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2. LA SPERIMENTAZIONE MINISTERIALE: L’ILSSE

2.2. La fase pre-sperimentale

2.2.3. Risultati della pre-sperimentazione

Nel corso del quadriennio pre-sperimentale, i gruppi di lavoro effettuano varie visite alle classi delle città-pilota, in modo da osservare il graduale processo d’apprendimento nei bambini e rendersi conto delle capacità didattiche e linguistiche dei maestri. Ciò permette da un lato una messa a punto in itinere delle metodologie e della strutturazione delle UD, e dall’altro costituisce una verifica della validità dell’intero Progetto. Per discutere di volta in volta dei risultati parziali, i membri delle équipe si incontrano di frequente con i componenti della Commissione tecnico-scientifica. Il primo rapporto sulla sperimentazione così conclude: “Le indicazioni sono confortanti, ma occorre che siano verificate nel tempo prima di coinvolgere grandi masse di bambini. Si vuol dire che è necessario stabilire con la massima esattezza possibile quali condizioni debbano verificarsi perchè l’insegnamento di una L2 produca effetti positivi sullo studente e sul suo profitto, per evitare pericolose approssimazioni sul piano scientifico e

strumentalizzazioni di comodo sul piano commerciale”74.

Relativamente al ritmo di somministrazione della lingua si registrano pareri discordi: alcuni insegnanti rilevano che i cinque giorni previsti per lo svolgimento di una UD non sono sufficienti per consentire agli alunni il raggiungimento degli obiettivi; altri sostengono che i loro allievi imparano più in fretta del ritmo proposto; un terzo gruppo si trova invece pienamente concorde con la scansione

stabilita nell’ipotesi sperimentale. Viene anche modificato l’ordine della fase rinforzativa presente in ogni UD: dopo un momento iniziale di correzione, la prassi didattica anticipa lo sviluppo degli argomenti trattati, il cui consolidamento viene posto a conclusione dell’intera fase. Del resto è lo stesso allegato C dell’ipotesi sperimentale che puntualizza la possibilità di variare l’ordine intrinseco dei procedimenti didattici all’interno dell’UD a seconda dell’inventiva degli insegnanti, delle reazioni degli alunni e delle situazioni ipotizzate come base d’apprendimento.

In ricorrenze particolari (festività, cambi di stagione) alcune città-pilota inframmezzano alle normali UD delle schede su carta colorata in cui è presentato un lessico specifico e alcuni consigli per introdurre un determinato argomento. Le schede vengono usate a piccole dosi nei momenti opportuni, impiegando il nuovo lessico in strutture comunicative già note. Per esemplificare, viene qui presentato il materiale del I anno di sperimentazione d’inglese a Torino, composto da 10 UD e 5 schede. Di queste, due sono di tipo introduttivo e contengono suggerimenti da utilizzare nelle prime settimane di lavoro.

• Scheda n.1: fornisce un elenco di vocaboli inglesi comunemente usati

nella lingua italiana. Tra questi l’insegnante sceglie quelli suggeriti dai bimbi stessi, perchè a loro noti. Lo scopo è duplice: da un parte avvicinare gli alunni ad una lingua foneticamente così diversa dall’italiano, dall’altra fornire ad insegnante ed alunni un modello foneticamente esatto di vocaboli spesso distorti nell’uso corrente.

74SANZO R., in Annali della Pubblica Istruzione, n. 3, Firenze, Le Monnier, 1979, p.

• Scheda n. 2: diretta più al maestro che agli allievi, essa contiene un elenco

di forme di saluto, comandi e istruzioni varie, espressioni idiomatiche ricorrenti (classroom English) da utilizzare in classe nei diversi momenti della giornata.

Le schede successive completano il materiale e riguardano il tempo atmosferico, i giorni della settimana ed il Natale.

Numerose osservazioni riguardano le 4 abilità fondamentali: leggere, scrivere, ascoltare, parlare. Per quanto concerne la competenza privilegiata dall’ipotesi sperimentale, ovvero quella orale, i bambini risultano in grado di comunicare e di generalizzare le strutture della lingua per obiettivi comunicativi diversi dalle funzioni che su quelle strutture solitamente si articolano. Viene reso noto che gli insegnanti con una maggiore conoscenza della L2 tendono ad occupare buona parte del tempo di lezione con esercizi di mera ripetizione della pronuncia, con una conseguente caduta di attenzione da parte degli allievi.

Apparentemente non vengono apportati contributi sostanziali riguardo all’avviamento alla capacità di codificare in forma scritta il proprio pensiero, in quanto tale abilità non è contemplata dall’ipotesi progettuale. Gli alunni si limitano a copiare qualche brano dal libro di testo o a scrivere sotto dettatura, ma si tratta comunque di attività occasionali, senza un indirizzo didattico preordinato.

Queste forme di scrittura servono più che altro come supporto alla lettura. Si rilevano tuttavia casi di allievi che spontaneamente cercano di trasportare nella lingua scritta la propria produzione orale. Contrariamente a quanto sostenuto nell’assunto sperimentale, ciò dimostra che occorre ipotizzare l’avvio alla scrittura già a partire dal primo anno di studio della lingua, iniziando da un lavoro di familiarizzazione con le forme scritte, per passare poi alla decifrazione globale,

fino ad arrivare a semplici produzioni nell’ultimo anno di corso. Comunque, gli insegnanti sono particolarmente attenti a tenere scritto e orale rigorosamente distinti l’uno dall’altro: forme di interazione tipicamente orali, come un dialogo o una telefonata, non vengono mai fatti trascrivere, a differenza di messaggi posti su biglietti d’auguri o di semplicissime comunicazioni epistolari.

Anche l’accostamento alla lettura non è previsto dal progetto, ma già al termine del secondo anno di pre-sperimentazione tutti gli insegnanti coinvolti ne chiedono l’introduzione, ad esempio attraverso immagini di ambienti in cui la presenza dello scritto è diffusa e appropriata. Tra gli obiettivi viene così inserita la capacità di riconoscere i grafemi corrispondenti alle parole udite e quella di decodificare semplici messaggi scritti riportati in indicazioni stradali, istruzioni poste in luoghi pubblici, insegne di negozi, manifesti pubblicitari. Ciò nonostante, si osserva che la lettura viene comunque avviata troppo tardi rispetto alla capacità di apprendere dei bambini.

Si sottolinea quindi come sia necessario e urgente garantire il processo d’apprendimento secondo un più preciso schema metodologico. Per questo motivo i gruppi di lavoro, insieme al Comitato tecnico-scientifico e agli insegnanti sperimentatori, elaborano una prassi didattica che nei materiali si trova applicata solo a partire dal terzo anno, ma della quale gli insegnanti vengono edotti con corsi di aggiornamento. Una delle novità è rappresentata da un anticipato avviamento alla lettura, che viene introdotta se non già nel primo anno di corso, certamente agli inizi del secondo. Inoltre, una volta che il messaggio orale è stato memorizzato, riprodotto e reimpiegato, è preferibile proporne all’alunno, insieme all’immagine, anche la relativa trascrizione grafica, che tuttavia non diventa

obiettivo immediato d’insegnamento. Infatti il passaggio dall’orale allo scritto non vuole affatto eliminare la competenza comunicativa orale, che l’allievo deve continuare a consolidare. A tal fine, prima di passare ad un nuovo materiale linguistico, è opportuno che l’insegnante dedichi un certo periodo di tempo alla revisione orale del materiale precedentemente trattato, abbinando, eventualmente, la rispettiva forma scritta, soprattutto per le strutture più frequentemente usate. Si suggerisce anche all’allievo di disegnare le situazioni sul proprio quaderno, riempiendo poi i fumetti con le strutture presentate.

Nell’ipotesi sperimentale il termine “struttura grammaticale” compare solo due volte: ciò è sintomatico della scarsa attenzione dedicata dall’ILSSE alla grammatica in senso stretto, consapevolezza che emerge soltanto al termine della pre-sperimentazione. Il Progetto iniziale si limita infatti a mirare allo sviluppo del cosiddetto intuito grammaticale, ossia della capacità degli alunni di generalizzare le regole della lingua in modo non cosciente, in considerazione del fatto che i bambini di 7/8 anni non sono in grado di cogliere definizioni e astrazioni grammaticali, nemmeno nella lingua materna. Tuttavia, a partire dalla IV elementare i fanciulli manifestano ripetutamente il loro vivo interesse ai meccanismi della lingua, così da spingere gli insegnanti a progettare specifici momenti di riflessione linguistica con l’obiettivo di rendere cosciente un meccanismo d’uso non consapevole. Pertanto la conclusione cui le équipe sono giunte è che la riflessione grammaticale deve costituire obiettivo esplicito del programma, specialmente per illustrare meccanismi linguistici di particolare complessità. Tutto però verrà svolto tenendo conto dello stadio di sviluppo dei processi cognitivi degli allievi, quindi la grammatica verrà utilizzata soprattutto

con gli allievi delle due classi terminali, ogni qualvolta ve ne sia necessità o emerga una domanda in tal senso da parte degli alunni medesimi.

Il metodo da prediligere è quello induttivo sperimentale, attraverso il quale l’allievo, stimolato dalla propria curiosità di sapere, viene condotto a scoprire da sè il meccanismo di funzionamento della lingua che normalmente usa, con enormi vantaggi sul piano della memorizzazione. Ciò significa che il discente viene coinvolto dagli stessi meccanismi cognitivi che attivizza, traendone immediata gratificazione. Molto utile si rivela anche far operare agli allievi un’analisi contrastiva rispetto ai diversi modi di esprimere la stessa funzione comunicativa nella lingua materna e in quella straniera ed ai relativi comportamenti sociali. Tra gli esercizi più usati vi sono quelli di sostituzione, di trasformazione e di completamento; tuttavia si cerca di evitare che l’alunno trasformi una frase positiva in una interrogativa o negativa (e viceversa) in modo esclusivamente meccanico. Di più difficile attuazione si rivela l’esercizio di integrazione tra frasi.

Infine, la valutazione formativa si è svolta con relativa regolarità, consentendo di raggiungere i risultati prefissati: innanzitutto la validazione dei materiali, la partecipazione cosciente dell’alunno al processo di valutazione e da ultimo, ma non di minore importanza, il feed-back professionale per l’insegnante.