2. LA SPERIMENTAZIONE MINISTERIALE: L’ILSSE
2.1. Genesi e struttura
2.1.3. Ipotesi metodologica e modello di UD
L’ipotesi metodologica riportata nell’allegato B al Progetto ILSSE indica i principi ispiratori a cui devono aderire i contenuti della sperimentazione, i cui modi di articolazione sono a loro volta espressi dal modello di unità didattica (UD) contenuto nell’allegato C. Con particolare riferimento al primo anno di corso, viene ipotizzata “una serie di procedimenti metodologici (variabile indipendente) destinati ad ottenere determinati effetti di acquisizione linguistica (variabile dipendente)”61.
La variabile indipendente consiste nella programmazione di una serie di situazioni comunicative aperte o nucleari: aperte perchè per ogni situazione si
possono avere un certo numero di espressioni linguistiche, e nucleari in quanto le funzioni comunicative non sono necessariamente vincolate alle situazioni. Si tratta cioè di reti di funzioni di base dotate di meccanismi ampliabili nel caso in cui le si trasferisca a nuove aree di esperienza. Queste funzioni sono in grado di generare un patrimonio linguistico adeguato e pertinente. Sul piano della prassi didattica, questa sostanziale flessibilità si realizza raramente ed in modo difficoltoso. Nei primi due anni di pre-sperimentazione si privilegia una situazione chiusa con un solo esponente linguistico, evitando di ricordare agli allievi più espressioni per una stessa situazione, per timore di creare confusione. Solo più tardi vengono introdotte forme diversificate per lo stesso contesto e si trasporta la medesima funzione in situazioni diverse. L’insegnante deve coinvolgere il bambino in modo globale e graduale, secondo il principio dell’azione totale62. Questo metodo comporta l’attivazione di tutte le risorse del discente: capacità percettivo-sensoriali, senso-motorie, di comprensione razionale e logica delle strutture linguistiche, culturali e sociali; reazioni affettive; potenzialità creative di utilizzo dei linguaggi mimici, ludici, estetico-grafici, costruttivi, iconici e musicali. La realizzazione ideale del principio dell’azione totale si traduce nell’utilizzo progressivo di modalità quali il dialogo, la drammatizzazione e il gioco in genere, in grado di richiedere la partecipazione attiva dell’intera personalità del fanciullo.
La variabile dipendente racchiude invece la competenza linguistica degli allievi, intesa come capacità di produrre semplici frasi che consentano di condurre una conversazione elementare. I vocaboli di base che l’alunno dovrebbe possedere
61TITONE R., Un progetto speciale, cit., allegato B, p.10.
62Si veda FREDDI G. (a cura di), Lingue straniere per la scuola elementare, Padova, Liviana, 1987.
attivamente vanno da un minimo di 80/100, mentre il vocabolario passivo si attesta sui 120/150 termini. Ciò sottintende che la conoscenza passiva (ovvero mera lettura e decifrazione) del significato di frasi semplici supera leggermente quella attiva, relativa alle frasi che l’alunno è in grado di ripetere o produrre.
L’elaborazione del modello di UD costituisce il momento finale di tutte le premesse teoriche alla base dell’ILSSE. Ogni UD rappresenta un ciclo minimo di apprendimento settimanale, composto da una lezione al giorno, per un totale di 5 micro-lezioni, della durata di 30 minuti ciascuna. La distribuzione e la durata delle micro-lezioni sono della massima importanza per consentire un contatto quotidiano tra allievo e lingua straniera. Per la scuola a tempo normale, il sesto giorno può essere dedicato ad eventuali recuperi. Nelle classi V si verificano di fatto delle contrazioni delle lezioni, a causa del tempo dedicato alla preparazione dell’esame di licenza elementare.
Il modello di UD illustrato nell’allegato C deriva dal più ampio modello modulare glottomatetico63 elaborato da R.Titone nel 1973. Esso si allinea con gli apporti più recenti della neurolinguistica che evidenziano un funzionamento del cervello umano di tipo bimodale, ossia coinvolgente entrambi gli emisferi e non solo quello sinistro, ritenuto per molto tempo dominante64.
63Il modello viene poi ampliato con il nome di modello modulare in TITONE R., Psicodidattica, Brescia, La Scuola, 1977. Si veda anche CAMBIAGHI B., La lingua straniera nella scuola elementare: quale? quando? come?, in “Vita e Pensiero”, n. 10/1989, pp. 662-670.
64Il concetto di bimodalità implica che l’apprendimento di una L2 diventa un processo comunicativo globale solo quando l’istruzione mira ad attivare i due emisferi cerebrali in modo complementare. Per una spiegazione dettagliata del fenomeno e le conseguenti applicazioni glottodidattiche si veda il cap. 6 di DANESI M., Neurolinguistica e glottodidattica, Padova, Liviana, 1988.
Tale bimodalità presuppone modelli di apprendimento mobili, ciclici, a spirale, proprio come il modello di UD proposto da Titone.
Esso si articola in quattro momenti essenziali:
• motivazione
• accostamento globale
• espansione e rinforzo
• controllo.
La semplificazione di questo modello ha permesso agli sperimentatori la delineazione di un tipo di UD caratterizzato da 3 fasi distinte:
1. incoativa (2 micro-lezioni) 2. rinforzativa (2 micro-lezioni) 3. regolativa (1 micro-lezione).
1. Questa prima fase, derivata dalla fusione delle prime due del modello di Titone (motivazione e accostamento globale), costituisce una prima presentazione della lingua, in modo da motivare e coinvolgere attivamente gli alunni. Essa ha lo scopo di introdurre una nuova funzione comunicativa e di assicurarne una corretta riproduzione prima e produzione poi. Ciò significa che il bambino dovrà acquisire non solo la capacità di ripetizione pura e semplice di un enunciato nel medesimo contesto, ma anche di enunciazione di una frase in contesti diversi da quelli di apprendimento. L’allievo, cioè, deve riuscire a veicolare la propria esperienza attraverso un testo orale autentico, perchè scaturito dalla sua naturale esigenza di comunicare. Dato che gli scolari sono principianti, vengono presentati in lingua italiana tutti quei segnali verbali che servono ad introdurre l’argomento e a contraddistinguere situazioni, immagini, ruoli, personaggi, luoghi, condizioni e
rapporti degli interlocutori. L’obiettivo linguistico, così collocato in un contesto chiaramente delineato, non si presta ad altre interpretazioni e viene quindi espresso direttamente in L2, senza bisogno di ricorrere alla traduzione. Nelle classi più avanzate, il ricorso alla lingua straniera può essere gradualmente ampliato. La presentazione avviene gerarchicamente mediante tre forme di discorso: il dialogo, la descrizione e il racconto. Il dialogo, dapprima breve e semplicissimo, poi gradatamente sviluppato, deve sempre riprodurre una situazione reale di comunicazione. Lo stesso vale per la descrizione. Il racconto è il risultato della combinazione delle due forme precedenti. L’acquisizione di una buona pronuncia richiede molto tempo; per questo motivo si raccomanda agli insegnanti di tener soprattutto conto della fluenza del parlante, che non va interrotto nella sua esposizione con continue correzioni della pronuncia, che rischierebbero di frustrarne gli sforzi.
2. La seconda fase corrisponde alla terza del modello quadrifasico (espansione e rinforzo) ed è dedicata alle esercitazioni varie di correzione, consolidamento e sviluppo. In questa fase il docente programma, quantifica e gradua la lingua che insegna. Tutti gli esercizi devono riferirsi a situazioni di normale comunicazione: dialogo, conversazione, drammatizzazione e simili.
Occorre invece limitare il ricorso ad esercizi strutturali non situazionali, che risultano di una qualche utilità solo per rafforzare alcune strutture grammaticali e fonologiche, soprattutto all’inizio. Si ribadisce che le tecniche di correzione non devono mai mortificare il bambino. Le attività di consolidamento, finalizzate all’acquisizione delle capacità di produzione e fonazione corrette, hanno carattere piuttosto ripetitivo; questo comporta spesso il rischio di una noia improduttiva,
rischio che può essere evitato proponendo giochi a coppie o a squadre. Infatti la ripetizione sotto forma di gioco viene accettata dagli allievi di 7/8 anni senza troppe difficoltà e senza le cadute di interesse e motivazione che possono, invece, riscontrarsi negli scolari delle classi IV e V.
3. La fase regolativa (o di controllo, secondo Titone) rappresenta il momento di valutazione formativa dell’andamento del processo educativo in lingua straniera. E’ quindi una fase estremamente delicata, senza la quale qualunque azione didattica manca della necessaria convalida. Attraverso delle semplici prove sotto forma di gioco-test, viene compiuto un accertamento delle acquisizioni raggiunte dagli allievi e delle loro eventuali difficoltà e lacune, di cui sia l’insegnante che il discente stesso prendono coscienza. L’insegnante può in tal modo disporre settimanalmente di dati circa il progresso dei propri alunni che gli consentano di capire se e dove debbano essere effettuati aggiustamenti di percorso o recuperi. Al fine di rendere massimamente proficuo il lavoro docimologico, il Comitato tecnico si fa carico di rendere note agli insegnanti le tecniche tassonomiche di B.J. Bloom65 e raccomanda di utilizzare test di verifica standardizzati che tengano anche conto del Minimum Adequate Vocabulary66, secondo il concetto di M.West. Le prove proposte agli allievi non si limitano a misurare l’obiettivo cognitivo della singola UD, ma di fatto comportano anche un feed-back continuo relativo agli obiettivi già raggiunti in precedenza. Infatti, se l’intero materiale linguistico oggetto delle singole verifiche può apparire esiguo, in realtà esso viene continuamente ripreso e reimpiegato in contesti sempre vari e
65BLOOM B., ENGELHART M.D., FURST E.J., HILL W.H., KRATHWOHL D.R., Taxonomy of educational objectives. Handbook 1: Cognitive domain, New York, Longmas Green, 1956.
66Vocabolario minimo adeguato.
interessanti. Le forme di esercizio consigliate sono quelle della fase 2, anche se parzialmente variate nei contesti, per verificare la capacità di produrre la lingua orale in modo appropriato sia attraverso la descrizione, sia attraverso immagini e giochi nuovi. Il Comitato tecnico-scientifico definisce anche un piano di valutazione sommativa che prevede la somministrazione di test di verifica ogni cinque UD. Questo tipo di controllo periodico non viene però attuato a causa delle enormi difficoltà organizzative e amministrative: un siffatto impianto necessita infatti di un supporto tecnico-operativo che la struttura stessa del Ministero non è allora in grado di offrire.
Complessivamente, il numero di UD previste per ciascun anno scolastico è pari a quindici, perchè il primo mese di scuola è dedicato all’analisi dei prerequisiti, con eventuale recupero delle competenze mancanti parzialmente o del tutto, mentre nell’ultimo mese ci si occupa di consolidare la lingua appresa fino a quel momento.
Sulla base delle precise ipotesi curricolari illustrate, le équipe stesse costruiscono i materiali didattici che gli insegnanti utilizzeranno ciclicamente. I sussidi preferiti sono quelli consueti: registratore, incisioni su cassette delle espressioni in L2 d’uso più comune in classe, proiettore, tavola di feltro, lavagna magnetica. Non vi sono libri di testo appositi, ma si preferisce ricorrere a poster costruiti direttamente dagli insegnanti in collaborazione con gli alunni, schede con vignette e didascalie, fumetti con balloon da riempire. Ogni bambino è provvisto di un album in cui fissare con il disegno situazioni, personaggi e oggetti; la rilettura dell’immagine gli servirà in seguito per la revisione delle strutture già memorizzate, evitando così un passaggio troppo rapido alla scrittura. L’insegnante dispone anche di cartine
geografiche dei vari Paesi, elenchi di vocaboli stranieri entrati nell’italiano corrente (prestiti), cartelloni e cartoline. Ampio spazio viene dato al canto, all’animazione e alla drammatizzazione, essenzialmente in forma di assunzione di ruoli (role-playing). Nell’ipotesi progettuale si suggerisce anche il ricorso al calcolo matematico come tecnica d’insegnamento linguistico67.