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2. LA SPERIMENTAZIONE MINISTERIALE: L’ILSSE

2.4. Valutazione del Progetto

2.4.2. La figura dell’insegnante

La professionalità dell’insegnante è la prima delle coordinate del processo educativo che viene sottoposta a verifica, perchè è dubbio che sia proficuo avviare un programma d’insegnamento quando le variabili del maestro non corrispondono ai requisiti minimi evidenziati nell’ipotesi sperimentale. Innanzitutto, molte delle richieste, proposte e denunce rilevabili nella documentazione dell’esperienza nascono in relazione alla consapevolezza della nuova figura professionale delineata dagli insegnanti di lingue in rapporto alla struttura scolastica di base.

Poichè l’inserimento di una LS alle elementari impone un rinnovamento sostanziale dei procedimenti didattici, il docente che intraprende tale insegnamento avverte di rappresentare all’interno della scuola un punto di riferimento di attese sociali nuove nei confronti della tradizionale struttura. Egli diviene infatti un operatore specializzato all’interno di un sistema in cui domina la competenza indifferenziata. Tale consapevolezza induce nei maestri un atteggiamento fortemente motivato, quindi positivo.

Accanto a questa forte disponibilità generale, si nota un apporto tecnico specifico altamente differenziato per livelli di competenza linguistica e didattica.

Ciò significa che, se alcuni insegnanti possiedono pienamente la lingua straniera per esperienze personali (bilinguismo familiare, studi universitari, soggiorni all’estero, rapporti e scambi culturali con madrelingua), la maggioranza si limita alle semplici conoscenze acquisite alle medie e durante i due anni di studio presso l’istituto magistrale.

A livello di selezione in entrata, si riscontrano simili discrepanze anche tra la fase pre-sperimentale e quella sperimentale vera e propria. Nella prima fase gli

insegnanti vengono reclutati all’interno delle città-pilota: si tratta di grandi città, in ciascuna delle quali le lingue straniere circolano fluidamente e si può avere a disposizione un numero più alto di docenti tra cui effettuare una scelta, rispetto alle città di provincia a cui viene estesa la sperimentazione dall’a.s.1980/81. I rilevamenti relativi alla competenza degli insegnanti reclutati durante la pre-sperimentazione sono considerati obiettivamente attendibili, in quanto eseguiti mediante l’utilizzo di prove oggettive e durante le attività di laboratorio linguistico. Da essi risulta che gli insegnanti con competenza buona o media si attestano intorno all’88%, contro un 12% di docenti con competenza giudicata sufficiente. Nella seconda fase, dove l’accertamento delle competenze avviene mediante un esame-colloquio guidato da una scheda di rilevamento, questi valori mutano nettamente: i rendimenti si attestano su una media del 60% di insufficienza, nonostante i formatori si impegnino a non giudicare i candidati in modo severo. In molti casi, l’insicurezza derivante dalla consapevolezza di un non pieno possesso della competenza linguistica porta gli insegnanti a ricorrere ad un certo tecnicismo, inteso come riproduzione limitata e passiva dei procedimenti suggeriti.

Un’ulteriore diversità si nota nell’atteggiamento verso i contenuti dell’aggiornamento. In fase pre-sperimentale i docenti manifestano una maggiore necessità di appropriazione dei procedimenti didattico-metodologici per la produzione, la verifica e la fissazione delle UD; invece in quella sperimentale l’impegno è maggiormente rivolto all’ampliamento della competenza nella lingua straniera. Al di là dei contenuti, dopo l’entusiasmo iniziale tutti i corsi d’aggiornamento registrano una scarsa partecipazione. La causa viene individuata

nel carico orario richiesto, nella lontananza delle sedi, che spesso costringe gli insegnanti a spostamenti lunghi e costosi, e nel decorrere stesso del tempo, che attenua la motivazione, come rilevato da gran parte delle relazioni dell’a.s.

1982/83. Tali presenze saltuarie e abbandoni portano ad una progressiva dispersione del rigore sperimentale degli stessi corsi d’aggiornamento.

Un’altra fonte di demotivazione nei maestri è rappresentata anche dalla mancanza di un riconoscimento giuridico della nuova figura dell’insegnante di lingua; ciò comporta l’incertezza circa la collocazione nel sistema scolastico della qualificazione conseguita mediante l’attività sperimentale e la mancanza di garanzie per la continuità dell’insegnamento. In conclusione, la tensione sperimentale rimane inalterata esclusivamente in quei partecipanti in cui l’interesse personale e l’arricchimento didattico sono l’unico vero motore professionale.

In sede valutativa ci si rende anche conto di come l’alternanza delle due figure d’insegnante, ossia quello unico e quello specialista, costituisca un problema da non sottovalutare, e non solo per quanto riguarda l’aspetto organizzativo. Ci si chiede se abbia funzionato meglio l’insegnamento della lingua straniera condotto dal maestro nella classe di cui è titolare, come esplicitamente previsto dall’ipotesi progettuale, oppure quello gestito dal docente che lavora su diversi gruppi-classe, spesso distribuiti in più sedi, come consentito dalla legge 270/82.

La maggior parte dei dati sperimentali, italiani e non, sembra far preferire l’insegnante di classe: è provato che, a parità di abilità e materiali con il docente specialista, il maestro unico ottiene risultati migliori tanto sul piano cognitivo che

su quello affettivo. Con l’insegnante di classe il tempo dedicato alla lingua può andare molto al di la’ di quello previsto per lo svolgimento di una UD, in quanto la lingua può essere usata durante tutto il tempo scuola per comunicare i messaggi più semplici e comuni: saluti, convenevoli, ordini e inviti. In questo modo le occasioni di confronto tra la lingua e la cultura straniera e quella materna attraversano tutto il processo educativo, creando una continua possibilità di stimoli e di opportunità d’apprendimento. L’insegnamento specialistico non può evidentemente giovarsi delle medesime opportunità, inoltre viene spesso svolto in orario pomeridiano, durante il quale la resa del discente cala decisamente. Nelle scuole in cui l’insegnamento viene svolto dal docente specialista, la lingua straniera “non riesce ad inserirsi stabilmente nella programmazione del lavoro scolastico”, assumendo “un carattere episodico, limitato, cioè, alle poche ore destinate a quella specifica attività, come se fosse anticipata la scuola secondaria”82. Questo avviene perchè in fase di programmazione non risulta esservi una stretta collaborazione con l’insegnante titolare: spesso i due insegnanti articolano la propria attività didattica secondo approcci metodologici differenti e diverso è anche il rispettivo atteggiamento nei confronti del modo e della funzione della LS. Tuttavia, si verificano anche casi in cui il modello dell’insegnamento specialistico funziona. Ciò avviene nell’ambito delle attività integrative previste dall’art.1 della già citata legge 820; in questi casi, quando la programmazione viene rispettata in modo rigoroso e si cerca di mantenere il più possibile una correlazione continua fra i due insegnamenti, il profitto degli allievi è buono.

82dal rapporto dell’Ispettore tecnico periferico coordinatore del gruppo di Bari, a.s. 1983/84, riportato in SINISI A., op. cit., p. 160.

Se è vero che spesso lo specialista è linguisticamente più abile del maestro di classe, è altrettanto vero però che egli non conosce profondamente la struttura, l’organizzazione, le finalità e i contenuti della scuola primaria e manca delle adeguate conoscenze psico-pedagogiche del gruppo d’età considerato. Per acquisire tali competenze, un laureato in lingue deve fruire di tempi lunghi, più lunghi di quelli di cui un insegnante elementare ha bisogno per migliorare le proprie conoscenze linguistiche. Questo significa che colui che possiede i requisiti principali per insegnare la lingua straniera ai bambini è l’insegnante elementare.

Di fatto, però, la scelta di questa figura professionale appare incompatibile con lo scarsissimo numero di insegnanti elementari con sufficiente conoscenza linguistica, pertanto risulta impraticabile fuori dall’ambito strettamente sperimentale.

Come giudizio sommativo sugli insegnanti sperimentatori, una relazione nota che il docente di LS, “nell’attuare le ipotesi metodologico-didattiche del Progetto ILSSE, finisce col determinare un rapporto d’insegnamento-apprendimento più strutturato e soprattutto supportato [...] Tutto ciò determina maggiore sicurezza, ambiti definiti e chiarezza nella definizione degli obiettivi ”83. Il Progetto sembra quindi essere riuscito nel proprio intento di realizzare un’evoluzione del comportamento insegnante, non solo sul piano dell’acquisizione di una strumentalità didattica, ma anche su quello di un diverso approccio generale all’educazione linguistica. Agli occhi del maestro, l’itinerario sperimentale si configura come un processo organico ed integrato di finalità, fondazione scientifica, obiettivi e organizzazione pratica, ove si stabilisce un rapporto

coerente fra apprendimento della LS e delle altre discipline e viene superata la tradizionale concezione dell’atto educativo84. Pertanto si può affermare che l’esperienza in esame risulta positiva per una ridiscussione dell’insegnamento elementare complessivo, per una scuola più viva in ogni campo e disciplina.

2.4.3. Apprendimento

In tutte le classi in cui avviene la sperimentazione, i bambini accolgono molto favorevolmente l’introduzione allo studio della LS. La valutazione dell’

apprendimento degli alunni (in particolare del rapporto comprensione - produzione) si avvale, oltre che dei test di verifica finali, anche dell’osservazione di tutti i loro tentativi, anche minimi, di manipolare la lingua appresa in modo da rispondere ad esigenze di tipo comunicativo, al di là dell’esercizio strutturato in classe. Acquista pertanto valore determinante il rilevamento delle situazioni in cui gli alunni spontaneamente si esprimono in LS, sia fra loro sia con altri, cercando di estendere il “gioco linguistico” sviluppato a scuola. Se la valutazione dell’esperienza italiana è parzialmente positiva, ciò è probabilmente merito dell’attenzione con cui il comportamento globale degli scolari è stato esaminato anche in quegli atteggiamenti, disponibilità e reazioni non precisamente configurabili in schemi di rilevamento definiti.

83relazione di Perugia, a.s. 1982/83, in SINISI A., op. cit., p. 143.

84occorre ricordare che la concezione cosiddetta “tradizionale” è quella dei Programmi Ministeriali del 1955, che negli anni della sperimentazione ILSSE sono ancora in vigore. Siffatti programmi attribuiscono alla figura dell’educatore le seguenti peculiari caratteristiche: arte, improvvisazione, fantasia, ispirazione. In sostanza, tutto è nelle mani del maestro, del suo talento naturale o, se si vuole, della sua capacità istrionesca.

Innanzitutto, la tendenza ad usare i contenuti delle UD anche in contesti e situazioni diverse da quelle programmate in fase di curricolo è evidenziata da molti operatori. “Gli alunni comunicano frequentemente in LS durante la giornata scolastica”85, ed ancora “i bambini riutilizzano in situazioni nuove il bagaglio linguistico acquisito ed interpretano dialoghi e scenette di loro originale creazione”86. Occorre però sottolineare che la valutazione positiva degli esercizi di produzione riguarda più l’autonomia personale e la spontanea utilizzazione di uno strumento comunicativo in rispondenza a particolari sollecitazioni di interazione, che la qualità e la quantità di lingua usata. Infatti gli insegnanti, gli ispettori ed i direttori didattici, sensibili nel cogliere i valori sostanziali dell’atto educativo, tendono a dare più importanza all’autonomia dispiegata dall’alunno che al repertorio di forme effettivamente usate dallo stesso.

La valutazione è invece più prudente e meno ottimista quando riguarda la qualità di tali esecuzioni linguistiche, ossia quando i gruppi sperimentali sono chiamati a rilevare la correttezza, la pertinenza e l’efficacia delle forme espressive in lingua straniera. Per esempio, il gruppo di Perugia, il coordinatore di Napoli e quello di Torino notano una maggiore facilità negli allievi ad acquisire la capacità di comprensione, piuttosto che quella di produzione. Essi infatti rilevano una netta differenza percentuale fra gli alunni che comprendono lessico e strutture del Syllabus e gli alunni che lo usano anche al di fuori dai contesti situazionali non frequentemente esercitati. Ciò significa che l’ambito di estensione delle abilità

85Coordinatore di Torino, a.s. 1981/82.

86Formatore di francese di Taranto, a.s. 1982/83.

linguistiche ricettive è più ampio e che l’appropriazione di forme corrette in condizioni di ascolto e comprensione è più sicura che nei momenti di dialogo.

Al di là dell’aspetto strettamente grammaticale, in quasi tutte le classi gli operatori rilevano un miglioramento delle condizioni generali di apprendimento, una notevole curiosità, un più acuta disponibilità nei confronti dell’osservazione contrastiva ed un atteggiamento ben disposto nei confronti delle culture diverse. A queste caratteristiche si aggiungono: una maggiore flessibilità cognitiva, anche in rapporto allo studio delle altre materie; la scoperta dell’arbitrarietà dei codici, soprattutto attraverso il ricorso all’analisi contrastiva fra dialetto, italiano e LS;

infine un arricchimento delle capacità espressive globali. L’interesse di ciascun alunno si è mantenuto vivo, a conferma della validità della traccia metodologica scelta dai gruppi di lavoro: un misto di gioco, canto, animazione, drammatizzazione e attività manuale e psicomotoria. Questo tipo di impostazione ludica permette di collegarsi con naturalezza a tutto il lavoro scolastico ed inoltre risponde ai bisogni fisici ed emotivi dei bambini, consentendo anche ai più introversi di socializzare e ai portatori di handicap di dare libero sfogo alla propria creatività. Proprio questi ultimi dimostrano livelli di partecipazione e di profitto positivi. Il superamento nei bambini del senso d’inferiorità, del distacco dalle attività collettive, dell’impaccio relazionale, dell’ansia di fronte alle difficoltà d’apprendimento trova un diffuso riscontro negli operatori. In particolare, nelle scuole situate in ambienti socio-culturali degradati, l’introduzione della lingua interpreta il desiderio di apertura degli alunni, che portano nelle loro stesse famiglie il desiderio di nuove esperienze e di approfondimenti culturali.

E’ quindi in relazione a questi positivi interventi sullo sviluppo educativo generale, e non soltanto all’acquisto e ritenzione del Syllabus, che si deve valutare l’efficacia della metodologia glottodidattica sperimentata. Pertanto l’obiettivo primario dell’ILSSE di creare una reale disposizione degli alunni nei confronti della lingua straniera può considerarsi pienamente raggiunto.

Un discorso a parte merita la capacità di riproduzione scritta: non contemplata, come si è visto, in fase progettuale, e quindi non verificata al termine della sperimentazione, di fatto viene conseguita da molti alunni, specialmente delle classi del II ciclo. Nel corso dell’esperienza emergono particolarmente due variabili che più condizionano l’atteggiamento dei bambini verso i grafemi della lingua: il tipo di insegnante ed il livello scolastico. Infatti vi sono docenti con alle spalle altre esperienze di insegnamento della LS che, nonostante gli inviti espliciti a non servirsi della scrittura, hanno la tendenza ad introdurla subito come supporto dell’orale. Inoltre sono gli stessi allievi che, già dalla III elementare, autonomamente richiedono l’introduzione di forme scritte; nel caso in cui non vengano soddisfatti dall’insegnante, essi trasformano le forme orali apprese in grafemi italianizzati, ottenendo una sorta di scrittura figurata da loro stessi inventata, che li porta a memorizzare una grafia errata della lingua. Perciò, occorre assolutamente impedire l’utilizzo contemporaneo di lingua orale e lingua scritta.

Solo un intervento oculato dell’insegnante, che fornisce la corretta grafia al momento giusto (non prima dei 7/8 anni), può evitare tali inconvenienti. “La conclusione a cui la sperimentazione sembra giungere è che esistono le condizioni

per avviare rapidamente i bambini a forme di decifrazione dei grafemi della lingua straniera”87.

Infine, l’ILSSE supera di gran lunga le aspettative sull’interdisciplinarietà: si dimostra infatti possibile l’attuazione di un programma curricolare in cui la lingua seconda rientra nelle varie aree educative della scuola elementare (area linguistica, logico-matematica, antropologica, comportamentale, espressiva e psicomotoria).

Innanzitutto la lingua straniera è componente dell’area logico-linguistica, di cui persegue il medesimo obiettivo: l’uso del codice linguistico come mezzo di comunicazione. L’approccio di tipo funzionale scelto permette di dedicare particolare attenzione alla scelta dell’espressione valida anche per la lingua materna. Spontaneamente gli allievi effettuano osservazioni, confronti e connessioni tra le due lingue, per esempio per quanto riguarda il diverso ordine delle parole. Inoltre è possibile attuare un’interdisciplinarità di contenuto attraverso una breve storia, che viene prima raccontata in lingua materna, poi riassunta e rappresentata in sequenze grafiche, ed infine ricostruita in lingua straniera con l’ausilio delle sole immagini, per evitare il pericolo della traduzione.

Nell’area logico-matematica, la seconda lingua si inserisce mediante giochi basati sui numeri. Gli insegnanti hanno creato in classe un angolo con funzione di

“negozio” fittizio che consentisse l’uso della moneta e della lingua straniera nelle attività di compravendita. Nella seconda lingua vengono anche nominate alcune semplici forme geometriche, riconosciute negli oggetti che circondano i bambini.

87GOTTI M., Insegnare le lingue straniere nella scuola elementare, Bologna, Zanichelli, 1986, p.38.

Vaste sono anche le applicazioni in area antropologica. L’aspetto sociologico si presta a considerazioni in parallelo sulla situazione socio-economica dei due Paesi. Lo stesso vale per l’aspetto storico, dove è stato solo possibile evidenziare fatti e situazioni connessi fra loro nei vari periodi. Nello studio geografico la lingua straniera è utilizzata per indicare punti cardinali, condizioni atmosferiche, prodotti tipici regionali e anche per la nomenclatura straniera delle principali città italiane. Per quanto riguarda le scienze naturali, è stato possibile parlare in LS delle caratteristiche e delle abitudini di vita di animali conosciuti dai bambini: dove vivono, cosa mangiano, se sono grossi o piccoli...

Nell’area comportamentale l’interdisciplinarità è stata attuata per obiettivi in quanto, attraverso l’informazione e il confronto sul tipo di vita nello Stato straniero, sono state fatte riflessioni sulle diverse abitudini.

Le attività espressive come il disegno e il mimo sono utilizzate, come si è già visto, per comunicare e verificare la comprensione della lingua da parte dei bambini. La musica costituisce un altro indispensabile sussidio, poichè il ritmo facilita la memorizzazione e l’intonazione.

Per concludere con l’area psicomotoria, la lingua è utilizzata in giochi di gruppo che richiedono movimento, in esercizi imitativi e nei comandi in genere.

2.4.4. Organizzazione

L’insegnamento e l’apprendimento di qualunque disciplina si definiscono nel quadro operativo dell’istituzione scolastica. E’ quindi necessario considerare il rendimento del modello glottodidattico prescelto anche in relazione alle UD formulate nel piano sperimentale, all’inserimento nelle strutture organizzative e più in generale alle esigenze del sistema scolastico elementare.

La sperimentazione ha impegnato diversamente tutti gli organismi della struttura scolastica. Fra quelli istituzionali, si dimostrano decisivi il Ministero ed i Provveditorati, responsabili in bene e in male, quindi spesso anche imputati di ritardi e inadempienze; l’estraneità di alcuni Provveditori si attenua quando gli Ispettori tecnici periferici assumono il compito di coordinatori del gruppo sperimentale, fungendo da raccordo fra l’apparato amministrativo e l’attività nelle scuole.

Oltre che al ruolo dell’Ispettore tecnico periferico, una valutazione positiva viene attribuita ai tre operatori costituenti un gruppo sperimentale in ciascuna delle province, comprendendo quindi anche l’insegnante formatore di LS, e il maestro elementare: la collaborazione tra il gruppo ha un positivo influsso anche sulla produttività della funzione svolta dagli animatori delle città-pilota.

Variamente qualificata risulta l’azione di Direttori didattici ed Organi collegiali, marginale quella degli IRRSAE e dei Comuni.

Le carenze riferibili alla determinazione delle linee strategiche, ossia in merito alle decisioni normative, si riflettono su quelle strumentali. Ciò significa che manca un chiaro intervento ministeriale nei confronti di una serie di decisioni direttamente riguardanti l’organizzazione, i materiali e gli accreditamenti, tra cui:

il rimborso dell’onere economico e temporale richiesto agli insegnanti per seguire i corsi d’aggiornamento, la precisazione di alcune posizioni nel tempo pieno, nei doppi turni e negli insegnamenti speciali, il riconoscimento del servizio sperimentale prestato, l’autonomia nell’utilizzazione dei fidi assegnati ed infine la regolamentazione dei soggiorni all’estero e degli scambi fra classi.

Fra gli organismi creati appositamente per la gestione del Progetto, molto importante è naturalmente il ruolo svolto dal Comitato tecnico-scientifico a livello teorico, e dalle équipe delle città-pilota nella prassi didattica, soprattutto in merito alla creazione delle UD. Queste vengono sottoposte ad un collaudo rigoroso e razionalmente articolato.

Per quanto concerne la fase pre-sperimentale, esiste una documentazione accurata di procedimenti, verifiche e valutazioni che sono stati elaborati per garantire la massima produttività dell’impianto didattico. Si tratta di pre-test, test, schede operative, tipologiche, di osservazione, esame ed assemblaggio di materiali italiani ed esteri. Tutta l’attività di controllo riferita all’utilizzo delle UD in contesti scolastici diversi dà come acquisita la validità delle soluzioni tecniche adottate.

Nella fase seguente l’atteggiamento degli operatori, ai quali viene fornito il corpus delle unità elaborate per saggiarne la produttività in un più ampio campione di situazioni scolastiche, è duplice: la maggior parte accoglie i modelli come una soluzione che conferisce sicurezza all’insegnamento, mentre la restante minoranza, che può avvalersi di esperienze precedenti, tende a considerare l’itinerario come un’imposizione. In molti casi le unità vengono sottoposte ad adattamenti, per diluirle in sotto-unità più semplici e brevi, che consentano una