazione linguistica è vista come un processo di acquisizione globale di elementi cognitivi, affettivi ed espressivi necessari per la conoscenza di sè e della realtà e per la comunicazione interpersonale. Per quanto riguarda il suo rapporto con la lingua straniera, non si fa altro che ribadire quanto già detto nei Programmi.

142Si veda BERTONI DEL GUERCIO G. (a cura di), Le lingue straniere nella scuola italiana. Atti del seminario di studio del 14-16/12/1988, Firenze, La Nuova Italia, 1989.

E’ bene ricorrere a tecniche che richiedano l’utilizzo di tutte le capacità espressive del bambino e che stimolino il sapere corporeo e sensoriale tipico dell’infanzia, per arrivare all’atto linguistico in modo graduale: gesto, voce, ritmo, musica...

Per quanto riguarda l’insegnante di lingua, i partecipanti ritengono che il più adatto per la scuola elementare non sia uno specialista esterno, ma un maestro del modulo, che lavora su due o più classi e che già si occupa di altre discipline affini:

si può trattare dell’italiano, ma anche di linguaggi non verbali, come educazione all’immagine o educazione musicale. Egli dovrà avere una specifica competenza nel campo dell’educazione all’ascolto e degli aspetti fonologici, articolatori, di intonazione e di ritmo, aspetti che sono particolarmente recepiti in un apprendimento precoce della lingua. Circa la formazione iniziale, il seminario sostiene la necessità dell’istituzione di un corso universitario completo, che fornisca ai futuri insegnanti elementari le competenze relative sia all’area linguistica sia a quella didattica e psicopedagogica, con particolare riguardo alla specifica fascia di età degli alunni. Vengono poi citate alcune valide esperienze di formazione in servizio degli insegnanti: gli IRRSAE della Lombardia, della Liguria e del Piemonte ed il gruppo di lavoro del Provveditorato di Napoli presentano in questo senso orientamenti molto simili. Appare invece irrisolvibile il problema della certificazione degli insegnanti, a causa della mancanza di norme da parte ministeriale, anche là dove vengono elaborate delle prove di qualifica con il supporto di agenzie straniere come il British Council, il Bureau Linguistique ed il Goethe Institut.

Il seminario desidera anche sollecitare immediate ed organiche misure ministeriali che permettano di avviare al più presto l’effettiva introduzione della LS alle elementari, per quanto vi sia la consapevolezza che, data la vastità dei problemi, la generalizzazione non potrà che procedere gradualmente. Mancando un chiaro intervento legislativo da parte del Ministero, al momento molto dipende ancora dalle iniziative locali. Infatti dalle relazioni e dagli interventi risulta da regione a regione una grande disparità di interventi istituzionali in merito: di fronte alle citate iniziative di alcuni IRRSAE in direzione del reperimento e dell’aggiornamento dei docenti, ci sono casi in cui le proposte vengono dai Provveditori e altri in cui le singole scuole cercano di provvedere all’istituzione di corsi di lingue. A questo proposito i relatori esprimono la loro preoccupazione rispetto ai rischi di una disparità di condizioni fra regioni e provincie favorite e sfavorite, disparità che l’entrata in vigore dell’autonomia scolastica potrebbe perfino far aumentare.

Infine si fa presente che i gruppi di insegnanti del progetto ILSSE di Torino e Napoli hanno messo la loro esperienza a disposizione del Ministero, ma non sono stati utilizzati. Il seminario ritiene che il patrimonio accumulato durante la realizzazione della sperimentazione sia invece da valorizzare pienamente e, vista la penuria di docenti preparati, chiede che il Ministro della P.I. prenda provvedimenti per evitare la dispersione di valide figure professionali.

A Riccione dal 22 al 24 aprile 1989 si tiene un convegno promosso dal CIDI di Bologna e dalla Longman Italia sul tema “Primary L2, insegnamento ed

apprendimento della lingua straniera nella scuola elementare: docenti, metodi, strumenti”143.

Dopo un’ampia riflessione teorica, viene fatto il punto sulla situazione italiana dell’insegnamento delle lingue in età precoce, presentando anche alcune realtà specifiche, come quella bolognese o quella lodigiana. Nella sezione sugli insegnanti vengono analizzati due progetti per la formazione del personale docente, realizzati da alcuni circoli didattici di Bologna e dall’IRRSAE Liguria, mentre nella parte dedicata agli strumenti vengono esemplificate alcune lezioni di inglese e francese per bambini. Ai partecipanti viene infine distribuita una scheda molto dettagliata da compilare che servirà per avere dei dati il più possibile aggiornati sullo stato dell’insegnamento delle lingue alle elementari.

In questa sede è bene ricordare anche il convegno che dal 9 al 12 ottobre 1989 si tiene a Santa Margherita Ligure: gli IRRSAE di tutta Italia si ritrovano per discutere su quanto è stato sinora fatto e su quanto è ancora da fare in merito alla formazione dei docenti, compito di cui sono stati incaricati dal Ministero.

Chiude la rassegna il congresso “L’insegnante di lingue nella scuola elementare” svoltosi dal 26 al 28 ottobre dello stesso anno presso la sede dell’Università Cattolica di Brescia144, a dieci anni esatti di distanza dal I congresso, in cui gli insegnanti elementari auspicavano una collocazione curricolare della lingua straniera.

143Gli atti del convegno sono raccolti in CERINI G., PIZZOLI R., SUMMA I. (a cura di), Primary L2. Insegnamento e apprendimento della lingua straniera nella scuola elementare, Torino, CIDI - Longman, 1992.

144Si veda AA.VV., L’insegnante di lingue nella scuola elementare. Atti del congresso di Brescia del 26-28/10/1989, Brescia, La Scuola, 1993.

Nella prima parte del convegno ci si pone a confronto con i Nuovi Programmi, con i quali, osservano i congressisti, l’insegnamento della LS assume una configurazione inedita. Infatti, se nel passato l’accento è stato posto soprattutto sui problemi metodologico-didattici in una logica sperimentale, ora con la generalizzazione si entra in una fase in cui l’organizzazione impone leggi e limiti non solo finanziari e strutturali, ma relativi ai tempi, agli orari, all’uso di spazi e materiali, ai diritti e alle rivendicazioni dei docenti. La seconda parte delle relazioni riassume invece le più significative esperienze d’insegnamento del decennio 1979-89, mentre la terza ed ultima parte, più breve, si occupa degli aspetti psicolinguistici e glottodidattici. Come è già stato ribadito in altri convegni, anche qui si sottolinea l’importanza di opportune scelte pedagogiche ed istituzionali che consentano di attuare un inserimento efficace della lingua straniera all’interno dell’educazione linguistica.